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Il bosco vecchio

Perché avesse quel nome nessuno in paese lo sapeva e l'unica certezza era che veniva chiamato così da tempo immemorabile; sorgeva in fregio al grande fiume che, nelle frequenti piene, finiva per inondarlo e quando si ritirava lasciava il putridume di acque stagnanti e di fanghiglia afferrata ai tronchi che il sole lentamente seccava. Non era molto esteso e di fatto era un terreno golenale, separato dal piccolo borgo solo dall'argine.
Poteva essere un buon posto per le avventure e i giochi dei ragazzi, che però preferivano starsene alla larga, alla luce di strane leggende che la sera i più vecchi raccontavano ai piccini; questi, estasiati, ascoltavano, impaurendosi anche nel sentire storie di fantasmi, di misteri inspiegabili, come quello dell'orco che vi aveva abitato nell'immediato dopoguerra.
E la fantasia dell'orco aveva un fondo di verità, una di quelle vicende della vita a cui spesso non riusciamo a dare un senso, ma che lasciano l'amaro in bocca.
Qualcuno che si era avventurato a far legna aveva raccontato di un essere enorme, coperto di stracci, che era apparso all'improvviso, lanciando grida disperate. Si era tentata anche una battuta per catturarlo, ma, nonostante i cani avessero fiutato la preda, non si era riusciti nell'intento, perché questa si era gettata nel fiume ed era scomparsa fra i gorghi limacciosi.
Successivi, casuali avvistamenti avevano fatto tuttavia dubitare che l'orco fosse perito fra i flutti e, poiché non disturbava, non si erano intraprese altre azioni.
Si era quasi spenta l'eco della vicenda, quando un fatto sconcertante scosse la tranquilla vita di paese.
Era una tiepida giornata di primavera dell'anno 1952 e, nel pomeriggio ventilato da una leggera brezza che sembrava cullare i sogni dei più piccini, Giacomo, il figlioletto del Guercio, e Daniele, il primogenito del farmacista, avvertirono chiaro l'impulso di giocare agli esploratori, avventurandosi fra le piante ombrose del bosco vecchio.
Quello che accadde poi fu spiegato dettagliatamente ai genitori, fra i singhiozzi, dagli stessi protagonisti, miracolosamente reduci da quell'avventura.
I due bambini, oltrepassato l'argine, scesero titubanti ai bordi del bosco, per poi inoltrarsi fra gli stretti pertugi lascianti dalle piante.
Daniele, che era il più vecchio con i suoi otto anni, raccontò tutto l'accaduto - C'erano tante ortiche, per non parlare delle bisce, e avevamo paura anche dell'orco; procedevamo nel fitto quasi a tentoni, con le orecchie bene aperte, tese a cogliere anche il più piccolo rumore, ma a parte il ronzare degli insetti non si sentiva nulla. Dopo circa una ventina di minuti abbiamo trovato un fossato di acqua putrida, non largo, tanto che abbiamo deciso di saltarlo, anche se dall'altra parte era pieno di ortiche. Il primo a spiccare il balzo è stato Giacomo e l'ho subito sentito urlare; allora sono saltato pure io e mi sono trovato nell'acqua del fiume con Daniele.
A questo punto, entrambi si erano messi a tremare, nonostante le promesse dei genitori di non far pagare quella marachella.
- La corrente era molto forte, l'acqua profonda, e non sapevamo nuotare. Sono riemerso una volta, ho cercato di aggrapparmi a qualche cosa, ma è stato tutto inutile; già pensavo che sarei morto, quando qualcosa mi ha afferrato, mi ha tirato su e deposto sulla riva. Ho guardato con gli occhi annebbiati e l'ho visto, enorme, con la barba lunga, gli stracci fradici che andava sotto a cercare Daniele. Non so quanto tempo è passato, ma comunque deve essere stato poco, anche se a me è sembrato tanto, e poi dall'acqua è uscito Daniele, sorretto da due mani gigantesche; sono riuscito ad afferrarlo e a tirarlo sulla riva. E poi

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