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Il poliziotto Dan
“Dan, ci aspetta una dura nottata,” disse preoccupato Hans.
“Che cosa vuoi insinuare,” borbottò Dan.
“Niente Dan, ce la caveremo.”
Hans e Dan erano di pattuglia quella notte, in giro di vigilanza lungo le strade della città. La loro macchina si muoveva lentamente, con il giro faro acceso sul tetto che illuminava la notte e i muri grigi attorno.
“Vuoi un goccetto?,” chiese Dan.
“Non ora Dan.”
Hans guidava. Dan stava tranquillo seduto sul sedile anteriore; beveva dalla sua bottiglia e teneva gli occhi semichiusi. Di vino e sigarette ne aveva ancora. Non era in cerca di grane, voleva semplicemente finire quel maledetto turno; il giro faro rosso e blu acceso sul tetto eludeva il loro passaggio nella notte.
“Dan, non pensi di esagerare?”
“Senti piccolo, se vuoi bere con me non fare complimenti.”
“Dan ne abbiamo ancora per cinque ore dentro questo dannato quartiere.”
“Capace che finisco la mia riserva di vino, merda.”
Quella di Dan, era stata una lunga strada di successi. I colleghi lo stimavano e lo temevano ma pensavano che fosse per lui giunta l’ora della pensione. Oramai era finito. E Hans, era uno dei giovani colleghi che la pensavano così.
“Guarda lì!”
Un paio di torce elettriche si agitavano in un vicolo laterale.
“Ritorna indietro,” disse Dan.
“Ma come?” domandò Hans, pigiando il piede sul freno.
“Cristo, ritorna indietro e gira dentro quella fottuta strada,” sbraitò Dan.
“Sei troppo ubriaco Dan. Chiamiamo la centrale. ”
“Fai quel cazzo che vuoi,” e Dan uscì dalla macchina ancora in movimento.
“Dan!”
Dan entrò nella viuzza e qualcuno gli piazzò addosso la luce di una torcia.
“Vecchietto, alto là!” intimò una giovane voce nel buio.
Dan si avvicinò alla sorgente della luce camminando tranquillo.
“Fermati o sparo,” gridò la voce.
Dan continuò, calmo, indifferente.
“Fermati!”
Dan arrivò a pochi centimetri dalla torcia e si fermò.
“Abbassa quella torcia.”
Il ragazzo abbassò il fascio di luce.
“Dov’è tuo fratello?” continuò Dan.
“Qui vicino, pronto a farti saltare il cervello,” disse il ragazzo.
“Chiamalo qui e subito!,” ordinò Dan e poi strillò in su dalla strada: “io sono il più brutto vecchio fottuto sbirro di questa città!”
Prima ancora di capire cosa stava gridando, il ragazzo si trovò con le mani ammanettate dietro la schiena.
Nel vicolo echeggiò uno sparo. Dan trasalì. Sentì qualcosa muoversi sopra le loro teste; un corpo cadde giù sul selciato a pochi metri da loro.
“Nooo,” gridò il ragazzo ammanettato e si piegò sulle ginocchia.
Dan si girò; scorse Hans venire fuori dal buio tenendo la pistola ancora fumante con la destra. Dan si abbassò, raccolse la torcia elettrica e fulmineo con essa lo colpì al mento. Hans rimbalzò contro il muro del vicolo e cadde a terra.
Dietro loro il ragazzo aveva la testa sul petto del corpo inerte del fratello, “No,” piangeva, “Tony, Tony... diomio, no, non può essere… Tony, parlami!”
Hans si tirò su in ginocchio, si raddrizzò la mascella e alzò lo sguardo verso Dan:
“Che ti è preso?”
“Ragazzo mio,” disse Dan allontanandosi, “questa notte hai fatto veramente schifo,” girò l’angolo e andò a prendersi la bottiglia.
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