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La sopravvissuta (seconda parte)
"Chi sono questi -altri-"?"
"Faresti meglio a dire -chi erano- visto che sono morti tutti."
"Frena un attimo Juliette; mi scuserai ma non ci sto capendo veramente un cazzo! Perché tua sorella e tuo padre dovrebbero tentare di ucciderti? E come fanno ad essere tutti morti!"
Juliette si spaventò nel sentirlo alzare leggermente la voce e si strinse contro lo schienale del divano. Il ricordo della sorella che tentava di ferirla con un coltello le apparve nitido nella testa. Iniziò a piangere.
"Non lo so!" rispose alzando la voce a sua volta. Una piccola lacrima si staccò dalla palpebra scendendo solitaria lungo la guancia; non tentò nemmeno di asciugarla perché sapeva ne sarebbero arrivate altre. "Ad un certo punto è stato come se..." un violento singhiozzo la obbligò ad interrompersi. "... come se fossero impazziti. E non è successo solo a loro, ma anche ad altre persone."
Patrick vide con chiarezza il coraggioso tentativo di Juliette di non lasciarsi andare ad un pianto dirotto, ma terminata la frase cedette, facendolo sentire un perfetto idiota.
"No ti prego, non piangere. Sono stato uno stupido ad alzare la voce..."
Lei agì istintivamente buttandosi tra le sue braccia; non si accorse nemmeno di averlo fatto fino a che non senti le mani di lui accarezzarle con dolcezza la schiena.
"Ho paura Patrick, tanta paura." Ora a lui sembrava di abbracciare una bambina indifesa e si domandò cosa avesse davvero visto prima di fuggire nel deserto.
Il mistero non faceva che infittirsi sempre di più.
Rimasero così per un tempo indefinito, tanto che Patrick iniziò a pensare potesse essersi addormentata; venne subito smentito da un suo movimento.
"Va meglio?" le domandò prendendola per le spalle e guardandola dritta negli occhi. Quella mossa si rivelò essere un errore; erano talmente belli che fu colto da un fortissimo desiderio di baciarla. Resistette a fatica dandosi anche dell'idiota per il solo pensiero.
"Molto meglio grazie!"
"Cosa vuoi fare ora? Possiamo chiamare la polizia di Lyndhurst e chiedere di mandarci qualcuno."
"Patrick, tu non hai visto ciò che ho visto io. È una cosa talmente assurda che i poliziotti non mi prenderebbero mai sul serio."
"Dato che non ero presente che ne dici di spiegarmi per bene cosa sia successo? Fino ad ora sei stata un po' vaga."
Juliette stava per cominciare a farlo quando d'improvviso i suoi occhi si rovesciarono all'indietro, le pupille scomparvero e il suo corpo si irrigidì. Rimase seduta sul divano immobile in quella posizione.
"Dio mio, Juliette, cosa ti succede?" Patrick le toccò il braccio destro e sentì che era duro come il legno. Lei non rispose, lo sentiva a malapena.
"Juliette!" Le sollevò le palpebre per cercare di intravedere la pupilla ma niente. Cosa diavolo le stava succedendo? Non aveva la minima idea di come fare per farla tornare in se, ammesso che fosse stato possibile.
Ad un tratto lei iniziò a boccheggiare e fu quello il sintomo del ritorno alla realtà; gli occhi tornarono a mostrare l'iride e i suoi arti persero la rigidità innaturale acquisita poco prima.
"Ma cosa ti è preso?" Patrick la guardò riprendere fiato, come se il periodo di assenza mentale l'avesse compiuto in apnea.
"Stanno arrivando!" dichiarò lei lanciando un'occhiata fuori dalla finestra. Il cielo stava assumendo una tonalità bluastra che avrebbe presto lasciato spazio alla notte. "Dobbiamo chiuderci qui dentro."
"Vuoi spiegarmi maledizione?! Chi è che sta arrivando? E come fai a saperlo?" Patrick stava cominciando ad arrabbiarsi.
"Ascoltami Patrick, so che non mi conosci e in questo momento mi starai prendendo per una maledetta pazza, ma ti prego. Niente domande adesso, devi fidarti!"
In un qualche modo lo convinse.
"Cosa dobbiamo fare?"
"In un paio di minuti dobbiamo riuscire a chiuderci qui dentro, è questione di vita o di morte."
"Ma allora non potremmo andarcene? Ho qui l'auto e..."
"Se lo faremo ti uccideranno e se vuoi posso anche dirti come."
