Primo giorno.
“Finalmente ci siamo riusciti. Sono serviti due mesi buoni per ottenere le autorizzazioni necessarie ma ce l’abbiamo fatta. Sono le otto e quindici della mattina e siamo appena partiti da Ferrara. Il tempo non è certo dei migliori. Il cielo è coperto e, come già anticipato ieri dal meteo in televisione, quelle nubi dense e grigiastre si stanno preparando a scaricare un bel po’ d’acqua sulle nostre teste. Da un lato posso dire che la cosa è anche eccitante se viene legata al motivo del nostro viaggio, chiamiamolo così. In fondo pioggia e temporale contribuiscono a creare quel clima che può dirsi necessario per cose di questo genere e di certo conferiscono a me ed ai miei amici l’atteggiamento e l’eccitazione giusta; inoltre è risaputo che cose del genere hanno più probabilità di accadere se il tempo dà una mano a modo suo. Ma una medaglia, si sa, ha sempre due facce ed una di esse non presenta lati positivi. Spero soltanto che l’edificio sia abbastanza riparato e che la pioggia non danneggi l’attrezzatura, altrimenti il nostro lavoro rischia di essere rallentato se non del tutto vanificato. Passando alle presentazioni, mi chiamo Roberto Dovesi, ho trent’anni e lavoro come assistente alla facoltà di psicologia di Cesena. Non da molto … da quando mi sono laureato e se permettete sorvolo sul voto finale, anche perché non è materia d’interesse in questa sede. In ogni caso mi reputo una persona molto fortunata; io penso che la fortuna costituisca una buona fetta della formazione di un essere umano … il libero arbitrio non sempre si rivela una virtù nelle scelte che facciamo ogni giorno; troppo spesso ci lasciamo trasportare dall’istinto … agiamo senza riflettere ed anche questo può andare bene a volte, ma quando le scelte fatte si scoprono sbagliate io credo sia solo una semplice questione di fortuna o sfortuna. Molti pensano che non esista la fortuna oppure c’è chi pensa che siamo noi stessi a crearcela. Questo non saprei davvero dirlo con esattezza ma nel mio caso posso affermare senza riserve che la fortuna mi ha dato ben più di una mano e mi ha fatto arrivare a questo punto senza avere alcun rimpianto per tutto quello che ho fatto in passato.. rimorsi forse, ma assolutamente nessun rimpianto. Non ho vissuto una vita avventurosa certo ma posso dirmi soddisfatto del percorso che ho seguito finora. Ho fatto scelte, a volte istintive, a volte ponderate ma se non avessi avuto fortuna penso che non sarei stato sempre soddisfatto delle mie scelte … non molte persone possono dire la stessa cosa. Una di queste scelte mi ha portato appunto a scegliere di studiare psicologia.. una materia che tutt’ora sembra fatta apposta per me. Con il tempo, però, ho spostato la mia attenzione in un campo molto vicino.. eppure estremamente distante e sconfinato.
Non so se la parapsicologia faccia a tutti lo stesso effetto ma dire che ne sono rimasto affascinato è un termine molto, troppo riduttivo.
Ho iniziato come un gioco.. un hobby per così dire. Ma alla fine è diventato molto di più... mi ha aperto la mente e non mi sto riferendo a qualcosa del tipo corso di yoga o cambiare la fede.
Per la verità sono sempre stato un tipo che agli occhi degli altri viene brutalmente definito ateo. Che brutta parola, non trovate? In fondo si definisce ateo chi non crede in niente... chi non ha fede... chi non crede in nessun dio. Io non sono così... preferisco definirmi un cattolico non praticante... e che vuole avere più prove per praticare.
Prima che mi si accusi di blasfemia preferisco andare al sodo e comunque penso di avere dato una prima sommaria idea del mio carattere (non ho mai detto di non essere un tipo complicato!).
Come ho detto ho iniziato per hobby ed alla fine ho deciso di creare un hobby dentro il mio hobby. Mi sono documentato a lungo... ho visitato moltissimi siti internet specializzati, ho partecipato a conferenze e seminari sull’argomento ed ho letto più libri di quanti io stesso mi sarei aspettato di leggere.
E finalmente, dopo tanta preparazione teorica ho potuto mettere in pratica la mia saggezza operando sul campo e diventando un vero e proprio “Ghost Hunter”.
Va bene...
Quanti ancora stanno cercando di trattenere una risata? E quanti ancora andranno avanti ad ascoltarmi? Beh, a quelli che sono rimasti voglio puntualizzare, innanzitutto, che il termine esatto è proprio Ghost Hunter e non Ghost Busters! Non giro per le strade con uno zaino protonico sulle spalle... posso essere anche un tipo stravagante ma non fino a questo punto... e non ho un fantasmino verde sulle spalle come mascotte. Ma il senso di quello che faccio è circa uguale a quello dei film. Adesso state pensando che io sia un pazzo furioso... e la cosa che vi dovrebbe preoccupare maggiormente è che non sono un pazzo solitario. Siamo in cinque in macchina, in questo momento... ebbene sì... ho trovato altri quattro pazzi che mi hanno seguito e che sono entusiasti quanto me. Inoltre ho un’altra notizia da dare a tutti gli scettici di questo mondo... i cacciatori di fantasmi (non sarò alla moda ma preferisco usare il termine italiano... il patriottismo prima di tutto, che diamine!)sono molti più di quanto possiate pensare. Alcuni vorrebbero esserlo ma non hanno il coraggio di dirlo a tutti, oppure non ne hanno il tempo (oppure possono dire che non hanno tempo per giustificare a sé stessi il fatto di non avere coraggio). È pur vero che nel nostro caro vecchio stivale, questa pratica non è così diffusa come lo è in America o nell’ Europa dell’est, ma sta prendendo piede e spero che i tempi si accelerino ancora di più... non potete immaginare quanto sia difficile ottenere le autorizzazioni del caso per fare il nostro “lavoro”... inoltre è parecchio degradante quando la gente ride in faccia alle tue spiegazioni. E più metti entusiasmo a spiegare ciò che vuoi fare più le risate sono assicurate. D’altra parte non siamo sbandati o fuorilegge e non ci sogneremmo nemmeno di entrare in quei luoghi senza avere chiesto i permessi alle autorità; senza contare che è anche e specialmente una questione di sicurezza personale.
Come capo di questo team ho il dovere di proteggere i ragazzi che hanno deciso di condividere le mia passione e la loro. Ovviamente, quando parlo di sicurezza mi riferisco al proteggersi da pericoli tangibili ed immediati, non certo ai pericoli più o meno probabili degli “obiettivi” delle nostre ricerche.
Tutti ragazzi in gamba... quel che è giusto è giusto e va detto. La maggior parte dei loro genitori non è contenta che mi vengano dietro ma a loro non importa e lo fanno comunque. In realtà ne sono sorpreso anch’io; questo non è il nostro primo viaggio e tutti i precedenti non si sono risolti nel modo da noi sperato: ecco, in quei casi la fortuna non mi ha aiutato, ma noi non ci perdiamo d’animo e insistiamo e per un cacciatore di fantasmi questo è importantissimo... è il fulcro della sua attvità. Mai perdere la speranza! Si sa che i fantasmi non amano farsi vedere ma questa volta penso sarà quella buona... se la fortuna ci da una mano! Dal canto nostro mettiamo tutto l’impegno e l’interesse che possiamo... stavolta anche più del solito... non possiamo fare un buco nell’acqua!
Una squadra di cui vado fiero, quindi; ognuno ha le proprie motivazioni com’è giusto che sia ma tutti hanno la massima serietà sul campo: Alessia, in quanto mia ragazza mi segue ovunque per l’amore ardente che prova per me (a me piace pensarla così, che c’è di male?); Francesca è sempre stata appassionata ai misteri dell’occulto ed alle storie di fantasmi... collabora attivamente con più siti internet ed è la nostra sensitiva, non tutti hanno la fortuna di conoscere una persona che possiede questa qualità ma di questo avrò modo di parlare ancora in seguito. Non potrei fare a meno di Federico, il mio vecchio compagno di università e tutto’ora studente universitario. Gli mancano soltanto tre esami (da quattro anni ormai..)ed è convinto che una tesi su un incontro soprannaturale possa aumentare molto il voto finale. Infine, ultimo ma non ultimo, Tony è il nostro maniaco della tecnologia e non finirò mai di ringraziarlo per tutte le attrezzature che ha sempre “preso in prestito” dal suo negozio e che hanno permesso di eseguire rilevamenti più approfonditi, altrimenti impossibili con attrezzi più primitivi.
