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Maledetta buca
Federico sognava da sempre una finale importante, la tensione del grande appuntamento, l'attesa nervosa, gli sguardi dei compagni. Tutto questo adesso era realtà, stava provando il biliardo, per quella che, probabilmente, sarebbe stata la sua partita più importante. Non era un asso, e contrariamente alle sue abitudini (era solito cimentarsi solamente nelle attività dove eccelleva), aveva continuato a coltivare quel "passatempo" con un'umiltà che poco gli si addiceva. Fin da bambino quel gioco lo aveva affascinato. Un'attrazione fatale. Trascorreva interi pomeriggi a guardare le bilie che scorrevano sul panno verde. Attendeva con pazienza che il gioco terminasse per fare qualche tiro. Ricordava ancora la prima volta; il figlio del gestore gli aveva chiesto se sapesse giocare e fu l'iniziazione. Da quel momento non aveva più smesso e pur non raggiungendo livelli d'eccellenza, era riuscito ad entrare a far parte della squadra che disputava il campionato provinciale. Una buona squadra, che in un lontano passato, aveva dominato la scena, ma che da parecchi anni, giochicchiava senza infamia e senza lode; qualche soddisfazione, una salvezza senza affanni, ma niente di più. D'improvviso la svolta. Ed ora, il titolo dipendeva da lui, dal risultato di quell'incontro. Gli sforzi, i sacrifici, le sofferenze di un'intera stagione erano nelle sue mani. Sentiva freddo, nonostante una temperatura impossibile, un caldo appiccicoso e umido.
Il silenzio della sala era fastidioso, anche i suoi pensieri sembravano far rumore. Non era una sensazione nuova, gli capitava anche durante il lavoro, quando alle prese con un caso difficile, restava chiuso nel suo ufficio per intere giornate. Il suo ufficio. Per un attimo pensò a quanto fosse anacronistica quella situazione; lui stimato professionista, una carriera brillante, il più giovane socio di uno studio, tra i più importanti della città, che sudava freddo per una partita di biliardo, che trepidava per la vittoria nella finale del campionato UISP (Unione Italiana Sport Popolari).
Cercava sollievo, l'ufficio, la carriera, il lavoro, diversivi che duravano un attimo, poi subito la tensione riprendeva il sopravvento. Il suo compagno di coppia, non lasciava trasparire emozioni, anzi sembrava che la situazione lo divertisse. Ci mancava pure il guasto alla luce. Perché proprio il biliardo dove doveva giocare lui? Incredibile; come si fa, a non premunirsi? La finale del campionato e non si trova una circolina di ricambio. Brutti presagi.
Vabbè, ma questo vale anche per gli altri.
Cazzo, ma cosa devo dimostrare? Cosa ci faccio qui? Perché sto tremando come se il mio futuro dovesse dipendere da questo risultato?
Francesca seduta in tribuna, aveva un'aria spazientita, provava una vera adorazione per quell'uomo, l'avrebbe seguito all'inferno, ma non riusciva a capire cosa ci trovasse in quel gioco e soprattutto in quell'ambiente. Non poteva nemmeno lamentarsi, perché era stata lei ad insistere, per accompagnarlo. Era già pentita. Il legno era duro, la posizione scomoda, sentiva tutti gli occhi puntati su di lei, forse era vestita troppo elegante, forse lasciava trasparire la sua insofferenza, forse, forse...
In realtà tutti la guardavano perché era bellissima, le altre donne presenti, scomparivano al suo confronto e nei momenti di pausa, quando il gioco era fermo, tutti, nessuno escluso, guardavano verso di lei. L'unico che sembrava disinteressarsene completamente era proprio Federico, che probabilmente si era scordato della sua presenza, così impegnato a sudare freddo per l'impegno imminente. Si toccava continuamente l'orecchio, sentiva quel ronzio tipico che blocca l'udito ad alta quota e nonostante fosse rimasto in silenzio, tutto il tempo, aveva la gola secca e la bocca impastata. Le mani sembravano prive di tatto e il solo fatto di riuscire a tenere strette le bilie, gli sembrava un miracolo.
Gli seccava ammetterlo ma, il panico si era impossessato di lui, fin dall'entrata nel locale. Nemmeno in tribunale, gli era mai successa una cosa simile. Si sorprese a sorridere, immaginando i risolini dei colleghi se lo avessero potuto vedere in quel momento.
Al diavolo anche loro.
Aveva seguito l'andamento dell'incontro (tre partite al primo turno, altrettante, al secondo) e dimenticando il suo "sogno" aveva sperato di non giocare o di giocare una partita senza importanza.
Uno a zero. Due a zero. Due a uno.
