Ci passavo davanti di ritorno dalla spiaggia.
L’obitorio dell’anima, pensavo, fra me e me, di quelli che se ne lavano le mani con l’acqua calda, fino agli sgoccioli. Come un fiume di indifferenza, lo spreco sociale. Ci passavo davanti e mi tornava su tutto. Quasi lo percepivo quel vento gelido del novembre scorso, quello fuori-porta-ospedale, quello dei 4 gradini e della serratura, quello del mio costante anticipo orario visite. Ti vedevo di nuovo in quel lettino bianco, a chiedermi se ricordavo le morbide giornate passate, e vedevo di nuovo gli occhi di quella ragazza che ti aveva chiesto chi ero, che nel caso avrebbe voluto essere lei nelle mie vesti, e vedevo la signora un po’ invadente dei biscotti e il tale delle gocce da mandare giù tutto d’un fiato. Come si fa col rum, come si fa con la vita.
Di colpo, una nuvola nera ad offuscarmi la vista. Non mi riprenderò mai, da quelle giornate senza speranza.
Oggi, di nuovo quelle stesse mura a stringerti forte. Ancora quella chiave alla serratura, ancora quell’aria a battermi i denti. Non sono più, eppure sono. Sono solo parole. Io, la stessa.