...
“E poi che cosa successe? ”
“Abbiamo cercato Alessia per tutta la notte. Abbiamo guardato ovunque... sembrava essere scomparsa. ”
“Ed è stato a quel punto che Federico ha deciso di andarsene? ”
“È stato il mattino dopo. Il sole è spuntato quando ancora eravamo impegnati nelle ricerche. Un sole pallido e malato. Eravamo tutti allo stremo delle forze e demoralizzati per non averla trovata. Anche se volevamo tutti dormire almeno un po’ non eravamo certo dell’umore giusto. Tony si accorse che fuori la macchina non c’era più. Abbiamo pensato che Alessia se ne fosse andata senza dirci nulla. Sapevo bene che ne aveva le scatole piene di quello che facevamo... così come sapevo che la nostra storia era arrivata da tempo al capolinea. Ma non volevo credere che se ne fosse tornata in città senza avvertirci. Non aveva senso... ”
...
“Se n’è andata, Robby! Ha avuto più buon senso di tutti noi! Ed io e Francesca la seguiremo a ruota! ”
“Ragiona, Fede! Ci sono almeno venti chilometri prima di arrivare in città e non ho visto fermate di mezzi pubblici da queste parti. Non potete andare a piedi! ”
“Non sarà necessario infatti. Chiamo un taxi e lo faccio venire qui. Quando sarà arrivato, tu e Tony potrete decidere se venire con noi! ”
Robby volge lo sguardo preoccupato verso Tony, impegnato al portatile... non gli piace l’espressione che sta facendo. Sembra abbia dei problemi che non riesce a risolvere. Nello stesso momento, Federico prende il telefonino dalla tasca e compone febbrilmente il numero della compagnia di taxi... con disappunto, scopre l’assenza di campo. Lo spegne e lo riaccende... stessa storia. ”
“Che strano. Eppure sono sicuro che ieri prendeva. Probabilmente, il temporale ha messo fuori uso qualche ripetitore. Il tuo com’è messo, Francy? ”
“Morto anche il mio... ” risponde la ragazza fissando il display del suo cellulare.
“Anche il mio non ne vuole sapere. ” Aggiunge Roberto. “Hai qualche segnale dalla rete, Tony. Possiamo mandare una chiamata con Skype. ”
È da un’ora che sto provando, Rob! Non riesco a stabilire una cazzo di connessione con nessun server. Non me li trova neanche a dire il vero! Nessun segnale wireless o bluetooth... niente. ho provato anche una connessione Isdn ma non c’è niente da fare. Il fatto è che non esiste nessun motivo per cui non riesca a collegarmi. È assurdo che ogni centralina da qui a cento chilometri sia andata! ”
“Prova ancora... può essere che sia qualcosa di temporaneo. Magari un impulso elettromagnetico di qualche tipo... ”
“Stiamo parlando di fantascienza, vecchio mio. Mi sembra molto improbabile... ad ogni modo continuerò a provare. ”
“Questo non cambia niente, Rob! ” sbotta Federico. “Ho detto che me ne sarei andato stamattina e lo farò senza dubbio, a costo di camminare per tutto il giorno! Non piove più e non sarà così male. Magari riesco a trovare un passaggio lungo la strada. E comunque sarà sempre meglio che restare qui un minuto di più”
“Non possiamo lasciare tutta l’attrezzatura qui! Non permettere che la tua paura ti faccia sragionare! ”
“A differenza di te posseggo ancora un briciolo di prudenza e penso che sia da stupidi restare in questo posto isolato da tutto e tutti nella speranza che succeda non si sa bene cosa. E non mi riguardano neanche le attrezzature, Rob. Mi dispiace ma non è un mio problema. Quando tornerà il segnale internet o dei cellulari, puoi sempre chiamare Alessia e pregarla di tornare a prenderti. In ogni caso, nella peggiore delle ipotesi, ti manderò qualcuno quando saremo arrivati a Ferrara. Tu vieni Tony? ”
“No, Fede... ” risponde seccamente lui, senza staccare gli occhi dal monitor del notebook “la maggior parte di questa roba è anche mia. Non ci penso proprio a lasciarla qua. ”
“D’accordo allora. Buona fortuna a tutti e due. ”
Senza aggiungere altro, Federico volta le spalle a Roberto, Tony ed alla macabra facciata dell’ospedale psichiatrico e prende con decisione il vialetto d’uscita. Francesca esita per qualche istante fissando Roberto. Non è sicura che lasciarli soli sia la cosa giusta da fare, poi, seppur a malincuore segue le orme del suo ragazzo. Dal canto suo, Roberto non ha intenzione di fare alcun ulteriore sforzo per convincerli a restare... sa che sarebbe inutile. Adesso è meglio affiancare Tony ed aiutarlo a ripristinare qualche mezzo di comunicazione.
“Come sta andando? ”
“Niente, Rob. Tutto morto. Del resto lo sono anch’io. Abbiamo passato una brutta notte, senza dormire un minuto. Devo riposare un po’. Inizio ad avere un mal di testa notevole. ”
“Tony... ma secondo te ha senso che Alessia se ne sia andata così, in piena notte? Possibile che sia il solo a pensare che sia una cosa assurda? ”
“Non so che dirti... capisco la tua preoccupazione ma abbiamo cercato dappertutto e non è qui. L’auto è sparita. È facile fare due più due. Non dico che non sia strano ma tutto porta a pensare che le cose siano andate in questo modo. ”
“E se qualcuno volesse farci credere che le cose stanno così? Ale potrebbe aver bisogno di aiuto. ”
“Ma a chi stai dando la colpa, Robby? Ai fantasmi dei bambini, per caso? Non iniziare con queste storie... abbiamo già abbastanza problemi senza preoccuparci anche dei fantasmi. Anche se non nego che questo posto metta un senso di inquietudine anche a me. Ti dico francamente che mi sarei aggregato a loro se non avessi avuto tutta la mia roba da guardare. ”
“Va bene... cerca di riposare un paio d’ore. Io do ancora un’occhiata in giro. ”
...
“E dove si è diretto quando Tony si è addormentato? ”
La lampada alogena puntata in faccia aumenta la sua ansia e lo smarrisce oltre che accecarlo. La risposta alla domanda dovrebbe essere molto semplice... si è trattato solo di qualche giorno fa... eppure, Roberto tentenna prima di rispondere... gira la testa per tutta la stanza alla ricerca di uno sguardo amico che non trova. Ha molta sete ed è veramente allo stremo. Sente molto freddo... darebbe nemmeno lui sa cosa per coricarsi e dormire un poco ma non gli viene permesso. L’ha già chiesto più di una volta senza risultato.
“Dove sei stato, Roberto? Dove sei andato a girare quando sei rimasto solo? ”
La domanda ripetuta gli rimbomba nella testa... vorrebbe gli togliessero quella luce dalla faccia. Vorrebbe un fazzoletto per asciugare il sudore dal viso. Nessuno gli concede niente. Sa che prima deve terminare il suo racconto e deve farlo cercando di essere decisamente convincente. Si preme entrambe le tempie e stringe gli occhi per qualche istante... si sforza enormemente di ricordare ed alla fine riesce a riprendere la cronaca prima che giunga la terza volta la domanda:
“Non potevo rassegnarmi che Alessia fosse scappata in quel modo. Forse non volevo credere che potesse essere la verità. Non volevo credere che tra noi due finisse in quel modo... magari mi aspettavo un discorso d’addio e forse un ultimo bacio... magari credevo anche in un ripensamento. Ma non potevo credere che fosse andata via così. Ed ero convinto che ci fosse un dettaglio che mi sfuggiva. Avevo paura di quello che stava succedendo... era bastata una giornata per provocare uno scompiglio inaudito. Tutte le altre volte era andato tutto bene. Ogni cosa come avevamo programmato; pensavo fossimo preparati ma non era così. Forse stava veramente succedendo qualcosa all’interno di quelle mura... forse c’era una presenza maligna che aveva intenzione di punirci per aver disturbato il suo riposo. Quello che stava succedendo faceva pensare di trovarsi di fronte al nostro primo successo. Dovevo essere eccitato come uno scolaretto... mi ha sorpreso scoprire di non poter fare nulla. Di avere paura. Non sapevo che decisione prendere. Ricordo di aver girato come un sonnambulo nel giardino per una mezz’ora circa... poi, ho varcato il cancello e mi sono fermato a fissare la strada sterrata dalla quale eravamo arrivati. È stato allora che mi sono accorto di quel particolare. Sapevo di avere ragione. Sapevo che c’era qualcosa che avevo visto e che dava la prova che Alessia non era andata via con la macchina... ”
...
Aveva piovuto quasi tutta la giornata di ieri. La strada era trasformata in un tappeto di fango. Ovunque si camminava le scarpe affondavano di qualche millimetro nella terra umida... si vedevano chiaramente le impronte fresche di Federico e Francesca... ma nessuna traccia di pneumatici... neanche l’ombra.
