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Fuori
FUORI
Si allentò la cravatta, uscì dall’ufficio, uscì dal palazzo, e aveva una voglia di bere, ma di bere fino a vomitare.
Degne e rispettabili banalità gli galleggiavano dentro vagando dalla testa allo stomaco e ritorno senza dargli tregua, doveva bere fino a che l’alcool gli avesse riempito in ogni angolo stomaco e testa cacciando fuori quelle ondate di pensieri.
Fuori: la macchina a due passi e poco più in là, dall’altro lato della strada il bar.
Salì in macchina, girò la chiave ma nessun rumore. Non ci riprovò, stette lì seduto annegando lo sguardo nei neon dell’entrata del bar all’altro lato della strada. C’era buio da un po’, c’era freddo, la strada bagnata e il cielo arido, e gente, tanta gente: un’unica onda di vestiti scuri, di occhi bassi e di nuche, che da più parti si abbatteva sui marciapiedi.
Voleva entrare al bar ma sapeva che ne sarebbe uscito ubriaco e non gli andava di tornare a casa a piedi, non gli andava di essere visto in quello stato.
Scese dalla macchina, si appoggiò alla portiera, gli occhi fissi sull’entrata del bar, lo distrasse solo per un attimo un’ombra che, attraversando quelle luci, girò l’angolo e si andò ad abbandonare sul marciapiedi in un vicolo. Era l’immancabile barbone che sragionava qualcosa nella sua lingua, forse era ubriaco, o forse stava male, non faceva differenza, era un pezzo di arredo urbano, venuto neanche tanto bene, e un po’ scontato: tranquillamente trascurabile, come un lampione fulminato o una panchina con il sedile rotto.
Ma mentre lo vedeva sedersi e diventare tutt’uno con il marciapiedi, con il vicolo, con il buio, lui lo invidiava, lo invidiava perché lo aveva visto scomparire.
Non ci pensò, superò la luce dei neon, si trovò al buio e si affidò alla benevolenza del barista, dopo qualche bicchiere era ubriaco al punto giusto e allora se ne fece un altro paio, giusto per non poter tornare indietro tanto in fretta. Dal fondo dell’ultimo bicchiere ebbe la visione netta di tutti i suoi pensieri che esplodevano fuori dalla sua testa e si andavano a schiantare a rallenty contro le pareti del bar imbrattandole di una materia densa e scura. Ne ebbe una sensazione di sollievo e di mistica serenità, chiuse gli occhi e quando li riaprì quel posto gli sembrò davvero schifoso, le facce degli altri “bevitori” lo nausearono, pagò e attraversò di nuovo la porta al neon.
Le pozzanghere erano buchi neri che inghiottivano luce: lampioni, finestre o stelle, non faceva differenza. Ci camminò sopra scagliando quei riflessi tutto intorno sulla strada già lucida.
Fece qualche passo, si guardò i pantaloni: luridi. Scostò lo sguardo di poco, lì per terra nel suo vicolo ritrovò il barbone di prima, che però adesso era svenuto, o morto. Perse l’equilibrio spingendolo un po’con il piede: respirava, era vivo. Poteva chiamare un’ambulanza, ma gli venne in mente qualcos’altro: aprire la porta e uscire fuori, fuori da sé.
Ci volle un attimo e adesso il ricco dirigente con la sua cravatta da 160 €, scarpe firmate, giacca di cachemire e tutto il resto della dotazione giaceva a terra, e il barbone se ne tornava nell’appartamento in centro, godendosi nel tragitto l’invisibilità che si era appena guadagnato.
Gli era sembrato di vedere due suoi colleghi venirgli incontro, li fissò per catturare la loro reazione alla sua vista, ma non lo avevano neanche guardato, tanto meno riconosciuto: era più che invisibile, era “da evitare”.
Non la pensava così l’auto che gli arrivò addosso e lo gettò in aria facendolo riatterrare a qualche metro di distanza su un marciapiedi ormai deserto, vista l’ora. L’auto non si fermò, continuò per la sua strada, una strada senza occhi che non si era accorta di niente.
Lui stette lì allungato a terra con la faccia incollata sull’asfalto, dalla bocca gli usciva un lento rivolo di suoni: pianto e bestemmia, raggrumati nel sangue.
Il lamento di una sirena che diventa velocemente più solido, un attimo: il bianco di un’ambulanza che dal nulla si avvicina e senza fermarsi continua la sua corsa. Trasportava un uomo ben vestito, ricco sicuramente, anche se l’odore che aveva addosso avrebbe fatto pensare altro. Lo avevano soccorso lì sul marciapiedi davanti ai neon del bar, se non fossero arrivati in tempo sarebbe morto. Fortunatamente i rispettabili vestiti che indossava avevano richiamato i rispettabili occhi di un signore che chiamò subito soccorso.
Lui, invece, lo vennero a prendere all’alba, quando un sole per niente rispettoso sfiorò le sue palpebre chiuse.
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