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MICHELA
Marco vide l’ora e premette l’acceleratore pensando che non fosse affatto carino far aspettare Irene stasera. Accanto al sedile, in un astuccio aperto brillava la pietra di un anello che lui si girava ad ammirare volta dopo volta. Le sarebbe piaciuto? Avrebbe detto di ‘’si’’?
All’improvviso un camion piombò alla sua destra e quando se ne accorse fu ormai troppo tardi. Spinse i pedali fino in fondo e il loro rumore sull’asfalto gli sembrò come l’urlo di una bestia spaventata quando fiuta il pericolo…
Ormai si era già fatto buio quando Marco parcheggiò la macchina nel parcheggio del ristorante dove aveva prenotato. Scese e si diresse verso l’entrata con l’anello in mano quando i fanali e il rumore di una macchina gli attirarono l’attenzione e riconobbe la macchina di Irene, corse verso di essa ma lei non lo vide e si allontanò con velocità. Marco vide l’ora ma l’orologio si era rotto, e lui pensò che fosse troppo tardi a causa dell’incidente e si vede che Irene l’aveva aspettato fino a quando non si era stancata e poi se ne era andata sicuramente offesa visto che non l’aveva neanche telefonata visto che il cellulare era rotto. Vide l’anello e gli dispiacque di non essere potuto arrivare in orario perché avrebbe voluto che fosse una serata importante che avrebbero festeggiato ogni anno. Ma lui non voleva arrendersi, adesso avrebbe preso la macchina e l’avrebbe seguita fino a casa. All’improvviso si sentì chiamare.
- Ehi Marco!
Si girò e vide una sagoma fragile e delicata che gli si avvicinava con passo leggero, e con la luce della luna sui capelli che dava un aria onirica.
-Non mi riconosci?
Lei si avvicinò.
- Michela?! Il dolce suono della sua voce saturò l’aria notturna, e lui ripensò dolorosamente che una volta quella risata apparteneva solo a lui.
- Michela!
Lei si avvicinò ancora di più, guardandolo negli occhi, sorridendo, lui sentì il suo cuore cominciare a battere rabbiosamente nel petto e capì che lei non aveva affatto perso la sua magia su di lui. Tolse a fatica i suoi occhi dalle sue labbra ammaliatrici e cominciò a guardarsi intorno cercando di rallentare le palpitazioni del cuore pregando Dio di non fargli fare questo sbaglio stanotte, la notte in cui il suo destino doveva essere unito a quello di Irene.
- Mi sei mancato tanto.
Lui non rispose, aveva paura di dirle che anche a lui mancava, che l’aveva cercata, che la vedeva in sogno..
- Ho cercato di venire da te e di chiederti scusa ma non ci sono riuscita.
Quando mai? pensò lui. L’ultima volta che aveva sentito parlare di lei gli avevano detto che si trovava in prigione per qualche furto commesso, e quando lui andò là a cercarla e non la trovò. Chissà cos’aveva combinato ancora in questi dieci anno trascorsi. Lei si avvicinò ancora di più, lui si sentì mancare quando sentì il suo caldo respiro sul collo.
- Marco!- la sua voce era supplichevole.
- No, non ti avvicinare ti prego, - la spinse un po’ per allontanarla.- devo dirti una cosa, le cose sono cambiate in questi dieci anni, che a te non sono bastati per trovarmi e visto che siamo in argomento, il mio indirizzo e il mio numero di telefono non sono cambiati.
- Lo so, vedo l’anello che hai in mano.
Istintivamente Marco strinse il palmo della mano nascondendo l’anello. Non si sa mai, Michela dopo che aveva cominciato a drogarsi non guardava più in faccia a nessuno, a chi e che cosa rubava. Poteva prenderle cosa voleva, ma l’anello no. Lei si accorse di questa mossa e la sua risata incombé di nuovo nella notte.
- Non ce n’è bisogno, non mi drogo più.
- Bene allora, sono molto felice per te.
Lei sogghignò ancora.
- Fammelo vedere un attimo. ?"allungò la mano con la testa leggermente chinata e con quel sorriso da bambina alla quale lui non era mai stato in grado di resistere. Aprì la mano e glielo porse controvoglia. Lei lo prese lentamente, lo infilò nel dito e lo volse verso la livida luce lunare per ammirarlo. La pietra e i suoi occhi ebbero lo stesso bagliore e lui si chiese se era questo il motivo per il quale aveva scelto esattamente questo anello, e si imbarazzò di se pensando che lei poteva scoprire la cosa un giorno.
- Rendimelo che devo andare.
Lei glielo rese e lui notò che il sorriso era scomparso dal suo bel visino.
