A Minerbe, un piccolo paese di pianura, si sta svolgendo la festa della Primavera.
Mentre attraverso la piazza affollata di gente, fra le bancarelle di fiori, vedo una donna che sta parlando con un'amica. Subito la riconosco da lontano e per un attimo mi sembra di svenire. Quella è era È Anna, il mio primo amore.
Avevo conosciuto Anna proprio qui. A quel tempo avevo 20 anni e mi sono innamorato di lei la prima volta che l'ho vista. Ho saputo subito che quella era la mia ragazza, la ragazza che Dio aveva fatto per me. Tutto mi piaceva in lei, il volto, i capelli, i vestiti Dopo averla conosciuta, la vita senza di lei mi sembrava impossibile.
Credo che il vero amore è solo così. Nasce a prima vista, istintivamente, come un fulmine nel cielo sereno. Tutti gli altri modi di amare sono secondari, frutto di interessi, convenienze, necessità.
Il mio è stato un amore romantico, fatto di sguardi, di brevi passeggiate nei viali sotto i tigli. Ho amato Anna follemente, senza domandare se anche lei mi amava, perché non mi interessava saperlo.
Con questi ricordi nella testa, che mi danno un leggero brivido, mi avvicino di più a lei per vederla meglio. Adesso Anna ha la faccia solcata di rughe, appesantita da un trucco volgare. A 40 anni è diventata una donna brutta e grassa. Ha i capelli corti e ricci. Passandole vicino sento che chiacchiera instancabilmente come un'oca insieme all'amica. Sembra impossibile che sia diventata così.
Quando l'ho conosciuta 20 anni fa, Anna era una ragazza esile, flessuosa, col volto di un angelo che mi incantava e turbava. Aveva i capelli lunghi e lisci che le ricadevano sulle spalle. Ricordo che parlava pochissimo e la sua voce sembrava un sussurro.
È cambiata, è quasi irriconoscibile adesso, ma è sempre lei. Questo pensiero mi fa tornare alla memoria decine di ricordi, di avvenimenti ed emozioni vissuti allora. Le notti trascorse insonni pensando a lei. Gli appostamenti estenuanti che duravano interi pomeriggi, sulla panchina, in attesa di vederla passare anche un solo minuto. Le snervanti attese vicino alla sua casa, per incontrarla; la sofferenza sconfinata, quella mortale malattia dell'anima che a 20 anni si chiama amore. I sogni, le fantasie, le esaltazioni. E le disperazioni, i tormenti che stravolgono la mente e la vita.
Provo l'impulso di avvicinarmi di più e dirle qualcosa. Ma che cosa? Forse non si ricorderà più di me. O forse sì, poiché le donne non dimenticano i corteggiatori. Adesso passo più vicino a lei e sto quasi per dire il suo nome. Ma mi manca il coraggio, non dico niente e camminando piano mi allontano.
Ricordo che volevo uccidermi quel giorno che mi ha detto che non voleva più vedermi. Ero pazzo di lei allora, e ho continuato a cercarla e soffrire anche dopo che lei aveva sposato un altro.
È stata una esperienza meravigliosa che ricorderò per tutta la vita. Solamente chi è giovane e ha l'animo d'artista può provare il grande amore.
Adesso capisco che forse è stato meglio così. Il primo amore è stato bello perché non si è realizzato. Il primo amore rimane meraviglioso quando uno dei due amanti muore oppure avviene una separazione forzata.
Se allora avessi sposato Anna, tutte le illusioni sarebbero svanite nei primi mesi di matrimonio, e adesso mi troverei in compagnia di quella grassona là.
Febbraio 2002