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Alla stazione

Segnava le otto
l'orologio della stazione centrale. Dalla mia posizione potevo vederli tutti: l'uomo con la valigetta, gli studenti con lo zaino, l'anziana con le borse, il manager in carriera, il ragazzo con la sigaretta... insomma tutti i passeggeri del treno appena arrivato al binario uno. Scendevano, uno dopo l'altro dalle scalette, in quel modo così ordinato e preciso che pareva non si sarebbe mai dovuto interrompere, invece, appena poggiati i piedi a terra, quell'ordine apparentemente immutabile si dissolveva. Le persone si mescolavano alle altre persone formando quella moltitudine disordinata che era solita affollare la stazione centrale alle otto del mattino.
Concentrai il mio sguardo su un ragazzo, come ogni mattina sedeva nell'ultima panchina del primo binario: faccia assonnata, ipod a tutto volume, classico studente con poca voglia di studiare, uno di quelli di cui la prof al colloquio con i genitori diceva che se si impegnasse un po' di più allora forse...

Comunque il ragazzo aspettava il treno, quello delle otto e cinque e niente e nessuno l'avrebbe scollato da quella panchina. Neppure nei giorni d'inverno l'avevo mai visto andare al bar della stazione per prendere qualcosa, anche solo per scaldarsi un po', magari aspettando il treno da lì, al caldo; niente, non lo faceva mai. Lui arrivava sulla sua panchina con le cuffiette, si sedeva e aspettava.
Aspettava il ragazzo... da come la vedo io aspettare significa far scorrere del tempo per arrivare ad un determinato momento in cui dovrebbe accadere qualcosa, dico dovrebbe perchè non è detto che questo qualcosa debba necessariamente avvenire, c'è gente che aspetta cinque minuti, due ore, ma anche giorni, mesi, anni, chi passa anche tutta la vita ad aspettare qualcosa o qualcuno, aspettando magari un cambiamento, un colpo di fortuna, un colpo grosso che li stacchi dalla loro vita normale per catapultarli in quella che ritengono vera vita, una vita fatta di soldi, fama, ferrari e successo... ma solitamente l'attesa è un'illusione, e la vera vita soltanto un miraggio.
Ma nel nostro caso il ragazzo non doveva certo aspettare tutta la vita, ci mancherebbe altro, quel ragazzo là seduto sulla panchina del primo binario era il protagonista del film della sua vita e in quel momento era come se quel film fosse stato spezzato dalla pubblicità, se fosse stato un film registrato gli sarebbe bastato mandare avanti la cassetta con il pulsante del videoregistratore ma siccome il film della vita è in diretta, è live, il ragazzo doveva sorbirsi anche la pubblicità.
Gli bastò aspettare fino alle otto e quindici quando arrivò il treno, in ritardo di dieci minuti secondo l'orologio dei passeggeri ma in perfetto orario invece secondo l'orologio sballato delle ferrovie locali che puntualmente si assicuravano di allungare i tempi di attesa adducendo a motivi tecnici o ad un incidente al km trentuno o ad un guasto al motore o ad un lavoro di manutenzione straordinaria o ad un lavoro di manutenzione ordinaria o... o... o... e concludevano sempre con un diplomatico messaggio registrato trasmesso dagli altoparlanti della stazione che attraverso quella che una volta doveva essere stata una voce di donna si scusava con i passeggeri per il disagio.

Percepii una leggera brezza, un forte odore di acqua di colonia e una voce, ma non una voce distinta, una specie di eco, e mi parve di riuscire a distinguere le parole sempre di più sempre di più sempre di più sempre di più...
- mi dia il giornale insomma! Non ho mica tempo di star qui ad aspettare i suoi comodi sa?!-

Mi destai.
-... si si subito mi scusi-.

Rumore metallico del registratore di cassa, l'uomo pagò e se ne andò, ancora un po' di brezza fresca quando aprì la porta dell'edicola per uscire, ma almeno una volta uscito l'odore di acqua di colonia era sparito.

 

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3 commenti:

  • Anonimo il 03/09/2014 00:03
    Cominciamo con il ragionamento sul verbo aspettare. C'è una sensibile differenza con l'inglese "wait for", che alla lettera indica un'attesa di un qualcosa che arriverà, una sicurezza. In italiano aspettare è sinonimo di perditempo, incertezza, ritardo.
    Dieci minuti di ritardo sono considerati quasi un anticipo, qui da noi, soprattutto per le ferrovie. Buonanotte.
  • bruna lanza il 25/04/2012 14:23
    si, vite isolate che si intrecciano per un attimo, solo un attimo, poi la realtà ci fa ripiombare nella noia del nostro lavoro
  • Anonimo il 23/11/2009 08:21
    Un punto d'osservazione da un'edicola della stazione.. una moltitudine di persone, un continuo viavai di gente.. e lo sguardo si fissa su un ragazzo, presenza costante e s'immagina, si fantastica cosa sta dietro la quotidiana attesa allo stesso binario, tutti i giorni.. magari niente si speciale, le solite cose.. però l'occhio che osserva è attento, acuto e concentrato..
    bel racconto, scritto bene

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