Bravi ragazzi, ottimi compagni di hobby ed insostituibili amici. Basta, altrimenti cominciano a camminare ad un metro da terra! Toh, inizia a piovere e già vedo in lontananza il rapido bagliore del lampo... non c’è molto traffico ancora e dovremmo arrivare in dieci minuti, un quarto d’ora al massimo... speriamo di riuscire a sistemare tutto prima che scoppi il temporale. ”
“Hai finito una buona volta con quel cavolo di registratore, Robby? Mi pento di avertelo regalato! ”
“Hai fatto bene, invece, Tony. Altrimenti, a quest’ora, avresti in mano pile dei miei appunti. ”
“Giusta obiezione... comunque è affascinante non trovate? Proprio come in un film dell’orrore; niente di meglio che un temporale con i fiocchi per fare da cornice alla nostra visita all’ospedale maledetto! Avremmo dovuto venire qui di notte! ”
“Potevi anche trovare un aggettivo più originale, Tony! Non ti sei sforzato nemmeno un po’! ”
“È Robby l’originale della comitiva, Francy. Io mi limito all’attrezzatura, oltre al supporto morale ovviamente. E la cosa che mi preoccupa, e perdonami se ancora non sono granchè originale, è il fatto che quando arriveremo, certo non avremo questa pioggerella ad aspettarci. Alcuni dispositivi sono molto delicati e potrebbero rovinarsi se si bagnassero. ”
“Vorrà dire che staremo attenti. Rilassati Tony: manca meno di quanto pensi ormai... in fondo sarebbe stato da cretini costruire un centro psichiatrico isolato dal centro abitato! Se il vento continua ad essere così debole saremo già dentro prima di bagnarci troppo... e poi non dovrebbe essere queste piccole preoccupazioni a turbarti! ”
“Beh, Robby, non posso neanche prenderli in considerazione i fantasmi. Siamo venuti apposta per loro, no? Che razza di acchiappa fantasmi sarei se fossi nervoso al solo pensiero di passare tre giorni lì dentro? ”
Quell’ultima frase lascia sgomenta Alessia:
“Come? Solo tre giorni? Non ci hanno dato di più? Ma è una stronzata!! ”
La delusione della ragazza viene subito condivisa nell’espressione anche dagli altri occupanti della vettura e Roberto non può far altro che confermare la brutta notizia:
“Tre giorni... è il massimo che sono riuscito ad ottenere e vi assicuro che è stato già un miracolo. È dalla fine degli anni settanta che lo stabile è abbandonato e non si contano più gli atti di vandalismo che sono stati fatti al suo interno e fuori. La prima volta che ho parlato con il sindaco mi voleva concedere solamente otto ore di luce per compiere tutti i rilevamenti che gli ho illustrato, per giunta sotto la supervisione di una pattuglia dei carabinieri per controllare che non arrecassimo ulteriori danni o che non ci facessimo male. Alla fine la sola cosa che mi ha permesso di strappare le nostre settantadue ore è stato il fatto che fossimo ancora studenti universitari e volessimo tutti quanti elaborare le nostre tesi sui luoghi occulti del ferrarese... e per fortuna siamo stati sostenuti anche dal dottor Interdonato dell’università Mesmer e dal dottor Rovagnati del centro di parapsicologia di Bologna... nel nostro piccolo siamo abbastanza famosi. ”
“Famosi? Forse siamo così famosi per non avere mai scoperto nulla! Gli unici incontri che abbiamo fatto e che mi hanno terrorizzata nei posti che abbiamo visitato sono stati tutti i topacci delle cantine. Purtroppo i fantasmi sono stati sempre troppo timidi nei nostri riguardi. E siamo stati accampati anche più di una settimana, alle volte. In tre giorni non solo possiamo proprio scordarci di vedere qualcosa di soprannaturale ma saremo fortunati se riusciremo a compiere tutti gli esami strutturali! E non dimentichiamoci del problema di accesso ai piani! Tanto valeva accontentarci di quello che abbiamo trovato in rete e Federico aveva già pronta la tesi sui luoghi occulti del ferrarese! ”
Forse uno sfogo esagerato quello di Alessia ma non certo ingiustificato. Non uno sfogo nei confronti del mondo della caccia ai fantasmi in sé... forse più diretto al suo ragazzo, colpevole di non aver pensato neanche per un istante ad una possibile idea di matrimonio dopo così tanto tempo passato invece ad inseguire l’etereo in più parti d’ Italia. E senza arrivare a grossi risultati. Dal canto suo, Roberto sa bene che non conviene replicare ulteriormente ad una situazione che non può essere modificata, del resto. Ma il suo entusiasmo va molto al di là del pessimismo iniziale dei suoi compagni di viaggio e sa benissimo, come anche loro d’altronde, che il tempo non è affatto determinante per ciò che può accadere in quei luoghi gonfi di fascino e mistero... ed il vecchio ospedale psichiatrico infantile di Aguscello non si fa certo pregare per trasudare entrambi dalle sue mura. Non è davvero il momento per pensare ad un dettaglio come il matrimonio.
Dopo aver percorso la provinciale la Citroen Xsara di Alessia giunge a destinazione e si ferma di fronte all’obiettivo della squadra.
L’imponente edificio si staglia agli occhi dei cinque ragazzi come un minaccioso Golia pronto a scatenare la sua ira e la sua forza se qualcuno dovesse disturbare il suo riposo. Le condizioni precarie della struttura dovrebbero suggerire prudenza ed invitare il buon senso a fare una bella inversione e tornare a dormire... tutto il contrario ovviamente per Roberto e i suoi amici. Anche se non è il primo edificio “infestato” che hanno modo di trovarsi di fronte il fascino è sempre nuovo ed autentico. Nessuno di loro pensa neanche ad uscire dall’auto ma non certo per la paura... i loro occhi non si possono staccare dalla inquietante bellezza che scalpita da ogni crepa, da ogni finestra distrutta, dal vecchio cancello arrugginito e semiaperto come a voler invitare ad entrare solo gli audaci... o i pazzi. Un gigante che li fissa a sua volta da quegli innumerevoli occhi vuoti che bucano le mura fatiscenti e che li ipnotizzano; nessun castello o maniero che abbiano già ispezionato può reggere il confronto di ciò che si presenta adesso davanti a loro... e la luce spettrale della debole alba che sta sorgendo alle spalle dell’edificio, coadiuvata dalla fastidiosa pioggerella e dai cupi ringhi dei tuoni che si nascondono nel ventre delle nuvole di pece alle spalle dei visitatori, non fa che completare una cornice di perfetta tensione, condivisa e gustata da tutti quanti senza bisogno alcuno di essere soffocata dal benché minimo ed enormemente inutile commento.
Solo il crescente picchiettare dell’acqua piovana sulla carrozzeria blu della macchina strappa i cinque alla loro ipnosi e li fa tornare alla realtà... una realtà pronta ad essere esplorata minuziosamente.
Il baule della Xsara viene aperto e tutto ciò che si trova al suo interno viene scaricato rapidamente ed avvolto in grossi teli di nylon, portati proprio per proteggerli dall’eventualità di condizioni atmosferiche avverse.
Solitamente, l’attrezzatura di un cacciatore di fantasmi è piuttosto semplice: torce elettriche, registratori portatili, farina per catturare impronte “insolite”, macchina fotografica, gessi possibilmente colorati per tracciare il percorso effettuato all’interno del sito in cui operare, block notes per annotare considerazioni e commenti sulle giornate trascorse e sulle eventuali scoperte o episodi strani che possono essere verificati (il tutto può essere ovviamente inciso anche sul registratore portatile ma non è mai sbagliato avere la sicurezza personale di possedere per iscritto i progressi delle ricerche), termometri abbastanza sensibili allo scopo di rilevare anche piccole variazioni di temperatura nell’ambiente circostante... variazioni che esulano logicamente dalle condizioni meteo. Indispensabile, nel caso si pernottare in loco e per più di una giornata, una buona scorta di caffè oltre ai viveri e gli abiti pesanti, dal momento che nei vecchi castelli e nelle case abbandonate (e diroccate) gli spifferi d’aria possono creare problemi che non vanno trascurati.
La squadra di Roberto ha sempre trovato in Tony la sua punta di diamante ed anche in questa ennesima ricerca la sua reputazione non manca di essere buona se si parla di generosità e disponiblità di attrezzature provenienti dal suo negozio: ed è così che si possono quindi ottenere facilmente anche un contatore geiger, web cam ad alta risoluzione infrarossi, auricolari bluetooth per la comunicazione a distanza e sensori di movimento... decisamente un grosso passo avanti per incrementare la rapidità dei test e per ridurre al minimo il margine di errore, chiaramente più vasto adottando sistemi più “grezzi”.
Riempiti gli zaini ed aperti i due ombrelli dal manico di legno ricurvo e dalla punta metallica che Alessia adotta come “ombrelli da auto”, ci si occupa di parcheggiare la vettura abbastanza nascosta dagli occhi di qualche malintenzionato e prima di entrare nei propri ruoli, Roberto non può evitare di atteggiarsi a tutore (anche se nel suo caso il termine più appropriato sarebbe papà) e ricordare agli amici le avvertenze del caso:
“D’accordo ragazzi... non è la nostra prima indagine ma ricordo sempre le solite regole di base da seguire. Una volta entrati, nessuno si muove nell’edificio da solo, specialmente la notte. Se abbiamo la sfiga di imbatterci in animali selvatici, in tossici, barboni o peggio raccogliamo la nostra roba ed alziamo i tacchi, chiaro? E non facciamo gli eroi cercando di raggiungere stanze che non possono essere raggiunte. Dagli rapporti catastali che ho potuto leggere questo edificio è abbandonato da quasi quarant’anni ed è messo piuttosto male... al contrario di altri luoghi che abbiamo avuto modo di visitare, questo non si presta ad essere un’attrazione turistica perciò prevedo che troveremo condizioni di lavoro molto difficili all’interno e le ragazze si preparino dal momento che non escludo la presenza di topi anche belli grossi! ”
Segue un reciproco sguardo ansioso fra Alessia e Francesca. Forse Robby ha esagerato su quest’ultimo dettaglio... e forse i topi non saranno così grossi come già si stanno immaginando loro due (MOLTO GROSSI!!).
“In ogni caso eccoci qui... ” prosegue Roberto “E ancora una cosa ragazzi... non siamo in un film... nessuno di noi deve dimostrare niente a sé stesso o agli altri. Se c’è un solo motivo per cui qualcuno non si sente bene o decide di non portare più avanti questa esplorazione non ha altro da fare che dirlo chiaramente senza paura di doversi beccare alcuna risata o presa per il culo. Ci conosciamo da troppo tempo e voglio credere che siamo schietti e sinceri gli uni con gli altri quel tanto che basta per esserci guadagnati il reciproco rispetto. Anche se l’emotività non dovrebbe permetterci di alterare le nostre azioni ed i nostri ragionamenti sappiamo tutti che si possono verificare in ciascuno di noi episodi di tensione o attacchi di panico o più semplicemente nervosismo; non c’è nessuno più forte degli altri e nessuno ha l’obbligo di fare quello che non vuole. Siamo una squadra ed anche se ci suddividiamo i compiti, le decisioni importanti vengono prese assieme. Abbiamo a disposizione tre giorni ma se dovesse presentarsi un motivo che ci obbliga a sbaraccare prima allora così sia e tanti saluti all’ospedale psichiatrico di Aguscello. Con questo mi pare di aver detto tutto. ”
“Cavolo! Meriteresti un applauso ma mi cadrebbe l’ombrello se te lo facessi e farei bagnare i capelli alla tua fidanzata! È una questione di forza maggiore! ” dice Tony strappando un sorriso a tutti e contribuendo a distendere leggermente il clima all’interno della compagnia, ricordando a ciascuno che tutto questo è soltanto una passione e niente di più... una bellissima passione... ma niente di più!
