racconti » Racconti autobiografici » Oh Brazil (parte seconda: Recife)
Oh Brazil (parte seconda: Recife)
Eravamo finalmente giunti nel Nord-Est brasiliano. Scendemmo dal taxi e con i nostri zaini a tracolla ci dirigemmo verso l'hotel. Una marea di gente che andava e veniva. Arrivammo finalmente all'hotel, il tempo di prendere un'altra doccia, eravamo a 34° di temperatura, cambiarci, un bermuda e una maglietta, e via. Andammo un po' allo sbaraglio, senza sapere dove. Mamma mia che ragazze splendide in abiti succinti. Minigonne mozzafiato, un top e vai. Notai che la maggioranza della popolazione era di colore mulatto. Ovunque suono di musica, tanta confusione, tanta birra, in ogni piazzetta un palco con un'orchestrina. Da impazzire veramente... Migliaia di persone in giro dappertutto. Io e Maurizio iniziammo a sorridere a tutti e tutti ricambiavano. Una sensazione unica, da vivere.
Giunti in una piazzetta stracolma di gente, con diversi bar, tavoli e sedie totalmente occupati, un'orchestra che suonava un ritmo particolare: frevo, ci dissero dopo, che si balla con rapidi movimenti delle gambe e dei piedi, più veloce del classico samba, sorrisi ad una ragazza e lei si avvinò: dopo qualche minuto le presentai anche Maurizio. Lei chiamò una sua amica e ci presentò. La prima si chiama Valeria e la seconda Solange. Iniziammo a tentare di parlare, tra gesti, qualche parola già appresa, birra, qualche accenno di passo di ballo. Allegria e follia: Solange era bellissima e Valeria stupenda. Ci volle poco a farsi prendere dalla loro spontaneità. Solange mi disse, ad un certo punto, che aveva avuto una vita difficile, una storia alle spalle con un uomo che non la meritava, di essersi separata da lui da qualche anno, nonostante non si fossero mai sposati e che le aveva lasciato tre figli. Tutto questo per non nascondermi niente da subito; io le risposi che avevo avuto le mie storie nella ma vita ma di non essermi mai sposato: li per li non ci credé molto. Tra un accenno di ballo e l'altro, qualche birra di troppo e la loro cordialità, ad un tratto ci ritrovammo tutti e quattro baciandoci teneramente. Era quasi l'alba quando finimmo in albergo e la cosa non fu totalmente facile. Solange non voleva che io pensassi che era una ragazza facile, io non volevo che lei pensasse che ero li solo per fare del sesso (in fondo non parlavamo la stessa lingua e il rischio di fraintendimenti era enorme). Tra un imbarazzo e l'altro la notte passò abbracciati l'uno all'altra.
Il giorno dopo le ragazze ci accudirono come dei bambini, una tenerezza incredibile; penso che fu quello il momento in cui mi innamorai di Solange: la sua spontaneità, la bellezza, la cura che si prese della mia persona, l'allegria che sprigionava, qualche tenero bacio, un insieme che mi stese letteralmente. Finalmente ci dissero che sarebbero andate a casa a cambiarsi per incontrarci dopo qualche ora. E così fu. Sono state delle guide meravigliose oltre l'amore che si sprigionò tra noi.
Andammo finalmente ad Olinda e la cittadina è meravigliosa: un insieme di vicoli dalle costruzioni tutte piccole e coloratissime, un'atmosfera veramente coloniale, popolazione quasi totalmente nera. Piccoli negozietti di artigianato locale, bar improponibili su due tre pianerottoli, una sensazione di passato misto a presente. Anche li, musica dappertutto, soprattutto reggae. Il carnevale qui è qualcosa di indescrivibile: si saltella al ritmo di samba reggae dietro ad un carro di un trio elettrico per poi passare ad un altro. Il trio elettrico è un enorme carro con sopra un palco dove c’è una band che suona, tutt’intorno con un impianto musicale a palla, dietro al quale saltellano orde di gente, mascherata e no, cantando e bevendo birra a fiumi. È veramente una gran follia.
Non ricordo quando tornammo in albergo, so che eravamo distrutti: quando ci alzammo riuscimmo ad incontrare la dirigente della sfilata del martedì grasso nel corso principale di Recife, alla quale mostrai una tessera di reporter. Ci autorizzò a stare con la telecamera ed il microfono lungo tutto il percorso dentro la sfilata, mentre tutta l’altra gente era posizionata su dei palchetti laterali innalzati sopra i marciapiedi del viale.
Facemmo riprese ed interviste eccezionali: a tratti riuscivo a posizionarmi al centro della strada e le due ali laterali dei carri allegorici mi passavano lateralmente. Di tanto in tanto intervistavamo qualche personaggio particolare. Molti dei carri si rifacevano alla condizione indigena, con vestiti fatti di niente e piume, tante piume. Una copia del documentario è ancora con me ed ogni volta che lo riguardo mi rendo conto che è irrepetibile! Corpi di giovani, maschi e femmine come scolpiti, di un colore nero ma non troppo, figli e nipoti degli schiavi a suo tempo portati qui dall’Africa, movenze feline al ritmo di tamburi frenetici.. bumbum…bumbumbum.. bumbum…
Finito il carnevale di Recife il mercoledì ad Olinda si festeggiava ancora la morte del carnevale… non finiva mai: cinque giorni e sei notti di balli, canti, birra, sudore, lavoro come reporter, amore. Era come se il tempo e la vita si fossero fermati. Finalmente giunse il giovedì e si tornò alla calma e alla realtà quotidiana.
Ci fermammo ancora una settimana a Recife per riposarci delle fatiche del carnevale e per passare momenti stupendi con Solange e Valeria: conoscemmo le loro famiglie, gente comunque semplice ed accogliente, senza fronzoli inutili sempre pronta ad aiutarti.
Decidemmo quindi di proseguire il nostro cammino verso Nord e lasciammo le ragazze: prima di salire sull’autobus per Natal io feci una promessa a Solange.
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
1 recensioni:

Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0