- Anche a me avresti regalato uno del genere? ?" c’era qualcosa di implorante in quella voce e in quello sguardo, sembrava che volesse che gli rispondesse di si anche se non era vero, bastava che fosse un si e lui sentì che tutto il suo essere si stava riempiendo di compassione per questa ragazza, così come si era sentito quando l’aveva sempre perdonata, anche quando lei aveva cominciato a mentirgli, anche quando si drogava e aveva cominciato a controllargli nelle tasche per trovare qualche spicciolo con il quale comprarsi un pezzo di paradiso…
- Si, ti avrei regalato anche di più.
- Quanto di più?
- Tutto!
- E adesso torni da lei?
- Si- rispose lui determinato.
- E la sposerai?
- Si!
- Sembra una brava ragazza.
Si, penso lui, è una bella ragazza, bella, intelligente e ricca, abbastanza ricca. Ma per te mia cara non dovrebbe essere un problema, in fondo sei sparita di tua scelta, mi hai abbandonato. Dieci anni senza avere nessuna notizia, nessuna lettera, messaggio, mai niente. Tu non sai quanto ho sofferto e quanto ti ho cercato. Ma ormai non ha più importanza, devo solo salire in macchina e andare da Irene. Michela era l’amore e la sofferenza del passato e lì doveva restare.
- Ma tu non puoi tornare adesso da lei, guarda come sei ridotto, stai pure sanguinando.- gli pose la mano sulla fronte e gli pulì la ferita e lui si stupì che la ferita non gli facesse male come dovrebbe, sembrava imbottita di antidolorifici. Lei tirò fuori un altro fazzoletto e lui si accorse di un pallido segno vicino al polso. Le prese la mano e se le avvicinò, non si era sbagliato, erano i caratteristici tagli di chi si taglia le vene, gli era capitato di osservarne qualcuno in ospedale.
- Cosa hai fatto?
- Ormai è passato.
- Com’è successo?
- Non chiedermelo ti prego.
- Dimmi com’è successo! ?" Lui le strinse forte i polsi. La lacrime cominciarono a scorrere sulle sue guance come piccoli diamanti.
- Avevo bisogno di soldi.
- Per drogarti. ?" lui la interrupe.
- Presi oggetti di amici di famiglia e loro mi denunciarono.
- Hai rubato!
- Chiamalo come vuoi, sono finita al fresco.
- Perché non mi hai chiamato?
- Ti ho chiamato ma non eri a casa.
- Non è vero me l’avrebbero detto.
- No Marco, ha risposto tua madre e mi ha detto di dimenticare il tuo numero.
- Non è vero!
- Mi ha detto che non volevi più saperne di me.
- No, non è vero, tu menti.
- Mi ha detto che se ti amavo dovevo lasciarti in pace e andarmene, sparire dalla tua vita.
Marco le volse le spalle. Non sapeva se credere o no a questa storia. Non gli pareva vero che sua madre li avesse mentito anche dopo averlo visto soffrire per tutto quel tempo, ma d'altronde lei non aveva nascosto la sua contentezza per la fine della loro storia visto che Michela non era la ragazza adatta a lui e non lo meritava, nessuna poteva essere adatta al suo “bambino”, anche a Irene trovava difetti inesistenti.
- E poi che è successo? Perché l’hai fatto?
- Non capisci, volevo sparire dalla faccia della terra, non potevo vivere senza di te.
- Ah si? Allora come hai vissuto? Perché non mi hai cercato appena sei uscita di prigione?
Le lacrime cominciarono ad inondarle il viso, e lei si coprì il volto con le mani.
- Perché?
- Non potevo Marco, sono rimasta bloccata, mi hanno rinchiuso. ?" mostrò i segni delle mani.
- Dove? In manicomio? ?"egli sapeva che spesso dopo questi eventi i tentati suicidi li mandavano in manicomio.
- Si, in un posto del genere.
Marco rabbrividì al solo pensiero di questa incantevole figurina dentro a una camicia di forza.
- Cosa posso fare per te Michela?
Le sue lacrime sparirono come per magia. Lo prese per mano e lo attirò verso di se.
- Vai domani da lei. Stanotte stai con me.
- Io devo andare stanotte.
- Ti prego andiamo al cinema.
- Non posso.
- Ti chiedo solo poche ore, al mattino ti lascerò andare, ti giuro, ti prego. ?" lei lo stava implorando e Marco non riusciva a contraddirla.
- Allora andiamo al cinema.
- Dove vuoi tu.
Lei gli stava sempre attaccata e lui mentre guardava il film si accorse che tutto il suo essere si stava riempiendo d’amore per questa persona così fragile. Osservò il suo pallido profilo e i suoi occhi che brillavano e si accorse che non era cambiata per niente, che non aveva neanche una ruga, non aveva perso neanche un briciolo della giovinezza e della freschezza d una volta. Invece lui era molto più virile, era il caporeparto chirurgo di uno dei migliori ospedali del posto, questa posizione gli regalava un aria molto più vecchia e pesante. Lei sentì che lui la stava fissando e sorrise diventando ancora più bella.