La mano di Roberto afferra le sbarre arrugginite e spinge il cancello d’ingresso che cigola come da copione, accogliendo i nuovi visitatori all’interno dell’ampio cortile che precede la costruzione abbandonata e che certamente veniva usato per svolgere attività ricreative o sedute terapeutiche all’aria aperta per i piccoli pazienti. Ma certamente adatto anche ai momenti di pausa del personale medico e di supporto. I passi dei ragazzi sono lenti ma decisi lungo quel che rimane del sentiero di ghiaia fine e bianca che tagliava a metà il giardino descrivendo un sentiero ordinato e ben delineato abbellito dalle due alte file di alberi che ne controllavano entrambi i lati come decine di guardiani impassibili mossi solo dalla brezza del vento mattutino e serale. Un sentiero estremamente ordinato ma non per questo meno penoso da percorrere sia per i pazienti che per le loro famiglie... un sentiero dalla bellezza ingannevole ed insidiosa che suggeriva serenità alle menti così innocenti e già così turbate... una evanescente promessa purtroppo smascherata in dolorosa realtà una volta all’interno dell’edificio. Un sentiero ben curato ora più simile ad una strada per il patibolo... i contorni sono sbiaditi e la ghiaia sporca è sparsa dappertutto creando mucchietti naturali nei buchi vuoti lasciati dagli alberi caduti... da quelle sentinelle ormai stanche del loro ruolo e degli orrori che sono state costrette e fissare tutti i giorni e tutte le notti: quegli orrori che passavano loro davanti e che hanno segnato profondamente le loro pur solide cortecce fino a farli crollare senza che nessuno nemmeno se ne accorgesse. Un sentiero così ordinato che rappresentava il percorso panoramico al giardino ricolmo di aiuole... i fiori provenienti da più parti d’Italia; siepi disposte con intelligenza e sempre ben tagliate per descrivere perfette sfere di vegetazione come enormi palloni in un campo di gioco sempreverde. Combinazioni di colori che contribuivano a creare l’illusione che un centro psichiatrico potesse apparire come una dimora per riacquistare la felicità perduta. Un piacevole odore di erba tagliata che si insinuava sin dentro gli ambulatori e le stanze e che apriva i polmoni, dando un senso di libertà interiore che magari poteva aiutare la terapia medica. Un giardino dalla bellezza tale da poter forse competere con la casa reale di Londra, senza esagerare. Un giardino stupendo che faceva completamente dimenticare quel cancello dalle estremità acuminate, quelle reti che delimitavano il perimetro e quelle sbarre alle finestre degli ultimi due piani. Un giardino ora somigliante ad una sgangherata foresta dalla quale non pare sicuro il ritorno una volta che vi si è addentrati. Uno spettacolo attuale che ha letteralmente massacrato la cornice beata di tanti anni fa ma che forse mostra, in maniera tragicomica, la vera realtà di quel luogo ed il fatto che potesse essere piazzato non a torto come una possibile anticamera dell’inferno. Una illusione di felicità che ha lasciato il posto ad una straziante angoscia che tuttavia non manca di riservare un certo interesse, certamente dovuto al contesto in cui si inserisce. Qualche scoiattolo si affretta a cercare riparo nella tana scavata sui tronchi dei vecchi alberi ed un paio di gatti selvatici prima soffiano ai nuovi arrivati per ammonirli di aver violato il loro territorio e poi spariscono come saette nei cespugli intricati e secchi un po’ per il timore del confronto che non possono reggere con gli intrusi ed un po’ semplicemente per cercare riparo dal temporale.
Illuminati dal bagliore dei lampi che si fanno prepotentemente più vicini e dei tuoni che li accompagnano, i ragazzi pensano sia meglio accelerare il passo e godersi il macabro fascino degli esterni una volta che il sole decidesse di tornare a splendere... adesso è prioritario portare all’asciutto le attrezzature, benché protette e asciugarsi all’interno prima di decidere da dove cominciare le ricerche e come organizzare il lavoro.
“Come già anticipatomi, la struttura del fabbricato si presenta in pessime condizioni. Senza dubbio è il peggior sito che io e la mia squadra abbiamo esaminato. Le autorità competenti ci hanno spiegato che gran merito del fatto che questo ex ospedale sia ancora in piedi è dovuto proprio alle leggende che lo circondano e che sono mete di curiosi e studiosi di paranormale come noi. Probabilmente, molti dei danni che vediamo alle pareti sono stati anche fatti da vandali che spesso hanno trovato riparo all’interno. Per quanto riguarda la struttura in sé abbiamo cinque piani presenti, incluso il seminterrato... il piano terra dove siamo appena entrati sembra abbastanza sicuro, ma sono certo che non man mano che procederemo, le cose saranno più difficili. Come abbiamo inoltre letto dalle notizie in rete, il quarto piano, il più in alto, è assolutamente irraggiungibile... anche se intimamente sono ansioso di appurare se ciò corrisponde alla realtà o se esista una maniera per arrivare anche lì. Oltre al fabbricato principale, all’esterno abbiamo due edifici più piccoli, entrambi di due piani, uno più lontano dall’ospedale stesso, ma entrambi utilizzati come dèpendance. Esteriormente si presentano di certo più solide rispetto al fabbricato principale ma avremo modo di sincerarci meglio delle loro condizioni quando ci saremo sistemati ed avremo tirato un po’ il fiato. Per la nostra ricerca, comunque, esse rappresentano una fonte minore di interesse. Una considerazione personale: non si spiega come mai la Croce Rossa di Roma, proprietaria dell’edificio, come risulta dai rapporti catastali, non prenda una decisione circa la sorte dell’ex ospedale infantile di Aguscello. I referenti con cui la sezione Croce Rossa di Ferrara ha avuto modo di parlare hanno detto che è tutto è dovuto purtroppo alla lentezza delle pratiche burocratiche italiane. In più di un’occasione i carabinieri hanno circondato la zona con reti ma sistematicamente queste sono divelte da sbandati e drogati, responsabili anche dei numerosi graffiti di cui i muri interni sono costellati e certamente della rottura di tutte le finestre dell’edificio. È stata fatta anche l’ipotesi di murare ogni apertura, poi abbandonata a causa degli elevati costi che il comune avrebbe dovuto sostenere. ”
Roberto ha appena concluso il monologo e spento il registratore che Francesca gli strattona la spalla e gli chiede di seguirla. Incuriosito dal viso dell’amica che nasconde molto malamente una visibile angoscia, il capo gruppo le si accoda senza fare nessuna domanda, mentre gli altri restano intenti a sistemare scrupolosamente i sensori di movimento alla base della prima rampa di scale ed ai lati delle soglie delle stanze ed a eseguire una corretta taratura del contatore geiger e dei termometri elettronici.
“Ho trovato qualcosa. ”
“Che succede Francy? Ti vedo nervosa... cos’hai visto? ”
“Vieni con me... è proprio qua dietro... eccola. ”
“Accidenti... fantastico! Sapevo della sua esistenza ma ho un brivido nella schiena nel trovarmela di fronte! Devo prendere la macchina fotografica. Arrivo subito. ”
“No, Robby! Rimani qui, per favore! ”
La mano stretta della ragazza stretta al polso lo induce a lasciar perdere le foto per il momento; Francesca è tesa e nonostante questo non può fare a meno di deviare lo sguardo dalla sua scoperta, mentre la stretta al polso si affievolisce pian piano fino a scomparire... ed il braccio ritorna lentamente lungo il fianco... ma l’inquietudine non abbandona i suoi occhi e le ciglia aggrottate sembrano descrivere il disgusto e la paura per la cosa che sta fissando e che pare infonderle un disagio che non riesce a scacciare.
La piccola giostra di ferro può considerarsi ormai un pietoso rottame e la funzione di balocco che svolgeva anni addietro resta solo un’eco estremamente flebile. Probabilmente non era l’unica in quella piccola saletta che si affacciava sul giardino... probabilmente non era l’unica baciata dal sole del mattino che aveva il merito di far fare tanti girotondo ai bambini e di ascoltare i loro canti e le loro filastrocche mentre si immaginavano di essere a bordo di un mezzo fantastico che li avrebbe trasportati in qualunque luogo da fiaba fuori dal tempo e dallo spazio... luoghi nei quali le loro paure e gli incubi che torturavano le loro menti perdevano il loro nefasto potere, distrutti dall’unirsi della felicità di tutti loro. Essa aveva tante sorelle, più o meno grandi e più o meno colorate... ora è l’unica sfortunata a subìre gli effetti devastanti del tempo che si accanisce sulle quattro braccia che le sono rimaste, facendole divorare dalla ruggine e dalla polvere. Solo tre seggioline restano alle estremità di quelle braccia... sfondate, piegate e scolorite... tristi e ferme, come se piangessero senza i loro piccoli passeggeri. Una sfortunata giostra che non è più in grado di trovare la strada per quei luoghi fantastici. Ora senza guida ed inghiottita dalle tenebre e dalla disperazione di essere prigioniera di un limbo senza fine, collocata in una remota cornice che sta disfacendosi con il trascorrere dei giorni.
“Francy... c’è qualcosa che stai sentendo? ”
Solo dopo qualche istante giunge la risposta, portata da un filo di voce che fatica a superare le labbra:
“C’è qualcosa in questa stanza... questa giostra... si divertivano su di essa... ridevano... riesco a sentire ancora l’eco delle loro risate. Ma adesso non sono più risate spensierate... sono ghigni crudeli... loro vogliono che qualcuno li spinga ancora... che li faccia giocare... lo pretendono. I loro capricci possono portare dolore... hanno sofferto tanto ed ora non vogliono più soffrire. Vogliono tornare a cantare le loro filastrocche... esigono la restituzione della loro innocenza. Daranno dolore se non verrà dato loro divertimento! ”
“Andiamo via, Francesca. Raggiungiamo gli altri. ”
“Li sento... mi martellano le orecchie. Sanno che li percepisco e non vogliono allontanarsi! Non dobbiamo passare la notte in questo posto. ”
“Non vogliamo far loro del male. Non abbiamo nulla da temere. ”
“Non capisci! Sono bambini... hanno avuto il male e vogliono restituirlo. Abbiamo trovato molto di più di quanto abbiamo mai cercato prima!! ”
Il suo corpo trema visibilmente e la fronte è lucida di perle di sudore freddo. Francesca si ripara nell’abbraccio dell’amico e stringe il viso contro la sua camicia chiudendo gli occhi e stringendo le palpebre fino quasi a sentire male, poi ecco che tutto si interrompe... i nervi si distendono e la pelle d’oca è un ricordo.
