racconti » Racconti storici » Memorie dal Nuovo Mondo
Memorie dal Nuovo Mondo
Anno del Signore 1541. Acque di San Salvador.
La caravella del capitano Francesco Venzago scorreva celere sullo specchio d'acqua che circondava l'isola di San Salvador. L'ammiraglio passeggiava nervosamente sul ponte, osservando l'orizzonte con sguardo inquieto. Candide nubi accarezzavano i picchi montuosi, illuminati dal sole calante in quella fredda giornata primaverile. Sbuffò, e il suo alito caldo andò a formare una piccola nuvoletta compatta che si dissipò lentamente al vento. Rabbrividì.
Scostando il suo mantello color porpora, si rivolse con voce nasale ad uno dei mozzi:
<< Ordina di gettare l'ancora! >>
Il comando venne eseguito con velocità e precisione dal suo equipaggio; il capitano contemplò brevemente i suoi uomini e si ritenne soddisfatto delle scelte fatte in sede di arruolamento.
“Spagnoli” disse fra sé e sé “e dei migliori che si potessero trovare sulla piazza”.
Il capitano Venzago fece calare le scialuppe e vi salì con buona parte della ciurma, assaporando un grande momento. L’ansia e l’impazienza erano indescrivibili, l’emozione quasi toglieva il fiato, solo poche centinaia di metri lo separavano da quell'isola che aveva sempre sognato, e ogni secondo che passava non faceva altro che aumentare la già incessante palpitazione. Quella che stava per raggiungere non era una porzione di terra qualunque, era il simbolo dell’espansione europea verso occidente, quella era la terra che si era frapposta fra l’oriente e la rotta del suo più grande eroe, Cristoforo Colombo. La passione di Venzago per le traversate non aveva fatto che aumentare con la crescente popolarità del suo concittadino in terra italiana, la loro patria; ora anche lui poteva vedere con i suoi occhi ciò che Colombo aveva scoperto, osservato e vissuto.
Quando la scialuppa incontrò la sabbia candida di San Salvador, il capitano saltò sulla terra ferma e cadde a terra in ginocchio. Chinò il capo mentre due sottili lacrime calde gli rigavano il viso.
Aveva inseguito quel sogno per tanto tempo, lungo anni colmi di sacrifici e di delusioni, ma senza mai dimenticare quella che per tutti gli altri era solamente una lontana utopia.
Si rialzò lentamente, asciugandosi il volto e cercando di darsi un contegno di fronte ai suoi uomini, e si guardò intorno. La giornata volgeva ormai al crepuscolo e il sole calante stava tingendo uno splendido dipinto con i suoi magici colori. Venzago desiderava visitare quel luogo, così si allontanò dalla spiaggia dell'attracco passeggiando lentamente, il cielo infuocato in mille sfumature si legava all’orizzonte nell’infinità dell’oceano in un caldo abbraccio. Osservando quel paradiso non si poteva che rimanere incantati.
Perso nelle fantasticherie dei suoi pensieri, il capitano continuò a camminare per diversi minuti, quando il suo avanzare venne interrotto bruscamente da una piccola prominenza che fuoriusciva dal terreno e che non riuscì a notare. Venzago inciampò e cadde riverso sul terreno, la sabbia bianca sul volto; rialzatosi affannosamente si voltò per sferrate un calcio all’oggetto in cui era inciampato ma, mentre si apprestava a sferrare il colpo, notò che quella che, a una prima distratta occhiata, gli era apparsa come una comunissima pietra, in realtà non lo era affatto.
Chinatosi, ne ripulì la superficie con pochi, dolci tocchi. Fu allora che spalancò gli occhi, stupefatto.
La soffice sabbia lasciava intravedere uno spigolo, cosicché si inginocchiò e cominciò a scavare, prima piano poi, man mano che la rena lasciava riemergere ciò che custodiva, sempre più velocemente. Passandosi una mano fra i capelli biondi, schioccò la lingua e si guardò attorno. Era solo. Cominciò a scavare con maggior foga, mentre nei suoi occhi prendeva forma l’immagine di un forziere. Osservava con sguardo perso le incisioni che lo adornavano, e ne saggiava la profondità con mano tremante. La sicura che ne impediva l'apertura era arrugginita e sporca, e per l'ammiraglio non fu difficile infrangerla con il calcio della sua pistola. Dischiuse lentamente lo scrigno, mentre un sottile rivolo di sudore gli imperlava il viso. Quando finalmente ne vide il contenuto, rimase attonito; in mezzo ad una manciata di monete d'oro, Venzago estrasse una vecchia bussola piuttosto malconcia. Accarezzò l'oggetto in legno come si trattasse di un idolo, sfiorandolo con cura e morbidezza. Poi lo pose a terra, ma non prima di averlo avvolto in un fazzoletto rosso per impedire che la sabbia potesse deteriorarlo ulteriormente.