"Basta, non voglio sapere altro. Tu va di sopra e blocca tutte le finestre, ce ne sono una decina." Le mostrò come fare chiudendo quella del soggiorno e assicurandola con una levetta. "Pensi di farcela?"
"Non preoccuparti! Tu però fai in fretta, arrivano. Li sento!" Detto questo sparì sulle scale lasciandolo sempre più interdetto.
Perché continui a fidarti di lei? Non vedi che ti sta prendendo in giro? Magari vuole incastrarti.
Poteva essere, Patrick non lo escludeva, ma quando lei gli aveva detto di essere in grado di dirgli come sarebbe morto era rimasto atterrito. Qualcosa nel tono di voce di Juliette l'aveva convinto che non era una balla pura e semplice; quella donna, in un modo o nell'altro, sarebbe stata davvero in grado di dirglielo.
E lui non voleva assolutamente saperlo, ecco perché ora si stava dando da fare a chiudere tutto.
Fu proprio nel momento in cui bloccava l'ultima finestra che gli parve di scorgere qualcosa nell'oscurità; era un'ombra fugace eppure alle stesso tempo così tremendamente reale. E si stava avvicinando proprio al suo ranch.
Juliette aveva detto la verità!
"Oh cazzo!" Corse su per le scale e in corridoio lei non c'era. In compenso però la finestra sul fondo era ancora aperta. Si precipitò verso di essa e la chiuse.
"Juliette, hai finito?"
"Sono qui," lo avvertì lei dalla camera degli ospiti. "Puoi venire un attimo?"
La raggiunse e notò che stava guardando uno splendido fucile chiuso in una teca di vetro.
"Questo potrebbe servirci lo sai?"
"Credo di no," replicò lui. "È solo un modello in esposizione, un Winchester 750 e i suoi proiettili non vengono più fabbricati da almeno mezzo secolo."
"Maledizione, ci sarebbe servita un'arma!"
"Non ho mai detto di non averne altre. Nello studio vicino al soggiorno penso di avere qualcosa che fa al caso nostro."
Sulle scale lui le riferì di aver visto qualcosa muoversi nel deserto.
"Ora ti fidi di me?"
"Sì, anche se non riesco a capirti, per ora mi fido."
"Tranquillo, capirai!"
Arrivati nel piccolo studio furono costretti ad accendere la luce.
Fu proprio allora che un colpo violentissimo fece vibrare la porta d'ingresso. Tutti e due si bloccarono, impietriti.
Qualunque cosa ci fosse all'esterno aveva tutta l'intenzione di far loro visita di lì a breve.
I colpi si susseguirono senza sosta, fino a che a Juliette non venne in mente di spegnere la luce. Patrick si bloccò di colpo non vedendoci più.
"Ma cosa...?"
"Sst!" Lo zittì e subito dopo si apprestò a raggiungerlo al centro dello studio. La tenue luce della luna filtrava dalla finestra bloccata permettendole di vedere dove andava. Una volta accanto a lui gli sussurrò qualcosa all'orecchio.
"Sanno che siamo qui, su questo non c'è dubbio. Al buio però non hanno punti di riferimento e sarà più difficile per loro trovarci. Ce la fai a trovare il fucile a tentoni?"
"Non dovrebbero esserci problemi, la luna ci aiuterà." Non aveva ancora terminato la frase che lei gli toccò una spalla indicandogli proprio la fetta di cielo che la contornava.
"Ci conviene sbrigarci! A minuti credo che il buio sarà completo."
La luna non era chiara e limpida, ma avvolta da una strana e alquanto sinistra foschia, quasi si trattasse di nebbia.
Lui girò intorno alla scrivania e si diresse verso un armadio piazzato sul fondo del locale. Era lì che teneva il fucile.
Cercò la chiave che lasciava sempre sopra il mobile e una volta trovata si preparò alla sfida che lo attendeva. Riuscire a centrare la serratura per aprirlo.
I colpi alla porta erano cessati e ora nella casa regnava un silenzio mortale; l'unico rumore proveniva dalla punta della chiave di Patrick che continuando a sbagliare mira centrava il legno invece che la serratura. Era convinto che non ci sarebbe mai riuscito quando sentì un paio di mani appoggiarsi sulle sue spalle. Pur sapendo che erano quelle di Juliette sussultò.
"Per Dio, potresti avvisarmi no?"