Roberto ha un sussulto di fronte alla scoperta... sbarra gli occhi mentre cerca un minimo indizio del passaggio del battistrada... si deve arrendere molto presto. Il respiro gli si blocca di colpo in un attacco di panico che lo assale impietoso e senza preavviso. Il corpo viene scosso da brividi di freddo intenso, quasi innaturale. Fa il possibile per farsela passare; sfrega vigorosamente le mani una contro l’altra per cercare di cancellare il colore rossastro che ha preso il sopravvento e per ripristinare la circolazione negli arti doloranti. Si concentra a fatica ed inizia a respirare profondamente... finalmente, la crisi si affievolisce e passa del tutto in poco tempo. Ma Roberto non spreca un solo minuto a domandarsi la causa dell’episodio appena accaduto. Le sue considerazioni tornano immediatamente all’auto e ad Alessia: dove sono finiti entrambi?
“Sono stati i bambini... io li ho visti... ”
La voce proviene poco lontano davanti a lui. l’uomo anziano è appoggiato al grosso tronco di un albero. Lo sguardo impaurito e sospettoso al tempo stesso. Un’apparizione inattesa ed un poco inquietante agli occhi del giovane cacciatore di fantasmi.
“Li ho visti... hanno sollevato la ragazza bionda e la macchina e li hanno spinti entrambi nelle tenebre... anche loro sono spariti poco dopo nella notte. Avevano il volto bianco come quello dei morti... gli occhi non avevano alcuna pupilla. ”
“Non ho proprio il tempo di stare a sentire le tue stronzate, nonno! Ho problemi più grossi, quindi mi faresti un gran favore se ti togliessi dai piedi! ”
Per nulla intimorito dalla reazione maleducata e decisamente esagerata di Roberto, l’anziano continua il suo racconto incredibile:
“Io mi sono nascosto bene... ero terrorizzato. Temevo potessero scorgermi e rapirmi. Temevo mi portassero nel loro inferno di dolore e sofferenza. Volevo scappare ma non riuscivo a muovere le gambe. Volevo piangere ed urlare ma non sarebbe stata una buona idea... proprio no. Ho visto quella povera ragazza... il suo viso era ridotto ad una maschera di terrore indicibile. Gli occhi iniettati dal sangue dei capillari scoppiati. Le labbra violacee e gonfie... Dio mio! Non potrò dimenticarlo mai!! ”
“Ma... che cazzo stai dicendo? ”
“Dovete andarvene come hanno fatto gli altri due, poco fa! Dovete scappare prima che torni la notte. Ho visto la piccola giostra girare!! Girava veloce... sempre più veloce. Erano i bambini a giocare! E continueranno a giocare in eterno. Vogliono dei compagni di gioco. Vogliono qualcuno con cui giocare in eterno. ”
Roberto scatta in avanti accecato dalla rabbia. Con entrambe le mani afferra il vecchio per il bavero della camicia a scacchi e sbatte il pover’uomo contro l’albero, che esplode in un grido di dolore, corredato da una smorfia di sofferenza. Ma Roberto non può e non vuole rendersi conto di quello che sta facendo... adesso pensa soltanto ad assecondare la sua ira:
“E va bene, adesso ascoltami bene, brutto idiota! Ci stai spiando? Sei stato tu a far del male alla mia ragazza? Che cazzo hai combinato? Io ti ammazzo se non parli, figlio di puttana! ”
“Sono stati loro!! Loro!! ” continua l’anziano strabuzzando gli occhi verso l’aggressore “I bambini! I bambini dell’ospedale! Sono stati loro!! Non sto mentendo, lo giuro!!! ”
“Ed io devo credere che dei bambini fantasma abbiano sollevato un’auto da più di una tonnellata e l’abbiano fatta sparire nel buio assieme alla mia ragazza? Non so cosa mi trattenga dallo spaccarti quella faccia da cazzo! E come mai tu sei rimasto incolume? ”
“Forse non sono una minaccia per loro. Sono troppo vecchio per giocare... vecchio e malato. Che cosa può fare un rottame di un vagabondo come me contro le forze del male? Il povero Armando è solo un fantasma come loro... dimenticato da tutti. ”
“Non cominciare a compiangerti, Armando o come cavolo vuoi chiamarti... e del resto non me ne frega un cazzo! Non mi frega niente di te. Voglio solo trovare Alessia! ”
“Alessia è morta... non tornerà in questo mondo. Vuoi far finta che non sia vero niente... sei venuto fin qui per cercare i fantasmi ma ora che li hai trovati non erano come pensavi, non è così? Ora vorresti non essere mai partito. E leggo ne tuoi occhi una gran paura... una paura destinata ad aumentare sempre di più. ”
Roberto abbandona la rabbia di colpo per lasciare il posto ad un’espressione di panico sempre più marcata... Armando sorride sarcastico e sente la presa del ragazzo affievolirsi fino a che non vede entrambe le braccia tornare inerti lungo i fianchi.
“Sì... dentro di te sai che è tutto vero... senti il senso di terrore e di impotenza che sento io. Quel freddo intenso che penetra dentro le ossa... ”
“Che... che cosa devo fare? ”
“Dovete andarvene... tutti e due. Fatelo subito. Non potete capire quello che provano. Non potete capire il loro dolore... lo capirete soltanto provandolo. ”
Roberto si allontana dal vecchio, barcollando. I suoi occhi restano incollati alla figura dell’anziano ammonitore. Vorrebbe non credere a quello che gli ha raccontato con tutte le forze... ma per quanto insista a negare, la storia dei fantasmi per la quale è arrivato ad Aguscello sembra essere l’ipotesi più probabile. La più assurda... come tutto quello che sta succedendo.
Ore 15. 00.
“Nessun segnale ancora? ”
“Niente di niente. Non riesco a capire che diavolo sta succedendo. ”
“A questo punto, dobbiamo sperare che Fede e Francy siano arrivati a Ferrara e ci mandino qualcuno al più presto. ”
“Prima che faccia buio sarebbe meglio. ”
“Stai cominciando ad avere paura dei fantasmi, Tony? ”
“Il racconto del vecchietto non mi fa sentire tranquillo, se proprio lo vuoi sapere. E nemmeno tu mi sembri rilassato. ”
“Sono preoccupato per Alessia, ma alla fine la spiegazione più logica spunterà da dietro l’angolo, vedrai. Non sono il tipo da dare retta ai deliri di un vecchio barbone ubriaco. Per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere il responsabile del furto dell’auto e magari l’ha fatta piombare in un dirupo. ”
“Ed ha cancellato tutte le tracce nel terreno? E poi non ti sembra strano che nessuno di noi abbia sentito il rumore del motore se Alessia se ne fosse andata con la Citroen? Questo posto ha più buchi di un gruviera nelle pareti... l’avremmo sentita sicuramente, senza contare che io ho fatto le ricerche con le telecamere ed i rilevatori di movimento da questa postazione e non mi sono mai mosso di qui. Lo scrosciare della pioggia non poteva trarmi in inganno al punto da confondersi con la macchina in movimento. ”
“Mi sembra che le parti si siano invertite. L’unico scettico sembro essere io! ”
“O forse è vero che non sei pronto ad accettare la possibile verità. Quella su cui si basa tutta la nostra ricerca. ”
“Sai una cosa, Tony? Hai ragione. In fondo dovrei essere contento. Possiamo concentrarci su quello che siamo venuti a fare qui fin dall’inizio. Se riuscissimo a riprendere qualcuna di queste presunte apparizioni... finalmente avremmo la prova dell’esistenza di qualcosa dopo la morte. La prova che abbiamo sempre avuto ragione. ”
“E che facciamo se queste prove non si dimostrassero... ben disposte? ”
“Non hanno motivo di farci del male. ”
“Beh... forse Alessia non la pensa allo stesso modo. ”
Un’ombra si allunga verso i due ragazzi... una figura umana dai lunghi capelli, immobile sull’ingresso dell’edificio. Alessia!
No, non lei. Con un guizzo, Robby riesce ad afferrare Francesca prima che si abbatta al suolo... la adagia sul pavimento e cerca di calmare il suo tremito. La smorfia di orrore stampata sui lineamenti del viso sconvolge sia lui che Tony. Un debole gemito e perde i sensi subito dopo
Ore 16. 30.
Il cielo inizia a colorarsi di rosso. Fra tre ore al massimo scenderà nuovamente la notte sull’ospedale di Aguscello.
Gli occhi di Francesca si aprono lentamente.
La ragazza è stremata e ferita ad un braccio, ma la fasciatura fatta da Roberto sembra avere arrestato l’emorragia.
