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Le due vie di una stessa conoscenza: la saggezza della ragione e del cuore

Le due vie di una stessa conoscenza

La saggezza della ragione

"Si arriva al significato delle cose solo chiamandole con il loro vero nome"
Andrei Rublev, di A. Tarkovskij

Purtroppo mai come oggi la tendenza predominante, soprattutto nelle università, è quella di trattare la conoscenza e in particolar modo la filosofia (e discipline similari), come una delle tante materie scientifiche che si insegnano per preparare lo studente al mondo della tecnica e della professionalità. Diventano dei mezzi finalizzati a farcirgli la testa di nozioni che parleranno unicamente alla memoria e alla logica. Ma forse si è dimenticato che il ruolo della filosofia è nato innanzitutto per soddisfare un sentimento, la curiosità, e per aiutare l'uomo a conoscere se stesso e migliorarsi. Se si considera tale disciplina solamente come un fine, omettendo la fondamentale funzione che ha sull'individuo e sulle proprie verità interiori, allora si rischia di rimanere bloccati in una prigione invisibile con pareti fatte di termini, nozioni e parole prive di significato.

Socrate soleva invitare le persone con cui parlava a curare la propria anima, non solo la propria logica, Wittgenstein diceva che l'unica cosa si può fare per cambiare il mondo è migliorare se stessi.
E allora le discipline come la filosofia non sono di nessuna utilità pratica, se non per l'effetto prodotto sulle menti e sulla vita di coloro che le praticano e studiano. Esse non servono per avere garanzie, certezze e nuovi basi, ma piuttosto per porsi domande, per creare dubbie e incertezze, ovvero il terreno fertile per la nascita di una conoscenza più profonda e maggiore libertà.
La libertà è il bene più prezioso che può raggiungere il filosofo, affermava Platone: la conoscenza infatti permette di suggerire e stimolare nuove possibilità che allargano l'orizzonte della propria mentalità liberandola da pregiudizi, passività e consuetudini. Aumenta la conoscenza della realtà e dell'uomo stesso in quanto diminuisce la sicurezza nei loro riguardi, ma soprattutto scuote il dogmatismo arrogante di coloro che "credono di sapere e invece non sanno nulla" (Socrate) o che utilizzano la conoscenza per fini utilitaristici o interessi personali. L'uomo "pratico", il classico individuo omologato e inserito da buon borghese in società, colui che riconosce principalmente i bisogni materiali, dimentica di fornire altrettanto nutrimento alla mente e se vogliamo allo "spirito". Colui che non è mai entrato nella "regione del dubbio liberatore" (B. Russel) vedrà sempre il mondo e se stesso come qualcosa di scontato, di chiaramente definito, immutabile e probabilmente già determinato e chiuso nel contesto sociale nel quale si trova.

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l'autore Stefano Andreoli ha riportato queste note sull'opera

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4 commenti:

  • mariateresa morry il 06/02/2012 00:07
    Concordo pienamente con la prima parte del pezzo, ossia sul fatto che la filosofia ( per altro nei Licei e all'univesità si studia LA STORIA della filosofia) sia fondamentale nella formazione speculativa di un individuo. Il mio liceo classico risale agli anni 70, ebbi un formidabile insegnante che approfondì molto la filosofia greca e successivmamente l'idealismo tedesco. Ci abituò non a leggere i manuali scolastici, ma alcune opere e le lezioni si facevano direttamente sui testi degli autori. Ricordo quegli anni di letture appassionate.. Pur essendomi laureata in diritto, scelsi un tesi in filosofia del diritto e altro studiai in seguito sulla stessa scia.
    Leggendo il tuo pezzo mi è venuta alla mente la frase di Aristotile, il quale, a chi gli chiedeva a che cosa servisse la filosofia ( evidentemenete anche ai suoi tempi qualche ottuso si poneva il problema della effettiva utilità , egli rispondeva che la filosofia non è serva di nessuno. E ciò metteva in luce già che la libertà di poter pensare, speculare, riflettere è la radice stessa del pensare umano. Porsi delle domande resta l'atteggiamento gnoseologico fondamantale nell'uomo, a mio parere, soprattutto oggi dove qualcuno tende a voler pensare per te e a farti pensare come vuole lui. Ho apprezzato comunque anche tutto il resto del tuo lavoro, che mi ha riportato alla mente autori noti. Mi sa che li vado a rispolverare...
  • mauri huis il 05/02/2012 22:52
    Molto documentato e interessante. Complimenti veri.
  • Anonimo il 26/04/2011 06:44
    Non imposterei una contrapposizione netta tra ragione e cuore, scegliendo l'uno e ricusando l'altra. È però vero che quella ragione a cui si intestardiscono ad affidarsi scienziati e filosofi, specialmente moderni, non può fornirci un senso, il senso di ciò che facciamo, il senso della vita. Non basta andare sulla luna, bisogna scoprirne il senso. La nostra esistenza ha bisogno di significato e questo ce lo fornisce la sfera irrazionale. La vita, in fondo, è un insieme di emozioni, di sentimenti, di sensazioni. E forse è bello viverla sempre col cuore e con la testa, dando a ciascuno dei due la giusta importanza, il giusto spazio, la giusta legittimazione. Chi va solo con la testa è arido, chi va solo col cuore sbanda.
  • tanya belletti il 21/02/2010 10:24
    Tutto questo è molto interessante..
    Una lettura a mio parere meravigliosa

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