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LA TREDICESIMA MUSA
(Il destino non esiste... se non viene evocato)
Cella numero sei, sesto braccio, sei giorni dall’esecuzione, 666 il numero della Bestia, se credessi in simili scempiaggini penserei a questo momento come il più adatto ad una piena e sincera confessione, al tempo di una miracolosa rivelazione, l’attimo fuggente della verità.
A voi che mi leggete dico “stupidaggini”, in un mondo tenuto assieme dalla menzogna, anche la più inutile, io ho sempre praticato la più limpida onestà di pensiero e di opera.
Nessuno mai potrà accusarmi di incoerenza, ammesso che sia cosa di cui accusarsi, sono sempre stato eticamente ed ontologicamente corretto e verosimile nell’architettura del mio pensiero.
Assassino! Mi hanno chiamato, mostro, pervertito, belva... Epiteti ingiusti e miopi. Non è stata mai capita a fondo la natura del mio fare.
Per tentare una illustrazione corretta e verosimile devo chiamare in causa l’Arte dei grandi, perchè è di Arte che stiamo parlando.
Prenderò ad esempio due artisti come Klimt e Schiele, sensori mirabili del loro mondo.
Che dire del rigore estetico del maestro de “le tre età della donna” ?
Quanto rigore edificante, quanto equilibrio di proporzioni cromatiche e formali, che mirabile Architettura dell’Essere, traspare una fiducia assoluta nel costruire.
In epigone vi sono gli amplessi macellai, i muscoli lassi su ossa che sembrano bastoni coperti da una pelle malata di vita, che parlano di una visione dell’esistenza di Schiele dove il cinismo disperato della realtà non lascia scampo.
Io, in accordo con Klimt, ed in totale dissonanza con Schiele sono un costruttore, un germinatore di latenze vitali ed estetiche, un fecondatore di eventi e voi difficilmente potrete capire come si articola questa mia azione, che a volte vi potrà apparire in contraddizione con le mie finalità.
Badate considero secondario se non irrilevante il valore generico di essere vivi, io credo in un ordine a cui l’umanità tende inconsapevole, che ne motiva profondamente le vicende storiche, spiega gli eccessi più insensati e le barbarie più crude ed inutili.
La vocazione artisitca in me ha valore di rivalsa, fa di me l’Eroe di un mondo privo degli strumenti per collocarsi nel Tempo e nello Spazio.
Cotrapporre la ricerca del Bello inteso come Sublime, alla massacrante quotidianità della normalità cieca allo spettacolo mostruoso ed abberrante del presente, è la mia missione.
Consapevole della inevitabile sconfitta, da occidentale, traggo energia e motivazioni per continuare l’impari lotta.
Avete mai pensato a quanto può apparire fragile e fibroso, filaccioso ed inconsistente il corpo umano?
Per paragone guardate l’azione di un macellaio su un maiale, un bovino o un giovane agnello; come concigliare questo orrore, che anticipa quello del nostro corpo quando sarà avillupato alla terra viva, con il piacere tonificante di cibarsi di quelle carni arrostite?
Non vi sfiora il sospetto della vostra mostruosità?
La bassezza dei vostri istinti quando vi accingete ad immergere il vostro pene nelle tenerezze del bassoventre di una femmina o tra i suoi glutei lacerandone idealmente l’integrità e traendone un sommo piacere ; non vi sconvolge?
E voi donne nell’atto d’essere aperte e svuotate della vostra unità nel piacere, a volte millantato, dell’amplesso, come concigliate la visione del mondo integra e proba quando la stessa nascita è più dissolutoria della morte perchè rivela l’intima fragilità della “Vita”?
A questo punto non dubito del vostro risentimento nei miei confronti.
Ora crederete nell’efferatezza delle mie gesta, avrete la certezza ordinata della mia natura, del mio ruolo nella società degli uomini, così da potermi relegare in una casella, in un archetipo rassicurante e, alla lunga, inoffensivo.
Non sarà cosi!
Vi guiderò nel mio mondo e lo capirete.
Sin da bambino le cose che mi circondavano le trattavo con un distacco da osservatore. La distanza dalle esperienze mi dava sicurezza e, più tardi, potere sulle cose e le persone che entravano nella mia sfera di controllo.
Il controllo divenne via via scopo di vita, passione e piacere; come a dire l’unica degna dimensione dell’Essere.
Esercitai a fondo la “pietas” , mi intenerii per le miserie dell’essere umano ma non come un essere umano bensi come può intenerirsi un dio consapevole della propria immortalità.
