Quale fosse il suo passato e per quale motivo egli continuasse a vagare nella solitudine era oscuro. Il suo tetto eran le stelle,
di quelle che vedi una sola volta nella vita. I suoi passi erano misurati, studiati, la lenta cadenza del suo incedere era perpetua,
sempre la stessa. Come una sicura certezza. Lo sguardo andava ben oltre le tenebre che la sua lanterna riusciva ad allonare,
alla ricerca profonda di se stesso sapeva ben estraniarsi dal mondo, per entrare in sintonia con l'universo.
Una notte accadde che incontrò un piccolo essere. Forse perchè attratto dalla sua luce, forse per il gioco della vita o forse semplicemente perchè il destino lo aveva deciso, questi lo accostava danzando, lo seguiva e lo precedeva,
spariva per poi riapparire all'improvviso. Quale ingenuo e felice stupore ebbe l'asceta nel riconoscere in una semplice
lucciola di campo una cara compagna di viaggio.
Incespicò. Si fermò e per una volta egli spense il lume. Così, indifeso e avvolto dall'oscurità, stette ad ascoltare il caldo silenzio
di quel brillìo tremolante, riuscendo a far parte di esso completamente. Prima di ripartire chiuse gli occhi e chiuse il cuore.
Come per tenerne fermo il ricordo, come per tornare in sè. In quell'istante incantato e senza tempo si commosse,
capì che nella sua vita non avrebbe mai più potuto pensare di essere stato completamente solo.