“Respira profondamente... ” cerca di rassicurarla lui “Sono andati via? ”
La ragazza riapre gli occhi e volge il capo verso la giostra desolata.
“Torneranno... ” sussurra.
Ore 11. 45 del mattino.
Il gruppo si è accampato nell’ampio salone d’ingresso dell’ospedale, dopo averlo liberato delle erbacce cresciute un po’ dappertutto.
Le attrezzature sono già state posizionate come di consueto ma prima di iniziare i rilevamenti, i ragazzi vogliono riempire i loro stomaci e riposare un po’, osservando ancora affascinati quelle mura colme di arcano. Francesca rimane in silenzio vicino a Federico. Cerca di apparire serena al resto della compagnia ma la sua mente non può evitare di rincorrere l’esperienza appena vissuta a le emozioni ancora molto fresche che le hanno suscitato. Non ne ha parlato nemmeno al proprio ragazzo su richiesta di Roberto, a detta sua per non creare inutili allarmismi.
“Questo posto infonde inquietudine anche a me e certamente a tutti noi. Non lasciamoci coinvolgere più del dovuto, però. Non siamo dei novellini: vedrai che filerà tutto liscio come le altre volte. È stato sicuramente un episodio isolato. ”
Proprio queste sono state le sue parole. Eppure lei sente ancora freddo... un freddo che non può essere soffocato da nessuna coperta. Un freddo pungente che si insinua sotto la sua pelle.
Il temporale non accenna a diminuire la sua intensità all’esterno e purtroppo il fabbricato non offre il migliore dei ripari... troppe vetrate rotte da cui il vento e le sferzate di pioggia non si fanno pregare per entrare.
“Davvero ottima come cornice da film del terrore! ” Dice Tony sghignazzando.
“Speriamo solo che non duri ancora a lungo. Non si possono eseguire rilevamenti con queste condizioni... ed abbiamo solo tre giorni. ”
“Tranquillo, Robby: ho sentito poco fa alla radio che la perturbazione è solo di passaggio. Dovremmo avere campo libero già nel primo pomeriggio. ”
“Speriamo... vorrà dire che ne approfitterò per fare ancora un giretto del posto, dopo pranzo. ”
Sentite le ultime parole di Roberto, Tony ha un sussulto:
“Dopo pranzo?? Porca puttana! ”
“Che c’è? Che hai fatto? ”
“Non ti piacerà: ho scordato la roba da mangiare in macchina. ”
“Cazzo, Tony! Possibile che non... ”
“Oh, aspetta un momento! Io ho già pensato alle attrezzature! Non è che posso ricordarmi tutto quanto! ”
“La spesa era nel baule assieme agli strumenti. Non era così difficile ricordarsi! ”
“Allora perché non ci hai pensato tu! O il tuo registratore è tutto quello che puoi portare? ”
“Va bene, va bene... inutile litigare: vorrà dire che andrò a prenderlo. In fondo sono solo pochi metri. Torno subito. ”
Senza aggiungere altro, Roberto si alza dal sacco a pelo messo sul pavimento e si dirige spedito all’esterno dopo aver raccolto uno degli ombrelli a disposizione. Gli altri lo seguono con lo sguardo finchè la pioggia non lo nasconde completamente.
L’ombrello non protegge questo granchè: il vento è troppo forte per evitare che l’acqua si crei un varco e raggiunga al volto il ragazzo. Forse, poteva attendere una decina di minuti; magari il tempo sarebbe migliorato... no, troppa fame.
Roberto ha già raggiunto l’auto, aperto il baule, preso lo zaino con le vivande per tutti e sta già per richiudere e tornare sui propri passi quando i suoi occhi si puntano sulla finestra dell’ ultimo piano dell’ospedale: c’è qualcuno lassù! Una piccola sagoma si staglia sulla finestra e sembra essere rivolta proprio verso di lui!
Un tuono più violento dei precedenti lo fa voltare... e quando torna a fissare quella finestra non c’è più nulla che possa attirare la sua attenzione... come se non ci fosse mai stato nulla... forse è stata solo la suggestione... forse ha creduto di vedere qualcosa attraverso la pioggia... qualcosa che non c’era. Forse è stato un altro episodio isolato.
Dopo pranzo, le ragazze si stendono sui sacchi a pelo e cercano di riposare qualche ora... Tony ne approfitta per tarare il contatore geiger ed i sensori di movimento.
Federico e Roberto si fanno compagnia mentre esplorano nuovamente i corridoi del pianterreno.
“Certo che è un posto suggestivo. Di gran lunga superiore agli altri posti che abbiamo visitato. ”
“Prendi appunti, Fede. Questa potrebbe essere una grande esperienza per noi tutti e per la ricerca di altre presenze in genere. Pochi posti hanno una storia così truce e variopinta come l’ospedale di Aguscello. Credo che questo luogo sia unico in Italia. E ti confesso che vederlo dal vivo mi da un senso di eccitazione che ho provato poche volte in passato. Non fraintendermi: mi fa schifo pensare a tutte le torture che hanno subìto i bambini che si trovavano in questo ospedale con la scusa di essere curati... eppure penso che noi possiamo dare qualche risposta ai misteri che tappezzano queste mura e magari troviamo qualcuno che può fare da testimone diretto. ”
“Un bel fantasmino, eh? ”
“Mai perdere la speranza: non dimenticarti che sono il nostro scopo”
“Per fortuna che non sono il nostro pane o saremmo tutti molto magri! ”
“Beh, non ti do torto su questo! ”
Un sacco di graffiti profani a decorare quelle mura... scritte contro politici o la società in genere... dichiarazioni d’amore certamente mai lette... firme di artisti contemporanei, maestri nell’arte dei murales. Decine e decine di parole e frasi di dimensioni e colori per tutti i gusti... alcune più grezze, altre maggiormente elaborate e sulle quali i due ragazzi si soffermano più a lungo senza tuttavia dimenticare la vera ragione del loro giro. Ad un certo punto, i due sfociano all’interno di una piccola stanza... nessuna traccia di porte e finestre. Forse un piccolo ripostiglio.
Una piccola stanza anonima resa particolarmente inquietante da un’altra svariata serie di scritte e simboli che colmano pavimento e muri e non risparmiano nemmeno il basso soffitto.
“Cazzo, Rob! La vedi anche tu? ”
“Purtroppo: un pentacolo. ”
Lo sguardo di Roberto e Federico si appoggia sulla grande stella a cinque punte disegnata sulle mattonelle in pietra rossa ormai consumate dal tempo e dalle intemperie: una enorme stella nera al centro della quale fa da protagonista il cadavere di uno sfortunato gatto nero. Il sangue secco intorno al povero corpicino. Le zampe inchiodate al suolo da quattro lunghi chiodi da fabbro... lo squarcio all’addome ben visibile che inorridisce i due amici e che fa loro pensare esattamente, anche se inconsapevolmente, la stessa cosa:
“Bisognerebbe riservare lo stesso trattamento a chi ha ridotto così quella povera bestiola! ”
Per qualche attimo, i due ragazzi restano ammutoliti davanti al macabro ritrovamento, poi, Roberto si rivolge a Federico senza però staccare gli occhi dalla vittima all’interno del pentacolo:
“Nessuno aveva visto questa roba quando siamo entrati? ”
Nemmeno Federico riesce a guardare l’amico prima di rispondere:
“Avevo visto questa stanzetta ma non ci ho fatto caso più di tanto. Non sono entrato. ”
“È abbastanza recente. ”
“Pensi che possano essere ancora nei paraggi? ”
“È possibile. Questo posto non brilla certo per essere inespugnabile. ”
“Cazzo, Robby! Una cosa è venire qui a fare dei rilevamenti e ci sto anche a rischiare di spaccarmi un braccio o una gamba se dovesse crollare un muro o aprirsi il pavimento sotto i piedi... ma se devo correre il rischio di trovarmi legato anch'io al centro di un pentacolo ti devo dire che do volentieri forfait e me ne torno a casa. Non voglio trovarmi coinvolto in una messa nera nemmeno per un minuto. Ci sono cose che fanno paura anche a me. ”
Roberto è deluso di sentire parlare così l'amico e non compie il minimo sforzo per nasconderlo:
“Non essere precipitoso, vecchio mio! Questa roba ha scosso anche me non voglio certo negarlo ma da qui ad andarcene ne corre! In fondo non è detto che tornino proprio mentre abbiamo parcheggiato noi! ”
“Non è detto neanche il contrario però! ”
“E va bene, giusta osservazione ma questa è un'occasione unica, Fede. Insomma, ho fatto un a fatica del diavolo per ottenere le autorizzazioni a stare qui dentro, tanto per restare in tema! Non voglio rinunciare a tutto solo per aver trovato il cadavere di un gatto e qualche segno per terra. E poi le sette sataniche prediligono chiese sconsacrate ai loro rituali... con molta probabilità questa può essere anche l'indizio di una cazzata fatta da un gruppetto di sfigati che ha organizzato un rave qui dentro ed ha voluto spingersi un po' oltre! E poi anche gli affiliati di una setta satanica, per quanto folli possano essere non potrebbero arrivare tanto facilmente al punto da uccidere cinque persone come fosse niente! ”
“Non ti capisco Robby... ”dice l'amico sospirando “Davvero per te è più importante sperare di vedere qualcosa di soprannaturale qui dentro piuttosto che tornare a casa tutto d'un pezzo? E se non fosse stato un rave? Se fossero ancora nei paraggi e vedessero la nostra auto? Magari potrebbero fare una capatina anche stasera tanto per cacciare a calci nel culo chi ha ficcato il naso nel loro rifugio e bene che vada ci rapinerebbero di tutto quello che abbiamo. Alcune cose sono di proprietà della facoltà, non lo dimenticare. Dovremmo lavorare una vita per ripagare loro le attrezzature se dovessimo danneggiarle o perderle. E non pensi che ci sono anche due ragazze con noi? Di cui una fra l'altro è la tua! E l'altra la mia! Secondo me non stai pensando razionalmente. Sono attratto quanto te da tutto ciò che può darci la conferma che esiste qualcosa dopo la morte ma non a queste condizioni e se pensi che abbia paura potrei risponderti che forse ne dovresti avere anche tu un minimo. Ti farebbe essere più saggio, te lo garantisco! ”