“Francy... Francy, stai bene? ”
“... Roberto? Tony? Siete voi? ”
Cerca di alzarsi ma l’amico la invita a restare sdraiata sul sacco a pelo ed a riposare ancora:
“Non alzarti per ora. Devi riposare ancora un po’... sei svenuta appena varcata la soglia. Hai una ferita al braccio... come un taglio. ”
Inizia a singhiozzare sommessamente, mettendosi una mano sugli occhi e scuotendo la testa:
“Dio... dobbiamo andare via subito da qui! Non voglio fermarmi un’altra notte! Non sopravviveremo! Andiamo via, Robby! Lasciamo tutto e scappiamo prima che faccia buio! ”
“Calmati! Adesso cerca di calmarti. Devi avere perso un bel po’ di sangue... sei troppo debole per camminare. E non voglio certo rischiare di farti stare peggio. ”
“Chiama aiuto, allora. Qualcuno deve venire subito a prenderci! Non siamo al sicuro, qui! ”
“Francesca... adesso devi rilassarti un momento. Che cosa è successo da quando siete partiti? Dov’è Federico? Siete riusciti a raggiungere Ferrara? Te la senti di raccontarmi com’è andata? ”
La ragazza terrorizzata e tremante fissa l’amico negli occhi asciugando le lacrime che solcano i suoi e gli risponde con un filo di voce strozzata dalla paura:
“Federico è morto... te l’avevo detto che sarebbero tornati, Roberto. Dovevamo andare via subito. Ora non vogliono lasciarci scappare. Vogliono giocare con noi. Vogliono che restiamo qui per sempre. ”
“Non riesco a capire... ”
“Oh, no... non dire che non riesci a capire. Non dire che non riesci a capire! Non dire delle bugie! TU CAPISCI BENISSIMO DI COSA STO PARLANDO!! SEI STATO TU A PORTARCI IN QUESTO POSTO MALEDETTO!! IO NON VOGLIO MORIRE!! ”
“Basta, Francy!! Adesso smettila di fare l’isterica! Siamo qui con te e non morirà nessuno! Voglio solo che mi dici se Fede è arrivato in città ed ha chiamato qualcuno a prenderci! ”
“Svegliati, Roberto!! FEDERICO È MORTO!! È MORTO!! L’HANNO PRESO LORO!! ”
...
“E cosa successe secondo la ragazza? ”
“Beh... ci disse che era tutto normale all’inizio. Lei e Fede avevano percorso di buon passo una buona parte della strada dalla quale eravamo arrivati. Non avevano fatto alcun incontro purtroppo, ma contavano di arrivare nel centro abitato prima che facesse sera. Francesca mi disse che più si allontanava dall’ospedale e più quella sensazione di oppressione e di inquietudine la lasciava. Ci raccontò che più volte aveva cercato di convincere il fidanzato a tornare indietro per me e per Tony. Voleva che anche noi ce ne andassimo assieme a loro perché era certa che non saremmo stati al sicuro. Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. Farlo, significava dover camminare a notte fonda senza torcia ed in un sentiero non proprio bellissimo. E del resto, Federico era irremovibile sulla sua decisione. Disse che la paura più grande e più reale era rappresentata da quei disegni satanici che aveva trovato assieme a me. Pensava che quella notte avrebbero potuto farsi vivi ancora e far del male a tutti loro. Non lo dava a vedere, diceva Francesca, ma anche lui era spaventato... e non poco. ”
…
“Non sarò tranquillo fino a quando non me ne sarò tornato a casa mia. Accidenti a quando ho accettato di farmi coinvolgere in questa scalcinata squadra di acchiappa fantasmi! ”
“Adesso non esagerare, Fede! Non mi sembravi così scettico le altre volte che abbiamo fatto ricerche in luoghi come questo. Tu e Roberto avevate lo stesso entusiasmo. ”
“Non lo nego, tesoro, ma lui non sa capire fino a che punto bisogna spingersi. Ha un bel da dire che vuole rimanere per non abbandonare Tony e l’attrezzatura e per continuare le ricerche di Alessia... ma a me non mi frega nemmeno un po’. Vuole rimanere in quel posto per vedere se esiste realmente qualcosa di soprannaturale. Non gliene frega un cazzo di Alessia, di me, di te e di nessun altro. Sembra impazzito. Potrebbero essere stati proprio dei pazzi a rapire Ale e chissà cosa le avranno fatto. Quel posto è immenso e ci sono pure due magazzini all’esterni che non abbiamo guardato. Potrebbero essere nascosti ovunque e non ci tengo ad incontrarli. Insomma, possibile che sia l’unico ad usare il cervello? Se ci tieni tanto al tuo amico Roberto puoi anche tornartene indietro. Non ho bisogno di te! ”
“Non mi va di litigare adesso. ”
“Non sono io a voler litigare. Non ho mai voluto litigare, cazzo! ”
“Dico solo che mi ha delusa il fatto che tu abbia lasciato i tuoi amici soli senza pensarci troppo. ”
“Vuoi che ti sbatta in faccia la verità? Ho paura di quel posto, va bene? Sei più soddisfatta adesso, Francy? ”
“Ho paura anch’io... ma non delle sette sataniche. C’era davvero qualcosa di spaventoso laggiù... e non era di questo mondo. Ho potuto sentirlo bene. Per questo sono sicura che Rob e Tony sono in grave pericolo. ”
“Ascolta, acceleriamo il passo e ti prometto che non appena arriveremo a Ferrara andrò io stesso con i soccorritori a prenderli. Ma adesso risparmiamo il fiato per camminare. Proprio perché ho sempre creduto nelle tue capacità voglio allontanarmi in fretta. Forse ci siamo imbarcati in qualcosa di più grande di noi... siamo solo un gruppetto di universitari appassionati di storie di fantasmi, ma la verità è che non abbiamo mai preso in considerazione la probabilità di incontrarne uno per davvero... e non abbiamo mai saputo cosa fare se fosse successo! ”
…
“Poi, Francesca disse di avvertire all’improvviso il pianto di un bambino… diventava sempre più forte e si rese conto che era nella sua testa. si accasciò a terra con le mani premute sul cranio nella disperata speranza di far cessare quelle grida che sembravano intenzionate a farla impazzire. Iniziò a perdere sangue dal naso ed a sentirsi debole... ma Federico continuava a camminare davanti a lei e si distanziava sempre più… sembrava impossibile da credere ma non si era accorto di niente. Era sicura di averlo chiamato e di aver gridato il suo nome più di una volta per farlo tornare indietro ad aiutarla. Non aveva ottenuto che la più totale indifferenza. Il suo ragazzo continuava ad allontanarsi e non si sprecava nemmeno a voltarsi indietro. Come se non l’avesse nemmeno sentita.
...
“Erano riusciti a raggiungerci, Rob! Non volevano lasciarci liberi. Li sentivo sempre più numerosi nella mia testa!! credevo stesse per scoppiarmi! ”
“Concordo con Francesca... ” sbotta Tony, estremamente preoccupato della piega che stanno prendendo gli eventi “Sarà meglio alzare i tacchi in tutta fretta... e al diavolo anche la mia attrezzatura. Inizio a sentire parecchio freddo. ”
“Di colpo, i pianti erano spariti. Mi guardai attorno ma Fede sembrava sparito. Mi alzai... la testa mi faceva un male cane ma non volevo rimanere sola. Corsi come non avevo mai fatto per raggiungerlo e quando superai la curva... no... ”
“Cosa? Cosa successe? ”
“C’era quell’uomo... aveva indosso un lungo cappotto color verde scuro. Era pallido come un cadavere in volto... lo vedevo che colpiva Federico con quel grosso coltello... lo colpiva con una furia che... ero paralizzata dalla paura e tuttavia non riuscivo a staccare lo sguardo da quello spettacolo pazzesco. Federico era ridotto ad un fantoccio pieno di sangue... ma lui continuava a pugnalarlo. Mi ha guardato ed ha cominciato a ridere, poi mi è corso incontro come un forsennato... ho cercato di scappare ma era sempre più veloce. Per quanti sforzi facessi lo vedevo guadagnare terreno alle mie spalle. Ho urlato con tutto il fiato che avevo in corpo, ma non c’era nessuno che potesse sentirmi... poi, mi sono sentita afferrare al braccio. Ho cercato di liberarmi, di lottare ma aveva una forza sovrumana... rideva continuamente e mi ha colpito al braccio... non so come ho fatto ma sono riuscita a staccarmi dalla sua presa con uno strattone e ho ripreso a correre verso di voi senza voltarmi indietro, anche se sentivo la sua risata ed il suo fiato sul collo per tutto il tragitto. Mi sono fermata solo quando sono riuscita ad arrivare all’ingresso dell’ospedale. Credevo che il cuore stesse per esplodermi nel petto. Non potevo continuare oltre... dovevo assolutamente riprendere fiato. La testa mi girava e stavo per perdere conoscenza... mi sono appoggiata al cancello d’entrata e mentre cercavo di rallentare il mio ansimare, mi sono girata pensando che fosse ancora dietro di me e che stesse per ghermirmi... invece non c’era più. Ho guardato tutt’intorno per qualche istante ed ho attraversato tutto il giardino fino a che non sono entrata e svenuta fra le tue braccia. È stato orribile, Rob... orribile. ”
“Adesso sei al sicuro. Ci siamo noi con te. ”
“Cazzo, Rob; Federico aveva ragione. C’è davvero una setta satanica nella zona. Lo hanno ammazzato senza pietà! Non possiamo restare qui. Dobbiamo andarcene subito, adesso! ”
“Non faceva parte di una setta satanica, Tony. ” Sussurra Francesca.
