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Ritratto di interno borghese

Che cosa può esserci di peggio che avere in casa una figlia in età da marito?
Il cav. Ubaldo De Carolis non aveva alcun dubbio al riguardo: averne due. Toscano di nascita, si era trasferito parecchi anni prima a Roma, facendo fortuna con il commercio di stoffe preziose. Qui aveva conosciuto e sposato Ortensia, figlia di un ricco importatore di caffè. Subito dopo il matrimonio si erano trasferiti in un appartamento proprio sopra il negozio, in Via del Corso, al numero 79, spazioso e arredato in modo elegante. Si notava il tocco di Ortensia un po’ ovunque. A benedizione di questa unione erano nate due bambine, Immacolata e Maria Cristina. Diverse come il giorno con la notte. Immacolata, la più grande, era grassoccia, tarchiata e aveva una espressione alle volte vagamente assente, come se stesse in un mondo tutto suo. Impenetrabile a chiunque. In compenso, aveva avuto in sorte una intelligenza fuori dal comune. C’era chi giurava che fosse il ritratto del padre, ma lui lo negava nel modo più assoluto. La più piccola, Maria Cristina, sembrava invece disegnata tanto i suoi lineamenti erano delicati. Alta, con uno sguardo volitivo, era l’unica in casa capace di addolcire il padre con una sola parola o con un altro qualsiasi gesto. Le bastava soltanto sceglierne uno ed il gioco era fatto. A completare il ritratto di famiglia c’era Birillo, un leziosissimo cane da salotto bianco e nero, passione della più giovane delle due sorelle. Il padre odiava quel cane ed il sentimento era ricambiato da Birillo, forse anche con maggior intensità. Quell’anno Maria Cristina aveva ricevuto ben tre proposte di fidanzamento. Tutte rifiutate. Uno era troppo anziano, per lei, che aveva ventuno anni, uno troppo povero, per il padre, che voleva per la figlia una vita agiata e il terzo, un matrimonio di comodo, per salvare il rampollo di un concorrente nel commercio dei tessuti, dalle dicerie di strane frequentazioni. Quest’ultimo fu scartato da entrambi. Immacolata sembrava invece non suscitare alcun interesse da parte dell’altro sesso. La situazione creava un certo malumore in casa anche se, in verità, la ragazza non pareva curarsene più di tanto. A voler essere onesti, un uomo che l’aveva avvicinata c’era stato, ma lei aveva opposto un secco rifiuto. Non per questioni di età o censo. Semplicemente non voleva essere considerata un campo da seminare perché desse frutti in gran quantità. Il tempo passava e lei, a ventinove anni, si era rassegnata a rimanere zitella. Senza troppi drammi. Avrebbe avuto sicuramente dei bellissimi nipoti da coccolare, e questo, almeno in parte, la consolava. Maria Cristina, in effetti, passava le sue giornate tra caffè, concerti al Pincio e corteggiatori più o meno sfacciati. Era la regina di tutte le feste. Le bastava entrare in una sala per attirare su di sé gli sguardi di tutti i presenti, uomini e donne. Prima o poi, e di questo era certa, avrebbe sposato il miglior partito di Roma. Un matrimonio di cui parlare anche negli anni a venire.

Il sabato era il giorno preferito dalle donne dell’alta borghesia per poter spendere, in cose costose quanto inutili, i soldi dei rispettivi mariti, che magari dovevano farsi perdonare qualche inconfessabile peccatuccio e quindi chiudevano volentieri un occhio sull’entità dell’acquisto. E questo, rendeva Ubaldo De Carolis estremamente allegro, tanto da contagiare anche Immacolata che lo aiutava in negozio. Rideva di gusto alle battute del padre, anche quelle più stupide. Di tanto in tanto la lasciava sola per andare al caffè proprio di fronte a bere un bicchierino di anice. E anche quel sabato, uno come tanti, non fece eccezione.

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