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I fili che succhiano la vita

La stanza era buia. Sempre buia. Smin non si muoveva mai da li. Stava costantemente attaccato al suo computer. Era un tossico del multimediale. Non parlava più con nessuno. Neanche con i suoi genitori. Si svegliava presto e trascorreva tutta la giornata davanti allo schermo. Rimaneva con la testa china fino a tarda notte. A volte non dormiva neanche. Smin era un ragazzo a posto prima di assuefarsi totalmente alla tecnologia. Aveva un sacco di amici, aveva anche una ragazza. Il pc era diventato il surrogato di ogni sua relazione interpersonale. Viveva per quello strumento. Era chiuso sempre in casa, non voleva vedere più nessuno. Molti dei suoi amici avevano provato a smuoverlo di li. Centinaia di chiamate, al telefono, al citofono, fuori dalla finestra. Lui voleva rimanere su quella sedia. Voleva soltanto la sua virtualita'.
Il tempo passava, e lui non combinava niente. Non lavorava, non studiava, non coltivava nessun affetto, nessuna relazione reale. Aveva solo la sua tecno-tossicita'. Fisicamente non era più lo stesso. Stare davanti allo schermo tutte quello ore gli aveva compromesso la vista. Si era ingobbito, aveva messo su venti chili. Tutti si chiedevano che cosa ci facesse tutto il tempo sul computer... Chattava, ma non con amici o conoscenti. Parlava con persone che sapeva non avrebbe mai potuto incontrare nella realta', nel quotidiano. Era terrorizzato dai contatti umani, non ne voleva più sapere di avere a che fare con l'umanita' in genere.
Il motivo è ignoto. Non si sa come mai questo ragazzo con una vita regolare, con una stabilita' affettiva e una normalita' disarmante avesse chiuso i rapporti con il mondo. No, non ne voleva sapera più nulla. Non c'entravano delusioni, inculate, prese in giro. Non aveva avuto nessun problema con nessuno. Smin aveva preso la sua decisione, aveva firmato il suo contratto con l'asocialita'. Come ho detto prima, chattava. Stava su un sito molto famoso per i patiti del web. Parlava con tantissime persone al giorno, anche persone di altri paesi. Smin se la cavava con l'inglese, e tratteneva rapporti stentati con persone di tutto il mondo. Il suo migliore amico, Robby, decise di intervenire. Non ce la faceva più a vedere l'amico ridotto in quel modo. Un giorno, sali' le scale dell'appartamento di Smin, e suono' alla porta. Apri' la madre, che gia più volte aveva chiesto all'amico di fare qualcosa per risolvere la situazione del figlio. Robby entro' in casa con passo deciso, arrivo' fino alla porta della stanza di Smin ( che era chiusa ormai da settimane) e la spalanco' di colpo. Non riusciva neanche più a riconoscere l'amico. Era diverso da come se lo ricordava, ingrassato e abbruttito come era ora. Smin aveva la pelle giallognola, era curvato sulla sedia e aveva gli occhiali. La barba era incolta, quasi lunga. Aveva l'aria sfatta, l'aria di uno che si è passato un sabato sera coi fiocchi. Ma non si era divertito il ragazzo, era solo uno schiavo. Schiavo della sua psicosi, del suo vizio. Non si giro' neanche quando l'amico oltrepasso' la porta della sua cella. Pensava fosse o la madre o il padre. Robby lo guardo' con tenerezza, e gli disse: "-Ma che fine hai fatto? Come stai, si chiedono tutti dove sei finito?". Smin rimase in silenzio, e non sposto' gli occhi dallo schermo. "Dai fatti una doccia che andiamo a farci un giro... ti devo raccontare tante cose, è da tanto che non ti fai vedere in giro, ne sono successe di storie...". Niente. Silenzio di tomba. Robby inizio' ad incazzarsi, inizio' ad alzare la voce: " Ohhhh, ma che cazzo fai? Non parli piu'?!!? Non rispondi più neanche a me..."

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2 commenti:

  • Ivano Boceda il 10/12/2008 19:07
    Solitudine, fuga dalla realtà per rifugiarsi nel mondo virtuale; ciononostante sentimento e biologia si impongono ma... Forse dovresti sviluppare la parte dei puntini, ovvero perchè lei lo lascia, c'è qualche relazione con l'incapacità di vivere una "vita vera" ? Ma se se ne rende conto e si suicida forse c'era speranza... mi piacerebbe sapere

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