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Giorni di follia

La grande nave illuminata viaggiava spedita sulle acque nere del Pacifico. I passeggeri sorridevano nei loro abiti eleganti e si godevano la serata di gala passeggiando tra il bar di prua e quello di poppa, passando per i tavoli verdi del casino al centro della nave...

Tre ore più tardi la scena che si presentava davanti ai miei occhi era completamente diversa. La tempesta aveva avvolto la nave all'improvviso, i tuoni erano insolitamente potenti e il loro suono era strano, un misto di esplosioni e sibili sinistri. Tra i passeggeri avanzava un presentimento e dopo un po' si diffuse un silenzio di attesa rivolto all'oscurità resa viva dai lampi. Poi, in un attimo, la nave si inclinò sotto la forza delle onde e la situazione precipitò vertiginosamente.
Fu una strage.
Non ci furono incendi o collisioni, ma la nave affondò in pochi minuti; molte persone non riuscirono a salire sulle scialuppe e affogarono nelle acque potenti.
Mentre la nostra scialuppa si allontanava vedemmo la nave che veniva inghiottita dall'oceano e poi un lampo, durato credo tre secondi, grazie al quale ci accorgemmo che sopra di noi c'erano delle nubi nere, basse, e sembravano muoversi come onde del cielo. Non demmo peso alla cosa e ci lasciammo trasportare dall'oceano mentre le altre scialuppe si perdevano nel buio, lontano dal nostro gruppo, composto da circa trenta persone, infreddolite e straziate dalla tragedia. Dopo un paio d'ore un'onda anomala rovesciò la scialuppa e ci costrinse a nuotare verso un'isola che avevamo scorto grazie alle prime luci dell'alba. Affogarono quasi tutti, tranne otto di noi, che riuscirono infine a raggiungere la costa. Appena posati i piedi a terra ci lasciammo andare in grida di gioia: "Siamo salvi, siamo salvi" disse Christie, una donna di circa quarant'anni che avevo notato la sera prima per il suo vestito rosso fuoco, un po' fuori luogo per una serata di gala. Le acque che bagnavano l'isola erano piene di alti scogli che non ci permettevano di osservare tutto l'orizzonte: perciò salimmo su alcune rocce e finalmente alzammo gli occhi. Nonostante la tempesta fosse passata e il cielo fosse di un caldo arancio in una splendida alba, su di alcune isole lontane c'era qualcosa di insolito: si agitavano infatti delle piccole nuvole, basse, scure, che ci inondarono tutti di angoscia e terrore. Tornammo sulla sabbia storditi da quella visione, ma non c'era più molta speranza nei nostri respiri.

Decidemmo di costruirci dei ripari in attesa dei soccorsi e di cercare cibo e acqua in quell'isoletta che non doveva misurare più di qualche ettaro.
Resistemmo due giorni senza grosse difficoltà.
Il terzo giorno si verificarono strani fenomeni. Non avevamo visto molti animali, tranne che insetti, pesci e qualche uccello colorato, eppure quella grossa bestia alla fine della radura, all'ingresso della foresta, era proprio un elefante. Il benzinaio americano, uno di noi otto, era lì vicino per cercare dei frutti, e restò immobile, come noi del resto, alla vista dell'elefante. Pochi secondi e la bestia lo puntò; lui non fece in tempo a scappare, l'elefante lo raggiunse, imbizzarrito, e lo schiacciò sotto la sua mole. L'americano era ancora vivo e urlante di orrore quando la bestia gli strappò la testa, strozzando le sue grida e lasciando cadere a terra il resto del corpo. Restammo pietrificati; qualcuno perse conoscenza prima di alzare un urlo, io non ci riuscii. Il sangue nelle mie vene si gelò mentre l'elefante, che aveva inghiottito la testa di Brian si fermò a osservarci da lontano, immobile... poi sparì nella foresta lasciandoci alla nostra angoscia. Un presentimento di follia si aggiunse alla tragedia. Che ci faceva un elefante su un'isoletta del pacifico? E perché diavolo aveva attaccato un essere umano in quel modo? La paura di non sopravvivere divenne paura di morire, e non certo di una morte dolce e indolore.

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2 commenti:

  • Anonimo il 16/02/2011 20:43
    Bel racconto, piaciuto

    Suz
  • Anonimo il 09/02/2009 07:58
    Complimenti! Bel testo. Buona giornata.

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