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La pittrice
Paolo era entrato nel bar bagnato fradicio e aveva chiesto del telefono; “La macchina si è improvvisamente fermata. Cercherò di arrivare per cena. Mi dispiace. Arrivo il più presto possibile,” disse.
Paolo riagganciò la cornetta.
Aprì la porta del gabinetto e urinò una altra volta. Ritornò al banco. Anche se bagnato come un pulcino, aveva un’aria sobria in giacca e cravatta. Aveva 40 o 50 anni.
“Che tempo!” disse la ragazza dietro al bar, “piove da sette giorni.”
“Scusi, ma mi deve guardare quando mi parla. Sono sordo,” disse Paolo.
“Oh... mi scusi,” disse e lo guardò negli occhi.
“Dicevo che pio ve da di-e-ci gi-o-r-ni,” ripeté la ragazza. Paolo sorrise e si sistemò un po’ la giacca:
“Mi può fare un altro caffè per favore?”
“Certo… cer-to.”
La ragazza dietro il banco aveva 27-30 anni, belle spalle diritte e fianchi pieni. Indossava un vestito a maglia di colore giallo. Un grembiule bianco le copriva l’ampio petto.
Paolo se ne stava seduto su uno sgabello. Guardò l’orologio al polso. Erano le una del pomeriggio.
Alle quattro Paolo avrebbe riavuto la macchina; così aveva assicurato il meccanico. Ancora tre ore di strada e alle sette sarebbe arrivato a casa in tempo per la cena. Ce la faccio, pensò.
Gli rimanevano tre ore. Che fare?
“Ecco un caffè bel-lo cal-do!” disse la donna.
“Grazie. Senta, sa per caso dirmi se c’è una lavanderia nelle vicinanze?”
“Sì, ce ne-è u-na non lon-ta-no: Un mon-do lin-do.”
“Può parlare normalmente,” la interruppe Paolo, “lei ha una bella bocca, la leggo facilmente.”
“Oh... grazie,” rispose un po’ imbarazzata la ragazza, “a ottocento metri da qui troverà una lavanderia sul lato sinistro della strada. Deve scendere la strada principale. Non può man-ca-re l’inse-gna.”
“Grazie. È meglio che mi muova ora.”
“Senta, mi piacerebbe aiutarla… perché non viene da me. Ho terminato il mio turno di lavoro. Mi sa che la lavanderia non apra prima delle tre.”
“È molto gentile.”
“Può asciugare il suo vestito da me.”
“Non vorrei disturbare.”
“Non si preoccupi, come si chiama?” domandò la ragazza.
“Paolo.”
“Rosi.”
Rosi e Paolo uscirono dal locale. Paolo seguì Rosi sotto l’ombrello. Poi Paolo le afferrò l’ombrello e Rosi seguì Paolo.
Camminarono tenendosi per un braccio. Rosi alzava ripetutamente l’indice e indicava la strada da percorrere.
Arrivarono. La ragazza aprì il portone d’ingresso, Paolo chiuse l’ombrello. Salirono tre rampe di scale e svoltarono in un corridoio. Si fermarono davanti una grande porta rossa. Entrarono.
“Accomodati,” disse Rosi.
“Grazie.”
“Togliti pure le scarpe e le calze,” disse Rosi e si ricordò di guardarlo in volto, e pensò che dal quel giorno avrebbe sempre fatto così.
“Bella casa. Fai la pittrice?” chiese Paolo.
“Sì. È qui che vivo e lavoro.”
Rosi si tolse il cappotto e lo appese su un accappatoio vicino la porta d’ingresso.
La casa era una grande unica stanza, tutta bianca e blu. Molti fogli colorati stavano su casse e su scaffali. Qualche tela e qualche cornice erano appoggiate lungo i muri. Non c’era disordine, si stava bene e faceva caldo.
Rosi indicò un divano nella 'zona abitazione' in fondo alla stanza: “Mettiti pure comodo. Ti porto qualcosa da mettere addosso.”
Paolo avanzò di qualche passo, ma poi aspettò nel centro della casa.
Rosi arrivò con un accappatoio: “Togliti i vestiti che li metto subito a asciugare.” Paolo si tolse la giacca e la cravatta.
“Potrei andare in bagno?” chiese Paolo.
“Oh che sciocca, certo scusami.”
Paolo uscì dal bagno in accappatoio con i vestiti sotto il braccio. L’accappatoio era un po’ corto e i polpacci gli rimanevano scoperti. Consegnò i vestiti bagnati a Rosi e lei sparì di nuovo. Si guardò in giro, tirò un po’ sull’accappatoio e si sedette sul divano.
Rosi arrivò poco dopo con due bicchieri. Ne porse uno a Paolo e prese posto su una poltrona di fronte a lui.
“Spero che ti piaccia il vino rosso o preferisci bere qual cos’altro?” gli chiese.
“No va bene. È bello caldo qui,” le rispose.