Inspirò a fondo l'aria salmastra e cominciò a prendere alcune monete, giocherellandoci con le dita.
Improvvisamente, la sua fronte si corrugò. Qualcosa di vagamente olivastro veniva parzialmente nascosto dall'oro sul fondo del forziere. Venzago scostò i denari ed estrasse un piccolo fascicolo in pelle scura. Il cuoio non era stato risparmiato dal logorio del tempo, e si era così notevolmente sciupato. L'ammiraglio diede un rapido sguardo al tessuto consunto poi, anelante di curiosità, ne sfogliò la prima pagina. Fu allora che il suo cuore sussultò. Aprì il manoscritto e tastò delicatamente la carta opaca e ingiallita, invocando il nome di Dio. Ciò che stringeva fra le dita affusolate, aveva per lui un valore superiore a qualsiasi tesoro, a qualunque meraviglia che quella terra avesse da offrire. Con voce tremante e commossa lesse:
<< Anno del Signore 1492. 3 agosto. Diario di viaggio dell'ammiraglio Cristoforo Colombo >>.
Venzago ritornò alla colonia e si diresse fugace al locale che gli avevano preparato, con il piccolo forziere stretto sotto al braccio e precedentemente avvolto nel mantello per non destare curiosità.
Una volta dentro, assicurò la porta e tirò le tende.
L'ambiente si mostrava piuttosto semplice, con una piccola mensola zeppa di libri sopra il letto, ed un unico armadio di noce accostato alla parete.
Pose lo scrigno sul tavolo al centro della stanza, gettò il mantello sul giaciglio, afferrò una seggiola e si sedette. Prese nuovamente il diario con le mani sudate per l'emozione e, pervaso dalla curiosità, non riuscì oltremodo a trattenersi. Lo aprì sulla tavola, chinò il capo e si immerse nella lettura.
Anno del Signore 1492, 17 aprile.
“ L'accoglienza ricevuta alla corte spagnola non fu dissimile da quella riservatami anni prima in Portogallo dal re Giovanni II. Facce tirate, musi lunghi, sguardi diffidenti.
Dovevo ignorarli tutti, guardare oltre, mettere un piede avanti all'altro per raggiungere la sala della regina e pensare al mio discorso. Mi ero vestito in maniera sobria ma elegante, la tunica verde accuratamente pulita, gli stivali in pelle appena comprati. Stringevo sotto il braccio le mie carte nautiche, il compasso e alcuni documenti: tutto ciò che, particolarmente in quel momento, dava un senso alla mia vita.
Quando sua maestà mi ricevette, le gambe mi tremavano e la lingua si rifiutava di muoversi.
Ero emozionato per la possibilità che mi era stata data, e non potevo assolutamente fallire. Il pavimento del salone era di un marmo bianco lucidissimo, attraversato al centro da un lungo tappeto rosso, ornato da ricami d’oro. Le pareti erano ricche di quadri per lo più raffiguranti i re e le regine delle passate dinastie. Dal soffitto pendeva un enorme candelabro d’argento, che incombeva su di me dalla sua solenne posizione. In fondo alla sala si ergevano due troni.
Isabella di Castiglia mi fece poggiare gli oggetti su di un grosso tavolo di forma ovale, convocò i suoi esperti e solo successivamente mi lasciò la parola. Per qualche attimo i miei occhi si posarono su di lei, sulla sua acconciatura ricercata, sull'abito sfarzoso e appariscente, ma incredibilmente raffinato. Cercai di descrivere ai presenti le mie intenzioni con la massima precisione possibile, illustrando il progetto che portavo avanti da anni. Stesi con cura le cartine che avevo portato e le disposi ordinatamente. Era fondamentale parlare in maniera chiara e schietta, senza troppi preamboli o giri di parole.
