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Il rovescio della medaglia (fantasticherie di un giovane psicopatico?))

Solo, mi ritrovai a vagabondare, in nome del gran sentimento e del dolore provocatomi dalla presa di coscienza della sua reale ed effimera consistenza. È proprio della natura dei sognatori, l’attitudine a dare sapore d’infinito, ad innalzare su un piano superiore, le basse e naturali pulsioni umane dettate?" dice il razionalista?" esclusivamente dall’istinto comportamentale ereditato da chissà quali ataviche parentele scimmiesche. Ma poiché l’uomo ama complicarsi la vita e noi sognatori, in particolare, ancor di più, ecco che tutte quelle che dovrebbero essere semplici tendenze istintive si colorano di accenti sovra-strutturali, ai quali viene dato un sapore superiore. Il Grande pittore scimmia, allora, disegna e inventa sull’istinto riproduttivo, l’amore, sul timore della morte e delle sofferenze, la consolazione religiosa o ideologica, ecc. Bene, nonostante tutto ciò dia illusioni e ulteriori sofferenze, sono contento di essere un uomo e di non essere un razionalista. In sostanza quello umano può esser definito il “gioco delle medaglie e del loro rovescio”: per poter godere tanto fortemente la gioia, bisogna soffrire altrettanto fortemente il dolore, il pendolo di Shopenauer, lo ricordate? Mirabile Intuizione è la “teoria del piacere” del Leopardi: noi uomini desideriamo ciò che non possediamo attribuendogli sapore d’infinito, di eternamente appagante e poi, quando abbiamo ottenuto ciò che volevamo, ci accorgiamo della sua effimerità e cominciamo a desiderare qualcosa d’altro; questa è a mio parere la grande differenza tra l’uomo e gli altri abitanti del pianeta: la tensione al progresso, all’acquisizione di qualcosa che sembra poter darci la felicità anche se a discapito di noi stessi o degli altri (basta questo per prendere tutti i nostri bei ideali tanto decantati?" il sogno comunista in particolare?" e conservarli in un bel cassetto). Eppure nonostante questo, sono contento di versare lacrime inutili per un amore perduto, e credere che sia quantomeno auspicabile: continuare a lottare per l’equità sociale tra gli uomini (altrimenti dovrei imparare a vivere con cinismo meccanicista e questo non mi va proprio per niente).

