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Un giorno, tanto per giocare...

“15 Settembre 2003. Voglia di urlare, di sorridere, di annunciare al mondo che è vero. Ce l’ho fatta, ho incoronato il mio sogno. Quel sogno che fin da piccola ho tenuto chiuso in un cassetto. Forse per paura di non farcela…”

Martina, quel giorno era felice, e così iniziò le pagine del suo diario.
Era sempre stata una ragazza all’apparenza chiusa, ed è per questo che non aveva molti amici, viveva in un piccolo paesino dove tutti si conoscevano e dove i ragazzi si giudicano solo per quello che si mostra, per i propri pregi esclusivamente esteriori, e lei, così timida non era mai riuscita a far vedere chi veramente era.
A scuola andava bene, non era la migliore ma non poteva lamentarsi, dedicava qualche ora il pomeriggio allo studio scolastico, per poi spostarsi in salotto, dove la aspettava LUI, quello strumento che le era stato regalato da bambina: il suo pianoforte.
Era molto legata a quell’arnese, non era nuovissimo e aveva spesso bisogno di manutenzione, ma non voleva cambiarlo.
Quante volte si era seduta accanto a sua madre per farsi insegnare qualche canzoncina, semplice, da suonare a quattro mani.
Eh si! Quel pianoforte precedentemente apparteneva a sua madre, quella madre che la lasciò ad appena l’età di 8 anni. Ecco perché era così legata a lui… Riusciva a portarla indietro nel tempo, riusciva a farla sorridere ripensando ai suoi primi “passi” di piccola pianista.

“…invece ci sono riuscita! E l’ho fatto per te, solo per te!…”

Le si era formato un nodo alla gola, i suoi occhi erano pieni di lacrime.
Ce l’aveva fatta, e continuava a ripeterselo, quasi incredula, così poco fiduciosa di sé stessa.

“…Hai visto mamma? Hai visto?…”

Idonea, l’unica parola che riusciva a ricordare, le si era stampata nella mente e non voleva andarsene.
Gliel’avevano sempre detto, tutti i suoi insegnanti di pianoforte, che aveva una certa attitudine per quello strumento, e un giorno, così per gioco fece la domanda d’iscrizione all’accademia musicale.
Suo padre l’aveva quasi costretta a provarci, perché se fosse stato per lei, non avrebbe mai tentato.
Sapeva di avere talento ma era anche a conoscenza delle difficoltà che avrebbe riscontrato per riuscire ad entrare in quel mondo fatto di sola musica, e soprattutto dell’impegno che avrebbe dovuto mettere nel caso la sua domanda fosse stata accettata.
Suo padre credeva in lei e l’aveva sempre fatta studiare con i migliori professori della zona, non importavano i soldi a lui, voleva solo il meglio per la figlia.

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6 commenti:

  • Francesco Garofalo il 27/09/2010 16:19
    brava, però ho l'amaro in bocca, il continuo???
  • Lorena Crema il 04/04/2008 18:47
    ehi... grazie... sono piccina confronto a voi...
    e leggere i vostri commenti mi ha fatto veramente piacere!
    GRAZIE! continuerò a scrivere... un bacio...
  • Ivan il 04/04/2008 17:16
    ... un sogno che contagia. Scritto con grande semplicità (per me questo é un pregio...), diretto, buona forma e ritmo sostenuto, nonostante il dialogo/monologo molto personale. Davvero brava.
  • Flavio METALDOG Noviello il 04/04/2008 14:32
    Ciao e benvenuta!! Mi piace molto il tuo racconto, è molto semplice ma è bellissimo!