Ho conosciuto Doretta, una ragazza bella e sinuosa; forse un po' lamentosa e con qualche altro difetto, che però ho imparato a sopportare. Se scartassi le persone con qualche imperfezione, dovrei scartare tutti.
Doretta sta quasi sempre sola perché ha poche amiche. Quando la incontro nei giardini pubblici, restiamo insieme. Nei lunghi e caldi pomeriggi d'estate, io ascolto la ragazza mentre parla, e lentamente, un poco alla volta, entro nel suo chiuso mondo femminile: un mondo prosaico, limitato, senza gioia.
Frequentando Doretta vedo il mondo dall'altro punto di vista; il mondo visto in modo differente, più analitico, più particolareggiato, come sotto il microscopio. Niente filosofie, niente cosmogonie, niente che non sia pratico, utile, pragmatico. Quello che non rende la vita comoda, non serve a niente. Così pensa Doretta; così pensano le donne.
Oggi Doretta mi ha fatto confidenze speciali. Seduti da soli sulla panchina, mi ha parlato per la prima volta di lei. Mi ha rivelato particolari insignificanti ma intimi della sua vita: cosa mangia a colazione (caffelatte e cioccolata); quante volte si lava; un ragazzo che ha tentato di toccarla; le strade che evita per non udire gli elogi dei vecchi seduti all'osteria
Poi mi ha detto il suo cognome, che io ignoravo. E dopo un po' mi ha detto il nome di suo padre. Così, senza che io glielo chiedessi, Doretta mi ha presentato la figura di suo padre. Il messaggio implicito o sottointeso è: vai a trovarlo e chiedigli il permesso di diventare il mio fidanzato!
Cara Doretta, sotto la superficie dorata di occhi, capelli e reggiseno, traspare in te la femmina: l'animale che ha bisogno di dare per ricevere; che necessita di sicurezza, cibo, protezione.
Doretta sta mettendo le briglie alla mia sessualità. Sta mettendo briglie, morso e paraocchi. Doretta mira a mettermi la sella per cavalcarmi come un cavallo, nel terribile gioco del matrimonio.
Agosto 2003