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Un borghese piccino picciò
"E gli uomuni in deficienza di luce sostituirono le lampade fulminate, con altre a basso consumo."
Mi svegliai di soprassalto: destato da un sordo tlok! Nell'oscurità più bieca illuminai il corridoio tramite la lucina dell'accendino. Andai alla ricerca dell'interruttore generale, quello dove c'è il salvavita. Quello che di solito non scatta mai, per cui bisogna scendere le scale dal terzo piano all'androne del fabbricato, la dove si trovano stipati i contatori dell'ACEA, riarmare la levetta e ripercorrere a ritroso il tragitto precedentemente compiuto.
Salii le scale, e aprendo la porta di casa mi resi conto con sgomento che il mio armeggiare non aveva pro-dotto alcun risultato. Ri-buio totale in casa: Stramaledizione! Tutte le lampadine si erano fulminate. I fila-menti di tungsteno penzolavano come lingue riarse di assetati in cerca di acqua, li intravedevo dallo spazio trasparente sovrastante lo zoccolo filettato. Le geometrie pentagonali si erano interdette, era rimasta solo un'isola macchiata, sfumata di nero sulle lisce rotonde superfici color latte.
-L'oscurità accende la fantasia. Cominciai a pensare come ci potesse rimanere il signor Edison quando si trovava in situazioni del genere, lui che: inventato un oggetto deputato a fare luce lo vedeva destinato a morire per consunzione.
Finite, le fantasticherie fui preso dall'ansia. Mi vestii togliendomi il pigiama. Quello elasticizzato, in rayon misto lana. Quello che fa traspirare la pelle e contribuisce ad ossigerare i tessuti mentre dormi, sempre alla puntiforme lucetta dell'accendino, ignorando il capoverso dei calzini. Le mutande non le toglievo, conservando ancora un pudore ancestrale tramandatomi dalle passate generazioni.
Erano le due del mattino, quando precipitandomi dalle scale dell'abitato aprii il cancello principale dirigen-domi verso la macchina parcheggiata a filo muro. La strada era stretta per cui bisognava accostarsi il più possibile consentendo così il transito agli altri veicoli. Fatto è: che mi toccava sempre uscire ed entrare dallo sportello opposto al lato di guida.
Aprii la portiera in preda a vergognosi contorcimenti, salii scavalcando la leva del cambio, misi in moto e mi mossi guardingo nella luccicosa notte romana, alla ricerca di lampadine da comprare.
Questa città è una delle poche metropoli dove gli esercizi commerciali risultano chiusi durante la notte. Pensavo: figurati se riesco a trovare un ferramenta aperto a quest'ora, che impresa inverosimilmente di-sperata; figurati se un popolo di festaioli e acquasantieri come il nostro tiene aperti i negozi oltre i tradizio-nali orari diurni
Ad un tratto pensai... fui preso da un freddo sentore... miseria zozza! I pupazzi; la casa è stracolma di pupazzi! Ora sono soli, senza qualcuno che li possa controllare.
Le bambole femmina sono in pericolo con tutti quei bambolotti maschi che gironzolano per casa!
Oddio! Ingrifati e repressi come sono, si daranno alla pazza gioia. Zompetteranno sui divani e sulle sedie lasciando pallette di polistirolo sparse sui pavimenti di travertino lucidato. Si faranno la doccia con il dash liquido, sporcando il bagno, intaseranno gli scarichi, poi lasceranno i rubinetti aperti... Apriranno la credenza entrando in cucina, tireranno giù dal ripiano delle spezie il vasetto dell'origano e ne fumeranno il contenuto...
Guidavo in un città semilluminata alla ricerca di negozi preposti. Chissà! Qualche allunato market del centro
Lo avrei, forse, trovato aperto. Girai e rigirai senza trovare nula. La spia del carburante cominciava a oc-chieggiare a intervalli irregolari. MI immisi sul grande raccordo anulare, deviando su una area di servizio, mi accostai al distributore di benzina e abbassai il finestrino. Un giovanotto sbadigliante e svogliato mi tese la mano per farsi dare le chiavi del serbatoio : quanto metto? -Disse- venti euro -risposi- Il rumorino della pompa e della benzina che fluiva attraverso il tubo verde, e andava a riempire il serbatoio della mia auto mi rendeva tranquillo. Fù un minuto che avrei volentieri si fosse dilungato per più tempo. La pompa finì di erogare carburante, il ragazzotto rimise a posto la "pistola" venne verso di me restituendomi la chiave, prese i venti euro e tornò a sbadigliare.
