racconti » Racconti brevi » Latrodectus mactans (Vedova nera)
Latrodectus mactans (Vedova nera)
S. era appoggiato al palo della luce, dall’altra parte della strada e fissava incessantemente quella porta. Il cancelletto era basso, bastava allungare la mano e lo avrebbe potuto aprire tranquillamente. Gli venne da domandarsi quale cavolo di protezione potesse offrire una simile struttura. Un piccolo pensiero che gli liberò la testa per un secondo da colei che ormai era diventata la sua ossessione: V.
Studentessa universitaria, più grande di lui. O forse donna in carriera. O forse disoccupata, mangiatrice di uomini. Chi lo sa. Chiunque lei fosse lo aveva letteralmente stregato. Capigliatura corvina, occhi neri contornati sempre da un ombretto viola, che però non risultava volgare, nè vistoso. Era semplicemente perfetta. Eppure, chissà chi era. Chissà.. se le avrebbe mai potuto interessare. Certo, era fidanzata, ma questo non voleva dire niente. In fondo il suo fisico gracile era compensato da una prontezza di spirito ed un sorriso accattivante di cui era sempre andato fiero. E mentre era rapito da questi pensieri un petalo si staccò dal mazzo di fiori che teneva distrattamente in mano. E toccò terra.
Il maschio della Latrodectus mactans mactans, meglio conosciuta come vedova nera, è molto più piccolo della partner e nella stagione degli amori diventa più attivo del solito. Costruisce una ragnatela, con la quale cattura una preda che porterà come dono nuziale alla femmina.
“Chissà se è tipo da fiori?” si domandò S. guardando il mazzo che ormai cominciava ad appassire. “Dagli ambienti che frequenta direi proprio di no..”. Ritornò velocemente col pensiero al giorno che l’aveva incontrata. Stava tornando da una festa di compleanno di un suo amico, quando la sua attenzione era stata catturata da una coppia che discuteva animatamente sotto un lampione. E da una utilitaria parcheggiata malamente con le quattro frecce lampeggianti. Istintivamente prese il cellulare per avvertire la polizia e cominciò a rallentare. Abbassò il finestrino. Riuscì a sentire chiaramente le grida di rabbia mista a disperazione del ragazzo, che inveiva contro quella ragazza. E in quei bravi attimi S. percepì solo alcune cose, che si rivelarono però essenziali.
Erano una coppia. O meglio. Non erano più una coppia. Il ragazzo amava ancora la ragazza, tuttavia non faceva altro che attaccarla ed offenderla; ma il tono della voce supplicava di non abbandonarlo. Infine, la cosa che più lo lasciò stupito, furono i sentimenti che trasparivano dalle due figure, completamente opposti. Lui gesticolante, urlante, nevrotico quasi. Lei fredda, dura, impenetrabile. Non lo degnava neanche di uno sguardo.
Ma prima che potesse trarre conclusioni di tradimento o abbandono, sentì chiaramente la voce di lui che finalmente rompeva la tensione e si abbandonava in disperazione, seppur piena di rancore:
“Dunque finisce così?”
La ragazza rimase immobile, nella sua veste nera e scollata, con le braccia conserte.
“V. guardami.”
“V. GUARDAMI! Guardami negli occhi.. Ora. O è finita.”
Evidentemente il lampeggiare delle quattro frecce era decisamente più interessante o ipnotico rispetto agli occhi dell’amato che cercavano riconciliazione. O forse V. non voleva girarsi, semplicemente.
“... Stronza.”
Un rumore di uno sportello, uno sguardo disincantato, uno stridore di gomme.
Ora c’erano solo S. e V. Finalmente lei alzò lo sguardo. “Bhe, piaciuto lo spettacolino?”
S. come se nulla fosse rispose prontamente “Scommetto che non abiti lontano” Ed elegantemente aprì la portiera.
La vedova nera si riconosce per il nero brillante del suo corpo e per la caratteristica macchia rossa a forma di clessidra che presenta sull’addome. È un animale schivo e costruisce la sua tela in posti bui ed umidi. Il suo veleno tuttavia è estremamente pericoloso, anche per animali di grandi dimensioni, tra cui l’uomo.