“Il problema è un altro, amico mio... in tutti i nostri appostamenti, in tutte le nostre ricerche che sono costate sacrifici e notti insonni da parte di tutti, il risultato è sempre stato lo stesso... niente. Mai una sola soddisfazione dall'inizio di tutta la nostra carriera se vogliamo chiamarla così. Non sai quanto sono deluso. Il fatto è che sento dentro di me che questo posto ha qualcosa... sento che veramente questa non è solo un'attrazione per turisti o per chi guarda troppi film dell'orrore. Sento che in questo ospedale possiamo davvero trovare la risposta a tante domande che mi sono... che ci siamo fatti da quando abbiamo iniziato. E se smettiamo adesso solo per la paura allora meritiamo di essere guardati come dei ragazzetti visionari e perditempo. E non lo dico tanto per dire; ti posso assicurare che noi cinque non godiamo più di molti privilegi nella facoltà. All'inizio erano tutti entusiasti perchè ovviamente credevano che avremmo potuto far pubblicità all'ateneo e ti confesso che anche al sottoscritto non sarebbe dispiaciuta un po' di fama. Ora invece non vedono l'ora di avere pronta una scusa per espellerci tutti quanti e credimi quando ti dico che gliela forniremmo se tornassimo a casa con la coda tra le gambe. ”
“E questo perchè non ce l'hai detto in macchina? Ci hai fatti venire qui con l'inganno? ”
“Alessia lo sa. Non voleva venire nemmeno lei. Sai che è sempre stata più presa dalla sua carriera che da queste cose... ultimamente non sta andando bene nemmeno fra noi due. Ho dovuto quasi supplicarla per venire con noi e per non dire nulla di quello di cui ti ho appena messo al corrente. Non ho alcuna difficoltà o vergogna a supplicare anche te adesso, se è questo che vuoi, Federico. Non dire nulla agli altri per adesso e ti do la mia parola che se ora di domattina non dovessimo rilevare nulla o essere testimoni di niente di più dei topi che ci passano vicino ai piedi... lasceremo questo posto e ce ne torneremo a casa. ”
“Quindi ti accontenti di una notte sola? ”
“Mi basta. Sono sicuro che succederà qualcosa. ”
C'è poca convinzione sul volto di Federico. Tanti dubbi che fanno sudare freddo il capo della squadra mentre lo fissa intensamente negli occhi in attesa della sua decisione, sperando sia positiva.
“E va bene, Robby. Una notte. Ma se non dovesse succedere nulla, domattina all'alba ce ne andiamo e dovrai essere tu ad inventare una storia plausibile da dire agli altri o racconterò io la verità, va bene? ”
“D'accordo... e grazie. ”
Poco dopo i due si lasciano alle spalle la stanza, avendo avuto cura di ricoprire il cadavere dell'animale ed il simbolo malvagio con del terriccio e qualche calcinaccio.
Ore 20. 30.
Gli ultimi guizzi del temporale che ha tormentato la zona tutto il santo giorno si fanno sempre più deboli. I tuoni sono cessati da un pezzo e da dietro le nubi nere che stanno andandosene di gran carriera verso nord sospinte dal vento, qualche piccolo raggio del sole al tramonto riesce a fare capolino quasi volesse a tutti i costi ricordare che lui è ancora lì anche se presto dovrà fare posto a sorella luna. Anche la pioggia, fattasi sempre più sottile diverrà a breve un ricordo pur lasciando enormi pozzanghere nel terreno a testimonianza della sua furia.
Rinfrancati dal miglioramento delle condizioni meteorologiche e di conseguenza di lavoro, i cinque ragazzi sanno già quello che devono fare per trascorrere la loro notte di ricerca.
Davanti al portatile, Tony conferma il buon funzionamento di tutte le telecamere ad infrarossi ed avvia il programma di registrazione:
“Tutto ok, ragazzi. Ho la visuale su tutti i dispositivi e stanno tutti registrando. Abbiamo una risoluzione molto buona anche in fase di massimo zoom ed ho già installato un hard disk esterno supplementare che permetterà di riprendere tutta la notte senza nessuna interruzione. Perfetta ricezione anche dei dispositivi bluetooth. Vi sento benissimo. ”
“Perfetto. Allora possiamo iniziare. Io e Alessia ci occuperemo dell'ala nord mentre Federico e Francesca ispezioneranno i corridoi della parte sud dell'edificio. ”
“Vi siete suddivisi in coppiette? Non è che coglierete l'occasione per pomiciare al buio? Alla fine ho l'unico a lavorare sarò io, ho già capito! ” Commenta Tony sghignazzando.
“Lasciamo perdere. Va bene ragazzi, vi ricordo di stare bene attenti a dove mettete i piedi e se doveste salire rampe di scale non attaccatevi assolutamente ai corrimano perchè verrebbero giù come fossero di cartone. Due ore per ispezionare il primo piano, ragion per cui ci troveremo tutti qui alle undici precise. Come già sappiamo tutti non c'è alcun bisogno di fare gli eroi. Se uno di noi trova qualunque cosa di strano lo comunica immediatamente a Tony che provvederà ad avvisare gli altri. Due ore, ricordate. Tenete d'occhio gli orologi e buona ricerca. ”
I quattro amici si separano prendendo direzioni diverse ed inoltrandosi nei corrdoi dell'ospedale misterioso mentre Tony rimane a fissare i loro spostamenti nel monitor del portatile continuando al contempo a parlare con loro tramite gli auricolari.
“E mi raccomando ragazzi. Attenti a dove mettete i piedi quando raggiungerete le stanze con i sensori di movimento. Da come li ho tarati non dovete camminarci vicino o li farete andare fuori scala! ”.
Un ospedale enorme, immenso. Pare quasi infinito. Roberto si sente avvolto da quelle mura e non gli sembra affatto una sensazione spiacevole. Gli pare addirittura di sentirsi protetto. La grande torcia alogena che tiene butta la sua intensa luce in qualunque angolo delle stanze che visita... gli uffici del personale medico... gli ambulatori per le visite preliminari ai piccoli pazienti... la sala d'aspetto e la sala ricreativa. Tutti ambienti che hanno una storia e che inevitabilmente comunicano angoscia a volontà. A dispetto di quanto possa essere devastato questo edificio conserva ancora un mucchio di suppellettili che non sono così in rovina. Qualche lettino ancora con le lenzuola consumate che giace in un angolo del corridoio o qualche libreria o armadio coperti di polvere ed ancora in piedi seppur con la struttura irrimediabilmente squarciata dal tempo e dall'umidità testimoniano lo sfarzo e la maestosità con cui si presentava l'ospedale di Aguscello una volta... una casa degli orrori dotata di ogni comodità.
Le mani accarezzano quelle superfici di legno facendo lo slalom tra le miriadi di buchi creati dai tarli e raccogliendo avidamente la polvere e le ragnatele appiccicose ma la sensazione di soddisfazione nel trovarsi lì, di essere testimone di tutto quello che era supera la repulsione per tutto quello sporco e per quel forte odore di muffa e di escrementi di topo che decorano molto spesso i pavimenti come piccole biglie nere e mollicce.
Federico invece è molto più teso... il macabro ritrovamento della mattinata è ancora troppo fresco per essere dimenticato. In cuor suo spera che la notte trascorra senza che nessuno degli strumenti rilevi alcunché... è accaduto tutte le altre volte... perchè non dovrebbe essere così anche questa volta? Eppure Roberto ha ragione... è un posto estremamente inquietante... diverso da tutte le precedenti dimore che hanno visitato negli anni... come se davvero qualcuno lo stesse osservando e lo seguisse passo passo lungo il cammino... sembra di sentire il respiro gelido sul suo collo e forse sta ridendo alle sue spalle, prendendosi gioco della paura che gli scruta nel cuore. Non ha mai provato un simile senso di disagio prima di questo momento. Non ricorda più quante volte ha percorso corridoi bui o passaggi angusti o ancora cantine di qualche vecchio castello che parevano celare minacce ad ogni angolo o incontri spaventosi... di sicuro sono state tante... e di sicuro non ha mai provato quello che prova ora. Per quanto si sforzi non riesce a controllare questa sensazione, anzi la sente più intensa man mano che si addentra in quei saloni dimenticati... non è la paura di trovare qualche balordo incappucciato, adepto di un culto perverso... anche se sembra assurdo si sentirebbe di definirlo come il timore che la sua stessa anima possa smarrirsi all’interno di questo edificio. Vorrebbe tanto correre da Francesca e scappare assieme a lei immediatamente ma ha dato la sua parola... e purtroppo la notte è appena iniziata.
Tanti graffiti satanici anche nell’ala sud del primo piano... stelle di David al contrario, graffiti inneggianti a Satana o altri demoni biblici, resti di candele rossastre e via dicendo. Francesca si occupa di fotografare il tutto... sembra che la maggior parte dei segni presenti siano alquanto vecchi a giudicare dallo scolorimento della vernice... molti di certo sono stati fatti per gioco... non sono precisi nella loro esecuzione ed anche le frasi scritte sui muri non rispecchiano alcun vero rituale che la ragazza abbia mai avuto modo di reperire nei testi di occultismo finora letti. Anche lì tanti mobili e cassettiere colme di vecchi rapporti medici ormai praticamente illeggibili... in ogni caso rappresentano un vero tesoro per chi come loro dimostra passione verso tutto questo.