Pensai: guarda come si deve guadagnare da vivere la gente, lavorando la notte. Chissà a che ora smontera di turno, probabilmente alle sei di mattina, e quando tornerà a casa farà subito colazione o si stravaccherà direttamente sul letto!
Sopra di me il cielo blu: dipinto di blu. Solo da immaginare, in quanto la densa foschia causata dallo strato di smog ne ostacolava la contemplazione. Dentro di me l'inetica del nuovo Dio.
A me di fronte l'i k e a
Un angelo di lamiera e plexiglass assemblato con viti e bulloni mi aprì le porte del paradiso meccanico, mi ciondolava accanto mostrandomi il sorriso dei suoi denti a cremagliera. E mi diceva e mi spiegava
Secondo me l'eden è proprio così, uno stato di fatto dove non si subiscono preoccupazioni, dove non si accumula stress. Un sito confortevole dove trovare rifugio quando si rompono i pomelli dei cassetti; quando tuo figlio manda in frantumi lo specchio dell'appendiabiti con una pallonata.
Luci sfavillanti e morbide orecchiabili musichette andavano dipanandosi in ogni direzione. Mi sentivo circuito, in un'atmosfera rassicurante di cotone idrofilo, guardavo incredulo e divertito.
Quell'ambiente si insinuava nel mio conscio, mi ricordava la percettiva sicurezza dell'utero materno. Io non ero; stavo.
Nei lunghi corridoi luccicavano e facevano bella mostra di esse le meravigliose creazioi del nuovo dio, ago-gnato e implorato stendendo le braccia al di là del possibile cielo, sommerso da olocausti di rate e pagherò.
"Eterno realizzatore di sogni sognati senza dover dormire. Totalità dell'essere inteso come divenire osceno: concedici ora almeno un tramezzino e un bicchiere di acqua minerale al bar, poiché non ci bastano i soldi per pagarci un pasto decente. Noi devolviamo a te sudati salari e magri stipendi. Dio della luce fredda e delle anime morte avvelenate dal monossido di carbonio sviluppatosi dalla cattiva combustione delle nostre esistenze bruciate"
L'angelo ora aveva un sorriso cucito; la cremagliera dei suoi denti non era più visibile. Non mi accompagna-va, mi tallonava. Sopportavo con discrezione il suo alito di acqua ragia. Un odore pregnante e invadente mi ristagnava sul collo, si trasferiva al viso facendomi dilatere le narici del naso e lacrimare gli occhi. Mi accorsi di dovere comprare assolutamente qualche cosa, -del resto avevo girovagato la città da nord-est a sud-ovest alla ricerca di stupide lampadine.
Il demone alato mi stava sempre più addosso. Quando gli chiesi dove fossero le lampade, balzellandomi attorno ai fianchi mi guidò in un imbuto di corridoio... Dal soffitto pendevano innumerevoli gocce bianco latte. Uno sciame di palline a guisa di stelle, un'improbabile e volgare via lattea di vetro pressofuso proiettava la mia ombra sul pavimento. Reparto illuminazione -disse-
Pensai intensamente. E nel pensiero pensavo a tutte le pubblicità viste in tivvù. Per quale motivo avrei dovuto comprare delle normali lampade ad incandescenza! Ve ne erano "di quelle a basso consumo", quelle che quando si aziona l'interruttore emettono un discreto "tic". Quelle che: "non bisogna aspettare un minuto perché facciano luce intensa". Ne presi cento pezzi, sette watt l'una, settecento watt per cento euro. Era un'offerta irrinunciabile. Staccai un assegno pagabile al portatore.
Mi avviai verso l'uscita: la musica sparì, tornai a sentirmi solo. L'angelo prese l'assegno e volò in alto. Due cilindri in aldrey con braccia e gambe di alluminio anodizzato, vestiti di astracan mi spinsero fuori.
L'elettrico sfrigolio dei cavi della media tensione incespicò in un labile e accorato "arrivederci". Guardai il bulova, erano le quattro e cinquantanove. Avicinatomi alla mia auto aprii lo sportello, mi sedetti comodo, aggiustai lo specchietto retrovisore, accesi la radio misi in moto e mi incamminai verso le cinque del matti-no.
Tornato a casa tutto era rimasto come da me lasciato. I pupazzi erano al loro posto, l'origano era nel vasetto all'interno della credenza, i rubinetti chiusi, il letto disfatto e l'odore acre del bruciaticcio delle lampade fulminate, Mi tuffai sul letto vestito e mi addormentai.
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