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Carta scritta

Quello fu il tempo più intenso della mia vita, io di eserciti, armi, combattimenti al fronte non ne ho mai capito nulla, ne mai ebbi la curiosità di affrontare uno studio teorico-pratico in merito; mi ritrovai in veste ad una sudicia divisa e per di più con i piedi periodicamente immersi nel fango.
Questo, pensai, era un buon momento, l’artiglieria nemica si era calmata, avevo un estremo bisogno di mangiare, quanto di fumare, ma, siccome i rifornimenti al campo arrivavano sempre più di rado, “causa mal tempo” ogni uno di noi soldati, si arrangiava come poteva.
La mia tattica non era molto diversa da quella degli altri, consisteva nel raggiungere la prima trincea dove venivano sistemati feriti e non, approfittando della confusione generale facevo razzia nelle tasche dei morti.
Vi fu pure chi non si accontentava delle tasche dei morti, razziando o cercando di farlo anche in quelle dei feriti.
Per quanto riguarda me, dopo aver visto una scena da brivido proprio nella prima trincea, mi convinsi che fosse molto meglio approfittare del morto, piuttosto che rischiar la vita per le tasche di un ferito.
Ricordo che una mattina mi recai in prima trincea, la fame mi assaliva da ore, arrivato notai un “soldatino” così erano chiamati i nuovi al fronte, ebbene, questo con aria furtiva osservava un tale che vedendolo pareva più morto che vivo, il giovane soldato, tirato un sospiro d'incoraggiamento s’avvicinò al moribondo frugandolo rapidamente nelle tasche, non ebbe però il tempo di capire se in quelle, vi fossero delle gallette o del tabacco che egli stesso, si ritrovò con un coltello nell’orecchio.
Io, a vista di quella scena, preferivo le tasche di un morto, ed ascoltato lo straziante urlo di dolore del soldato, capì che i morti, altro non potevano fare che puzzare.
Bando ai cattivi; il campo era come sempre in preda al caos, vi erano uomini che gridavano, barellieri che facevano su e giù per la trincea e il fumo impestava l’aria, ma soprattutto fango.
Il fango era ovunque, da tempo ormai ero immerso in una paranoia riflessiva che gettava le basi ad un pensiero ricorrente: "il fango era stato la mia rovina".
Io sono nativo di Azul, paese che dista circa sei km dal fronte, da tre anni è governato dal Generale Calisto Combusti, famoso in paese per i suoi eroici discorsi da piazza; superiorità territoriale e legalità erano i suoi pezzi forti.
Discorsi, conoscendo il contesto, neanche negativi, se, non fosse stato lui a pronunziarli.
Combusti andò al potere dando un colpo al vecchio governo; una mattina accompagnato da altri quattro ben pensanti come lui, si recò a suon di trombe a Palazzo governo, fece sparire il vecchio governatore, occupandone il suo posto.
Per Combusti fu semplice, come scritto, raggiungere il potere, noi non siamo gente di rivolte che lotta per raggiungere chi sa che, tanto meno c’interessammo della nuova figura politica, però, sei mesi fa anche io, come il resto del paese, fui travolto dalla preoccupazione, il generale fece addobbare la piazza a festa, il fatto credetemi, era maledettamente preoccupante; ogni qual volta che Combusti faceva questo, si era obbligati ad osservare non uno, ma ben cinque maledettissimi minuti di silenzio, per venir meglio alla memoria di Donna Cadlena, protettrice dei raccolti e guardiana dei campi.

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