Ogni trasformazione ha una sua origine precisa, la mia metamorfosi è iniziata un pomeriggio sulle balze delle colline tosche che delimitano la Val di Chiana.
Trascuravo di dirvi delle mie origini italiane e più profondamente toscane, di come questo renda complesso per voi capire la trama nascosta dietro la mia “normale umanità”, dato la vostra dimestichezza con la cronaca, il quotidiano fluire, vi sarà difficile capire la dimensione temporale di un’”italiano”.
Dicono che l’Italia non esiste se non come alchimia, bene! Io contrappongo la tesi che questo “Luogo” è la Pietra Filosofale. Il caleidoscopio che ricompone il giudizio del mondo, dove il pensiero non ha solo profondità temporale, ma anche dimensionale... poetica.
La virtù immaginifica ha radici complesse ed antichissime, anche nei discorsi più futili traspare sempre un paganesimo forte, tanto forte che il monoteismo cristiano si è trasformato in una religione ambigua e magica, composta di luci ed ombre seducenti.
Dodici anni... la casa natale a poche decine di metri, rassicurante e remota.
Il sole pieno e travolgente d’Agosto, l’ospitale merigge dei noci, delle querce, dei gelsi, i colori tentatori dai peschi, dai susini,... fichi precoci da alberi antichi, l’uva galletta ancora acerba e pur dolce...
Il cielo! Azzurro!
Un velo di nube immobile come una pennellata...
Voli!
Meravigliose acrobazie di rondini, falchi in battaglia, passeri fifoni...
e poi!
L’occhio passa di verde in verde, da curva a curva, da sinuosità in sinuosità...
Vertigine di piacere allo sguardo fino all’orizzonte di colline sfumate da ulivi e vigne.
Via al saccheggio...
Il giovane barbaro preda frutta, emozioni, tira sassi alle lucertole... scorazza come un animale selvatico per i campi... non sfuggono i nidi di faraona... uovo squisito. Via, via al saccheggio!
Padrone incontrastato del pomeriggio deserto, signore e padrone fin dove osa lo sguardo.
Sul fianco dei greppi tra cascie, acace, code di cavallo, fiori rossi dei “serpi” sta in agguato il “frustone”, lo scorpione, il ragno... piccolo mistero.
Oltre un filare di viti... una giungla di granoturco...
Sul limitare il Grande Mistero, l’inconosciuto, prende le sembianze d’un grosso felino nero... che non riesco a vedere, rimane nascosto dalla trama dei granturchi, e si inoltra con me nel labirinto di piante, e pur lo avverto... e il mio cuore batte più forte tra paura, piacere e coraggio.
Ecco, improvvisa, una radura coltivata a meloni, zucche e cocomeri, protetta tutt’intorno dalla barriera verde...
Nessuno! Cicale, garriti... il fruscio del silenzio.
Poi, improvviso come uno scoppio, un lampo di follia... via tutte le vesti gettate in fretta, concitato, l’aria calda sulla pelle... brivido. Un ululato alto da folle.. sentirsi un cane... un lupo... nudo a quattro zampe per la mia radura, incurante delle zolle di terra secca rotolo sulla schiena.
Ridere! Il pene, dolorosamente eretto, impedisce la rotazione.
Poi, come mosso da invidia, scoscio una foglia da un granturco e la riaccoscio sul fallo eretto allo spasimo.
Un’onda impetuosa! Dalla nuca, caldissima infiamma le reni, cedo e m’inginocchio, ed inerme assisto allo sgorgare dello sperma perlaceo che, scivolando nell’ansa della lunga foglia, stilla copioso sul terreno. Un’altra forte contrazione, vertigine, ancora lo sperma appare... ancora... ancora.
L’inconfondibile odore della terra d’estate permea le mie narici, sono disteso esausto sulle zolle secche, il ronzio del sangue è l’unico rumore.
dietro i miei occhi chiusi un’alba splendente di un sole interiore illumina il mondo dei miei pensieri e per un istante eterno vedo, sento, percepisco il Tutto in unità.
Lo sento! Questo pianeta, “femmina” raccolta tutta nella mia anima. ...è viva!
Non un sasso, ne un filo d’erba, nemmeno una tana di ragno, nulla è più nulla, tutto è vita, respiro, pneuma.
Uno spirito infinito è diffuso a sfera intorno a me.
Con disarmante semplicità il mondo rivela la sua armonia dinamica, ne comprendo i disegni, l’artisticità, non v’è che Bellezza, l’orrore è solo un ecquivoco, un vizio di chi guarda... una deformazione... un’abitudine perversa!