All’interno del relitto di una libreria la ragazza trova addirittura una specie di album datato 1945. Avendo tutte le accortezze del caso, Francesca pensa sia una buona idea prendere lentamente quel volume e portarlo al punto di incontro per farlo vedere anche agli altri, dal momento che le fotografie non gli renderebbero giustizia. Sono sufficienti un paio di vigorose soffiate per togliere lo strato di polvere... la copertina rivela il colore nero corvino finora nascosto dallo sporco... non sembra danneggiata e da quanto può osservare senza aprirlo, nemmeno le pagine all’interno si direbbero troppo consumate dal tempo. È davvero una scoperta che merita di essere condivisa con tutti gli altri e sicuramente Robby sarà estasiato nel vederla. Si tratta solo di fare piano nel prenderlo e riporlo nella borsa per evitare che si sfaldi fra le mani.
È un attimo: nell’istante in cui le dita sfiorano la superficie in pelle del grosso libro una grossa fitta la sferza come una dolorosissima frustata al volto. Una fitta lancinante che le fa schioccare un secco grido di dolore e la costringe ad inginocchiarsi per riprendersi.
Tenendosi premute fortemente entrambe le tempie per lunghi interminabili secondi, la ragazza è incapace di concentrarsi su qualunque cosa... adesso vuole solo che quel male sparisca di colpo così com’è arrivato.
Fortunatamente la sua speranza trova riscontro un attimo dopo, come se la sensazione di dolore venisse inghiottita e risucchiata dal suo corpo come in un gesto di difesa. Finalmente può riaprire gli occhi e rialzarsi lentamente... poi accade qualcos’altro, ma solo per un breve momento; così breve da non poter dire se sia effettivamente accaduto... come un eco nella sua testa. Un rimbombo lontano di un lamento... anzi, d tanti lamenti che si accavallano come a volerne formare uno ancora più triste ed angosciante... tanti lamenti di bambini. Qualcosa che va oltre al semplice pianto. Come se provassero una sofferenza che non si è in grado nemmeno di immaginare.
È stato solo un attimo, è vero... ma allora perché questi continui brividi lungo la schiena?
Una voce familiare all’orecchio la fa sussultare visibilmente:
“Ehi, Francy, tutto bene? Ho perso il contatto con il tuo auricolare per qualche minuto. ”
“Tutto bene, Tony. Ho trovato qualcosa. Sto tornando indietro per farla vedere agli altri. ”
“Così presto?. Il giro è appena iniziato. ”
“Faccio ancora qualche foto ma direi che altro di interessante non c’è qui. Quello che ho trovato è più importante. ”
“E di che si tratta? Posso saperlo in anteprima? ”
“Non ne sono sicura neanch’io ma credo sia una specie di album fotografico. Non voglio aprirlo qui per evitare che si danneggi. Arrivo fra poco. ”
“D’accordo. Io sto qui"
“Uno sbaglio. È stato davvero uno sbaglio seguirlo ancora una volta. ”
Alessia è sempre più convinta dell’idea che gli sta frullando per la testa a velocità pazzesca, occupando qualsiasi altra considerazione.
“Un buco nell’acqua come tutte le altre volte, sono sicura. Ho speso quasi cinque anni nell’assecondarlo in tutte le sue stronzate da acchiappa fantasmi ma francamente non mi divertono più. Sto solo perdendo tempo per l’ennesima volta mentre alla facoltà si stanno facendo delle risate alle nostre spalle ed io invece avrei potuto sganciarmi in tempo per laurearmi molto prima e con voti sicuramente più alti senza tirare in ballo i fenomeni paranormali. La tesi che avevo abbozzato sui poteri della mente avrebbe sicuramente lasciato la commissione a bocca aperta! Invece sono qui a prendere freddo e polvere ed illuminare corridoi tutti uguali per non trovare niente e rischiando di rompermi le gambe ad ogni passo, per giunta! Questo maledetto pavimento traballa sempre di più man mano si va avanti. Per non parlare dei muri che potrebbero venire giù ad uno starnuto! Tu sia maledetto, Roberto! ”
Non è la prima volta che succede... non è la prima e non sarà certamente l’unica volta che capita una cosa del genere... all’inizio è sempre tutto rose e fiori; si percorre assieme la stessa strada pieni di progetti per il futuro e di speranza per entrambi. All’inizio del percorso ognuno crede fermamente nei sogni dell’altro anche se possono sembrare impossibili da realizzare o persino assurdi ed alla difficoltà di uno il partner è pronto a sostenerlo e a dargli nuova forza di continuare a superare qualsiasi ostacolo. Era così anche per Roberto ed Alessia all’inizio... ma spesso capita che la strada percorsa da una coppia si ramifichi ad un bivio... e dopo aver fatto molti chilometri assieme non sempre due persone trovano la forza di scegliere lo stesso percorso e continuare assieme. Di frequente si dividono e preferiscono separarsi... e questa sarebbe la cosa migliore da fare in fin dei conti. Forse si soffrirebbe il giusto e quantomeno si dimostrerebbe la maturità di riconoscere che è finita. Si diventa adulti e si cambia, su questo non ci piove... alle volte gli interessi non coincidono più e la colpa è di entrambi e nessuno. Non si può pretendere di conoscere bene nemmeno sé stessi fino in fondo, ma alla fine sarebbe d’obbligo riconoscere il fatto che il legame si sia sfilacciato fino a spezzarsi come una corda che sfrega su una parete rocciosa e non riesce più a sostenere il peso a cui è legata. Per quel che la riguarda Alessia ha fatto tanti sforzi per cercare di seguire la strada di Roberto fino ad ora e questo le è costato tante rinunce. La sua passione, la sua voglia di scoprire quello che tanti guardano solo distrattamente l’ha affascinata a dismisura i primi anni... poi ci sono stati i fallimenti e le delusioni; una dopo l’altra fino a quando è arrivata al punto di odiare intensamente l’entusiasmo che ancora lui si ostina a dimostrare ogni volta. Sembra che non si renda conto che è tutto tempo perso e che sta sprecando la sua vita ad inseguire fantasmi... proprio così... inseguire fantasmi che per giunta non vedrà mai!
Anche Roberto ha la sua parte d’errore. Si è sempre rifiutato di ascoltare quello che gli veniva detto in modo sempre più evidente dalla sua compagna. Ha sempre voltato lo sguardo quando le cose hanno iniziato a peggiorare ed invece di scegliere una strada diversa al bivio ha insistito testardamente nel suo errore restando accanto ad una persona che non aveva più nulla da offrirgli ed a cui non aveva più nulla da offrire! Ha portato il paraocchi fino ad ora ma una volta fuori da qui lei lo costringerà a toglierseli per il bene di entrambi!
Intanto adesso è qui. Una notte insonne alla ricerca del fantasma Formaggino o di qualche suo parente ectoplasma... niente da nessuna parte. Niente almeno che meriti attenzione.
Tante scartoffie per terra, tanti soprammobili ormai irriconoscibili e niente che possa meritare di più di uno sguardo distratto. Le leggende su questo posto superano di molto il reale interesse per esso come spesso accade. Effettivamente c’è qualcosa che colpisce di più degli altri edifici visitati, questo deve ammetterlo. Ma non va oltre che una fugace sensazione di ansia... potrebbe essere un’ottima attrazione da Luna Park.
“Ale, ci sei? ”
“Ti sento Tony. Dimmi. ”
“Sembra che Francesca abbia trovato qualcosa di interessante che merita attenzione. Ho già chiamato anche Roberto e Federico. Tornate tutti da me. Per ora le perlustrazioni sono sospese. ”
“Va bene. Sto arrivando. ”
Un lungo sospiro rassegnato segue la conversazione. Cosa mai può avere trovato Francesca di tanto interessante in un edificio infestato solamente da topi e ragni? Di certo nulla che potrà fare scalpore all’università! Ma è anche certa del fatto che Roberto ci costruirà sopra un monumento, di qualunque oggetto insulso di tratti; in fondo ha sempre avuto un debole per quella specie di medium di seconda mano. Le ha sempre dato corda qualunque cosa lei PRESUMESSE di sentire dall’alto delle sue impeccabili capacità extrasensoriali. Il fatto è che non basta sbarrare gli occhi ed iniziare a respirare affannosamente e fingere di tremare per far credere di entrare in contatto con spiriti dell’aldilà... o almeno non basta a lei... e non dovrebbe essere sufficiente nemmeno a chi si definisce il leader di questa sgangherata squadra di acchiappa fantasmi.
“Si sta scivolando inesorabilmente e sempre di più nel ridicolo... che tristezza! ”
Questo il pensiero di Alessia prima di fare dietrofront per tornare al punto di partenza dove dovrà fingere ancora una volta stupore ed ammirazione per la scoperta fatta che ha detta di Robby porterà ad una svolta nella ricerca. Ormai ha finto tante di quelle volte negli ultimi tempi che non le sarà difficile farlo anche questa volta; in fondo sta diventando piuttosto brava in materia.
Percorsi pochi passi la torcia si spegne di colpo e la ragazza si blocca dove si trova.
“Ma porca miseria! Ci mancava solo questa! Non si vede un accidenti! Se vado avanti rischio di perdermi o di cadere in qualche buco nel pavimento e rompermi l’osso del collo! Almeno gli altri potrebbero dire che sono stata vittima degli spiriti maligni! Ma non credo di voler dar loro questa soddisfazione. ”
Qualche colpetto al cilindro di metallo e la lampadina sembra riaccendersi ma la luce è fioca e illumina a fatica il corridoio. Altri due colpetti con il palmo della mano non migliorano la situazione. Tocca andare avanti in questa condizione e cercare di fare presto prima che si spenga nuovamente del tutto.
Con passo sostenuto, la ragazza torna sui propri passi stando attenta a non inciampare e ricordando il percorso alla perfezione. Per quanto possa essere sola e donna, Alessia non ha mai avuto paura del buio che ricordi. In fondo non c’è nulla nel buio... niente mostri o fantasmi o babau vari pronti a portare gli incauti e gli scettici nel loro mondo di follia ed orrore... le tenebre celano soltanto altre tenebre e l’unica cosa di cui avere paura è la suggestione che la mente crea da sola in questi casi. Non c’è nessun assassino dietro l’angolo e nessun tentacolo o braccio scheletrico che spunti improvvisamente dalle pareti o dal pavimento per dilaniarti. Tutta suggestione!