“Cosa? E come diavolo fai a dirlo? Io dico di sì, invece. E comunque non mi importa chi cavolo era. Se un membro di una setta di pazzi o uno squilibrato in proprio. La cosa non cambia per me. Potrebbe tornare e non ho voglia di trovarmelo di fronte. Non voglio morire qui dentro, ragazzi! Adesso, sentite la mia idea... ce ne andiamo da qui in questo istante e raggiungiamo Ferrara, così possiamo chiamare la polizia e raccontare tutto. ”
“Non ce la faremo ad arrivare prima che scenda la notte, Tony. Non voglio percorrere a piedi quella strada solo con le torce. ”
“Non ci attaccherà se saremo in tre, Rob! E poi non siamo più al sicuro qui dentro. Potrebbe entrare come e quando vuole... potrebbe essere già dentro per quello che ne sappiamo. Se ci incamminiamo, magari i cellulari riprenderanno il segnale lungo la strada e potremo chiedere aiuto. ”
“Non è possibile che siamo arrivati a questo. ” Commenta Roberto, visibilmente sconvolto.
“Non era umano... non era umano. L’ho sentito che non era umano. E poi... quegli occhi... la sua risata. ”
Francesca è ancora sotto shock ma sembra essere ben convinta di quello che sta dicendo. Roberto e Tony sono altrettanto spaventati e tentennano su quale decisione sia meglio prendere, poi il capo della squadra sbarra gli occhi... un tremendo pensiero gli ha colpito la mente come un macigno:
“Oh, cazzo! Il maniaco! ”
“Cosa? ”
“Il manico, Tony! Francesca ha ragione... quando mi sono documentato su questo posto e sulle inquietanti ipotesi che si narravano circa la morte di tutti i bambini... una di esse raccontava di un pazzo assassino evaso da un carcere militare che aveva trovato rifugio tra queste mura, per scappare dai suoi carcerieri. Si dice che attese la notte prima di uscire allo scoperto... e che prima di lasciare l’ospedale trucidò tutti i piccoli pazienti dell’ultimo piano con un coltello... ”
Un grido infantile squarcia l’aria in quell’istante e gela il sangue nelle vene di chi lo ascolta. I peli delle braccia si rizzano di scatto sulla pelle d’oca e gli sguardi di tutti corrono verso la rampa di scale che conduce ai piani superiori.
“Andiamo via, andiamo via... ” Ripete Tony ossessivamente.
“Non possiamo... ”risponde Roberto fissando quelle scale “Non ci lasceranno andare. Vogliono anche noi come hanno voluto Alessia e Federico. Dobbiamo chiudere questa storia adesso o non arriveremo all’alba di domani, temo. ”
“Ma che vuoi fare? ”
“Devo vedere cosa c’è all’ultimo piano... ”
Ore 22. 30.
La luna piena illumina con la pallida luce l’ospedale psichiatrico conferendogli un aspetto ancor più spettrale. Il salone d’ingresso è illuminato dai fasci di luce delle torce elettriche che circondano la postazione di Tony e il sacco a pelo dove Francesca si è di nuovo addormentata... certo, non è molto, ma è il massimo che si poteva fare. L’ultima telecamera è stata installata abbastanza saldamente sulla cintura di Rob... che, nel frattempo ha già indossato l’auricolare bluetooth e controllato l’autonomia delle batterie dell’ultima pila in dotazione. Il nervosismo dei due amici è quasi palpabile... entrambi si guardano e tentano di nascondere l’agitazione che li anima, ma non è per nulla facile. Le ultime ore sono state ricche di tanta tensione e le cose potrebbero peggiorare da qui in poi.
“Dammi retta, Rob. Non farlo. Non sai neanche cosa cercare! ”
“Non abbiamo scelta, Tony. Prima d’ora, nessuno di quelli che sono stati qui ha mai raggiunto l’ultimo piano per via del crollo delle scale... ma se quello che dicono le leggende è vero anche solo in parte... l’unica possibilità che abbiamo di scoprire la verità su questo luogo si trova proprio lassù. Devo arrivarci e sperare che ci sia qualcosa che possa darci la speranza di andarcene di qui. ”
“Non sai che cosa avrai di fronte se e quando arriverai lassù! Potresti romperti l’osso del collo mettendo un piede in fallo. È una follia cercare di arrampicarsi sfruttando i buchi e le crepe delle pareti come appigli. Potrebbe crollarti tutto in testa! E sarai solo anche se dovessi riuscire a raggiungere l’ultimo piano. Non devi farlo per forza! Abbiamo sempre la possibilità di scappare. Ti ripeto che non mi frega niente dei miei strumenti. Che vada al diavolo anche la mia roba! Questo no è più un hobby o una ricerca per la tesi universitaria. Sono morti due nostri amici! ”
“Non ho intenzione di discuterne ancora, vecchio mio... Francy è ancora molto debole e ci rallenterebbe anche se decidessimo di andare a piedi. È la sola opzione che abbiamo e non pensare che mi piaccia. Mi sto cagando sotto, Tony e se esistesse un’altra possibilità la sfrutterei di sicuro. So di muovermi verso l’ignoto ma non posso fare altro. E tu devi restare con gli occhi bene aperti e controllare ogni mia mossa con la telecamera... e controllare anche Francesca. Non dovete muovervi di qui e se non sarò tornato entro un’ora, svegliala e scappate via più veloci che potete... e che Dio ci aiuti tutti quanti. ”
“Perchè noi, Rob? Perché nessuno ha visto o sentito nulla prima di noi? Cosa è successo qui al nostro arrivo? ”
“Spero di poter rispondere a tutte le tue domande quando sarò lassù, Tony. Ora devo andare. ”
“Io... e va bene... ”
“Ok... nervi saldi, mi raccomando. E se dovessi ripristinare il segnale internet nel frattempo, manda una chiamata alla polizia o ai carabinieri e poi avvisami subito. ”
“D’accordo. Cerca di essere prudente, Robby. ”
“Sì... ”
L’abbraccio sincero che i due ragazzi si scambiano sembra quasi significare un silenzioso addio da parte loro. Il tempo dei dubbi e dei ripensamenti è terminato. Roberto presta la sua attenzione alle scale ed inizia a percorrere le rampe mentre Tony stabilisce il contatto wireless con la telecamera, mentre l’icona del collegamento internet in basso a sinistra è ancora fastidiosamente coperta da quel punto esclamativo rosso. Nessun segnale.
Lentamente e prestando molta attenzione a dove mette i piedi, Rob sale le scale fino al quarto e penultimo piano. Lì si pone il primo problema da affrontare. Sono parecchi anni che la rampa di scale che conduce al quinto piano è crollata, probabilmente a causa di un piccolo terremoto verificatosi negli anni ottanta. Una occhiata attenta alle pareti basta a sincerarsi di due cose sostanziali: numerose crepe e squarci nelle pareti che possono trasformarsi in un percorso di fortuna per accedere al piano successivo... gli stessi appigli di fortuna possono però rivelarsi molto precari, come la parete stessa... senza contare che si tratta comunque di un’impresa tutt’altro che facile, specie se condotta alla luce di una torcia elettrica tenuta fra i denti. Basterebbe un piccolo errore per perdere la presa e precipitare lungo l’intera tromba di scale, verso morte certa... ma anche la sfortuna potrebbe fare la sua parte e far crollare il cemento sotto il peso dell’improvvisato scalatore.
Lo squarcio che si apre poco più avanti e che sbarra la strada è considerevole... nessuna possibilità di poterlo superare con un salto anche se si fosse un canguro e, del resto, l’appiglio più vicino che non garantisce affatto stabilità, si trova almeno due metri e mezzo più in alto.
Il ragazzo fissa a lungo il problema ed esamina la parete alla sua sinistra... sembra quella dotata di più crepe e quindi quella con maggiori appigli per mani e piedi... ma è senz’altro quella più pericolante... il muro di destra invece è meno rovinato dal tempo ma non si tratta di una parete portante e potrebbe non sostenere comunque il peso di un uomo.
Se dovesse pensarci ancora un po’, la cosa che farebbe di sicuro sarebbe tornare indietro subito e seguire il consiglio di Tony... di sicuro, sarebbe la cosa più intelligente in questa situazione... invece meglio darsi da fare ed iniziare la scalata.