“Riscaldo sempre bene la mia casa. Mi piace dipingere nuda.”
“Mentre ti aspettavo ho guardato i tuoi dipinti...”
“Cosa ne pensi?”
“Beh, non saprei cosa dire...”
“Come vedi dipingo solo il pene maschile.”
“Sì... è molto curioso. Come mai questo interesse?”
“Mi piacciono. Sono tutti diversi.”
“Suppongo che ora tu voglia vedere il mio...”
“Sì, hai indovinato.”
“È per questo che mi hai invitato da te?”
“Sì, anche per questo.”
“È per questo che lavori al bar.”
“Anche.”
“Quanto paghi?”
“Non pago niente. Ma dipingo nuda.”
“Senti Rosi, avresti dell’altro vino rosso?”
“Buono vero? Certo aspetta.”
“Grazie.”
Rosi andò in cucina. Uscì dalla cucina con la bottiglia di vino rosso. Versò del vino a Paolo e tornò a sedersi sulla poltrona.
“Sai, ” disse Rosi, “non sei obbligato a posare per me.”
Paolo sollevò il suo bicchiere e prese un sorso di vino.
“Dove sei diretto?” chiese Rosi.
“Sto andando a casa. Circa a tre ore di strada da qui, ” rispose Paolo, “passo spesso di qui.”
Continuando a guardare Rosi, Paolo portò di nuovo il bicchiere alle labbra e lo vuotò.
“Molta gente passa di qui ma pochi si fermano.” “La mia macchina si è fermata. Per fortuna ho trovato un’autofficina proprio all’entrata del paese.”
“Ah, da Joe. È un bravo meccanico.”
“Alle quattro la macchina sarà pronta.”
“Puoi rimanere qui. Ho libero tutto il pomeriggio.”
“Grazie.”
Anche Rosi finì il suo bicchiere di vino. Paolo li riempì di nuovo. Poi chiese:
“Joe il meccanico, è stato qui?”
“Sì certo, è un amico.”
“Ha posato per te?”
“Sì.”
“Mi faresti vedere il suo... ritratto?”
“Vado a prenderlo. Aspetta.”
Rosi andò all’altra estremità della stanza. Ritornò con il dipinto.
“Ti piace?”
Paolo rivolse la sua attenzione al dipinto. “È Bello,” disse piano.
“È venuto bene, sì, grazie.” Rosi si sedette di nuovo sulla poltrona e appoggiò il quadro sulle ginocchia davanti a sé.
“È molto bello, devi averlo dipinto con affetto e con amore,” aggiunse Paolo.
“È bello come lo dici.”
Un senso di vitalità sorprese Paolo. Come se fosse tornata in lui la giovinezza.
“È molto bello complimenti, è sposato?” domandò Paolo.
“Sposato?”
“Joe. Il meccanico.”
“Perché?”
“Così solo per chiedere, anch’io ho una famiglia.”
“No non è sposato.”
“E tu?”
“Cosa?”
“Sei sposata?”
“Divorziata.”
“Oh mi dispiace,”
“Siamo rimasti assieme per poco tempo. Non mi lasciava dipingere...”
“Lo posso capire.”
Paolo guardava il quadro e a fatica seguiva Rosi.
“Io mi limito a dipingere,” disse Rosi.
“Però dipingi nuda.”
“Beh mi piace, tutto qui. Un giorno incontrerò qualcuno che mi capisce.”
“Te lo meriti Rosi.”
“Hai dei figli?” Paolo non rispose subito, ma poi capì la domanda.
“Sì. Ho due bimbe. Mi aspettano a casa. Oggi è il compleanno della piccola Susi.”
“Oh, quanti anni compie?”
“Cinque anni.”
“Ti ho visto telefonare al bar. Come fai?” chiese Rosi. E appoggiò la tela per terra contro il bracciolo della poltrona.
“Posso lasciare messaggi. Ho lasciato detto che sarò in ritardo.”
“Tua moglie deve essere in gamba.”
“Il nostro matrimonio non sta andando bene.”
“Mi dispiace.”
“Non è facile vivere con un sordo.”
“Cosa fai nella vita?”
“Faccio un lavoro che non mi piace. La mia vita non mi piace. Ti invidio Rosi. Sono contento di essere venuto qui.”
“Posso chiederti cosa c’è che non va?”
“Certo. Se vuoi intanto poso per te.”
“Oh sì davvero?”
“Sì. Fai pure.”
“Mi spoglio?”
Rosi stava davanti alla tela e tracciava con tratti decisi la bozza del nuovo dipinto. Paolo posava sul divano con l’accappatoio aperto sui fianchi. Rosi attenta si impossessava con veloci sguardi del pene di Paolo. Paolo non abbandonava gli occhi dal dipinto di Joe; tutti i suoi sensi erano concentrati sulla tela. Sentiva un senso di gioia e di riconoscenza entrargli profondo nel petto... sapeva che presto avrebbe rivisto Joe.
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