Le mani di lei salirono dalle spalle al collo, fino a giungere sul volto. Il suo tocco era di una delicatezza estrema, tanto che gli sembrava lo stesse semplicemente sfiorando.
"Ma che fai? Stiamo già perdendo abbastanza tempo non credi?"
Ignorandolo lei arrivò con le dita ai suoi occhi e gli sussurrò di chiuderli, dopodiché gli tocco le palpebre.
"Prova a centrare la serratura."
"Come faccio se mi tieni chiusi gli occhi! Già e difficile..."
"Fallo e basta!"
Lui allungò il braccio e Juliette nella sua mente ebbe la chiara visione di dove si trovava il punto esatto dove inserire la chiave.
"Spostati leggermente sulla sinistra, di circa cinque centimetri."
Incredibilmente Patrick sentì la chiave entrare e le mani di lei a quel punto si staccarono. Riaprì gli occhi e subito dopo anche l'anta dell'armadio, che inaspettatamente non cigolò. Afferrò il fucile e le cartucce che c'erano lì vicino e si voltò. Juliette era lì di fronte e ne distinse giusto il profilo. Quella donna lo stupiva sempre di più.
Tornarono lentamente al corridoio centrale e non appena passarono davanti alla porta d'ingresso questa fu scossa da un altro colpo violentissimo. Era come se chiunque ci fosse fuori sapesse con esattezza ogni loro movimento.
"Maledizione!" imprecò a bassa voce Patrick. Non tentò nemmeno di alzare il fucile tanto sapeva già era inutile. Avrebbe sparato al buio e basta.
Le sue pupille si stavano abituando al buio e poté così osservare i movimenti di Juliette. Toccava ogni cosa che c'era nelle vicinanze: mobiletti, pareti, stipiti, qualunque oggetto.
Inizialmente non si stupì, ma poi si ricordò della serratura di poco prima. Lei in qualche modo al buio ci vedeva e quindi quel toccare ciò che la circondava non era per orientarsi.
Doveva esserci dell'altro.
Avevano superato di pochi metri la porta d'ingresso quando lui vide l'ombra della donna bloccarsi. La sua mano era appoggiata al muro.
"Accendi la luce Patrick; il trucchetto del buio non funziona più."
"E dov'è l'interruttore?"
"Accanto a te!"
Fino a che teneva la mano poggiata sul muro era in grado di riconoscere l'esatta ubicazione di tutto ciò che vi era attaccato.
Un bagliore travolse i loro occhi rendendoli per un attimo ciechi; ricominciarono anche i colpi alla porta.
"La cantina Patrick," aggiunse lei guardandolo. "Dobbiamo nasconderci li dentro altrimenti saremo spacciati."
"Basta Juliette! Perché non posso sparare a quella dannata porta? Almeno la facciamo finita."
"Hai ragione, uccideresti l'uomo che sta dietro ad essa, questo te lo posso assicurare. La cosa che però non sai è che la casa è circondata e gli altri ti annienterebbero in pochi istanti."
Patrick era molto arrabbiato; avrebbe voluto prendere quella donna, sbatterla al muro e costringerla a dirgli ciò che sapeva.
Ancora una volta però decise di ascoltare i suoi consigli.
"Ora andiamo in quella dannata cantina e poi tu mi spieghi chi diavolo sei e come fai a sapere tutte queste cose."
Ebbe giusto il tempo di finire che all'esterno risuonò un boato e nella porta si aprì un buco grande quanto una palla da baseball. Dai colpi stavano passando agli spari.
La porta sarebbe resistita per poco.
"Il cellulare!" gridò lei. "Ce l'hai?"
"È sul tavolo del soggiorno perché?"
"Ora ci servirà!" Partì velocissima e una volta in soggiorno si aprì un altro buco nella porta, questa volta all'altezza della serratura.
Si sarebbe aperta.
"Muoviti Juliette!" Patrick alzò il fucile sperando di non vedere lo sconosciuto che apriva la porta, altrimenti sarebbe stato costretto a fare fuoco.
La ragazza fu di ritorno e imboccarono una breve scalinata che conduceva sotto terra.
Per la precisione dopo dieci gradini giunsero davanti ad una porta.
"Dove siete?! Non potete sfuggirci!" Per la prima volta sentirono la voce di chi lì voleva. Era perfettamente normale, non conteneva tracce di pazzia. Era di una lucidità fredda e spietata. Metteva i brividi.
Aprirono e una volta dentro Patrick chiuse a chiave. La porta era robusta e non sarebbe stato facile forzarla.