Il limpido chiarore di quei pensieri guida da quel giorno la mia vita felice.
Le donne sono le più sensibili testimoni della visione deformata dell’esistenza, sono coloro che ne pagano il prezzo più alto, subiscono “l’utilità” del ruolo, in sfregio alle menzogne pietose, alle riscosse sociali, sopportano l’oltraggio della sterilità, un disagio profondo vanifica sogni, speranze, illusioni.
Il tempo si accanisce su di loro, in modo inesorabile, mentre nei maschi l’immaginario rimane puberbale o comunque non in linea con l’età.
Eppure nelle femmine si raccolgono energie potenti, imprigionate, represse e disattese.
Questo è il materiale che mi interessava.
Decisi di indirizzare i miei interessi nell’intimo della materia, la dove si decidono forme ed azioni, apparenze e sostanza; per cui mi interessai di chimica, di fisica applicata, portai i miei studi, infine, alla bio-chimica ed in questa disciplina mi laureai con profitto.
Oltremodo constatai la mia attitudine alla psicologia, verificai che il mio aspetto appariva gradito, seducente e rassicurante agli occhi delle donne, perciò dedicai energie a migliorarmi in quegli aspetti... Devo comunque riconoscere che verso il femminile manifestai un naturale trasporto e vero entusiasmo.
La prima volta, come è consueto, è stata l’esperienza più appagante e coivolgente.
Si chiamava Luisa.
La individuai tra gli ottocento spettatori del teatro della cittadina, in cui vivevo, nella provincia emiliana.
L’accenno di grigiore nei capelli mi rivelò l’abbandono delle velleità giovanili, gli occhiali, di marca ma strumenti e non ornato, mi dissero della sua “praticità” e del primato lasciato all’intelletto.
L’assenza di rossetto, di mascara e fondo tinta tesimoniarono il sentimento dell’inutilità del rito della seduzione.
Notai comunque una certa cura “borghese” nel vestiario, ed il portamento dava segno di una qual labile energia... inerzia di un passato.
Le luci incisive provenienti dal boccascena le delineavano il profilo radiografando una bellezza normale ormai dimenticata.
Eppure! Tra una scena e l’altra di quelle “Nozze di Figaro” un tremito, impercettibile la coinvolgeva.
“Perfetta” Pensai.
Come uno scultore che intravede nel marmo l’opera da compiersi, io intravedevo il sublime nella materia più banale...”la vita che si esaurisce”.
Il momento del cambio d’atto dell’opera, il rito del caffè mi diede l’opportunità di avvicinarla.
La seguii con discrezione sino al ridotto del teatro. Mi feci servire una tazzina di caffè e con abilità ottenni il modo, sfruttando la ressa ciarliera, che lei mi urtasse...
Sfruttai a pieno il suo senso di colpa.
Inizialmente vidi il disappunto nel suo volto, come infastidita da quella irruzione nella sua solitudine, ma la palese sua responsabilità, per la devastante macchia scura sul mio vestito elegante, la costrinsero ad interagire con questo sconosciuto dal sorriso amabile e sincero...
Nel mentre mi soccorreva, con un tovagliolo e la sua apprensione, sdramatizzai e, con modi morbidi, spostai il discorso sull’ opera...
”... il magnifico assolo della contessa... l’efficacia del tenore...”
Avevo già individuato i suoi giudizi ed apprezzamenti per cui imbastii il dialogo in modo creativo ed intelligente in sintonia con la sua “forma mentis”.
Quando ottenni da lei un sorriso compresi di averla inserita nell’mia dimensione interiore, come parte essenziale dell’opera che andavo componendo.
La incontrai ancora.
Non mi fu difficile ottenere il suo assenso per un invito a cena, in quell’occasione spinsi arditamente oltre lo stiletto della confidenza, affondai oltre le sue difese che divennero obsolete come mura conquistate, al punto che se ne disfò con sollievo ed ottenni un secondo sorriso disteso e sinceramente cordiale...
Li!
Infilai una battuta divertente, ed ecco, come previsto, una sua risata divertita.
Mi beavo contemplando i progressi che realizzavo sulla sua persona; una flebile luce di bellezza cominciava a poco a poco a irradiarsi dal suo volto, vedevo i diagrammi dell’espressione armonizzarsi, ingentilirsi; le labbra, che da contrite e rassegnate, si inturgidivano e coloravano di un bel rosa-carne intenso. Gli occhi, sempre più oppressi dagli occhiali, chiedevano aria ed orizzonti maggiori;
... balenavano luminosi raggi di vita.
