L’Angst viene di mattino molto presto, verso le 4 o le 5. Parte da un punto preciso che è la bocca dello stomaco, poi da lì come un’onda si diffonde verso il basso, dopo aver terrorizzato i visceri rifluisce verso l’alto fino alla gola. Se mi riaddormento, sogno di piangere. Se resto sveglio, aspetto che si faccia luce completamente poi mi alzo. Allora il “tempo” subisce una curiosa deformazione, non scorre, nemmeno rallenta ma si muove a scatti, fissa l’istante e lo dilata. Solo spostando il corpo nello spazio e gli occhi sulle cose si recupera il flusso temporale e il senso della continuità. Però l’Angst resta ma si sfuma e come una alta marea che si ritira lascia sulla battigia ogni sorta di detriti, di schegge, di resti, così alla coscienza diurna resta da osservare frammenti di ricordi, brandelli di sogni, residui di emozioni e di passioni. Quando però l’Angst si fa opprimente il pensiero cerca di svincolarsi dalla morsa che lacera e allora escogita dei tentativi per sottrarsene: uno di questi è quella di relativizzarsi, di ridursi, omologarsi, con-fondersi, diventare granello fra i granelli di sabbia del deserto, cercare di togliersi la propria individualità e sentirsi massa, moltitudine e così illudersi di svanire, scomparire, “vedersi” su un sasso lanciato nello spazio e misurare la propria insignificanza con nebulose, quasar, pulsar, nane bianche, giganti rossi (è anche un buon allenamento se si vuole arrivare su Proxima Centhauri!). Ma poi il mondo e le cose si danno, si presentificano e allora ritorna l’angoscia del “finito”, del limite, e l’aspirazione all’“infinito” si esaurisce in una pupilla troppo dilatata e in una bocca eccessivamente asciutta. Ma arriva anche la sera e porta con sé un sentimento di certezza (fatuo ma rassicurante) che insieme alle ombre che si dispiegano sugli oggetti rendendoli indistinti mi presentisce l’in-coscienza, l’oblio temporaneo del sonno, salvo poi il fatto di ritrovarsi faccia a faccia con qualche Signore della notte che “risvegliatosi” venga a chiedere conto di faccende non risolte e forse irrisolvibili.