Rimaneva comunque il problema del fucile. Se l'aggressore ne possedeva uno, e su questo non c'erano dubbi, lì dentro erano tutt'altro che al sicuro.
La cantina era un buco di dodici metri quadrati illuminato solo da una piccola lampadina al centro del soffitto. In quel momento però la superficie calpestabile era ridotta ancora di più dalle cianfrusaglie presenti sul fondo. Tutti oggetti e materiale che Patrick non usava da tempo e che erano finiti lì dentro, in una sorta di dimenticatoio. L'uomo infatti non metteva piede in quel luogo da almeno cinque o sei mesi.
"Chiamiamo la polizia Patrick!" Juliette non si scandalizzò dalle scarse dimensioni del locale e continuò a mantenere la giusta calma. "Dobbiamo convincerli a venire qui."
Lui guardò il cellulare convinto che mancasse il segnale e invece dovette ricredersi. C'erano ben tre tacche e compose subito il 911.
La linea era libera.
"Qui polizia di Lyndhurst," disse finalmente una voce dall'altro capo.
Patrick non le fece nemmeno concludere la frase. "Abbiamo assolutamente bisogno del vostro aiuto, qualcuno sta tentando di ucciderci."
"Calmatevi. Da dove chiamate?"
Ecco che ora mi tiene qui un'ora, accidenti a lei!
"Sono Patrick Dempsey, abito a Farina e c'è qui con me una donna fuggita da Country Rock."
Cercò di utilizzare un tono credibile e gli riuscì alla perfezione.
"Siamo bloccati in casa mia e un gruppo di persone vuole ucciderci. Sbrigatevi a mandare qualcuno dannazione!"
Attese altre domande che però non arrivarono.
"D'accordo, resistete. Manderemo subito una pattuglia ma ci vorrà un po'."
"Faremo del nostro meglio!"
La comunicazione si chiuse e una piccola luce di speranza brillò negli occhi di Patrick. Juliette la vide.
"Arriveranno in un quarto d'ora, dobbiamo farcela!"
"Tieni d'occhio la porta Patrick," disse lei iniziando a girovagare per la cantina. "Avvisami non appena noti qualcosa di strano."
"Intanto mi spieghi come fai a vedere tutte le cose che vedi?"
Lei non si voltò ma iniziò a parlare.
"Non potrei essere molto chiara visto che fatico anch'io a capirmi. Comunque credo si tratti di una sorta di capacità sensoriale. Riesco a vedere delle cose, sia nel passato che nel futuro."
"Sei una sensitiva?"
"Non mi piace quel termine!" Mentre parlava lei continuava a toccare gli oggetti della cantina. "Riesco a prevedere ciò che potrebbe succedere, anche se non sempre. Alle volte ho bisogno di toccare un oggetto o una persona, come ho fatto con la parete del corridoio o con la serratura. Lì sono bastati i tuoi occhi anche se chiusi."
Rimase un attimo in silenzio poi proseguì.
"Altre invece no! Prima ad esempio, quando mi hai visto irrigidirmi in quel modo. Non mi capita quasi mai, solo quando ciò che sta per succedere è terribile. E in quel caso lo era visto che si trattava della tua morte."
Patrick non rispose; era immobile e guardava la porta. A momenti perse la presa sul fucile.
"Oh no! Merda!"
Juliette si voltò verso di lui e lo sentì.
C'era odore di fumo e proveniva dalla porta.
La verità la colpì all'improvviso, come una mazzata.
Il loro aggressore aveva dato fuoco alla porta intrappolandoli lì dentro. Ecco perché non aveva ancora sparato.
E la colpa di tutto era sua.
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0 recensioni:
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- Beccato in pieno, allora!! Concordo su Lost, sceneggiatura esemplare!
- Cavoli, hai citato Lost... il mio telefilm preferito in assoluto
hai ragione su King, in fondo le visioni di Juliette somigliano parecchio a quelle di un certo Johnny Smith ne "The Dead Zone".
- La curiosità monta... Questa parte ha un ritmo serrato, e credo tu l'abbia scritta allo stesso modo, le due cose si rispecchiano. Oltre a King, che sarebbe banale da far notare, sento odor di Carpenter e non so perché un pizzico di Lost delle prime stagioni. Voltiamo pagina e via così...
- Muoviti a pubblicare il seguito... e... avvisami quando lo pubblichi! non farli morire!!"!!!!!
- Si attende il seguito...
nel mentre 

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