Spingendo via l’impulso di guardare in basso, Rob mette il piede nella tacca più vicina... stessa cosa per la mano. Un respiro trattenuto nel petto e Roberto abbandona il pavimento e si aggrappa alla parete come un ragno. Per qualche attimo resta immobile, appiattito contro il muro il più possibile a sorbirsi l’odore di muffa e la polvere che gli copre la faccia. Sente frammenti di intonaco staccarsi e cadere. Si rende conto di aver creduto che la cosa fosse più facile di quanto non sia. Gambe e braccia stanno irrigidendosi... non può tornare indietro e non vorrebbe andare avanti ma restare immobile in quella posizione non sarà qualcosa che potrà fare per molto, a giudicare dall’indolenzimento dei polpastrelli e delle caviglie che si fa sentire sempre di più. Abbandona la presa con una mano, la striscia lungo il muro e cerca una nuova rientranza... la trova dopo aver annaspato a vuoto per qualche momento. La luce della torcia penetra le tenebre solo in minima parte... non offre molto aiuto, ma lentamente, anche i piedi avanzano lungo il percorso e si può riprendere fiato. I nervi tesi a cogliere il più insignificante rumore che possa assomigliare a quello di un crollo... per fortuna non sente niente del genere. In lontananza, qualche squittio di un topo uscito dalla tana per procurarsi del cibo... o l’anta di una finestra mossa dal vento e sbattuta contro la facciata dell’edificio.
Dallo schermo del notebook, Tony ha una visuale anche peggiore di quello che sta succedendo ma questo non lo esonera dall’avere il cuore in gola. Per quanto possa pensare che l’amico stia camminando davvero sul filo del rasoio, non ha la più pallida idea di quanto sia dura in realtà.
I due non si parlano e Tony si astiene anche da qualunque commento che possa incoraggiare Roberto allo scopo di non distrarlo in alcun modo. Nel frattempo, ancora nessuna connessione.
Accanto a lui, Francesca sta ancora dormendo profondamente.
Il sudore inizia a diventare un ostacolo serio. Non lo aveva considerato, ma non è possibile trovare una soluzione adesso. Avrebbe dovuto preoccuparsi di fasciare la fronte con un fazzoletto prima di iniziare. Le stille che scivolano negli occhi, unite alla polvere, provocano un bruciore che rende arduo tenere aperti gli occhi... il peggio è dato dalle mani che iniziano a perdere aderenza da quanto sono bagnate. Sta ricominciando ad essere nervoso... deve controllarsi e continuare cercando di non pensare ai problemi. Ha sempre sentito dire che una scalata deve essere affrontata come se ci si trovasse sempre a dieci centimetri da terra, ma è un’ottica in cui non riesce ad immedesimarsi. Parecchia polvere gli entra in bocca, per non parlare dello sporco... il petto inizia a fargli male; un dolore acuto, preludio ad un robusto colpo di tosse. Ma sfogarlo, significherebbe precipitare. Rob chiude gli occhi e digrigna i denti: cerca la massima concentrazione e combatte il dolore alle dita ed alle gambe. Adesso ha veramente paura di fallire. La sua mente vede un’immagine di sé stesso precipitare con un grido. La mano destra annaspa a lungo, prima di trovare un nuovo appiglio che lo conduca più avanti e più in alto. La gamba fa la stessa cosa un secondo dopo... è a metà strada.
Il dolore al petto va scemando rapidamente, ma è il caso di sbrigarsi per quanto gli è possibile perché potrebbe tornare... ormai, Roberto è stremato... mantenere quel precario equilibrio gli sta costando troppo. Ma non vuole rinunciare alla verità in questo modo e proprio adesso. Sente ancora nelle orecchie quel grido che gli ha raggelato il sangue; manca poco per riuscire a scoprire chi possa averlo lanciato. Deve farcela.
I suoi occhi irritati si posano sul pavimento sudicio ed inviolato del quinto piano... così vicino eppure ancora così difficile da raggiungere. C’è qualcuno che lo sta osservando da lì... si avvicina a piccoli passi e si ferma sul ciglio dell’abisso a guardare il ragazzo in seria difficoltà. Roberto lo riconosce immediatamente... lo stesso bambino della foto nell’album trovato da Alessia. Lo stesso che ha visto proprio affacciarsi ad una delle finestre del quinto piano quando arrivarono. Il piccolo Filippo Erni, il piccolo suicida il cui corpo non venne mai ritrovato.
Qualcosa solletica la mano destra di Roberto... un fastidio che si aggiunge a tutti gli altri e di cui è ignota la causa in un primo momento. La spiegazione arriva fuori dalla crepa sotto forma delle decine di formiche che escono, disturbate dall’intrusione. Alcune non danno problemi e girano intorno a Roberto per cercare un nuovo anfratto che può ospitarle... ma altre cercano la via più breve camminando sopra al poveretto e solleticandolo. Il ragazzo non riesce a resistere e tenta di muoversi per indurle ad abbandonarlo... ma il movimento è troppo brusco e l crepa su cui appoggiava temporaneamente entrambi i piedi si tramuta di colpo in squarcio e le gambe iniziano ad annaspare nel vuoto.
Le braccia si tendono fino allo spasimo e cercano di reggere ancora... non ce la faranno per molto. Il pavimento è così vicino... potrebbe tentare di reggersi con una mano sola ed afferrare una delle mattonelle che sporgono nel vuoto ma non sarebbe in grado di sostenere il suo peso solo con una mano per compiere quella manovra. Per quanti tentativi faccia, non trova un punto d’appoggio con i piedi.
Filippo lo fissa con occhi tristi, immobile e zitto.
“Aiutami... ” lo supplica Rob, mentre sente le dita scivolare via e la morte sempre più vicina. La minuta figura non risponde e non da cenni a voler aiutare in alcun modo.
“Ti prego... sto per cadere. Aiutami... Filippo, ti prego! ”
Le continue richieste cadono ancora a vuoto, anzi... il bambino volta le spalle a Rob e torna in silenzio da dove è venuto.
La presa è sempre più debole... il baratro scuro in cui svaniscono le scale lo invita inesorabilmente... Tony vede tutto dal computer ma non può fare nulla se non picchiare contro il pavimento e gridare sostegno all’amico in pericolo:
“NO! RESISTI, ROB!! NON MOLLARE!! NON MOLLARE!! ”
Si alza di scatto e sta per correre da lui... non riuscirà mai ad arrivare in tempo né ad afferrarlo dal quarto piano... ma non può abbandonarlo così! Deve comunque fare un tentativo!
Francesca sta ancora dormendo... nemmeno le sue grida lo hanno svegliato... se andasse da Rob lei resterebbe sola. Cosa deve fare? Cosa??
È finita... ancora pochi secondi e precipiterà verso la fine. Si chiede se sarà doloroso... e gli dispiace che sia andata così. Avrebbe voluto scoprire la verità su quel maledetto ospedale. Non la saprà mai.
D’un tratto il piede destro incontra una sporgenza inaspettata e vi si adagia con enorme sollievo e con incredibile sorpresa di Rob... uno spuntone di ferro che sporgeva dalla parete sembra averlo salvato... era nascosto dal buio... ora basta mettere anche l’altro piede e sperare che resista il tempo sufficiente per arrivare al traguardo. Finalmente, la fortuna lo aiuta... il frammento metallico regge il peso di entrambe le gambe ed anche se deve continuare ad appiattirsi alla parete, Robby può avvicinarsi ancora di più... è quasi arrivato. È vicinissimo... deve per forza tentare il salto.
Trattiene il respiro, prende bene la distanza e decide di tentare il tutto per tutto. Salta quasi senza rendersene conto... e spera di non aver avuto quel colpo di fortuna per sprecarlo adesso. Pochi attimi nell’incertezza, poi l’impatto con il suolo decreta finalmente il sofferto successo... e l’accesso all’ultimo piano dell’ospedale.
Francesca si sveglia di soprassalto... un senso di disagio la rende nervosa... Tony è scomparso... non c’è nessuno nel salone eccetto lei... è freddo intorno. E quel silenzio le pare quasi innaturale. Si alza dal sacco a pelo... si sente ancora molto debole ma non le va di rimanere da sola.
“Tony? Tony, ci sei? Tony! ”
Nessuna risposta. Il portatile è acceso. L’immagine è scura... non riesce a capire cosa stia inquadrando la telecamera... cerca di aumentare la luminosità ma niente da fare. Un rumore dall’esterno attira la sua attenzione. Dei passi. C’è qualcuno nel giardino. Tony?
Si avvicina cautamente al giardino ma non c’è nessuno là fuori... il vento freddo frusta le cime degli alberi e gli steli d’erba... ma a parte il suo ululato sottile, altro non si sente. La ragazza scruta attentamente nel buio ancora lunghi istanti senza avere però la soddisfazione di scorgere alcunché. Di solito, a questo punto, si cerca di convincere sé stessi di avere solo immaginato quel che si ha sentito e che non trova riscontro nella realtà, ma la giovane sensitiva non accetta questa versione... è certa di aver ascoltato dei passi poco fa e non di averlo solo immaginato né essersi confusa con qualche altro suono.