Una risata fanciullesca accompagna la piccola sagoma nera indistinta che le sfreccia davanti all’improvviso e che trova rifugio nelle tenebre della stanza alla sua destra.
Lei resta completamente paralizzata... e la torcia si spegne di nuovo. Adesso sono i suoi gli occhi sbarrati ed è il suo respiro ad essere strozzato come se qualcuno le stesse cingendo il collo con estrema violenza... adesso Alessia deve rivedere il suo concetto di terrore verso il buio e mentre i battiti cardiaci in costante e rapido aumento gli martellano i timpani, pensa che non sarebbe stato male dividersi in gruppi di due persone, cambiare le batterie alle torce elettriche prima di iniziare la perlustrazione e avere lasciato Roberto prima di seguirlo in questo posto. Ma bisogna affrontare un problema alla volta ed ora quello più urgente è decisamente il fatto di non riuscire a muovere le gambe per quanti sforzi possa fare. Il suo cervello urla l’impulso di correre ad ogni singolo muscolo e l’adrenalina che sta sostituendo i brividi che fino a poco fa le gelavano le membra, sta assolvendo bene al fastidioso compito di scaldare entrambi gli arti inferiori fino a produrre una dolorosa sensazione di bruciore, come se fosse scoppiato un devastante incendio all’interno del suo corpo... e va spento prima che possa consumarla!
“Basta, Ale! È stata solo suggestione! Controllati! Non sei una bambina e non sei credulona come il tuo quasi ex ragazzo! Dai modo al tuo corpo di calmarsi e inizia a respirare profondamente. Inspira con il naso ed espira con la bocca... piano piano. Non c’è nessuna fretta. Così, brava. Il bruciore sta passando. Adesso prova a muovere prima una gamba e poi l’altra sempre lentamente. Il tuo inconscio si è fatto trasportare per un attimo e ti ha fatto credere di avere visto qualcosa che ti ha attraversato la strada. Ma non c’è ragione di credere che sia stato reale. Non è possibile che ci sia nessuno qui dentro... specialmente un bambino. ”
La gamba destra fa lentamente il primo passo seguita dalla sua compagna.
“Bravissima, così. Sei una ragazza forte. Ora riprendi a camminare come niente fosse. E continua a respirare lentamente. ”
Eppure l’eco di quella risata quasi minacciosa sembra voglia insinuarsi ancora nella sua testa per impedirle di pensare... per impedirle di fuggire.
Gli occhi si fissano sulla stanza alla sua destra... è lì che è entrato.
“Entrato chi?? Non è entrato nessuno!! È stata solo immaginazione! ”
Non vuole passare lì davanti. E se dovesse saltare fuori ed aggredirla?
“Piantala! Non c’è nessuno in quella stanza in rovina! Solo topi e scarafaggi! ”
Gli occhi non si staccano da quella soglia ed i brividi ricominciano mentre si rende conto di stare perdendo il controllo sui respiri che stava facendo... il fiato le sta mancando ancora! Le gambe si stanno facendo ancora pesanti e calde... brividi che la scuotono dalla testa ai piedi.
L’urlo la blocca in un istante! Acuto, terribile, VICINO!!
Non il suo urlo...
La sua bocca è serrata e la gola continua a deglutire saliva immaginaria. La torcia elettrica cade dalle mani ma il corridoio si illumina a giorno e la luce si schianta sulle sue pupille facendole male.
“CATTIVAAAAA!!!! ”
L’asta di legno trancia l’aria sopra di lei e si abbatte sulla nuca pesantemente facendo schizzare il sangue sui capelli biondi.
Si trova al suolo in un attimo ed il trauma subito le fa sentire il suo corpo come fosse leggerissimo e come se non gli appartenesse più... non le resta molto prima di sprofondare nell’incoscienza... solo quella donna anziana dal volto estremamente severo e la veste religiosa che la avvolge... nera e bianca... una... suora?...
Ore 22. 15.
“Questo libro è fantastico! Hai fatto una gran scoperta Francy. Anche se non abbiamo ancora rilevato niente, l’album che hai in mano è la prova che questo posto ha fatto cose orribili ai bambini che venivano ricoverati”
Il vecchio album di foto che Tony, Roberto e Francesca stanno osservando attentamente, stando attenti a maneggiarlo con cura aiutandosi con guanti di lattice, mostra parecchie foto dall’aspetto inquietante. Quasi tutte raffigurano bambini legati a lettini ed abbandonati nelle corsie dell’istituto. Altri intenti a subire dolorose sedute di elettroshock ed altri ancora nudi ed indifesi, immortalati negli angoli delle loro camerette mentre cercano di ripararsi il volto dal fastidioso flash della macchina fotografica evidentemente. Non mancano le foto in primo piano raffiguranti lividi ed ecchimosi dei piccoli pazienti e numerose anche le immagini dello staff medico in gruppo ed in posa davanti all’edificio, tutti sorridenti e compiaciuti come fosse la foto di classe. Tutte foto che sprigionano ansia e che fanno stare male. I volti stessi dei medici e delle suore che facevano da supporto nelle terapie e nel controllo dei bambini trasudano sadismo e non è facile pensare che chi ha fatto il giuramento di salvare più vite umane possibile e migliorare la qualità della vittima si sia invece macchiato delle peggiori infamie.
“Mio Dio! Ma come hanno potuto addirittura tenere un album di quello che facevano qui dentro? ” esclama Tony, visibilmente scosso dalle immagini che scorrono sotto i suoi occhi “A che punto può arrivare la perversione umana? ”
Robby risponde senza distogliere lo sguardo dal primo piano del viso di un bambino... una foto non particolare che lo ha colpito decisamente:
“Gli esseri umani possono raggiungere picchi di violenza che non potremmo nemmeno immaginare, amico mio. Questo posto n’è stato la prova per lunghi anni. E quando mi sono documentato alla biblioteca della facoltà ho scoperto ben di peggio. Per quanto sia crudo, quest’album non è che una minima parte dell’orrore che si può respirare ancora fra queste pareti pericolanti e non rende l’idea. Ho letto delle cose aberranti. ”
“So già che me ne pentirò ma di che si trattava? ” chiede incuriosito il mago della tecnologia.
“Beh, mi è tornato tutto alla mente osservando questo bambino. Ero certo di avere già visto una sua foto nei volumi che avevo consultato ma non riuscivo a collegarla a quale avvenimento, poi mi è tornato alla mente un attimo fa. Il suo nome è Filippo Erni. Ironicamente si può definire il paziente più famoso dell’ospedale di Aguscello ed uno dei principali protagonisti di tutte le leggende che aleggiano attorno a queste mura. Venne ricoverato nel 1939, qualche anno prima della chiusura. I suoi genitori le avevano tentate tutte per guarirlo dalla tremenda depressione che lo affliggeva e fecero lo sbaglio di credere nella terapia elettroshock e lo portarono qui. Il suo caso apparve ben presto uno dei più difficili e le sedute a cui si dovette sottoporre furono innumerevoli e sempre più dolorose. Si dice che la dose di elettricità somministratagli nelle ultime sedute fu così alta che causò un black out di qualche minuto all’interno di tutto il complesso. Anziché migliorare la sua salute peggiorò irreversibilmente e così anche le condizioni psichiche. Questo povero bambino impazzì all’età di sette anni ed i medici che lo avevano ridotto in questo stato, per non ammettere i loro errori davanti ai genitori che sempre più frequentemente chiedevano che fosse fatto tornare a casa, decisero di isolarlo all’ultimo piano dove venivano reclusi, ed uso questo termine senza leggerezza, i bambini che essi definivano incurabili. Erano abbandonati a loro stessi, legati ai letti e lasciati all’interno delle loro camere con scarse razioni di cibo ed acqua. A questo punto le versioni che ho letto circa il finale della sua storia si fanno vaghe e discordanti. Una dice che il sorvegliante del piano era solito picchiare e dedicare morbose attenzioni verso Filippo tutte le notti mentre un’altra afferma che un’equipe di medici voleva testare sul piccolo un farmaco sperimentale di loro invenzione... chissà quale intruglio. Tuttavia il finale è sempre lo stesso e sta di fatto che una notte vi furono testimoni che videro il bambino precipitare dalla finestra della sua stanza lanciando un grido terribile e sentire il rumore delle sue ossa spezzarsi sul selciato. Forse lo fece per sfuggire al custode o forse per sfuggire ai medici, se così vogliamo chiamarli. I genitori sporsero denuncia per omicidio e vennero fatte delle indagini accurate ma stranamente il corpo del piccolo non fu mai trovato. Vennero scavate anche decine di buche nel giardino dell’ospedale ma niente. Si pensava che avessero occultato il corpo ma Filippo sembrava svanito nel nulla. Non esistevano prove sufficienti per accusare i medici indagati e il caso fu archiviato. Ma qualcuno giura di aver sentito delle urla in questi anni provenire all’interno dell’ospedale la notte e proprio dalla presunta camera da cui si suicidò il bambino. La sua foto è la stessa raffigurata in quest’album... una delle tante sventurate vittime di Aguscello. Ma Filippo fu soltanto uno dei tanti. Sapete ragazzi, ho letto tante di quelle storie di fantasmi da farmele uscire dalle orecchie: Azzurrina, la contessa Ottavia Thea Porta, le milizie romane di Gavi, i poltergeist della villa di via Bonanno a Pisa e persino il fantasma di Dante a Massa Carrara! Tutte storie a modo loro affascinanti ed inquietanti al tempo stesso ma nessuna può vantarsi di raggiungere il primato di questo luogo. Tutti i bambini morti. Tutti i pazienti di questo ospedale morti in circostanze misteriose, senza che nessuno ne sapesse nulla. Come fanno più di cento bambini a morire senza alcuna conseguenza? Come può nessuno aver visto niente? Questo è, senza dubbio il più grande mistero che ci siamo trovati di fronte; anche per questo spero di riuscire a venirne a capo o perlomeno di trovare qualcosa o qualcuno in grado di farmi avvicinare alla verità. ”
“Io ho sentito che suore e dottori sono scappati allo scoppio della guerra, lasciando tutti a morire di fame e di sete e chiudendoli dentro. ”
“Una delle versioni è quella infatti, Francy. Ma ve ne sono un altro paio altrettanto inquietanti. Una parla di uno spettacolare incendio di natura dolosa ma è un’ipotesi improbabile se si osserva lo stato dell’edificio o di una tremenda epidemia di colera o ancora di un pazzo assassino che penetrò una notte nell’ospedale e uccise tutti quanti i bambini. Qualunque versione si decida di scegliere i brividi vengono comunque. ”
“Non dirlo a me” risponde seccamente Tony “Sono contento di starmene qui al portatile e di lasciare a voi il piacere di perlustrare il tutto! ”
“La cosa che mi infastidisce sono le scale crollate. ”
“Sarebbe a dire? ”
“L’ultimo piano è inaccessibile per via delle rampe di scale crollate. Neanche a farlo apposta è quello che contiene più segreti a mio avviso. Non so che darei per entrare nella stanza di Filippo e scoprire se ci sono tracce della sua presenza. Forse il suo spirito è ancora lì e sta attendendo... magari riesco anche a trovare un modo per arrivarci. ”
“Magari no! ” tuona Federico in quel momento, facendo il suo ingresso nella sala. “Ho perlustrato accuratamente l’area che mi avevi indicato e non ho trovato nulla che meritasse attenzione. Siamo a notte fonda e non abbiamo ottenuto nulla, purtroppo. Ma questo significa anche che dovrai mantenere la tua promessa fra poche ore. ”
“Non occorre che me lo ricordi. E poi non è detto che non succeda qualcosa. Come hai detto, siamo solo a metà notte e può succedere di tutto. Intanto una scoperta Francesca l’ha fatta. L’album di foto che ha in mano è uno straordinario reperto, anzi voglio subito farne scansionare tutto il contenuto a Tony e salvarlo su Pc di modo da non perdere nulla. ”
Avvicinatosi a Francesca, Federico inizia a scorrere le pagine dell’album e ne viene preso a sua volta come gli altri. Non nega che ci sia un fascino quasi magnetico in quello che stanno facendo, non l’ha mai fatto. Ma non può fare a meno di avere ancora paura di questo posto. Anche se le sue paure si traducono non in fantasmi ma in minacce ben più reali ed anche Roberto sa di che cosa avere timore anche se continua ad ignorare il pericolo.