Così, pochi mesi fa, distrutto per un amore che ho lasciato, che ho perduto, che volevo ritrovare e che mi è stato negato, sono stato pervaso dal desiderio della fuga e così, senza un soldo e senza precisi progetti, presi un treno e mi ritrovai a vagabondare?" palermitano disperato?" per l’etnee strade catanesi; frustrato a morte dalla negazione del mio desiderio d’infinito?" che se avessi riottenuto ero consapevolissimo non mi sarebbe andato più a genio?" follia pura: la consapevolezza di volere fortemente e in maniera devastante un amore che ho prima rigettato e che so che mai avrebbe potuto darmi la gioia sperata. Sono malato profondamente d’inettitudine, voglio, voglio, voglio, ma non faccio mai abbastanza per ottenere, e proprio quando so che qualcosa che non ho voluto più mi è stata negata, faccio follie per riaverla nella consapevolezza di non volerla fino in fondo. In tutto questo mi abbandono voluttuoso alla consolazione del sottosuolo, il piacere morboso dato dalla sofferenza e dalla consapevolezza dell’inettitudine, fumo mille sigarette al giorno, e giunto all’ultima cicca della giornata mi propongo per l’indomani di fumare molto meno (inettitudine sveviana?). Spesso guardando gli uomini attivi, treni che giungono sempre alla destinazione propostasi, provo al contempo invidia e disprezzo; penso che loro siano molto più felici di me, si creino molti meno problemi esistenziali e godano progressive soddisfazioni; io non progredisco! Cresco biologicamente, ma spesso mi soffermo a pensare che negli ultimi dieci anni sia cambiato davvero poco; le esperienze fatte non mi hanno evitato e non mi eviteranno di ricadere negli stessi errori e sono contento così; d’altro canto penso che lui, l’uomo attivo, per poter essere così volenteroso, deve aver voluto soprassedere, dimenticare in fretta o non considerare affatto, le mille dimostrazioni che ci fanno capire che la vita è cosa effimera, che tutte le cose virtuose verso le quali tendiamo?" come l’affermazione sociale, la formazione di una famiglia, il progresso, ecc?" siano tanto belle e virtuose se viste da lontano ma tanto vane e poco consolanti quando toccate con mano. Sono anche ultra convinto di non avere buona memoria, a volte cerco di ricostruire la trama di qualche libro letto poco tempo prima e mi arrovento le budella rendendomi conto di ricordarne troppo poco. Di solito, la prima cosa che dimentico è la conclusione del libro. Talvolta mi capita di incontrare per strada persone che mi salutano, io ricambio il saluto per cortesia, senza ricordare chi fossero; spesso cerco di ricostruire il mio passato e lo vedo offuscato, anche quello relativamente vicino; qualche giorno fa ascoltai in ospedale (sono stato ricoverato per una frattura alla tibia provocatami da un incidente, ed ancora oggi, mentre scrivo, son costretto a combattere con una fastidiosissima ingessatura) ascoltai la storia di un tale sulla cinquantina che descriveva con perizia di particolari alcune sue esperienze liceali; io ho 24 anni ed alcuni compagni dei primi anni di liceo non li ricordo neppure. Eppure sono convinto di vivere determinate esperienze più profondamente degli uomini attivi. Leggere un libro per me è qualcosa di mistico, di estremamente appagante, ma ho la sensazione che questa sensazione sia come fine a se stessa, come se io non fossi in grado di imparare nulla dalle esperienze, ma solamente sono avvezzo a viverle profondamente, fine a se stesse, appunto. Tutto ciò è estremamente frustrante, mi sento sempre al punto di partenza, non riesco mai a metabolizzare una tappa per poterne affrontare una più complessa; del resto penso proprio che questo scritto rimarrà incompleto pure per questo, oltre che per il fatto che con esso non mi propongo nulla, non voglio giungere da nessuna parte, non ho un progetto tematico, quello che sto scrivendo è fine a se stesso, art pour l’art direbbero i cari decadenti, però in questo flusso disordinato di coscienza c’è proprio poco di artistico, al massimo potrebbe essere lavoro per uno psicoanalista.

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19 commenti:

  • aleks nightmare il 18/06/2009 16:28
    Molto bella!
  • Aldo Occhipinti il 19/08/2008 20:25
    è vero che i risultati possono non essere completamente sotto la tua responsabilità, è pur vero che le intenzioni lo sono sempre. Sono le intenzioni che tu hai verso te stesso, e nei confronti della realtà che ti circonda, che ti qualificano come uomo vero o come fantoccio... (citazione dal commento di Massimo Vaj)
    Caro Vaj c'è molta differenza, ahimè, tra l'intenzione e l'azione - tra l'aspirazione e il conseguimento. è lì che sta il punto - ed è questo forse il nodo focale di questo mio scritto vecchiotto... ti consiglio di leggere il mio "Stato di Grazia" per cogliere la mia posizione "poetica" sull'argometo - tutti questi miei scritti fanno parte di un proggetto unitario di poetica che io chiamai "senza timone" - ed è il senso di abbandono, l'incapacità di stare saldo al timone e seguire una rotta, che anima questa mia prima produzione. In fondo - in parte - il mio spirito è ancora animato da simili tensioni... ma forse è bene così: è lo spirito poetico, la capacità che alcuni di noi hanno di "sentire" (leggi la mia poesia "senza nome" che forse ci sballotta e ci rende incapaci di essere lucidi e determinati.
    P. S. Grazie a tutti per le riflessioni sviluppate intorno al mio testo
  • Aldo Occhipinti il 19/08/2008 16:34
    VI - - VE - - RE - quattro sillabe?????????? Ethel... ma dai
  • Aldo Occhipinti il 19/08/2008 16:33
    VI - - VE - - RE - quattro sillabe??????????
  • Egon il 18/08/2008 01:08
    per smettere di soffrire basta smettere di pensare, t'attacchi alla tivvu, ti spari maurizio costanzo, ti compri un videogioco, navighi in internet
    e vaffanculo preferisco pensare piuttosto che farmi le seghe su you porn!
  • Aldo Occhipinti il 17/08/2008 15:13
    P. S - è un testo del 2004... non che oggi sia molto diverso il mio "andare" però...

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