- Non sei cambiata per niente. ?" le sussurrò all’orecchio.
- Cosa?
- Che sei bella e giovane come dieci anni fa.
Michela rise piano per non dare fastidio a chi guardava il film.
- Ho un segreto.
- Quale?
- È un segreto e non te lo dico.
- Hai trovato l’elisir della giovinezza?
Lei sogghignò- No.
- Hai fatto un patto col diavolo?
All’improvviso il suo incarnato divenne pallido e con voce roca disse: - Shht non dirlo neanche.
Questo era il suo momento di ridere perché si ricordò di quanta paura lei avesse del diavolo, così tanto che egli non doveva manco pronunciare il nome perché pensava che poteva essere lì vicino e sentisse.
- Allora hai svolto una vita tranquilla e regolare in questi anni?
- Diciamo di si.
- Che vuoi dire?
- Sono stata in attesa.
- Con questo vuoi dire che le persone che aspettano non invecchiano? ?" disse lui ridendo.
- Essere in attesa è come essere in coma, tu non vivi, vive solo la speranza mentre il tempo scorre e ti passa avanti senza toccarti. Io ti ho aspettato Marco. ?"le sussurrò ridendo.
Quando rideva era stupenda, pensò invece Irene ride raramente, molto raramente, questa fu la prima volta che se ne accorse. Mentre faceva finta di guardare il film sentì il respiro e l’alzarsi ritmico del torace di Michela vicina, gli trascorse davanti agli occhi tutta la loro storia, la bella e timida ragazzina di nome Michela cresciuta dalla nonna perché orfana, i primi appuntamenti, le prime sigarette assieme, poi il primo spinello condiviso con un gruppo di amici passato poi a tanti altri della compagnia, poi lui smise sia di fumare spinelli e addirittura le sigarette, invece lei si è dimostrata molto più debole di carattere e peggiorò col tempo l’abuso di sostanze psicoattive, e altri brutti vizi…… bugie, liti, fare la pace, le promesse, e alla fine.. NIENTE, l’aveva persa. Ma adesso cosa fa, di cosa si occupa, c’è qualcuno che si occupa di lei? La nonna sicuramente non ci sarà più, era già tanto vecchia ai tempi. La osservò con la coda dell’occhio e con una sorta di gelosia pensando che forse lei potesse avere un uomo, un fidanzato o amante che facesse parte della sua vita. La curiosità lo faceva impazzire, quindi chiese:
- Hai qualcuno che ti aspetta a casa?... volevo dire.. è presente un uomo nella tua vita?
Lei non rispose.
- Perché mi hai aspettato?
- Perché.. perché volevo sapere se mi ami ancora.
- Solo per questo?
- In effetti speravo. ?" gli occhi diventarono umidi e le lacrime si protesero sul suo dolce viso.
- E adesso cosa farai? Torni da quell’altro?
- Forse.
Forse era meglio così, egli pensò a tutte le cose belle che aveva, la laurea, il lavoro, l’appartamento di lusso che si stava per comprare appena sposato con Irene, la bella fidanzata ricca che o aspettava. Mentre Michela tornava di nuovo da quell’altro, lui provò una forte fitta involontaria di gelosia e si sforzò di non darle importanza perché è giusto che lei rimanesse lì, lei apparteneva al passato, era un bel miraggio di due ore trascorse insieme e sarebbe tornata al posto che le apparteneva, gliel’aveva promesso. Quando lei sarebbe andata a casa, lui avrebbe fatto una lunga doccia calda, avrebbe ingoiato due aspirine, avrebbe dormito per quanto potesse riposarsi e poi avrebbe chiamato Irene, avrebbe avuto un appuntamento e questa volta sarebbe stato molto più attento alle macchine in strada.
Il film finì e i due cominciarono a camminare tenendosi per mano. Alcune stelle cominciarono a perdere il bagliore, e pure gli occhi di Michela. Un velo di tristezza avvolse il suo viso senza toglierle neanche un po’ della sua adorata faccia. Lui non era in grado di scindere i suoi occhi da lei.
- Sono stanca Marco, sarà meglio che ci separiamo adesso.
- Voglio accompagnarti io, dove vai?
- Altrove, da nessuna parte, oppure dovunque. ?"rise lei, lo abbraccio forte e disse. ?" Grazie per questa stupenda serata, adesso sei libero, ma questo non vuol dire che io non ti amo, ovunque andrai sappi che io ti amo.