<< Vostra maestà e voi tutti presenti >> cominciai celermente, << con il prospetto che vado a presentare, mostrerò in quale modo riusciremo a trovare nuove rotte commerciali. Ciò che propongo, Signori, è di raggiungere le floride terre del Cipango e del Catai mediante la navigazione in direzione sudovest. Le vie ad oriente ci sono impedite dagli ottomani, ma traversando verso sud possiamo trovarne di nuove e più redditizie. Punteremo là dove tramonta il sole, dimostreremo a tutti che la Terra sulla quale viviamo non è piatta, bensì rotonda. Raggiungeremo i luoghi più ricchi, solcheremo i mari che nessuno ha mai visto e riscriveremo la storia! >>
Feci una breve pausa osservando i miei muti interlocutori, i cui visi meditabondi non lasciavano trasparire alcun pensiero. Girai attorno al tavolo, stringendo nella mano il compasso e tracciando alcuni percorsi, per descrivere meglio ciò che avevo in mente; gli esperti mi si avvicinarono, mentre la regina continuava ad osservarmi dietro al suo ventaglio.
La presentazione durò diversi minuti, durante i quali tentai in ogni modo di convincerli delle buone possibilità che aveva il mio progetto. Tuttavia, quando terminai di asserire, i volti non mutarono espressione.
<< Molto bene, signor Colombo >> disse la regina con voce ferma, alzandosi dal trono.
<< Mi lasci sola con i miei esperti consiglieri per riflettere su quanto ci ha illustrato. Verrà richiamato fra un momento. >>
Abbozzai un inchino e mi voltai, digrignando i denti. Le mie speranze stavano vacillando.
Arrivato dinnanzi al portone, la regina mi fermò nuovamente.
<< Messer Colombo >> la sua voce squillante riempiva il salone, << cosa pensate che ci possa convincere a fornirvi il supporto che richiedete? >>
Levai lo sguardo, fissandola intensamente. I miei occhi incontrarono i suoi, lucenti e accesi come smeraldi.
<< Immaginate, vostra Maestà. Immaginate per un attimo, chiudete gli occhi; pensate a ciò che ci attende oltre i mari; pensate al dominio Spagnolo sulle rotte commerciali, alla rapidità con cui questo grande impero sovrasterà ogni altro per ricchezza, importanza e potenza; immaginate ora il vostro nome, la fama che raggiungerà quando sarete proprio voi, Maestà, che cambierete la storia. Ora, mia regina, smettete di immaginare e riaprite gli occhi, perché tutto questo è possibile.>>
Ciò detto li lasciai e attesi per un tempo che mi parve infinito. Passai una, forse due ore camminando nervosamente e quasi consumando il tappeto sotto ai miei piedi; avevo le mani sudate e la fronte madida, la tensione cresceva col trascorrere dei minuti. Tremavo, ripensavo continuamente al mio discorso, cercando di convincermi di aver fatto un buon lavoro, sforzandomi ancora una volta di credere in me stesso.
Quando riaprirono il portone chiusi gli occhi e feci un profondo respiro. Entrai nel salone con passo deciso e a testa alta. Ero pronto. La commissione di esperti era riunita attorno al tavolo assieme alla regina; mi avvicinai lentamente, scrutando i loro sguardi in cerca di una risposta.
La regina si voltò, il volto sempre nascosto dietro il ventaglio cremisi; fece chiamare una persona al suo cospetto. Pochi attimi dopo giunse nella sala un ometto basso e minuto, sulla cinquantina; portò alla regina alcuni documenti, poi chinò il capo ed arretrò di qualche passo.
<< Cristoforo Colombo >> cominciò a dire Isabella, << abbiamo vagliato attentamente il vostro progetto, e l'idea ci è parsa alquanto singolare >>.
Isabella di Castiglia si alzò con grazia e mi si avvicinò, agitando il ventaglio dalle piume vermiglie.
<< Tuttavia, ciò che avete proposto è decisamente interessante, e abbiamo deciso di darvi fiducia. Firmando questi documenti verrete investito dei titoli di ammiraglio, viceré e governatore delle terre che raggiungerete. Vi recherete domattina a Palos con il nostro tesoriere per iniziare i preparativi delle navi che vi forniremo >>.
Fece una breve pausa, fissandomi profondamente negli occhi.
<< Trovate abbastanza soddisfacente la mia concessione… messer Colombo? >>
Mi esibii in un profondo inchino e sorrisi compiaciuto. Compresi finalmente che avevo vissuto fino ad allora solo per poter sentire quelle parole.
<< Vi ringrazio dal profondo del cuore, vostra Maestà. Prometto che non ve ne pentirete >>.
12345
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0