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Il formicaio

Tanto tempo fa, un uomo onesto e di buona fede, fu ingiustamente condannato a morte. Poi non si sa per quale miracolo, la pena gli fu tramutata ad ergastolo a vita. Proprio ad un centinaio di chilometri dove io abito personalmente, scontò gran parte di essa. C' era nella sua cella un piccolo finestrino, tanto da far passar qualche fascio di luce, e non confondere con questo il giorno dalla notte. Su questo piccolo ed insignificante davanzale comincia la nostra storia.
C' era un formicaio, costituito da formiche operaie e laboriose, e capi che si facevano rispettare, come a loro volta rispettavano ed onoravano la loro Regina. Una tale disciplina raramente la si può vedere.
Questo osservava giornalmente, senza mai stancarsi il nostro amato prigioniero. Se non che un giorno si sentì chiamare, si voltò indietro ma non c' era nessuno, guardò di nuovo queste piccolissime creature, e con una forte lente e con occhi ben spalancati, si accorse che proprio una di loro gli rivolgeva la parola.
Lo stupore fu tale, che per qualche istante chiuse gli occhi, poi riaprendolo, quella piccola formica ancora con lui parlava e gesticolava al prigioniero.

- Dici a me?
La formica:
- Si, proprio a te.
Il prigioniero:
- E cosa vuole la formichina da me?
La formica:
- Potevamo esser altrove, ma siam qui a farti compagnia. Sappiamo che sei buono e lo meriti.
Il prigioniero:
- Grazie mille, formichina mia bella,

Da quel giorno e per moltissimi ancora, fra il formicaio e il prigioniero si stabilì un vero rapporto di amicizia sincera e duratura.
Ogni giorno i soliti convenevoli, addirittura il povero prigioniero s'inchinava alla regina formica, la quale arrogante rispondeva con un gesto insignificante di zampetta. Ma la solita formichina operaia, e veramente operosa, infatti sgobbando a non finir, gli dedicava tutto il tempo che poteva. Anche se per questo sant'uomo spesso, era sufficiente guardarle nel loro serio operato. Un due, un due, senza mai sgarrare.
Venne un dì, ove il sole mandava i suoi bei raggi più forti ancora su quel misero finestrino. Entrò una guardia austro-ungarica, dicendo al nostro ormai carissimo prigioniero:
- Sei libero, vada pure cittadino.
Qui non faccio nome. Solo se pur entusiasta e molto, non potette lasciar quella cella senza un caro saluto al suo formicaio.
Salutandolo una lacrima lasciò, e su quella lacrima la nostra formichina si addormentò per tutti i tempi dei tempi.

Dedicato a Silvio Pellico

 

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3 commenti:

  • sara zucchetti il 01/06/2010 11:57
    bella favola, amicizia tra un innocente e un formicaio che gli ha dato la forza!
  • Vincenzo Capitanucci il 26/09/2009 06:36
    Bellissimo Pompeo... una formichina laboriosa... nelle mie prigioni... scrive parole di luce...
  • Anonimo il 26/09/2009 01:24
    piaciuto

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