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Morte di un'universitario per colpe non sue.

C’è un palazzo che si staglia, lontano, giù, verso il centro.
Ritto contro la notte, con le sue luci accese lo vedo lungo il bordo destro della finestra. Qui dal mio settimo piano.
Decine e decine di vite si svolgono in quel palazzo. Decine e decine, tutte abbastanza diverse tra loro, tutte piuttosto simili alla fine, se uno ci pensa.
Amore, morte, disperazione, gioia, roba di tutti, che provano tutti uguale, o che tutti provano in maniera diversa ma che chiamano uguale.
Le percepisco, quelle vite: pesanti, ingombranti, sono così se me ne faccio carico, se le vivo e mi faccio vivere da loro. Se le vivo tutte insieme.
Mentre guardo quel palazzo che so grigio, stagliarsi nella notte con le finestre illuminate, con tutte quelle vite che si svolgono come rotoli di spago sotto quelle luci che spaccano la notte, d’improvviso… più non so.
D’improvviso sono a metri e metri di altezza e salgo ancora in ostinata direzione radiale.
Le vite che adesso vedo, che sento, si moltiplicano. Ora sono migliaia, centinaia di migliaia.
Sempre più in alto, vedo la pianura a meridione e le montagne a settentrione e giù ai bordi della pianura distinguo il mare. C’è ancora la linea dell’orizzonte, che piano, mentre salgo, si incurva e ultima mi separa dal tutto.
Mentre guardo giù tutte quelle vite m’invadono la mente.
Le sento, le provo, le vivo, tutte nello stesso istante medesimo. E il loro peso mi distrugge.
Mi riempiono il cuore e la mente e premono perche sono troppe, dentro non ci stanno, mentre il mio torace e il mio cranio in tensione disperati resistono.
Mi vedo.
Sono circondato da luce bianca, in uno spazio senza profondità, bianco anch’esso su una sedia vecchia di scuola con le gambe grigioverdi e il poggia schiena di listelle di legno incollate e pressate. Ho la testa china, che ciondola lentamente.
-Smettetela- penso - smettetela di vivere, non vi sopporto, mi ucciderete-.
E sto salendo ancora, il mondo si allontana.
Le valli diventano linee, i mari immensi vengono racchiusi da contorni di coste, e mi ritrovo lontano, lontano a guardare la terra, una palla d’acqua e nubi, non più tanto grande.
Mi vedo.
Bianca luce, la sedia dalle gambe grigio verde in disparte. Ora sono disteso, a terra, boccheggiante.
Dalla bocca mi esce una bava bianca e spumosa. Mi trema un occhio.
Ora li sento, li percepisco. Tutti i pensieri del mondo.
Nulla di più grande.
Non esiste un peso, una misura, una dimensione, che quantifichi tutti i pensieri del mondo e io li ho tutti dentro.
Ogni uomo, ogni suo pensiero, tutto ciò che è, la sua realtà, la sua verità, m’invadono la mente.

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6 commenti:

  • Jacob Godbey il 24/11/2011 22:01
    grande visione! e anche il poscritto è assai intenso!
  • Giacomo Donelli il 04/04/2008 15:28
    molto bella e dolce
  • Francesca Tanti il 11/12/2007 13:52
    È davvero intenso quello che hai scritto. Mi ha ricordato i diari di Kurt Cobain, il suo stesso stile nell'esprimere le sue visioni.
  • Aedo il 08/12/2007 19:37
    Io penso che sei riuscito a rendere perfettamente le tue sensazioni. Il racconto parte da una situazione usuale, per poi sollevarsi verso le svariate vite di tanti esseri umani, rappresentate da sogni, illusioni, sofferenze, sgomento. Non è facile cercare di riprendere in pochi attimi il quid di tante esistenze. Forse avrei attenuato il finale, ma si tratta di una tua scelta... Complimenti!

    Ignazio
  • PANEPOROSSO GRANDI il 02/12/2007 21:39
    più che ubriaco, sembravi fumato!! devo dire che sei veramente bravo a trasmettere e descrivere quel momento, non cadi mai nella banalità. ottimo.
  • Egon il 25/11/2007 00:45
    piaciuto molto, toglierei il p. s.

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