Breve pausa. Parte il secondo turno. Si fa per dire, perché dopo tre minuti, il guasto.
Lui si ferma, gli altri, no.
Due a due. Tre a due per gli avversari; ma con un largo svantaggio di punti (in caso di pareggio, vale la differenza punti); perciò bastava vincere la partita, la sua partita per cucirsi lo scudetto sulle maglie.
Gli avversari erano i campioni uscenti. La coppia che avrebbe dovuto incontrare era famosa nell'ambiente, per non sbagliare mai un appuntamento importante e questo non faceva che aumentare la tensione.
Prova. Le luci funzionano, l'arbitro autorizza l'inizio. Tutti gli sguardi sul biliardo, l'unico dove si gioca.
Parte la prima boccetta, scivola lentamente, gli occhi chiusi non seguono la traiettoria. Un applauso. Un battito di palpebre, una giocata perfetta, una pacca sulle spalle e non esiste più nulla, nessun rumore, niente. Tutte le sensazioni negative, sembrano essersi trasformate in energia, concentrazione feroce, adrenalina pura. Lo sguardo cattivo.
Vostro onore, mi oppongo.
Non si sarebbe sorpreso di sentire la voce del giudice, rispondere: opposizione accolta.
Ogni tanto guardava i suoi "nemici", adesso anche i loro sguardi, tradivano tensione, stavano giocando bene, ma non riuscivano a staccarsi, non riuscivano a disporre di avversari, che pensavano non all'altezza.
Mano dopo mano, fino al 78 pari. Ottanta, l'agognato traguardo. Un applauso, un punto perfetto. Un altro applauso e siamo al punto di partenza. Silenzio assoluto, Federico guarda il suo compagno: dai cazzo, tira quel calcio, la traiettoria è perfetta, bastano due punti. Forza, molla...
Un migliaio di occhi accompagna la traiettoria.
Ah. Peccato. Porc...
Una sola palla. L'ultima palla. Federico è padrone della scena, le sue mani sembrano di legno.
Una sola palla, l'ultima. Se hai le palle basta e avanza, Adesso ti rilassi, prendi le misure e fai quello che devi fare, un maledetto ometto.
Perfino Francesca, sembra cogliere la tensione del momento, anche se per la verità lei non ha capito niente e l'unica cosa che desidera, è che tutto finisca in fretta.
Ci siamo. Allunga il braccio, mira, vai. La boccia rossa, colpisce quella bianca, che lentamente passa sul filotto e lo abbatte. Un calcio perfetto. Federico resta immobile, si gode quel momento nell'attesa di scoppiare. Le orecchie tese, non vuole perdersi niente.
Floch.
Tutti si girano. La boccia rossa, sfiorandone un'altra sul tappeto, è finita in buca. Succede una volta su un milione. Tutti i punti sono regalati e il sogno svanisce.
Le urla di gioia si trasformano in un rantolo di disperazione. Tutti i compagni si complimentano con lui e maledicono la malasorte. "Sei stato grande." Gli urla il capitano e perfino gli avversari sembrano dispiaciuti.
Federico non sembra rendersi conto dell'accaduto, fermo vicino al biliardo, si asciuga il viso con un fazzoletto di carta. Un gesto dettato dall'abitudine, perché non c'è traccia di sudore. Il suo compagno, al contrario, lo abbraccia con le lacrime agli occhi.
Un epilogo impensabile. È proprio vero che la realtà, spesso supera la fantasia. I commenti si sprecano, tutti vogliono dire la loro. Se non fosse incazzato come una bestia, potrebbe anche pensare, che quella sconfitta lo avrebbe reso più celebre di una vittoria.
I numeri sono statistica, ma ciò che era successo, sarebbe stato ricordato per molto, molto tempo.
Non è forse vero che sono le disgrazie a far vendere i giornali?
Francesca esce dalla doccia, nuda, bellissima, le gocce giocano a rincorrersi sul suo corpo, i capelli neri, sciolti sulle spalle, un'espressione che è tutta un programma; dimostra meno dei suoi ventinove anni, si muove con eleganza. Raggiunge il letto, con movimenti lenti, studiati; si stende vicino a lui e lo bacia teneramente sulla bocca, sul collo, lo mordicchia sulle guance. "A cosa pensi?" Federico non risponde, non reagisce, frena a stento un moto di fastidio; sembra fissare un punto indefinito, ma nella sua mente, rivede la bilia colpire in modo perfetto quella dell'avversario, segue il percorso al rallentatore, guarda i birilli cadere uno per uno; poi il suo cuore si ferma nell'attesa di quel rumore sordo. Un brivido.
Floch.
Maledetta buca!
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