E la sua sicurezza sfocia nella ragione assoluta quando li sente nuovamente... ora sembra che qualcuno stia correndo nel prato... corre veloce, ma non è davanti a lei. Ed il vento porta alle orecchie una risata fanciullesca che le accappona la pelle.
Nel salone non accenna ad arrivare nessuno... è difficile prendere una decisione su cosa deve essere fatto. Francesca tentenna molto sulla porta arricciandosi nervosamente una ciocca di capelli mentre si chiede se è saggio uscire oppure se lo sia di più rimanere dov’è ed aspettare che arrivi Tony per controllare assieme.
Quasi senza rendersene conto, si trova a camminare nell’erba in direzione del lato destro dell’edificio. La risata è più chiara e proviene proprio da là dietro. Dall’angolo che sta per voltare. Un cigolìo metallico si accompagna adesso all’espressione di felicità del presunto bambino... poi si aggiungono altre risate... gioiose eppure inquietanti. Inquietanti perché NON PUO’ esservi nessun bambino là dietro, a quest’ora di notte... e nemmeno durante il giorno! Lo capisce perfettamente e dovrebbe scappare... ma la curiosità è troppo forte ed un secondo dopo, quando gira quell’angolo viene soddisfatta, anche se non le fa per nulla piacere.
Mentre si appiattisce alla parete pericolante, vede la giostra di ferro girare su sé stessa... più forte... sempre di più... mentre le risate aumentano fino ad invadere la mente della poveretta che non riesce più a pensare. Non serve a nulla tapparsi le orecchie perché sembra che i bambini ormai siano dentro di lei e ridano sempre più forte. Grida dal dolore... un urlo acuto e lanciato con estrema forza eppure non riesce a sentirlo lei stessa. Le risate lo coprono... e la piccola giostra ora sembra un frullatore impazzito. I sedili arrugginiti muovono raffiche di vento che colpiscono come frustate i lunghi capelli corvini... con orrore si rende conto di non riuscire a scappare... non riesce a staccarsi da quel muro, come se qualcosa la tenesse incollata alla pietra ed avesse una forza tale da abbandonare persino l’idea di opporvisi. La preme sempre più contro la superficie fredda e dura... la schiena inizia a farle male e la gioia delle piccole e sadiche presenze cresce al crescere del suo dolore, come se lo percepissero e ne godessero enormemente. Come se fosse un nuovo, stupendo gioco per loro. E non vogliono che questo gioco finisca.
Lo scricchiolare delle ossa li esalta ancora di più, se mai ce ne fosse stato bisogno... Francesca sbarra gli occhi davanti alla morte che sta correndo verso di lei e che la sta per ghermire con la sua falce... il respiro si affievolisce mentre i battiti cardiaci accelerano il ritmo ma ben presto si calmeranno anche loro. Vorrebbe avere il tempo per chiamare aiuto un’ultima volta ma non glielo permetteranno e quando si accorge che la nuca pressata contro la parete inizia a sanguinare ed a sgretolarsi si rende conto che anche lei farà parte dei tanti misteri che avvolgono quel luogo orribile.
Di colpo, il suo calvario si interrompe.
Come un elettrodomestico che muore allo staccare la spina dalla presa di corrente, le risate nella testa cessano di colpo ed anche la forza bruta che la stava schiacciando svanisce e la lascia scivolare a terra. Stremata e senza la forza per muovere un solo dito, Francesca guarda avanti a sé la giostra rallentare e fermarsi mentre i cigolii dei bulloni e della braccia metalliche si zittiscono. Si chiede il motivo... perchè l’hanno risparmiata?
Il responso è una fitta tremenda, come un’esplosione in tutto il corpo... una porzione di erba dipinta dal sangue che le esce dalla gola. Una rapida visione della lama che scava nella sua carne. Una figura dall’impermeabile verdastro stagliarsi alla sua destra... non può vederne il volto ma sa che la sta fissando... e sa che la colpirà ancora e subito. Ma non ha più importanza, ormai. Niente importa più. La sua vita è già finita.
Il quinto piano.
Da una strana sensazione camminare dove nessuno ha messo piede per più di quarant’anni. Robby si guarda attorno quasi estasiato dall’ambiente circostante... i suoi occhi osservano attentamente ogni dettaglio, anche il più insignificante... anche i calcinacci che coprono il pavimento destano un certo interesse... il ragazzo ha compiuto così tanti sforzi per arrivare fin lì che vuole godersi il momento; quasi non gli sembra vero che tutto quello che lo circonda sia reale... un leggero sorriso si staglia sul suo volto senza che se ne renda conto... per un momento dimentica tutta la spirale di orrore delle ultime ore. Pecca sicuramente di presunzione quando si sente come uno dei cavalieri delle crociate che ritrovarono il Santo Graal o come se fosse di fronte alla fonte della giovinezza. La sua mente cancella il ricordo degli amici morti e lascia ampio spazio al pensiero del successo. Non ha ancora la prova che ad Aguscello esistano i fantasmi... ma è il solo a poter dire di avere violato l’unico segreto di quell’edificio; di fronte a lui, tante stanze sono ad aspettarlo... possono essere esplorate e finalmente può essere fatta luce su quanta parte di verità e quanta di fantasia, si compongano le leggende di quel luogo. Probabilmente, la cosa più difficile sarà tornare indietro sani e salvi per poter raccontare tutto e godersi un po’ di fama. Il rischio è anche quello di entrare a far parte delle leggende dell’ospedale. Non sarebbe una buona opzione.
C’è un silenzio affascinante che avvolge quel piano, rotto solamente dai frammenti di cemento che si sgretolano sotto i suoi piedi e la sua mente è rapita da tutto quello che ha letto sul famoso ultimo piano dell’ospedale psichiatrico. Il luogo dell’orrore per eccellenza... il piano in cui trovarono la morte tutti i piccoli pazienti bisognosi di cure. Uccisi da un maniaco assassino? Seviziati fino alla morte dal sadico personale medico che si nascose malamente dietro al pretesto della ricerca di nuove cure contro le malattie mentali? Oppure lasciati senza cibo né acqua e condannati ad una lenta agonìa da parte delle suore che offrirono il loro aiuto, se così si può chiamare, e che fuggirono durante la seconda guerra mondiale sbarrando tutte le porte di accesso all’edificio e condannando tutti i bambini? O ancora che fu colpa di una tremenda ed incontrollata epidemia di colera. C’è chi crede ad ognuna di queste versioni e chi pensa addirittura che ve ne siano molte altre. Tanti affermano di aver sentito orribili urla passando davanti all’edificio la notte... proprio come quello che hanno sentito loro. Si dice che si praticassero torture di ogni genere e brutalità inaudite solo allo scopo di farlo... dovrebbe esservi un’ombra su una parete in quel piano... un’ombra a grandezza naturale di un bambino... il punto in cui venne lapidato.
Quell’ombra esiste davvero!
Roberto la vede d’improvviso... di fronte ai suoi occhi, quella sagoma nera appare in tutta la sua inquietudine e suscita la soddisfazione dell’unico spettatore che può ammirarla. La mano raggiunge rapidamente la tasca sinistra dei pantaloni ed esce un momento dopo impugnando il telefonino, provvisto di una fotocamera ad alta risoluzione... uno dei pochi modelli già in circolazione ed un regalo di compleanno di Tony.
Proprio in quell’istante Tony torna nella hall dell’ospedale... nessuna traccia di Francesca. Le cose iniziano a precipitare. Nessuna traccia nemmeno di Rob. Quando è arrivato alla scala crollata non c’era più nessuno appeso alla parete. È caduto? Ce l’ha fatta? Come saperlo? Mentre tornava indietro ha cercato di contattarlo con l’auricolare ma non ha mai risposto... sul monitor de notebook, l’immagine della telecamera non si degna di dare segni di vita. solo nebbia. La situazione sta precipitando. Mentre cammina nervosamente avanti ed indietro la sala, un segnale proveniente dal computer lo fa sobbalzare... un segnale familiare. Spera tanto sia quello che pensa. Deve esserlo!
Sì!!!!
Il simbolo rosso che copriva il piccolo pianeta Terra in basso a destra dello schermo è sparito finalmente! Ora son ben visibili i piccoli oceani ed i piccoli continenti ed un messaggio incoraggiante appare al centro dello schermo lcd:
“Connessione attiva”.
Non c’è un minuto da perdere. Le dita si muovono febbrilmente ma con decisione sulla tastiera e raggiungono il sito della polizia... sono sufficienti pochi click per individuare il numero di emergenza ed effettuare la chiamata via Skype... ma prima che la comunicazione possa partire, una schermata differente si piazza prepotentemente sulla precedente... non un pop up fastidioso come tanti... una pagina nera con un trafiletto scritto in bianco... una storia già sentita.
