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Il contadino Ernest
Mungeva le mucche. Rimuoveva il fieno. Segava l’albero. Spaccava la legna. Tosava la lana. Potava la vite. Cucinava l’arrosto. Lavorava dalla mattina alla sera. Viveva con tre mucche, dieci galline, quattro pecore, un cane, due gatti. Ernest però si sentiva solo. Si guardò intorno.
La fattoria aveva un gran bell’aspetto. I fiori e le piante incominciavano a fiorire. Ernest se ne rattristò: – non è giusto! – Gli mancava una donna.
Stava buttando via tutti gli anni della propria vita in cambio di latte, lana, legna, vino e arrosti: – dammi soltanto una donna – bisbigliò Ernest alla mucca Caterina.
– Dammi solo questo, e tutto il resto si aggiusterà. Un uomo a volte non ce la fa più, no?
Ernest chinò la testa tra le mani, se si lamentava aveva le sue buone ragioni, sospirò di nuovo: – non faccio che lavorare!
– Mu’ – fece la mucca.
– E che ne diresti se semplicemente me ne andassi!
– Rimani Ernest! – protestò la mucca.
Ernest scostò le mani dagli occhi; la mucca Caterina era diventata una donna, bellissima. Ernest cercò di darsi un’aria spavalda.
– Ciao grassona! – disse.
– Torello mio che aspetti?
Ernest si svegliò; in quel punto del sogno si svegliava sempre.
Uscì dal letto. Aprì l’armadio e tirò fuori l’abito della domenica. Andò in bagno, si sciacquò la faccia, si spazzolò i denti, si rase la barba, si tagliò i peli dal naso, si tolse lo sporco sotto le unghie e indossò l’abito della domenica. Prese il vialetto stretto tra i campi e i prati. Seguì il sentiero, attraversò il bosco e raggiunse la strada che entrava nel paese.
Camminò per una buona ora.
Ernest era alto, biondo e bello. I suoi animali gli volevano bene. Non era facile resistergli.
Si fece coraggio; entrò dal macellaio.
– Giorno – disse.
– Salve Ernest, qual buon vento ti porta? – disse il macellaio.
– Senti Hans, sono venuto a chiedere la mano di tua figlia.
– Brighitte?
– No Caterina.
– Caterina è pazza. Sei sicuro di volerla?
– Sì, Caterina mi piace. Mi appare spesso in sogno.
– Sei pazzo quanto lei, Ernest.
– Forse. Non riesco più a vivere solo.
– Eppure hai una gran fortuna.
– HAAANS – gridò la moglie da qualche parte dal retro della bottega.
– Cristo! Vedi Ernest. Una donna è proprio la peggiore disgrazia che ti possa capitare, figlio mio.
– Voglio sposare tua figlia, Hans!
– HANS MALEDIZIONE VUOI RISPONDERE! – continuò la moglie.
– UN MOMENTO SOLO, per dio! – gridò Hans.
– Allora Hans? – chiese Ernest.
– Come vuoi – disse Hans – portatela pure via. Sai dove trovarla.
– Grazie.
– Bene.
– A presto.
– Già.
– HAAANS!
Ernest uscì. Allungò il passo e arrivò alla chiesa. Aprì il portone ed entrò. I banchi erano tutti ugualmente allineati e attraversavano da parte a parte tutta la navata centrale. Vide Caterina seduta al primo banco sulla sinistra, vicino la statua della madonna. Si avvicinò.
– Caterina.
Caterina aveva gli occhi blu splendenti di carità. Lo guardò e gli sorrise.
– Ho il cuore più caldo e più ricco di ogni altro – disse Ernest.
Caterina continuò a sorridere.
– E più di ogni altro ti voglio amare.
Caterina sorrise ancora.
– Sei bella.
– Anche tu sei bello.
– Ti voglio sposare.
– Lo so – disse Caterina.
– Vuoi sposarmi Caterina?
– Non posso.
– Ti chiedo se vuoi sposarmi.
– Sì.
– Che cosa ti impedisce di sposarmi?
– Amo un altro.
– Gesù Bambino?
– Sì. Gesù Bambino.
– E stato lui a dirti di non sposarti?
– No.
– Chi allora?
– Nessuno. Amo Gesù bambino e voglio stare sempre vicino a lui.
Ernest avanzò di qualche passo e si avvicinò alla statua. La madonna teneva in braccio Gesù Bambino. Gesù Bambino sorrideva radioso. Le sue piccole mani erano alzate in avanti e fu facile per Ernest afferrarlo sotto le braccine e staccarlo da Maria.
– Vieni – disse a Caterina – lo portiamo a casa.
Allungarono per un sentiero evitando la strada del paese. Nessuno li vide.