“Hai ragione. Questo libro può darci molta fama... ”
“Lo sai che non miro a quello, Fede... ”
“Lo so. Vuoi vedere dei fantasmi una buona volta... in realtà è quello che vogliamo tutti ma anche se riuscissimo a farlo ti sei mai chiesto cosa viene dopo? Se dovessero manifestarsi e fossero ostili? Forse non gradiscono che degli intrusi mettano piede nella loro casa. ”
“Non credo che i fantasmi di quei bambini possano considerare casa questo luogo, anzi sono certo che lo odiano con tutte le loro forze. È il posto dove hanno trovato la morte. E poi non abbiamo cattive intenzioni. Vogliamo solo fare delle ricerche e niente altro. ”
“Forse non vogliono nessuna ricerca. Forse li stiamo disturbando anche ora. ”
“Stai provando a mettermi paura, Fede? O forse vuoi solo condividere la tua con tutti noi? ”
“Sai bene che non è degli spiriti che ho paura! ”
Il senso della discussione sfugge totalmente a Tony e Francesca e quest’ultima non si fa pregare per saperne di più:
“Si può sapere di che state parlando? Vorremmo sapere anche noi quali sono i pericoli da temere. Facciamo parte della squadra, se non sbaglio. ”
“Federico è esagerato, tutto qui. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, Francy. Davvero” è la risposta evasiva di Robby.
“E la promessa di cui parlava e che gli hai fatto, quale sarebbe? ”
“Gli ho solo detto che ce ne saremmo andati domattina se non avessimo fatto alcuna scoperta, ma alla luce degli ultimi fatti... ”
“Non provarci, Rob! Non esiste nessun fatto! C’è solo un vecchio e semi distrutto album di fotografie che Francesca ha trovato! Nessun fantasma! E se non ci sono fantasmi ce ne andremo. Punto e basta! ”
La discussione fra i due è talmente accesa e si preannuncia infuocata tanto che deve essere Tony a dare il time out, riferendo ad alta voce ciò che tutti avrebbero dovuto realizzare molto prima:
“Ragazzi, ma che fine ha fatto Alessia? Era la più vicina di tutti e sarebbe dovuta essere la prima ad arrivare! ”
Una rapida occhiata alla sala per confermare le parole di Tony ed essere certi che la ragazza non è nemmeno in vista basta a sedare gli animi dei presenti ed a farli concentrare sul problema più serio ed immediato.
“Ale! Ale, mi senti? ”
Più volte Tony chiama l’amica all’auricolare bluetooth ma solo il completo mutismo risponde ai ripetuti appelli.
“Potrebbe avere avuto un incidente! ”
“Dio, no! ”
“Calma, Robby. Ho detto potrebbe. Dobbiamo andare a cercarla! ”
“Hai ragione Fede. Presto! ”
Per la prima volta Roberto sembra aver dimenticato gli spiriti che lo ossessionano ed è il primo a buttarsi nella direzione presa da Alessia almeno un’ora fa. Federico e Francesca lo seguono e condividono la sua preoccupazione mentre Tony pensa sia più utile rimanere alla sua postazione e controllare febbrilmente le telecamere sparse al primo piano dell’edificio.
La testa le gira ancora e molto...
Non riesce a muovere le braccia e le gambe ma d’altronde non sarebbe facile per nessuno se avesse ben strette delle fasce di cuoio ai polsi ed alle caviglie. Questa non è una buona notizia. Gli occhi si abituano lentamente alla luce artificiale che sta sopra la sua testa... non riesce a capire dove si trovi e non è una buona notizia... già la seconda cattiva notizia e non sembra essere l’ultima... ci sono molti altri letti accanto al suo. Ognuno di essi ha un paziente ben legato ed irrequieto come sta diventando lei: tutti bambini. Tutti bambini che urlano e piangono.
Tutti quanti si agitano e cercano di divincolarsi strenuamente dai legami che li fissano ai loro giacigli ma non riescono... non possono riuscire... ed ogni sforzo che compiono e che va in fumo aumenta la paura e la disperazione perché sanno quello che sta per succedere. Alessia invece non lo sa ma non fa differenza: il terrore fa in fretta ad invadere anche lei e non sembra avere intenzione di abbandonarla. “Ma dove mi trovo? ” Pensa. Di colpo, la risposta le sconvolge la mente, per quanto incredibile e folle. Una camerata dell’ospedale! Non è reale! Non può essere vero! È ancora priva di conoscenza e sta avendo un’ incubo! Questa è la risposta! Ma perché non riesce a svegliarsi? Adesso deve... VUOLE SVEGLIARSI!! La porta alla sua destra si apre di scatto. I bambini piangono più forte e le loro urla le perforano i timpani letteralmente... il sangue le esce generosamente dalle orecchie e dalle narici... anche lei vorrebbe urlare dal dolore e dalla paura; la bocca si spalanca ma le grida non escono fuori... neanche un sussurro. E mentre le grida dei piccoli pazienti che condividono quel tremendo incubo con lei aumentano e le penetrano le cervella provocandole spasmodiche convulsioni, l’equipe medica fa il suo ingresso nell’ampia sala: un gruppo ben assortito che non infonde nessuna sicurezza. Come tarantole impazzite, i bambini saltano sui letti e le cinghie di cuoio provocano alla loro pelle abrasioni che causano fitte dolorose ed acute, mentre le vecchie suore al seguito degli aguzzini in camice bianco si avvicinano ed aprono gli astucci che tengono fra le mani, prendendo la sottile siringa ed iniettando il suo incognito contenuto nelle vene degli innocenti... sorridendo sadicamente mentre lo fanno.
I quattro dottori invece prendono posto attorno al letto di Alessia e iniziano a fissarla per poi discutere fra loro. Il sangue che gorgoglia nelle sue orecchie e affoga quello che resta dei recettori uditivi non le fa capire nulla... sente dolore dappertutto... ora vorrebbe perdere nuovamente i sensi ma non viene esaudita... vorrebbe che Robby ed i suoi amici arrivassero a salvarla da quello che sta per succederle. Non sa cosa sia e non vuole saperlo. Cerca ancora di gridare con le ultime energie e si impegna in un estremo sussulto atto a divincolarsi ma anche questa volta non riesce a farcela. Uno dei dottori si avvicina a lei e le accarezza i lunghi capelli ora sciupati dalla sporcizia, dal sangue e dal sudore. Li accarezza dolcemente per lunghi attimi e le sorride come volesse rassicurarla... come se volesse dirle che non ha niente da temere... le parla ma lei non riesce a sentirlo ed inizia a piangere. Le lacrime le rigano le guance e le bagnano il collo... gira la testa alla sua destra e vede i bambini immobili sui letti, gli occhi sbarrati ed il rivolo di bava che fa capolino dalla bocca...
Il medico si siede accanto a lei e prende una salvietta umida dal comodino... lentamente le pulisce il viso dal sangue e dalle lacrime:
“Non aver paura piccolina. ” Le dice. “Sei al sicuro adesso. Noi ti faremo stare bene. ”
Le poggia la mano sulla fronte e avvicina il viso al suo... la bacia dolcemente passandola la lingua sulla sua... un bacio tanto tenero quanto squallido e disgustoso. Un bacio forzato che anticipa l’orrore di sentire il camice che le viene sollevato dal basso e di vedere gli altri dottori insinuarsi fra le sue gambe e privarla totalmente di qualunque lucidità mentale mentre una delle suore le conficca la siringa nella tempia ed affonda l’affilato ago nelle cervella.
Ora riesce ad urlare... un urlo impossibile da descrivere e da dimenticare un urlo emesso da ogni particella di sé. Un urlo che fa tremare le pareti della stanza... l’urlo di un’anima lacerata per sempre. Un urlo ormai inutile.
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