Era passato un mese da quella notte. Lei non aveva voluto saperne di rivedersi. O meglio S. aveva pensato così. Non gli sembrava carino provarci spudoratamente dopo che V. si era appena lasciata con il suo ragazzo. Sempre che lo fosse..
Ma la sua era diventata un’ossessione oramai. Aveva quasi perso il sonno domandandosi cosa sarebbe successo se quella sera l’avesse accompagnata fin sulla soglia di casa sua, invece che rimanere a guardarla andarsene oltre quel cancelletto ormai ben conosciuto. Cosa sarebbe successo se le avesse chiesto di uscire. Cosa sarebbe successo se a posto di quell’idiota ci fosse stato lui.
Troppi se. Doveva agire. Ed eccolo così che allunga la mano a cercare il chiavistello del superfluo cancelletto. Procede lentamente. Si aggiusta i capelli, liscia le pieghette del maglione. Controlla che il mazzo di fiori sia a posto. Dovrà stupirla.
Ancora un attimo di esitazione. E mentre la sua mente immagina la scena in cui lui suona il campanello e lei gli apre sorridente, immediatamente la mano si muove da sola e un campanello suona. E una porta si apre. La riconosce immediatamente. È in abiti succinti. Probabilmente si è appena svegliata. Ma è comunque bellissima. Senza rendersene conto, S. comincia ad ansimare.
Una volta procuratosi il dono nuziale il maschio della L. mactans si mette in cerca della femmina, seguendo principalmente delle vie olfattive ed ormonali. Una volta individuata la tela della partner il maschio si mette al bordo di essa, mettendo bene in mostra la sua preda avvolta nella tela. Attende così che la femmina lo noti affinchè possa cominciare la sua danza di accoppiamento.
“Ciao V...
Ti ricordi di me? Sono quello che”
“Si, mi ricordo. S.” Lei lo squadra non badando alla scollatura fin troppo generosa della sua vestaglia. Probabilmente sa di metterlo a disagio e le piace da morire. Gli sorride.
Se la femmina della vedova nera gradirà il dono nuziale, simbolo dell’efficienza di caccia del partner, accetterà di essere corteggiata.
“Ti ho portato.. una stupidaggine. Mi chiedevo come stavi e..”
Disse con finta sicurezza S., abbassando lo sguardo e ostentando il mazzo di fiori.
Lei rimane un attimo spiazzata. Non gli interessano i fiori. Ma forse S. si.
La femmina si accorge infine del maschio. Si avvicina, il maschio rimane immobile.
S. alza finalmente lo sguardo, pur smettendo di respirare. Lei sorride. Accattivante, provocatrice. Non può essere vero. Gli si avvicina. Le loro labbra si sfiorano. Lui non si rende conto di niente, è scioccato dalla rapidità e dall’assoluta imprevedibilità degli eventi. E si perde in un lungo bacio. La porta si chiude, le labbra si aprono.
La vedova nera tasta il dono nuziale con i pedipalpi. Il corteggiamento è andato a buon fine. E mentre la femmina si nutre della preda, che sarà una fonte di proteine indispensabile allo sviluppo delle uova, il maschio può depositare la spermateca nella parte ventrale dell’addome della femmina.
Ormai la sua mente non esiste più, S. si sente totalmente rapito da quella sensazione sconvolgente. Sente le sue unghie sulla schiena e il suo respiro affannato nell’orecchio. Sembra che lei lo possieda con violenza, quasi con rabbia, mentre lui rompe il suo sogno etereo con la carnalità di quegli attimi. Sono un tuttuno e l’alchimia nata in quella camera da letto sfatta non l’avrebbe potuta predire nessuno. Nessuno.
S. sente il suo cuore battere violentemente e sorride, felice, pensando a come è nata inverosimilmente la loro storia. Sua e di V.
