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Bullo Dentro
Il linguaggio, le parole, le espressioni che colorano i nostri discorsi, la nostra vita quotidiana cambiano anche a seconda degli eventi, di ciò che i mass – media ci propongono.
È così che nascono nuove parole, che cambiano il loro antico significato per lasciare spazio a quello più moderno.
Cosa voleva dire “bullo” nel passato? Il bullo era un ragazzo poco serio, propenso allo scherzo, un po’ scanzonato; questa parola veniva spesso usata in senso positivo, non per indicare colui che oggi conosciamo come tale: il ragazzo cattivo, sempre pronto a far del male al prossimo.
I telegiornali ci abituano alla visione di scene raccapriccianti in cui gruppi di ragazzi prendono a pugni e calci i propri coetanei e, in maniera del tutto gratuita, esprimono il loro disprezzo verso l’essere umano, abbassandolo poi come se fosse allo stesso livello di una cosa, un oggetto, un essere inconsistente.
È qui che si individuano le caratteristiche della vittima, spesso spinta contro un muro, debole, sola, incapace di difendersi. La vittima del bullo è quasi sempre un soggetto tranquillo ed insicuro. È più facile esercitare la propria forza su persone deboli fisicamente: infatti, il bullo ha caratteristiche opposte a quelle della vittima: è forte, abile in tutti gli sport, sicuro di sé, spavaldo.
Esistono diversi tipi di bullismo, possiamo trovarci di fronte ad azioni collettive o individuali ad esempio, di tipo fisico: la vittima viene presa a pugni e calci, oppure, bullismo verbale: offese, derisioni, insulti, minacce; c’è anche il bullismo indiretto che consiste nel diffondere pettegolezzi, calunniare le vittima per isolarla dal gruppo.
Ma il bullismo è solo un fenomeno della società moderna o è sempre esistito? Se il bene e il male fanno parte dell’animo umano, dobbiamo presumere che ci sia sempre stato chi, per imporre la sua supremazia sugli altri, abbia goduto a far del male ad un coetaneo all’uscita della scuola, nei corridoi o per strada. Solo che nel passato non c’erano gli amici muniti di videofonino pronti a filmare la scena, a mandarla su internet, per crearne un film, un orribile spettacolo.
La cattiveria è sempre esistita nell’animo umano, ma ciò che ora dovrebbe preoccupare è quella mano che tiene ferma il videofonino: quella mano che invece dovrebbe chiedere aiuto, soccorrere l’amico o il coetaneo in difficoltà, fermare il male, senza nasconderlo nell’indifferenza di quel piccolo oggetto tecnologico che sembra gli abbia divorato il cuore.
Forse è tutto ciò che ci circonda ad alimentare il fenomeno:si pensa sempre più a come si appare, ad essere i primi superiori agli altri, senza curarsi dei mezzi e a danno di chi. Parliamo con le brevi frasi puntate da SMS, e quando siamo insieme, ognuno con il proprio auricolare nell’orecchio, non ci ascoltiamo non comunichiamo. È qui che inizia il vuoto dell’anima, l’aridità di un cuore incapace di provare pietà. È qui che si scatena la violenza che prende il posto di quelle belle emozioni che invece dovrebbero albergare nella mente di un giovane.
Molte volte anche ragazzi apparentemente tranquilli diventano violenti perché si aggregano al bullo che assume il ruolo del leader. Questa aggregazione ha due funzioni:quella di escludere il ragazzo dall’eventualità di essere la prossima vittima e di acquistare più popolarità all’interno del gruppo. È così che il bullismo si trasforma in una malattia contagiosa che passa da un individuo all’altro come un virus impazzito pronto a colpire.
Ma come ci si sente ad essere bulli? Cosa si nasconde dietro quegli occhi freddi e impassibili che godono a veder soffrire la propria vittima? Non è raro scoprire fragilità dietro una forza ostentata:
: forse il bullo soffre di gelosia nei confronti di quel suo coetaneo che va così bene a scuola e che vive in una famiglia felice. È facile essere persone pacifiche quando si ha alle spalle l’ amore dei genitori, la serenità di una famiglia che ti accoglie con un sorriso quando varchi la soglia di casa; è facile essere buoni quando raramente la mamma e il papà ti hanno fatto del male, ti hanno letto la favola della buona notte, hanno sempre scartato con te i regali di Natale.
Spesso, forse, il bullo quando varca la soglia di casa trova una valigia di problemi che gli piomba addosso, le urla dei genitori che litigano e che gli assordano le orecchie, il caos, il pranzo mai pronto… il desiderio di vendicarsi della vita. Forse non è sempre così, ma dietro lo sguardo freddo del bullo può nascondersi una situazione di malessere, un grande disagio che lo porta ad essere cinico, cattivo geloso degli atri. Il suo comportamento è l’urlo di un’anima acerba, il suo cuore è il bocciolo di un fiore che non si aprirà.
E allora? Cos’ è il bullismo oggi? Cosa sarà domani? Questo dipende da noi da ognuno di noi. Dovremmo fare un passo indietro, recuperare i valori, le tradizioni del passato e farle sposare con la tecnologia e il progresso. Non sarà un’utopia pretendere di recuperare i valori, le tradizioni di una volta! Bisognerebbe invitare il maggior numero di ragazzi possibile in manifestazioni di solidarietà e volontariato, bisognerebbe insegnar loro a donare un po’ del loro tempo per una banca che non presta soldi ma aiuto per chi ne ha bisogno.
Ecco una possibile soluzione: accogliere la vita come un dono, guardarla con gli occhi trasparenti di un bambino: così la mia mano terrà fermo il videofonino mentre filma ragazzi che, gioiosi, cantano canzoni stonate.
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0 recensioni:
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- Innanzitutto mi compiaccio per l'italiano e per l'organizzazione e l'esposizione del pensiero. Poi vengo al contenuto, alle idee. Sì, l'aggressività fra i ragazzi è sempre esistita e, purtroppo, si è sempre manifestata nei confronti dei più deboli. Che venivano "lasciati stare" solo nel momento in cui imparavano a reagire (e il più delle volte succedeva). Nei confronti di chi non poteva assolutamente difendersi - per esempio i minorati fisici - quell'aggressività era considerata pura vigliaccheria (ed allora della vigliaccheria ci si vergognava profondamete) e non dava luogo a fenomeni di ammirazione o di emulazione, anche perché se succedeva un fatto di tale gravità il genitore o il fratello maggiore della persona offesa provvedeva a riequilibrare la situazione son la somministrazione di memorabili e pubbliche sberle (e il genitore del "bullo" si guardava bene dall'intervenire). Erano questi i valori condivisi, ben noti. Mancava il videofonino, ma c'era il tam-tam: "gli hanno spaccato di nuovo la faccia, a Filippo... se la cerca proprio" oppure "Filippo ha reagito, finalmente: bravo!" e pacche sulla spalla da mezzo mondo. "Accogliere la vita come un dono, guardarla con gli occhi di un bambino..." è un dono, appunto: non un argomento di persuasione. Con i ragazzi non ha mai funzionato, neanche ai miei tempi e neanche se avevi preso la comunione dieci minuti prima.
Brava Stella, hai fatto bene a chiedere commenti su questo "tema". Nicola

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