Nella ricerca della perfezione usai con lei, per la prima volta, le mie conoscenze di chimica.
Nei cibi, nelle bevande, nei dentifrici... ogni aspetto del suo quotidiano divenne veicolo per stimolanti ormonali e sostanze doppanti.
Registrai con infinito piacere tutte le fasi della sua rinascita.
Simile ad un fuoco riattizzato dallo zolfo, il suo spirito dispiegò tutta la sua forza e bellezza.
Procastinai il nostro amplesso in modo d’ accrescere in lei la massima eccitazione, mantenendo costante la pressione psicologica sulla sua natura femminile.
La sera prima del giorno previsto per la mia consacrazione al mondo dell’arte, eravamo a cena in un ristorante thaj, candele, luci soffuse, aromi orientali...
Nelle sfumature dell’aria incontrai il suo sguardo, limpido, ardente.
Mi prese la mano con eleganza.
Mi disse con calma e calore:
“... ho capito, lo sai?.. So cosa stai facendo con me!.. Ti prego non fermarti.. io... ti amo”
La giornata successiva si dipanò con linearità, tutto si svolse in totale armonia tra aspettative e risultato... iniziato come un notturno di Chopin e culminato come un finale Wagneriano...
Dopo una giornata, in cui la sommersi di attenzioni, la ubriacai di meraviglie, di affettuosità; la condussi, a sopresa, ad una prima di balletto a Bologna, un eccellente “Petruska”.
Mi ero premurato di affittare, già da mesi, un appartamento nel centro storico della “Dotta” avendo cura di stipulare il contratto contraffacendo il mio aspetto, con semplicità, non sono necessari trucchi particolari... basta diventare non memorabile... uno qualunque!
Usciti da teatro, passeggiammo sotto i portici, le alte volte riverberavano delle nostre risate.
La condussi, incosapevole, alla garcionaire.
Con cura avevo fornito la cucina di un intrigante menu a freddo, vini, ostriche francesi, omlette al tartufo... e la dose definitiva di dopping.
Durante la cena ci baciammo per la prima volta, il gioco crebbe di intensità sempre maggiore, da provocazione ad allusione, come in una sinfonia... di ansimi.
Luisa reagì con tale enfasi e trasporto che quasi mi travolse.
Facemmo l’amore tre volte... poi lei prosegui da sola sconvolta da continui orgasmi..
Io la guardavo bruciare tutta la sua energia vitale, nell’estasi dei sensi, ormai fuori da qualsiasi possibile controllo...
Registrai in schizzi ed appunti e ricordi.
Anche il suo ultimo rantolo fu di piacere.
Era bellissima... perfetta.
Piansi a lungo d’emozione, ammirando la mia prima opera!
Tutta la scena faceva parte di un’unicum, un’icona armonica di colori e luci a corona del suo corpo e del suo volto radioso... alla sua bocca appena dischiusa.
Eliminai ogni mia traccia lasciando perfetto l’ambiente, poi, la stessa notte, abbandonai l’Italia.
Altre opere mi attendevano.
Visitai Monaco di Baviera.
Negli occhi di Hingrid, impiegata postale nei pressi della stazione, circa quarant’anni, vidi annunciato il suo destino.
Mi impegnò circa sei mesi, un successo!
Poi fu la volta di Lione, Annette.
Di seguito mi produssi a Cardiff, Siviglia, Oporto, Buoenos Aires, Città del Capo, Ottawa, Tokio, Caracas... e tappa fatale... Huston.
Lynn colpì la mia immaginazione al primo riflesso dei suoi occhi.
Una vedova del Texas negli anni settanta? Un occasione unica, una sfida irrunciabile.
La sua professione era quella di bibliotecaria in un istituto scolastico superiore.
Cotonava i capelli e faceva un uso del maquiage come chi indossa una maschera.
Il vestire era disimpegnato da grandi magazzini, con l’eccezione delle calzature che scieglieva con buon gusto.
Adorava il tango argentino e la musica country, leggeva con passione Artur Miller, ascoltava volentieri radio-racconti, amava il cinema, in particolare quelli ispirati a Cendler, personaggi come Marlowe... Impazziva per il gelato alla vaniglia.
Sono certo che le vicende umane sono segnate da predizioni inconsapevoli, da stati d’animo sentinella che danno un chiaro segnale del futuro, ma l’innaturale resistenza della razionalità fa si che, con vergognoso pudore, non se ne tiene mai conto.
