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La Bianchina e Baffetto

Che ne direste di dare un’occhiatina in una piegolina del tempo?
Un’epoca dall’odore di marsiglia, lavanda e, più acuto, olio da baffi.
In Arezzo esisteva, intangibile, una “T” con la gamba in discesa per il Corso e il cappello agevole sui giardini delle mura dietro il duomo.
Una “T” ch’era fatta dallo scalpiccio dello “struscio” dei giovanotti e delle figliole che tutte le giornate d’ozio venivano a cercarsi, ad occhieggiarsi; poi risolini, ammiccamenti, cenni d’intesa camuffati; sogni e speranze d’oro zecchino imporporato dal desiderio.
In considerazione che il Corso era assai pericoloso a causa dei noccioli d’oliva disseminati, il camminare selle mura era più propizio ad un sereno scambio d’intenzioni.
Un bel sabato mattina di luglio dall’aria fragrante di grano maturo dalle colline, gli occhi birichini di lei notarono il sorrisetto seducente sotto due baffetti impomatati, resi evidenti dall’ombra della “paglietta” di lui.
Uno sguardo furtivo ma tagliente come una lama di ghiaccio incandescente.
Uno di rimando di lei, indugiato un attimo di più.
Un flusso di emozioni incommensurabile scambiate e condivise in un lampo.
L’amica del cuore l’aveva detto che nel passeggio “il c’era uno novo che il t’ignudava con gl’occhi”
Occhio!
Se il signor babbo sospettasse!
Tragedie, strepiti, moccoli e madonne!
Il sarcasmo della Stella, la mammina al veleno di serpe!

Tutto si svolse alla chetichella.

Via via che i giorni s’affacciarono e passarono, si venne a costruire una “storia” dove la Bianchina ci si trovò a suo agio come una chioccia nel nido.

La gelosia del babbo era tale che piuttosto di rischiare incontri “pericolosi” per la sua cittina, le lezioni di violino le faceva fare a un vecchio ed inoffensivo professore di musica che veniva a casa nel salotto buono, sotto la vista vigile dell’ Isolina, donna di faccende e di buon senso.
Ma si sa!
Tanto più stringi il sapone bagnato, tanto più quello ti scappa.
Si chè!
Fu così!... che la Bianca. Figliola adorata di famiglia dabbene, (il babbo era direttore della società elettrica di val di Chiana), si trastullò fino a perdersi con la passione per un’omino bello come un’attore del filme... ricco... un pochino,... ma. di ben 500 pecore e d’un fondo in quel di Foiano.; insomma: “... un pecoraio lustrato. ”

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2 commenti:

  • Cesira Sinibaldi il 14/12/2009 15:50
    E io che nella chat ti dicevo di scriverla!... La storia mi ha divertito e si sa, ma non sono stata distratta e allora ne ho apprezzato il ritmo, l'efficacia linguistica, il gioco dei contrasti (vescica-fuga d'amore, dove la prima va a a prendersi un po' di romanticismo e la seconda lo stempera nelle urgenze degli umani bisogni)... È un bel racconto, mi piace.
  • Anonimo il 20/01/2009 16:18
    Particolare e adatto alla storia questo tuo stile decisamente simpatico che non ti conoscevo

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