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Figli del caos
Questa è una mia riflessione filosofica, frutto anche del mio interesse per alcune branche della scienza, della quale comunque non sono un rappresentante. Mi aspetto non pochi commenti negativi a quanto seguirà; sia da parte di chi si intende di scienze molto più di me sia da parte di chi non condivide la mia ottica filosofica:
Viviamo in un'epoca nella quale le conoscenze scientifiche sono ad un livello inimmaginabile fino a soli 150 anni fa. Uno degli aspetti più significativi della scienza è che se la si esamina per intero essa risulta essere tutta concatenata. Questo poiché la parte razionale del nostro cervello decripta il mondo empirico attraverso la logica. Su questa si basa la matematica. Tutte le altre scienze sono sue applicazioni. Partendo dalla biologia possiamo intuire che essa è un'applicazione della chimica. La chimica è un'applicazione della fisica. Quest'ultima non è che la più diretta delle applicazioni della matematica.
Anche la matematica contiene degli enigmi che i matematici tentano di risolvere (se non ci sono ancora riusciti). Tuttavia rimane la scienza astratta per eccellenza e ciò la rende assai meno visibile se confrontata all'impatto empirico che le altre esercitano sulla nostra vita quotidiana. Nella matematica compaiono ostacoli o limiti, che essendo a loro volta astratti sono direttamente legati alla capacità della nostra mente di concepire per essi eventuali soluzioni. Ad esempio ci sono i numeri irrazionali, che in qualche modo riusciamo ad utilizzare ma che non riusciamo a concepire di per sé stessi.
La fisica è la figlia primogenita della matematica, poiché si basa su regole matematiche che trovano una loro applicazione concreta senza la mediazione di altre branche scientifiche. Anche per questo i progressi che sono stati fatti finora nel campo della fisica sono i più "globali" e si estendono al processo di nascita, evoluzione e destino del nostro universo. Se si indagano le origini di tutto ciò che ci circonda, a partire dalle leggi fisiche che governano la natura attualmente, si ottiene una panoramica di nozioni riportabili per iscritto sotto forma di regole matematiche.
Il progresso nella fisica teorica (come anche nelle altre scienze da essa applicate) consiste nello scoprire nuove leggi, ma ancor di più nello scoprire eventuali legami tra leggi ritenute prima separate. Quando questi legami aumentano, la sensazione che si prova è quella di vedere sempre più globalmente un albero, a partire dalle estremità dei suoi rami. Sappiamo che solo quando lo avremo visualizzato per intero, fino alle radici, sapremo di che albero si tratta. La maggior parte dei fisici teorici confidano nella possibilità di trovare in un futuro non lontano la TEORIA DEL TUTTO: la madre di tutte le leggi fisiche. A riguardo sono gettonate un certo numero di strade che, come indizi di un delitto, vengono seguite; e su ciascuna di esse sono posti dei punti fermi fino al punto limite oltre il quale non è (momentaneamente) possibile spingersi. Oltre ciascuna di queste vie restano ipotesi che vanno incontro ad una graduale sfumatura di percorso, che parte dalla scienza e infine scivola inevitabilmente nella filosofia.
In molte riviste scientifiche è interessante leggere articoli nei quali i luminari del settore espongono i progressi fatti, per poi concludere con semplici supposizioni che finiscono per sconfinare nella filosofia; esattamente come molti secoli fa i pensatori erano costretti a fare sin dal principio - non avendo a disposizione le conoscenze accumulate sino ad oggi. Tutti i fisici di oggi manifestano una comprensibile euforia quando si domandano se e quanto sono vicini alla soluzione. Alcuni pensano che se l'enigma verrà risolto non ci sarà più bisogno di alcun dio, altri come Stephen Hawking ritengono che sarà il "pensiero di dio" ad essere svelato.
Una delle teorie più note - tra quelle candidate al ruolo di unificatrici della fisica - è quella delle "super stringhe". Si tratterebbe di unità fondamentali simili alle monadi di Leibniz. Sarebbero unità a-dimensionali, definite stringhe proprio in base al fatto che la loro vibrazione darebbe vita a proprietà fondamentali della fisica; come massa, energia, vuoto ed oltre.
Pochi anni fa in un documentario a tema ho sentito parlare di questa come di altre teorie che partivano dallo studio delle particelle subatomiche o dalla teoria della relatività. Tuttavia più di tutte mi ha colpito la teoria di un fisico che senza perdersi in dettagli tecnici manteneva un'ottica fondamentalmente logica.
Egli faceva notare che dalla sola biologia potevano essere individuati indizi. Trattandosi di una scienza applicata la biologia riporta alla chimica e poi alla stessa fisica se la si esamina dei dettagli più sottili. Se invece esaminiamo la storia della vita nel nostro pianeta ci accorgiamo che per descrivere il suo andamento cronologico dobbiamo prendere a modello la teoria evoluzionistica di Darwin. Questa teoria è descrivibile in forma logica come una serie incessante di cambiamenti casuali che fanno la differenza tra la sopravvivenza o meno di un organismo vivente. Dunque è la casualità alla base dell'incredibile complessità del mondo vivente. In termini logico-matematici non ci sarebbe nulla di sorprendente nell'evoluzione (questo fatto spaventa molto alcuni, come il papa).