“ Tra le tante storie che si raccontano nell’ospedale di Aguscello, spicca anche quella di una fossa comune che si presume fosse stata scavata nella sala d’ingresso del manicomio per nascondere gran parte dei cadaveri dei bambini uccisi e cercare così di coprire anche le tremende responsabilità degli assassini che, con così tanta furia e nessun rimorso, si erano macchiati di tale infamia. Non esistono prove dell’esistenza di tale fossa. Le autorità comunali e regionali non hanno mai dato alcuna autorizzazione per operazioni di scavo all’interno dello stabile in quanto potrebbero compromettere l’equilibrio stesso dell’intera struttura ormai fatiscente. Sembra che anche questa leggenda, quindi, sia destinata ad aggiungersi alla grossa pila che copre da anni un luogo avvolto da troppi segreti di sangue. ”
La schermata cambia subito dopo aver letto l’ultima parola e lascia posto ad un volto giovane e gonfio di collera... un paio di occhi infuocati ed ammonitori fissano severamente l’impaurito mago del computer che si trova dall’altra parte dello schermo, il quale riconosce subito la minaccia che ha davanti... e ne ricorda anche il nome. Era scritto nei libri di ricerca che ha consultato assieme a Rob e la sua foto campeggiava tetra anche nell’album ritrovato da Alessia. Il bambino dalla storia più triste e misteriosa dell’ospedale di Aguscello. Filippo.
Lo schermo si spegne di colpo e le mani di Tony iniziano a tremare inspiegabilmente... no, non sono le mani... il pavimento sta vibrando... sempre più forte. Tony si alza rapidamente e cerca di capire quello che sta succedendo; ma non è quello che sta succedendo... è quello che sta per succedere.
Il rumore dello squarcio gonfia l’aria ed il pavimento di pietra si spalanca sotto i piedi. La caduta è lunga e l’atterraggio non è dei migliori, a giudicare dall’acuto grido di dolore e dalla posizione innaturale di tutt’e due le gambe... rotte, non c’è dubbio.
Ancora estremamente intontito dall’impatto, Tony alza gli occhi; è molto buio dove si trova. Grida il nome di Francesca e Roberto mettendoci tutto l’impegno e soprattutto i polmoni... ma nessuno dei due può sentirlo, anche se per ragioni diverse. Inizia a piangere. L’idea di morire in quel buco inizia a diventare preponderante nella sua testa e non c’è verso di scacciarla ed il freddo si fa sentire... eppure le cose possono andare anche peggio. Qualcosa biancheggia sotto di lui... e non gli pare di poggiare il culo su terreno o pietra... piuttosto qualcosa di irregolare e pungente. Il bottone sul fronte del cronografo è l’unica cosa che può togliere ogni dubbio... e dopo averlo premuto, la piccola luce verde fa del suo meglio per conferire un minimo di illuminazione all’ambiente circostante... è sufficiente, purtroppo. Sufficiente per mostrare un’espressione raccapricciata nel vedere il tappeto di ossa umane sul quale Tony è piombato. Teschi e gabbie toraciche ovunque ma anche mani, femori, bacini... tutto ciò che compone uno scheletro umano anche se le dimensioni delle ossa non inducono a pensare che possa trattarsi di scheletri di adulti. Sono troppo piccole.
Un’altra leggenda è stata svelata... la storia della fossa comune era vera, ma non potrà essere raccontata nei suoi particolari, perché quando sente decine di lamenti vomitati dall’orrore che lo circonda è già troppo tardi. Può pensare che le miriadi di mani ossute che lo afferrano in tutto il copro siano solo frutto dell’immaginazione... può credere che il fatto che lo stiano tirando sotto sia solo un’allucinazione... potrebbe anche essere così ma non è di nessuna consolazione perché nessuno verrà a salvarlo da quell’incubo. Perché le pareti dello squarcio che si richiudono lentamente con un boato sono l’ultima cosa che i suoi occhi vedono prima di finire sepolti dal mare di ossa in cui dovrà rimanere molto a lungo... che sia realtà o immaginazione.
Le impronte delle mani sui muri. Anche quelle esistono davvero... non è possibile! È davvero un gran peccato avere solamente un cellulare con sé. Rob ha ormai dimenticato il vero e più nobile motivo per cui è arrivato fin qui. Doveva essere per dare una risposta ai tanti interrogativi che hanno segnato questa spedizione e specialmente per mettere in salvo sé stesso e gli altri in qualche modo, conoscendo la verità.
Ma sembra stia camminando in un museo adesso. Un museo dell’orrore in cui si sta perdendo piacevolmente. E la sfilza di impronte impresse sulle pareti delle camere distrutte è solo l’ultima scoperta degna di nota. Davvero stupenda. Arcane testimonianze di tutto il male che ha impregnato quel luogo e non sembra volersene ancora andare. Prove impresse per la prima volta nella scheda di memoria di un telefonino... reperti di incredibile valore che sembrano perdere tutta la loro importanza, ora che sono stati recuperati. Quasi sembra tutto troppo facile, come se avesse completamente rimosso il rischio di lasciarci la pelle mentre imitava l’uomo ragno.
L’apprendista acchiappa fantasmi non riesce a contenere l’emozione mentre si avvicina all’ultima camera a sinistra del macabro corridoio ed i suoi occhi gettano un’occhiata solo distratta alle reti dei letti capovolti un po’ ovunque... le reti alle quali venivano legati i bambini per far loro l’elettroshock e tenerli buoni. Ogni particolare ha una propria storia, ma la più interessante è senz’altro quella dell’ultima stanza a sinistra. La stanza di Filippo Erni. E forse la stanza dalla quale è iniziato tutto. Quella che può nascondere la verità al suo interno. Rob si sente assalito da una forte oppressione al petto mentre la sua mano si poggia delicatamente sulla superficie di legno ormai marcio della porta e la spinge in avanti. L’uscio che si muove dopo tanto tempo produce un fastidioso cigolìo dei cardini arrugginiti... mentre muove il primo passo oltre la soglia, Roberto sorride; anche l’ultimo luogo segreto di quell’ospedale sta per essere svelato. I nervi tesi, il ragazzo fa il suo ingresso nella camera e getta uno sguardo ovunque alla ricerca di qualcosa che possa fargli agguantare la verità... di qualsiasi cosa, anche se a prima vista la stanza di Filippo sembra essere la meno interessante di tutte. Forse si aspettava di trovarsi di fronte un bambino fantasma urlante o forse un demone dell’inferno che avrebbe cercato di trascinarlo nel mondo dei morti... o forse, più semplicemente, un qualche dossier contenente la verità su Aguscello. Forse Rob pretendeva troppo... ma il vuoto della stanza è davvero molto poco per chiunque la stesse osservando in quel momento. Solo una stanza cadente e completamente vuota, la cui finestra dava sicuramente il miglior panorama sul giardino dell’ospedale. La finestra dalla quale si gettò Filippo. Una cocente delusione per il ragazzo che sta già pensando a come tornare indietro senza ripetere la scalata di prima... una delusione anche per Tony e Francesca quando dovrà dir loro che non c’è assolutamente nulla al quinto piano. Nessun fantasma da temere. Nessun mistero da svelare. Pare che alla fine avesse ragione Federico. Tutto causato da qualche folle appartenente ad una setta satanica... tutto tristemente reale. Ancora qualche passo strascicato avanti e indietro senza che nulla accada... i brividi lungo la schiena che lo assalivano prima di entrare sono lontani da un pezzo. Gli rimane solo l’amaro in bocca.
Si siede sul pavimento sconsolato e fissa la notte oltre la finestra. I tre giorni sono trascorsi. La sua ragazza ed un suo amico sono morti... dovranno partire delle indagini, ma per quanto si potrà scoprire, il colpevole sarà sempre in carne ed ossa e questo gli dispiace non poco... avrebbe voluto una vera maledizione, una vera entità soprannaturale e invece dovrà ricredersi; Aguscello ha rappresentato il suo ultimo, definitivo e più cruento fallimento.
“Perché sei qui? ”
La voce lo fa sobbalzare. Si volta verso l’ingresso.
“Perché sei qui? ” chiede ancora Filippo.
Occhi e bocca sbarrati, Rob non riesce a far uscire un filo di voce per rispondere alla domanda rivoltagli con tanta innocenza. Non riesce nemmeno ad alzarsi né a pensare a ciò che sarebbe più opportuno fare in questo momento: parlare, fotografare con il cellulare o scappare subito?
