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My inner self
Raccontami qualcosa. Ne ho febbrilmente e terribilmente bisogno. Ho speso la mia vita ad ascoltare solo le mie ragioni opportunistiche, passive e brutalmente egoiste. E a ostentare solo quelle briciole di cui son fatto, facendo orecchie da mercante a tutto il nuovo e l'imprevedibile che di questo mondo costituisce il vero e invalicabile traguardo della conoscenza e esperienza.
Raccontami, dimmi ciò che pensi della vita e della morte, di come interpreti la sofferenza. Raccontami anche solo ciò che non reputi necessario raccontare, perchè è ciò di cui ho il più grande interesse.
Mi sono ritrovato a chidere queste cose in silenzio, seduto ad un tavolo in solitudine, in un posto come in un altro. Forse ero in quella pasticceria di V. o su quella panchina a L. o più semplicemente in quel McDonald a M., uno dei rari posti in cui si può bere un caffè stando seduti in pace, in quella città. Eravamo seduti lì, a quel tavolo per due, sì proprio lì in cui ora lei signora sta mangiando... ma che, mangia un happy meal? una di quelle robe coi giochini per bambini?
<<Scusi, sta parlando forse con me?>>
<<Ehm.. no scusi, riflettevo ad alta voce.>>
Avete mai avuto la sensazione di passare del tempo a dialogare fantomaticamente con le persone che reputate importanti per la vostra vita, ma di scoprirvi malinconicamente soli? certo, o magari no. Cosa importa, se queste sono solo patetiche considerazioni di chi ha imparato quasi esclusivamente del vittimismo da sbraitare sugli altri.
Eppure io ti ho raccontato tutto su come interpretavo i miei vissuti, ti ho prestato occhi e cuore, forse pretendendo che anche tu mi dessi le stesse identiche cose. C'è solo che avevo voglia di condividere.
Perchè non è possibile comunicare? perchè non è possibile ad esempio far passare il concetto o più precisamente la sensazione che rivelare il negativo che è in me od in ognuno di noi non significhi necessariamente cercare delle soluzioni?
Qual è il vero significato della condivisione?
Perchè devo dissimulare i miei vissuti negativi agli occhi degli altri? perchè in fondo è ciò che voglio? Quella canzone dei Pink Floyd recita
'E se ti mostro il mio lato oscuro
Mi stringerai ancora stanotte?
E se ti apro il mio cuore
E ti mostro il mio lato debole
Che cosa farai?'
che cosa farai? che cosa hai fatto?
cos'è allora la condivisione se non qualcosa che non riguarda i nostri nervi scoperti? è solo tutta una questione di maschere, compromessi e accomodamenti. Che indosso io. Ma che indossi anche te.
E se porgo le mie scuse, ciò non serve a ripristinare il tutto, che poi è il nulla. È solo immaginazione e la realtà si dematerializza al punto tale che non riusciamo più a comprendere quale essa sia realmente, e ci svegliamo solo a tratti, ogni tanto, nel considerare fugacemente di come il tempo sia trascorso e ci siamo ritrovati in mano solo un mucchio di polvere.
Penso a tutti quei viaggi stracolmi di una sofferenza tale da farmi urlare dal dolore, eppure penso anche ai tuoi sorrisi.
Penso alle tue promesse non mantenute, e lì la mia visione della vita crolla rovinosamente come se la mia personalità fosse fatta di puro cristallo.
Quel giorno in cui m'è sbadatamente caduto il caffè nel McDonald a M., o guardavo in giro per mascherare l'imbarazzo nella pasticceria a V., o semplicemente alla domanda 'e ora cosa facciamo?' ho risposto 'bho', sulla panchina a L., qualcosa di vero l'ho trovato in me e in te, ed era così maledettamente lucido. Era solo illusione?
E non m'importa se ti stiri i capelli o se sei religiosa, ma parliamone. Parliamo del perchè credi a dio e del perchè io non possa evitare di farlo, parliamo del fatto che non vedo solo nero nella mia vita, ma ho voglia di tanti altri colori.
E parliamo di cosa hai fatto stasera o dei tuoi esami, o dell'ultimo dei Dark Tranquillity che tanto abbiamo adorato assieme, o come quando ti feci ascoltare 'Advent' sulle scale, mentre attorno pioveva, ma i giri differenti delle chitarre di Akerfeldt e Lindgren formavano la magia che copriva ogni suono esterno.
Non negarmi la parola, io ne rivendico il diritto. Rivendico il diritto della speranza che ci si possa parlare e comunicare quel che sentiamo, anche se tutto ciò che di più profondo c'è, è incomunicabile.
Rivendico l'illusione, o forse, la certezza che ho trovato la sensibilità che ho sempre cercato dalle persone. Che non sta nelle parole o nei gesti comuni, ma negli occhi. E io li ho visti quegli occhi.
Non riesco a concepire dio, non riesco a concepire come nella vita e dalla vita io possa o debba cercare la felicità. Datemi la lucidità, piuttosto, di ciò che mi accade, di ciò che sono e di ciò che rappresento realmente per le persone. Datemi la verità.
Ma ancora una volta, mi sono ritrovato solo, seduto a quel tavolo, a guardare un punto fisso e insignificante al di là della vetrata.
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