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Il condominio

Improvvisamente a Milano dove un tempo c’era il luna park delle Varesine, in viale della Liberazione, è cresciuto in pochissime settimane un nuovo condominio. Gli abitanti della zona se ne accorsero solo quando il nuovo grattacielo con la sua altezza nascondeva a loro la luce del sole.
Il palazzone era enorme, bello a vedersi e realizzato con materiali che sembravano molto costosi. Tre porte d’ingresso, cinque ascensori, quindici piani e dai cinque agli otto appartamenti per piano.

Il caseggiato era di forma quasi circolare, sembrava un grande cilindro non chiuso, l’unico anello completo era quello del tetto che ricopriva tutto il palazzo e faceva da grande e altissimo arco nella parte dove l’edificio rimaneva aperto. Dentro c’era un piccolo giardino ben curato, alcuni giochi per i bambini, lo scivolo, l’altalena, delle panchine per le mamme e qualche pianta.
All’esterno la facciata, di ferro e grandi finestre di vetro brunito, era perfettamente liscia. Gli unici balconi si aprivano sull’interno, mentre il tetto dalla morbida forma ricurva era un enorme terrazzo verde di piante e colorato di fiori diviso in più parti a seconda del numero degli appartamenti sottostanti. C’era qualcuno che aveva fatto mettere anche una piccola piscina privata.

Dall’alto dei quindici piani si godeva una vista spettacolare e unica in tutta Milano. Nelle giornate limpide le montagne di Lecco sembravano talmente vicine da poterle quasi toccare. Si vedeva il grattacielo Pirelli, la Madonnina del Duomo, e la stazione di Porta Garibaldi così piccola da sembrare quasi un modellino. Insomma era un condominio di grande prestigio. Fuori sul portone c’era ancora un cartello che diceva: “vendesi appartamenti signorili di diverse metrature”.

23 maggio. Il signor Umberto Pirola era lì fuori seduto su una panchina che aspettava l’agente immobiliare per andare a vedere una proposta di vendita. Era un uomo di circa sessant’anni, preciso e abitudinario. Guardò il suo orologio: le 19. 05. L’agente immobiliare era in ritardo. Pirola detestava aspettare. Nell’attesa osservava con attenzione il nuovo palazzo. La gente che entrava e usciva sembrava molto per bene e tranquilla: mamme con i bambini, anziani con il cane, uomini con la ventiquattr’ore in mano e così via. Insomma sembrava il solito condominio del centro di Milano dove nessuno dei condomini conosce il proprio vicino. Guardò ancora l’ora: le 19. 10. Poi per la stanchezza della giornata di lavoro chiuse gli occhi, respirò profondamente e si lasciò andare a liberi pensieri, quando improvvisamente sentì: “Signore si sente bene?”
“Si, si tutto bene” rispose lui aprendo gli occhi e guardò nuovamente l’ora. Le 19. 10.

“Il Signor Pirola, giusto?” era una donna, sulla quarantina bionda finta, tailleur blu e tacchi a spillo, nell’insieme una bella donna anche se con un qualcosa di strano che non lo convinceva.

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4 commenti:

  • Alessandro Sampietro il 27/05/2007 16:20
    Ed è bello accorgersene
  • Margherita Ghirardi il 27/05/2007 15:14
    Grazie... il film di cui parli non l'ho visto, cmq è sempre Buzzati che gira e rigira nella mia mente.
  • Alessandro Sampietro il 27/05/2007 14:01
    Ottimo, Marghe: da 10 e basta!
    Un racconto davvero completo, denso di simboli, da quel film con Rourke di fine '80 ('87?? Boh?) a echi di Gadda e (soprattutto) Buzzati, fino all'accenno all'OTTO che rovesciato simbolizza la doppia spirale dell'infinito! Fantastico, scritto con uno stile da autrice consumata!

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