“Questa è la mia stanza. ”
“Io... io lo so. ”
“Non puoi stare qui. Arriveranno a momenti. Ti faranno del male se ti troveranno qui. ”
“Chi? Chi vuole farci del male? ”
“Hanno paura di noi. Dicono che siamo i figli di Satana. Dicono che il male si nasconde nei nostri occhi e che vogliamo fare del male al mondo. ”
“Vi hanno uccisi per questo? I medici... vi hanno uccisi? ”
“Uccisi? Ci hanno fatto del male, ma non ci hanno uccisi. Io sono riuscito a scappare dalla finestra. Mi nascondo bene... non riescono a trovarmi. Ne ho nascosti altri. ”
“Filippo... dove sono i miei amici? Che cosa hai fatto? ”
“Noi non siamo cattivi. Non vogliamo fare del male a nessuno. Vogliamo solo giocare. Non abbiamo mai nessuno con cui giocare, qui. Ci sentiamo tanto soli. ”
“Che cosa è successo tanti anni fa? ”
“Ssst! Non parlare così forte o ti sentiranno. Manderanno l’uomo nero come fecero quella notte. Lui ci fece del male. Lui voleva ucciderci perché diceva che eravamo pazzi. Diceva che eravamo i figli del diavolo. Che la nostra pazzia dimostrava la presenza del Maligno in noi e che non potevamo essere curati. Dovevamo morire per scacciare la bestia da questa terra. Per trovare la pace delle nostre anime. I dottori avevano provato a guarirci in tutti i modi ma non ce l’hanno fatta. Le suore ci hanno chiuso dentro quella notte assieme a lui. Diceva che era per il bene dell’umanità che ogni cosa rimanesse tra queste mura. Nessuno avrebbe mai dovuto saperlo. Si sarebbe occupato di tutto. Avrebbe dovuto diventare l’angelo del Signore e sguainare la sua spada contro di noi. E contro chiunque volesse liberarci o continuare a giocare con noi. Ma non c’è nulla di male a giocare! ”
“No, non c’è nulla di male... ”
“Anche lui sembrava così buono all’inizio. Diceva che ci avrebbe fatto stare bene. Che era la sua missione. Ci aveva detto che presto saremmo tornati a casa ed avremmo potuto tornare a giocare tutti assieme. Ci consolava sempre. Diceva che il Signore era vicino a noi e ci abbracciava. Ci fidavamo di lui. anche i dottori dicevano che era buono. Sorrideva sempre. Tutti, in paese lo conoscevano... tutti si fidavano di Don Armando. ”
“Oh, mio Dio! No! ”
“È diventato cattivo alla fine. Quell’impermeabile che indossava mentre girava nella notte tra le stanze ci faceva paura! Non eravamo noi il Diavolo. Lui era il Diavolo!! Ed ora sta arrivando! ”
Filippo si avvicina... i suoi occhi sembrano così innocenti. Ma Roberto inizia ad avere molta paura. Non può scappare da nessuna parte... e non riesce ancora ad alzarsi da terra.
“No... Filippo, io non voglio farti del male. ”
“Io voglio solo giocare con te e con i tuoi amici. Loro stanno giocando con gli altri bambini. ”
“Io non voglio giocare. Voglio andare via. Ti prego, lasciami andare! ”
“Non vuoi spingere la giostra per noi? ”
“Ti prego... non dirò niente a nessuno. ”
Il bambino si porta una mano alla bocca. Ora sembra che sia lui ad avere più paura di Rob.
“No! Sta arrivando! Lo sento, sta arrivando! Non voglio che mi prenda! NO NO!! ”
“Chi? Chi sta arrivando? Non sento niente. ”
“I SUOI PASSI SONO VICINI. SA CHE SIAMO QUI!! NON VOGLIO CHE MI PRENDA!! NO, AIUTAMI!!! ”
“NON C’È NESSUNO! ”
“SIIIIII’!!! NON VOGLIO MORIRE!! VOGLIO GIOCARE!!! ”
In preda ad un puro terrore e come impazzito, Filippo corre verso la finestra e si getta nel vuoto come fece tanti anni prima... l’unico modo per sfuggire alla furia omicida dei dottori e di quel parroco che sembrava così buono. Il corpicino si dissolve nella notte assieme al suo grido che si perde nel vento... e prima che Roberto possa alzarsi da terra per tornare indietro, il riflesso di una lama si specchia nei suoi occhi e la punta affilata si fa strada nella sua spalla molto dolorosamente. Una fugace occhiata all’assassino con l’impermeabile verde prima di perdere conoscenza.
...
“Quando mi sono svegliato, ero steso nel giardino e due infermieri mi hanno tamponato la ferita alla spalla e mi hanno caricato sull’ambulanza che mi ha portato qui. Non ricordo altro. ”
“Quindi è tutto. ”
“Sì. ”
“Una bella storia, Roberto. Ma non convincerai nessun giudice quando dovrai difenderti dall’aver ucciso Alessia e Tony. ”
“Io non ho ucciso nessuno! Non sapevo nemmeno che Tony fosse morto prima che foste voi a dirmelo! ”
“Hai voluto fare un gioco molto più grande di te, Rob. Abbiamo trovato la droga nel sangue delle vittime ed anche nel tuo. E residui nel baule della Citroen ripescata nel canale. ”
“La droga? ”
“Quella che hai sparso nel cibo e che hai fatto mangiare a tutti. Mi chiedo poi il motivo per cui anche tu abbia voluto sperimentarne gli effetti. Forse volevi provare il piacere di vedere i fantasmi che tanto sognavi? Li hai inseguiti per tutta la vita, ma i continui fallimenti e le delusioni di tutte le tue spedizioni ti hanno spinto alla fine a creare il tuo successo personale nell’ospedale di Aguscello, vero? Un posto fantastico e terrorizzante al punto giusto per il tuo piano. La polvere di qualche fungo allucinogeno mischiata al cibo ed il tempo necessario perché facesse effetto. Le visioni sono iniziate la prima notte. La notte in cui hai ucciso Alessia fracassandole il cranio. Del resto, lei era stata la prima a stancarsi del tuo hobby... ed anche della vostra storia. Ti avrebbe abbandonato presto, ma quel che è peggio, avrebbe convinto anche Federico e probabilmente tutti gli altri a farlo. Secondo me eri ancora padrone di te stesso quando la uccidesti. Poi, la droga e le leggende del posto hanno fatto il resto. Ormai preda degli effetti allucinatori, Francesca ha ucciso Federico mentre si erano allontanati poi è tornata indietro per farsi ammazzare da te o Tony. Ed alla fine tu hai strozzato Tony forse perché l’hai visto tentare di chiamare i carabinieri via internet o forse perché ormai eri diventato pazzo. Eravate tutti diventati pazzi. La realtà si era mischiata alle vostre visioni. Alle visioni dei fantasmi e di quell’assassino con l’impermeabile di cui ci hai parlato. Ma sulle armi usate per gli omicidi c’erano le vostre impronte. E le tue impronte erano anche sparse sull’impermeabile verde trovato nel salone d’ingresso dell’edificio. Un altro tocco da film dell’orrore, non c’è che dire. Una bella orgia di sangue da cui sei uscito solo tu, l’unico vero responsabile. Ma avrai modo di ricordare tutto quello che è davvero successo quando passerai il resto della vita in galera. ”
“No... no, non è vero. Avevo messo l’allucinogeno nel cibo, lo ammetto... ma non l’ho dato a loro! L’ho usato solo io! Solo io ho mangiato i cibi avvelenati!! Volevo che credessero ai fantasmi! Volevo che anche tutti loro tornassero ad avere fiducia in me e nella mia passione! Ma non avrei mai potuto far del male ai miei amici e ad Alessia!! ho avuto un ripensamento alla fine! Ve lo giuro! ”
“E come spieghi la droga anche nei loro corpi? Una svista? Quello che più mi dispiace è che alla fine sia riuscito soltanto a ferirti alla spalla, nella tua follia! Avresti dovuto piantarti il coltello alla gola! ”
“Non sono stato io! Non sono stato io! È stato il parroco! Don Armando! Lui non vuole che nessuno giochi con i bambini! Non voleva che conoscessimo la loro storia! ”
“Sono stanco di queste stronzate, Rob. Ho sentito troppi deliri da parte tua, nelle ultime ore. Ora tienili dentro. Io ho finito con te. ”
“Aspetta... aspetta ti prego! ”
Il carabiniere volta le spalle ed esce dalla stanza dell’ospedale mentre Roberto lo vuole disperatamente indietro e vorrebbe fermarlo... ma le manette che lo cingono alle fiancate del letto sono troppo robuste per permettergli di andarsene. Può solo gridare la sua innocenza, solo giustificarsi invano... solo ribadire la sua versione dei fatti. Solo implorare di guardare le fotografie che ha scattato e che provano tutte le leggende di quell’edificio.
Ma sul tavolo della camera oscura del laboratorio dei carabinieri, ci sono solo immagini sfocate e schede di memoria illeggibili. Nessuna prova.
Solo tante leggende che si ripetono all’infinito e l’atmosfera di timoroso rispetto di quell’imponente, seppur diroccato, edificio le cui urla infantili echeggiano nei corridoi e negli angoli più bui... per sempre.
FINE
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