S’incamminarono attraverso il bosco e arrivarono alla fattoria.
Caterina era ancora più bella con Gesù Bambino fra le braccia. Nessuno avrebbe mai potuto avere un’espressione tanto felice e buona come Caterina in quel momento, e Ernest si sentiva invadere da un’ondata di tenerezza, guardandoli. Li condusse e li sistemò nel fienile. Portò della frutta, del pane e dell’arrosto che gli era rimasto. Poi costruì un giaciglio nella paglia; per tutto quel giorno e per tutta quella notte rimase assieme con loro sul fieno.
Nel paese intanto il parroco scoprì il rapimento di Gesù Bambino.
Si recò subito dal macellaio Hans:
– Dio sia misericordioso – disse.
– Signor Parroco! Qual brutto vento ti porta? disse il macellaio.
– Senti Hans non c’è più Gesù Bambino – disse il parroco.
– L’ho sempre saputo – rispose il macellaio.
– Intendo la nostra statua della Madonna con Gesù Bambino. Qualcuno ha rubato Gesù Bambino!
– Questa poi!
Il prete si asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto e incominciò a stropicciarlo:
– Forse Caterina ne sa qualcosa…
– Caterina è pazza. Cosa vuoi che ne sappia lei? – disse Hans.
– Ma forse ha visto qualcosa!
– Lei è pazzo; quanto Caterina. Le uniche cose che Caterina vede sono gli angeli.
– Vorrei poterle parlare Hans, per Gesù!
– HAAANS – gridò la moglie da qualche parte dal retro della bottega.
– Cristo! Senta Signor Parroco. A parte mia moglie, Caterina è stata la peggiore disgrazia che mi sia capitata.
– Voglio parlare con tua figlia Caterina – insistette il parroco.
– HANS MALEDIZIONE VUOI RISPONDERE!
– Allora Hans?
– Come vuole – disse Hans – MATILDE! VIENI QUI! C’È IL PARROCO! – gridò.
– Grazie – disse il parroco.
– Bene.
Matilde. Arrivò con le mani e il grembiule macchiato di sangue. Era grossa e rotonda come una botte:
– Buongiorno Signor Parroco. Qual buon vento la porta?
– Qualcuno ha rubato Gesù Bambino! – ripeté il parroco.
– Questa poi!
– Forse Caterina ne sa qualcosa.
– Caterina è pazza. Cosa vuoi che ne sappia lei?
– Ma forse ha visto qualcosa. Vorrei parlarle.
– Non è in chiesa? – domandò Matilde.
– Ecco perché sono qui, Caterina non è in chiesa.
– Gesù! E dove sarà mai? Matilde si portò le mani sui capelli.
– Non lo sa?
– HANS! SAI DOVE È TUA FIGLIA?
– Non strillare così, gesù cristo!
– CATERINA CATERINA. BRIGHITTE!
Matilde lasciò il parroco e Hans nella bottega. La sentirono salire pesantemente le scale della casa. Tutto scricchiolava:
– CATERINA. BRIGHITTE BRIGHITTE!
– È meglio che se ne vada adesso – disse Hans al parroco – me l’ha combinata grossa. Appena troviamo Caterina glielo facciamo sapere.
– Mi faccia questa cortesia.
– Bene.
– Dio sia...
– HAAANS!
Hans arrivò alla fattoria di Ernest. Era mattino presto e tutto intorno era grigio. Andò a bussare alla porta della casa. Aspettò. Bussò ancora. Niente.
– Cosa c’è? – sentì dietro di lui la voce di Ernest.
Hans si girò e vide Ernest in piedi davanti il portone del fienile.
– Come sta Caterina? – chiese Hans.
– È felice. È bella come un angelo.
– Vivete nel fienile?
– Sì.
– Il parroco del villaggio ha messo sotto sopra il paese.
– Gesù Bambino dovrà stare ancora un po’ con noi.
– Certo certo.
– Pensi che dovremmo partire? – chiese Ernest.
– No, no. Non credo che verranno a cercarlo qui.
– Mi serve solo un po’ di tempo. Poi la cosa sarà sistemata.
– Capisco.
– Bene.
– Sei una persona in gamba Ernest.
– Anche tu Hans.
– Fate i bravi. Addio.
– Addio Hans.
Proprio in quell’istante ecco che il sole apparve sopra gli alberi, e fece cadere i suoi raggi sulla grossa testa pelata di Hans. Hans si girò ancora una volta, salutò con un cenno della mano e s’incamminò lungo il vialetto stretto tra i campi e i prati.
Nove mesi dopo alla vigilia di Natale Gesù Bambino ritornò fra le braccia della Madonna.
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