La vedova nera deve il suo nome più alle credenze popolari che a descrizioni rigorosamente scientifiche, in quanto nella maggior parte dei casi la femmina non uccide né mangia il maschio dopo l’accoppiamento.
Esausto la guarda incantato. Si sente svuotato nell’anima e nel corpo, il suo amore avvolge quel corpo nudo di fronte a lui. Lei finalmente si gira e gli sorride. Poi squilla il telefono.
Tuttavia sono stati descritti alcuni casi in cui questo avviene.
“Pronto? Amore, ciao! Stavo vedendo un po’ di TV.
Tra quanto?
Ok, mi preparo subito!
A dopo, ti amo.”
Il maschio effettivamente può essere una fonte di proteine preziosa che le risparmia così molta energia per la femmina che dovrebbe investire nella predazione.
S. si mette a sedere sbigottito, coperto solo dalle lenzuola.
Boccheggia, terrorizzato. Si sente morire dentro.
V. si gira e rivede in lei quello sguardo di quella notte di un mese prima.
“Cosa fai ancora qui?
Avanti, vattene. Sta arrivando il mio ragazzo.”
“Non è possibile”, si ripete mentalmente S.; qualcosa forse la sussurra, quasi delirante; “non è possibile, quello che è successo poco fa era vero. Non può rimanere indifferente a ciò che è successo, a ciò che abbiamo fatto, a ciò che provo!”
Prova ad articolare un discorso sensato, una difesa per la sua figura inerme, balbettante.
Ma V. non lo sente. Si avvia verso la soglia della camera da letto e guardandolo con la coda dell’occhio e con un sorriso maligno gli dice: “Cosa credevi, che sarebbe nata una storia rosa e fiori?”
E ride con cinismo velato. “Non sei male. Ma quando uscirò dal bagno tu, il tuo sguardo innamorato e il tuo mazzo di fiori non ci dovrete essere più.” E chiuse la porta. Ridendo.
Ci sono varie ipotesi sul perchè di questo particolare comportamento adottato da molti animali, tra cui ragni e mantidi. Probabilmente una volta accoppiato, il maschio ha raggiunto lo scopo di trasmettere i suoi geni, perciò non avrebbe ragione di esistere ancora. Ciò non toglie che non vi è la certezza che la fecondazione abbia avuto successo o che il maschio non si possa riprodurre con altre femmine. Rimane ad oggi uno dei misteri dell’evoluzione.
1234
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- uau m hai ricordato ammaniti...
- Bello il connubio romanzo/descrizione scientifica... molto efficace, complimenti!!
- Bello l'intreccio a dittico, descritto assai bene il cinismo di V, che, in realtà, potrebbe essere un typos assai più ampio, il simbolo di un'era che ha la parvenza di progresso e umanità realizzantesi... ma che spesso deve ricredersi, perchè, soprattutto nei sentimenti, si comporta come un ragno... Particolare anche l'ironia.. bravo, spero di essere riuscito a rendere ragione del tuo scritto.. un abbraccio... a presto
- Sicuramente il tuo commento è uno dei più bei complimenti che abbia mai ricevuto, in quanto... tutto ciò che leggi sopra è puramente inventato. Non ho vissuto niente del genere sulla mia pelle, sebbene in ogni mio racconto ci siano dei richiami al vissuto, come è ovvio che sia.
Sapere che hai letto questo racconto convinto che fosse autobiografico non può che farmi piacere!
Grazie dell'attenzione e della quartina.
Graziano.
- Molto bella... il tuo stile scorre.. di piacevole lettura... coinvolgente.. ne sei veramente uscito indenne?... hai molta sensibilità nel mascherare i tuoi sentimenti riprendendo sempre il tuo filo narrativo molto scientifico di una mente quasi estranea all'accaduto... anche se stregato sembravi molto lucido.. consapevole... fin dall'inizio..
Questo è più pericoloso...
Timida carne
teneramente gazzella
che il leone divora
mentre lei lo uccide
Grazie
ti leggerò ancora
Vincenzo