Si dice che Bonaparte, la notte prima della battaglia, che vide l’odiato Wellington prevalere ai suoi disegni, sognasse; condizione normale per i più, ma rara per una mente così deterministica come quella dell’Imperatore.
Il sogno aveva come soggetti un cavallo bianco e un leone feroce, e l’avvenimento, sanguinario, vedeva il leone impegnato a sbranare il bellissimo cavallo.
Conseguenze?
Il giorno successivo, Napoleone, appena sveglio, aveva ordinato uno spezzatino di equino alla “tartare” con un Borgogna sanguigno ed abboccato.
Ebbene, una condizione simile si era determinata anche nella vicenda mia e di Lynn.
La notte precedente alla realizzazione della mia dodicesima opera ero stato visiato da un sogno:
“Un giardino di fiori bellissimi si apriva al mio passaggio, undici aiuole fiorite ed un roveto secco, attirato da questo avevo allungato la mano, ne ero stato punto e di conseguenza mi ero trasormato a mia volta in un cespuglio spinoso, condizione di polidoriana memoria.”
Al mio risveglio il turbamento era durato il tempo di un caffè.
Quella sera avenne l’irreparabile.
Avevo portato Lynn ad un grado di fertile vitalità entusiasmante, la sua reazione alla mia “Cura” era al di là di tutte le precedenti.
Il mio programma prevedeva una serata di tango e la cena fatidica in un cottage sul limitare del deserto, poco fuori città.
Il ballo aveva acceso tutti i sensi di lei.
La cena all’italiana era stata un successo.
La dose mortale di dopping si era dimostrata ancora più efficace del previsto, la smania sessuale di Lynn era arrivata al parossismo.
Lo scambio era diventato rapina da parte sua, i suoi mugolii si erano trasformati in urla e il suo ancheggiare in una danza africana.
L’amplesso si era trasformato in un tumulto.
Non avevo avuto modo di sottrarmi a lei, sperimentando così la sua morte tra spasmi
e convulsioni.
L’ultimo suo urlo è stato la mia condanna.
Fatalità aveva voluto che una pattuglia della contea, alla ricerca di un’evaso, si era trovata nei pressi della casetta.
Non so dire se l’imbarazzo abbia superato il ridicolo, ma mi avevano portato via amanettato in preda ad una lunga risata liberatoria.
In seguito l’Interpol aveva avuto modo di scoprire il filo che univa le altre undici morti con quella di Lynn.
Condanna certa: “ Morte per iniezione letale”
Ah i sogni!
Ora son qui in attesa della fine, che giudico ingiuriosa e non confacente ad un’artista del mio livello.
Sono tranquillo, non subirò il loro stupido veleno.
Le mie qualità di chimico mi hanno consentito di reperire, nei modi più fantasiosi, le sostanze necessarie alla preparazione del mio composto... uscirò di scena con classe.
Oggi, sono trascorsi sei giorni, ho consumato in mio ultimo pasto... grazie al quale ho assunto una dose massiccia del mio preparato... Non so cosa ho detto al prete ma mi guarda come se fossi la bocca dell’inferno... Ecco i primi effetti...
Avverto un languore intenso.
Dal fondo scuro della mia mente emergono fantasmi, ectoplasmi di sensazioni antiche... Oh! Una erezione repentina.
Nel mio immaginario si affaccia l’immagine di Luisa... e incredibilmente diviene tutto reale, le sensazioni e i piaceri hanno in me piena concretezza.
Rivivo pienamente tutte le esperienze passate... tutte le mie opere... le mie composizioni... godo convulsamente... ogni apparizione si tramuta in orgasmo.
Mi sostengono due guardie per farmi fare gli ultimi passi verso il lettino... una scia di sperma e sangue si forma sul pavimento al mio passaggio...
In preda alla concitazione cercano di sistemarmi sul giaciglio mortale...
Ma io ho vinto.
Lynn, l’ultima mi lascia...
... E tu chi sei?
La tredicesima apparizione è una donna ferocemente bellissima, neri capelli... ha tra le labbra rosso fuoco un sorriso di preziosi bianchi pugnali... si muove con l’eleganza seducente di un serpente... gli occhi non hanno pupilla ma sono specchi d’argento.
“Puttana... ti conosco... troia... bellissima,
non credevo!... non credevo!... non credevo!”
Fanno comunque “l’iniezione” ad un corpo sorridente.
Ne va del loro prestigio.
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- sono convinto che il bene e il male abbiano lo stesso sangue, nella piena contraddizione... il sangue è vita... grazie Max
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