Si staccò, volse le spalle e se ne andò lentamente, e egli pensò dolorosamente che ella tornava da un altro che la aspettava. Si trattenne a malavoglia di non seguirla, di fermarla e dirle che anche lui la amava, l’aveva amata, non potrà mai smettere di amarla e che non aveva mai smesso… ma non fece neanche un passo e la lasciò andare. Ormai non era più un ragazzino, era un uomo, non si lasciava guidare dai sentimenti, il loro sfogo non portava mai a qualcosa di buono e maturo, ormai lui sapeva dominarli. Notò altre persone che passavano per la strada. Qualcuno rientrava a casa dopo una nottata fuori e qualcuno usciva di casa per andare a lavorare, e lui fissava Michela che se ne andava, quella figura sottile che stranamente andava controcorrente, e all’improvviso le sembrò così fragile e abbandonata, completamente sola. Sentì la sua anima riempirsi di pietà per quella persona delicata, dolorante, un anima che urlava aiuto. E capì che l’’’altro’’ non esisteva, non c’era nessuno ad aspettarla, che lei era completamente sola, e forse non aveva un tetto sopra la testa. Come faceva ad essere felice con Irene se si sentiva in colpa per lei?
- Michela! ?" gridò con quanta voce aveva in gola.
Lei si fermò come immobilizzata, era rimasta di pietra. Poi si girò e corse verso di lui.
- Ti amo!
- Ancora!
- Ti amo, e non ti lascerò mai più da sola. ?" la strinse forte.
E rimasero abbracciati per molto tempo, e lui la strinse forte tra le braccia, rimasero ad ammirare l’alba che stava illuminando il cielo, il sole con la sua bellezza e magnificenza. Lui sentì che cominciava a tremare mentre fissava un punto che via via andava ingrandendosi.
- Grazie di tutto Marco. ?" le sussurrò lei all’orecchio.- Grazie per il tuo amore. Adesso lasciami e vattene, io non posso venire con te.
Lui la guardò stupito. Notò anche altre persone che si avvicinavano a quel punto scintillante. Gli occhi caddero sui segni sui polsi, li avvicinò alle labbra, li baciò e se li mise attorno al collo. Aveva capito.
- No Marco, io non posso!
- Non ti lascerò mai più sola.
Con lei tra le braccia, partì verso quel sentiero luminoso e magnetico, ove il sole sembrava sorgere da un momento all’altro, lì dove la morte e l’eternità predominavano, dove le ambizioni, i piani, i problemi rimangono al di fuori e lei che egli teneva in braccio, era lei che teneva in braccio lui.
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Irene uscì piangente dall’obitorio. Il viso sfigurato di Marco dopo l’incidente l’aveva sconvolta. Pensò che avrebbe fatto meglio a non vederlo, a conservare il suo ricordo così come era stato nella sua giovane vita. Salì in macchina e prima di dare gas guardò l’astuccio che la madre di Marco le aveva consegnato dicendole che apparteneva a lei. L’anello era splendido, se lo provò e osservò i bei riflessi provocati dalla luce. La pietra brillava con un bagliore freddo che le faceva venire i brividi. Non c’era niente che accomunava questo freddo anello all’amore di Marco. All’improvvisò sentì estraneo questo oggetto e se lo tolse, posandolo nel sedile accanto. Pensò di andare a casa e di cercare di calmarsi un po’, ma poi cambiò idea, sarebbe stato meglio buttarsi a capofitto nel lavoro in ospedale in modo da pensare il meno possibile a Marco, e poi un medico in più era utilissimo in quel reparto. Per strada mentre stava aspettando che n semaforo diventasse verde vide sul marciapiede una ragazza giovane con gli occhi verdi colore come lo smeraldo dell’anello. Abbassò il finestrino e le fece segno di avvicinarsi. La ragazza stava cercando di trattenere delle lacrime e si avvicinò pensando che la donna fosse una turista che voleva avere qualche informazione e rimase completamente sorpresa quando ella le diede un astuccio, lo aprì e un sorriso incantevole coprì il suo viso, i denti candidi spuntarono tra le sue labbra e tutta la faccia si illuminò per questo bel oggetto.
- Come ti chiamano?
- A me? ?" una risata sonora fece girare tutte le persone che si trovavano a fianco.
- Prendilo, spero che ti porti tanta fortuna?" Irena non aspettò la risposta.
La ragazza con gli occhi smeraldo si mise l’anello e vide l’anello, i suoi occhi e l’anello ebbero lo stesso riverbero, e Irene sentì che questo anello apparteneva più a questa ragazza che a lei, e le augurò tanta fortuna con tutto il cuore.
Intanto il semaforo era diventato verde e Irene si allontanò guardando la ragazza da lontana che la salutava dal finestrino, dicendole qualcosa che lei non sentiva ma pensava che probabilmente la ringraziasse, ma quando girò la testa la seconda volta non la vide, era sparita nel nulla..
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