La stessa casualità che ha portato alla formazione delle prime molecole organiche porta gli eso-biologi a domandarsi con quanta probabilità possa nascere e svilupparsi la vita nell'universo; e capire così quanto sia raro il fenomeno della vita al di fuori del nostro pianeta. Questo porta la casualità in un ambito chimico, prima ancora che biologico.
Pertanto il fisico in questione aveva dedotto che lo stesso meccanismo prodottosi a partire dal Big Bang potrebbe rispondere alla regola matematica del caso. In effetti, al suo interno, la chimica conserva solo leggi fisiche applicate. Se si pensa che per un periodo lunghissimo dopo il Big Bang non esistevano nemmeno le molecole, la casualità che ha portato alla loro nascita si situa in uno sfondo esclusivamente fisico. Egli aveva riassunto questo suo ragionamento nella seguente frase: "la storia dell'Universo potrebbe consistere nel susseguirsi e concatenarsi di una serie di eventi casuali".
Ragionando su tutto questo ho dedotto che al di là della fisica non resta altro che la matematica (almeno se si vuol continuare a ragionare). Per quante altre regole matematiche si potranno scoprire o collegare tra loro andremo incontro al limite invalicabile degli estremi indecifrabili - come i numeri irrazionali o i numeri primi. Quando si prova a dare una definizione di questi estremi si può solo descrivere ciò che essi implicano; mai ciò che sono effettivamente. Gli estremi della logica implicano appunto la loro indecifrabilità.
Per fare un esempio un matematico (Kurt Godel), nel tentativo di unificare due leggi matematiche, aveva scoperto che erano l'una inversamente proporzionale all'altra: scomponendo l'una si otteneva l'annullamento dell'altra. Era proprio come scoprire una legge che predice la sua stessa indecifrabilità. Nella fisica una scoperta analoga la fece Werner Heisenberg quando scoprì che le particelle sub atomiche sono troppo piccole perché se ne conosca l'esatta collocazione nello spazio: per metterle in risalto sarebbe infatti inevitabile modificarne la posizione originale.
Da questi esempi sono risalito all'idea che la stessa teoria ultima dell'universo potrebbe consistere in qualcosa del genere: una legge fisico-matematica che descrive la sua stessa indecifrabilità da qualunque angolazione si tentasse di scomporla ulteriormente. Dall'altro lato vediamo un universo infinitamente complesso, dove al di fuori di tutto ciò che possiamo ordinare razionalmente regna solo l'assenza di quell'ordine - cioè il caos.
Ordine e caos sembrano due opposti inconciliabili. Tuttavia la loro coesistenza è assodata.
Ad esempio abbiamo tutti 2 mani con 5 dita ciascuna, ma le ramificazioni venose che scorgiamo sul loro dorso sono diverse ed uniche per ciascuno di noi. Il processo che ci ha portati ad avere lo stesso numero di mani e di dita è descrivibile poiché rientra nella categoria dell'ordine, mentre la casualità dei disegni delle nostre vene rimane pura casualità.
Credo che questa strana convivenza di ordine e disordine possa trovare una spiegazione logico-filosofica di questo genere:
Immaginiamo la realtà empirica come frutto di una serie infinita di combinazioni casuali. Noi in quanto esseri biologici e dotati di una mente pensante (ma comunque nata sulle quelle stesse basi biologiche) siamo frutto di una fra quelle infinite combinazioni. Pertanto ciò che la nostra mente è in grado di decifrare nel mondo empirico è frutto di quella medesima combinazione casuale. Tutto ciò che sta al di fuori potrebbe far parte di quell'infinita schiera di combinazioni aliene, che mai potremmo decifrare perché siamo al di fuori di esse. Separando da noi quest'infinità di combinazioni diamo loro (e al singolare) il nome di disordine (il CAOS appunto).
Proprio perché la combinazione dalla quale si è originato tutto ciò che possiamo razionalizzare deve aver intrapreso un percorso simile a quello delle altre, è vano domandarsi che tipo di combinazione l'avesse preceduta. Anche questa avrebbe fatto parte della schiera delle "altre" (quelle che non possiamo decifrare). Potrebbero quindi esserci quelle che i romanzi di fantascienza considerano "altre dimensioni". In un ottica del genere tutto sarebbe un continuo divenire senza soluzione di continuità passata e futura. L'infinito nel tempo e nello spazio non ci impedisce di ipotizzare che l'universo conosciuto non sia l'unico o che prima del Big Bang ci fosse altro, o che al di fuori dell'universo osservabile valgano leggi aliene - delle quali non potremmo nemmeno percepire gli effetti.
Siamo una combinazione fra infinite combinazioni, che messe insieme ci danno un'amalgama indecifrabile, il CAOS.
Una visione del genere - fra le altre cose - non va né pro né contro chi sostiene l'esistenza di Dio. Tutt'al più va contro chi cerca di dimostrare scientificamente l'esistenza di un Creatore o di un demiurgo: la fede religiosa rimane qualcosa di diverso e che si può trattare separatamente. È però significativo che sulle teorie scientifiche (che nulla hanno a che fare con la fede religiosa) mettano il naso i rappresentanti di quelle religioni. Significa che hanno paura di dover ricorrere alla razionalità (dunque al pensiero scientifico) per giustificare i loro dogmi. Costoro sanno bene che per ragioni casuali la mente di alcuni accetta la fede, mentre quella di altri (come nel mio caso) la rifiuta.
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