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Ciao Essere

“Il nostro errore più grande è quello di cercare negli altri le qualità che non hanno, trascurando di esaltare quelle qualità che invece realmente possiedono”
Marguerite Yourcenar

Un punto interrogativo. Era diventato il suo segno preferito. Un arabesco che, per convenzione, si ritrovava ad essere compagno di chi continua a porsi dei perché che spesso non sono fatti per avere una risposta.
Camminava, con in mente un punto interrogativo, o forse due. O forse molti. Camminava in quella falsa primavera che aveva visto i fiori rosa degli alberi sparire troppo in fretta, sotto le gocce ed il vento di un inverno tornato a reclamare quello che pensava essere suo. Era giovane, era vecchia? Era sbattuta come il ramoscello con i fiori anneriti dai grossi chicchi di grandine, eppure c’era in lei qualcosa che somigliava alle gemme di quelle giovani piante. Si sentiva troppo giovane. Si sentiva troppo vecchia. Ma chi poteva dirgli come era giusto sentirsi?
Camminava, ed aveva smesso di piovere. Aveva deciso di uscire dalla coltre delle coperte sotto la quale i suoi pensieri erano diventati troppo assordanti e disordinati. Nel buio le sembrava di vederli passare, mischiarsi, intricarsi come i fili intrecciati dal becco inesperto di qualche uccello, in un maldestro tentativo di creare un nido d’amore. Così era uscita. In un giorno di festa è quasi tutto deserto. Ed è quasi tutto deserto anche in un giorno di pioggia. Facendo due più due, era sicura che non avrebbe trovato anima viva, sulla sua strada.
Sebbene non avesse una meta precisa, dopo tanti passi compiuti con aria assorta, decise che il suo punto d’arrivo, per un primo momento, sarebbe stata quella panchina, forse un po’ umida, ma lontana quanto bastava dalla strada per non vederla, ma per sentirne ogni tanto i rumori ovattati e discreti. E li ricominciò a pensare.
Quel punto interrogativo si era frantumato in tante piccole copie, l’aveva quasi fatta impazzire. Ed era triste, era euforica, e poi era di nuovo triste, perché impaurita dalla sua euforia. L’euforia poteva essere sbagliata, poteva non essere quello il suo momento. Qualcuno gliel’aveva fatta pagare, per quel suo saltellare allegra come una bambina, quando si era dimenticata di sentirsi triste.
Sciocchezze, era quella la via giusta. Ma forse non era il suo momento per imboccarla, e gli si era parato davanti qualcuno dei suoi fantasmi a ricordarglielo.
Aggrottò le sopracciglia sottili, dopo aver scostato, un po’ infastidita, i capelli che venivano mossi dal vento umido. Alzò gli occhi al cielo. Le nuvole si spostavano veloci, il sole pallido avrebbe ben presto smesso di lottare e si sarebbe facilmente lasciato coprire.
Quei piccoli punti interrogativi si ingigantivano uno ad uno, man mano che lei vi prestava attenzione. Così esclamò:
- È impossibile, così non si può ragionare
- Esattamente
Qualcuno parlò. Era una voce calma, bassa, che richiamò i suoi occhi, abbassati sul terreno. Quando li alzò vide una figura, ovviamente, ma non la riconobbe. Era un uomo, eppure non lo era. Forse lo sembrava. Ma il suo volto non era un volto, i suoi occhi non erano occhi. Cos’era? Avrebbe dovuto domandarselo, invece quella voce bella e melliflua cancellò questi quesiti, non le diede nemmeno modo di porseli per un secondo. Con una sola parola, quell’Essere, le aveva fatto dimenticare che forse bisogna diffidare da chi non è quel che sembra. E anche da chi non sembra niente:

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3 commenti:

  • Laura cuoricino il 02/07/2010 13:26
    Hai scavato veramente dentro di te, profonda analisi! Continua. Ciao
  • clem ros il 04/05/2010 11:46
    Vero analisi introspettiva molto coinvolgente. Perchè non continui?
  • Free Spirit il 10/07/2009 11:17
    Bell'analisi introspettiva nei meandri dell'astruso essere, il nostro IO
    Complimenti scrivi bene

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