Era il difensore della tradizione, al Dopolavoro ferroviario dove andavamo con gli amici a giocare a tennis. Non era Villa Lloyd, non era lo Junior club, ma inizialmente solo un campo di cemento in mezzo ad un prato di fianco alla ferrovia.
Ci facevamo dare le chiavi, quando andavamo a prenotare e pagare, per aprirlo la mattina presto visto che al tempo la custodia era inesistente. Le chiavi venivano date al primo che prenotava alle 7, 30 e poi ritirate quando non c'erano più subentri.
Durante l'estate prenotavamo un paio di ore ma ce ne passavamo anche tre anticipando l'entrata visto che avevamo la chiavi.
Col tempo sono sorti altri campi e il vecchio, scalcinato campo è stato lasciato senza manutenzione.
Quando la struttuta si è ulteriormente ampliata sono sorti spogliatoi ed un campo nuovo in terra rossa, il fiore all'occhiello del circolo dopolavoristico, col suo bel custode che presidiava gli impianti di via Bengasi.
Sul nuovo impianto con diversi campi, sorgvegliava il custode con particolare cura per quello in terra rossa che aveva precise regole sulle calzature da indossare per non sciupare la meraviglia rossa.
La cosa più bella era che nello stesso campo c'erano regole di abbigliamento che sugli altri non vigevano. Compreso il nostro vecchio campo in cemento.
Non si poteva giocare in costume da bagno, o solo con la maglietta, od a torso nudo ma neanche con canottiere o con pantalocini multicolori.
Praticamente mancava il bianco obbligatorio a Wimbledon ed eravamo a posto.
Immagino oggi il nostro solerte custode che impedisce l'accesso ai giocatori ATP in canottiera tra uno sferraglio di treni il cui transito non può essere fermato.