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si vive sempre distrattamente

Si vive sempre distrattamente, non ci si sofferma nemmeno a notare gli oggetti con cui conviviamo giornalmente, quegli stessi oggetti che in un altro tempo e in un altro luogo hanno contribuito a fissare in noi un ricordo, un emozione, uno dei quei rari momenti vividi e limpidi che intarsiano come gemme la nostra routinaria esistenza. Questo è quello che pensò Vivian osservando con curiosa ed avida attenzione il suo lucernario della sua camera da letto. Ora avrebbe voluto che la sua attenzione potesse essere indirizzata verso altre questioni. Avrebbe voluto roteare liberamente gli occhi, il collo, la testa per permettere a se stessa di rivivere sensazioni assopite che pigramente sentiva destarsi nel suo animo. Ma non ne aveva ne la forza ne le capacità motorie. Si sentiva costretta, oppressa in un corpo oramai avulso alla sua volontà. Ma come aveva letto in un biglietto di certi cioccolatini (o così le sembrava di ricordare), “la fantasia è il carburante dell’amore”, sebbene questo non fosse precisamente il caso esemplare descritto nel foglietto, la stessa massima poteva essere interpretata in modo pertinente alla sua situazione. La fantasia non ha bavaglio, è sempre libera di urlare tutta la propria violenza. La fantasia non ha necessità di essere antropomorfa, anzi, è proprio il suo inconsistente stato a renderla così anarchica, liberale, chiunque in qualsiasi situazione può sciogliere i sui perimetri, il suo solo confine è nello stato mentale di chi ne fa il suo utilizzo.
I ricordi affollavano la sua mente ma non in modo ordinato, entravano ed uscivano come fossero costretti al passaggio in dei tornelli che non permettevano loro di condividere contemporaneamente lo stesso spazio. Uno però era il più chiaro di tutti, si raffigurava in lei come un salmone solitario in un fiume di trote. Era così limpido da essere certezza, certezza assoluta, da essere vita. In un attimo però svanì, si dissolse in una nebulosa esplosione di nulla. Era stato solo un momento infinitesimale, ma così profondo da poter contenere parte di un intera esistenza. “Dove sono? Perché sono qui? E dove sto andando? ” si rese subito conto dell’ inutilità delle sue domande. Domande su cui aveva passato lunghi momenti di solitudine, ed ora, solo ora ne aveva capito il senso!
Non ce senso nell’ assoluto, è il relativo che dove essere vissuto, ed adesso guardava con rammaricata golosità quel tempo che poteva, anzi doveva essere vissuto meglio, anzi no, doveva essere vissuto e basta!
I ricordi si tingono sempre di colori chiari, pastello, anche quelli più sgradevoli, semplicemente perché sono l’unico attestato del nostro passaggio in questa vita. Aveva capito.
La sua mente ora era libera, come mai lo fosse stata. Nella sua testa era chiaro finalmente il senso di tutto, il senso della vita, che è poi insito nel suo stesso termine. Tutti quei fasulli ideali, quei tristi momenti di finto divertimento, persone usate per colmare la propria solitudine come palliativo di un esistenza malata, tumorale. Discorsi inconsistenti e frammentari, amori finiti trascinati stancamente per evadere in una realtà fittizia. Abiti acquistati per abbellire un animo devastato dal suo stesso squallore.
Era nata una nuova Vivian! Una nuova donna capace di assaporare come un sommelier ogni singolo istante. Pronta a circondarsi solo di persone e situazioni vere, che le provocassero solo emozioni reali. Aveva avuto la sua lezione, e l’aveva imparata, anche se ormai gli unici momenti di cui poteva ancora godere erano meno di quelli di un giro di orologio. Si, l’aveva capito, aveva compreso che la sua esistenza era giunta al termine. Il suo cuore era fermo, lo distingueva limpidamente. Tutto era durato solo pochi istanti o una vita, questo non era chiaro. Ma era felice, non aveva mai neanche sperato in tanta libertà! Chiuse gli occhi, serenamente e non li riaprì mai più.

Il solo momento in cui si prende veramente coscienza del proprio reale essere è quando non ci può essere un futuro pronto a smentirci.

 

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