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La sopravvissuta (terza parte)
"Vogliono costringerci ad uscire!" Patrick fissava attonito il fumo che si stava lentamente insinuando in tutti gli anfratti presenti nella porta. Di lì a poco la situazione si sarebbe fatta insostenibile.
"È colpa mia, io ti ho portato qui!" Juliette pareva essersi persa; tutta la sicurezza di poco prima, la coscienza delle sue capacità, ora non c'erano più. Era tornata la piccola ragazza indifesa che Patrick aveva trovato quella mattina nel deserto. La cosa personalmente non gli stava affatto bene; se volevano uscire vivi da lì aveva un bisogno assoluto del suo aiuto.
"Coraggio Julie, non devi incolparti." Cercare di tenere un tono calmo e rassicurante in un frangente del genere era complicato, ma Patrick ci riuscì piuttosto bene. "Hai detto che devo fidarmi di te e io mi fido. Oramai siamo qui dentro ed è inutile piangerci sopra."
Lei lo guardò e malgrado la scarsa illuminazione della stanza riuscì a scorgere nel suoi occhi la sincera fiducia che nutriva in lei.
Proprio quella fiducia che stava cercando.
"Hai ragione, sono una stupida. Forza, aiutami a spostare questi scatoloni."
Patrick non fece in tempo ad essere contento della sua reazione che l'acre odore del fumo gli arrivò alle narici preannunciandogli la fine che avrebbero fatto di lì a poco. Si mise d'impegno ed insieme spostarono ai lati la prima fila di scatole con la speranza che dietro potesse esserci quella giusta, quella che avrebbe dato a Juliette "l'illuminazione".
"Cosa fate adesso?" La voce proveniva da oltre la porta ed era minacciosa. "Vi decidete ad uscire o preferite morire soffocati?"
Patrick si voltò e puntò il fucile contro la porta intenzionato a premere il grilletto. Juliette afferrò l'arma all'ultimo momento fermandolo.
"No! Non sparare; un buco nella porta farebbe divampare le fiamme ancora di più. È un tranello per costringerti a sparare."
Il dito allentò la presa sul grilletto ma Juliette non tolse la mano dall'arma. Patrick sperò che stesse vedendo qualcosa.
Sbrigati Juliette, ti prego! Qui finiamo arrosto dannazione!
Lei gli strappò di mano l'arma e finalmente si mosse. Con il fucile riusciva a vedere.
"Conosci bene questa cantina?" gli domandò guardandosi rapidamente intorno. "Sai se c'è qualche passaggio dietro a quegli scatoloni che non abbiamo ancora spostato?"
"Non l'ho mai esaminata da cima a fondo, ma dietro a quelli non c'è di sicuro, li ho messi lì personalmente..." fu interrotto da un violento colpo di tosse. Il fumo iniziava a pungergli la gola divenendo terribilmente fastidioso. "Perché me lo chiedi?"
"Qui dentro dev'esserci un passaggio; per forza! Ti ho visto fuori di qui e di sicuro non sei passato da quella porta."
"Tu sposta tutto quello che puoi da lì," gli ordinò lei indicando l'angolo destro. "Io guardo di qua."
Iniziarono così una disperata corsa contro il tempo; ad un certo punto erano voltati l'uno di spalle all'altra quando Patrick sentì un lieve rumore, come di qualcosa che cadeva sul pavimento; proveniva dalla zona dove si trovava Juliette. Fece per voltarsi ma all'improvviso il suo sguardo cadde sul pavimento dove aveva appena sgomberato.
Non riusciva a crederci. C'era una botola.
"Juliette, ci siamo. Avevi ragione!"
I polmoni ora stavano respirando decisamente troppo fumo ma lei ebbe comunque il tempo di illuminarsi nel vedere quel passaggio.
Patrick lo aprì e visualizzò una breve fila di gradini che portavano nell'oscurità più totale.
"Come faremo a vedere lì dentro?" fece lui mettendosi una mano davanti alla bocca per filtrare un po' l'aria. "È buio pesto!"
"Tieni il fucile in una mano e dammi l'altra. Toccando le pareti potrei riuscire a vedere con chiarezza il passaggio."
"Sei sicura?"
"No, ma non abbiamo scelta."
Lui le strinse così la mano e scesero quei gradini che parevano condurre direttamente all'inferno. Una volta terminata la breve rampa Patrick lasciò un attimo la sua mano e richiuse la botola per bloccare l'avanzata del fumo o perlomeno limitarla.
Il buio fu totale; non si vedeva ad un centimetro di distanza, neanche il più insignificante dei particolari.
"Dove sei Patrick?" domandò lei allungando la mano nel vuoto.
"Qui," rispose lui riuscendo per fortuna ad agganciargliela. "Ora possiamo andare... e sperare."
"Tranquillo, ti condurrò fuori da qui, in un modo o nell'altro. È una promessa."
Passo dopo passo avanzarono sempre di più riuscendo persino ad assaporare un po' di aria pulita, una benedizione per i loro polmoni. Il silenzio che regnava lì dentro era inquietante e l'oscurità li aveva avvolti completamente, accompagnandoli in quella cieca attraversata. Il respiro concitato e i passi sul pavimento di legno divennero ben presto l'unica prova tangibile della loro presenza in quel tunnel.
Trascorsero un paio di minuti senza parlare, poi Juliette scorse un sottilissimo fascio di luce davanti a lei; talmente fine da farle credere potesse trattarsi di uno scherzo della sua mente.
"Lo vedi anche tu Patrick?" domandò spezzando l'equilibrio silenzioso che si era venuto a creare. "Quel fascio di luce la in fondo!"
Lui impiegò un po' a rispondere; il fatto di trovarsi in un luogo sconosciuto dove non riusciva a vedere nulla lo intimoriva e soprattutto dava libero sfogo alla sua immaginazione. La voce di Juliette infatti la percepì lontanissima quando in realtà era ancora unito a lei attraverso la sua mano.
"Sì, mi pare ci sia qualcosa," rispose poco convinto. Temeva che in quel buio si snodasse un labirinto senza fine dove avrebbe finito per metterci le radici. Continuavano a camminare ma per lui era come essere fermi. Intorno era sempre tutto nero a parte quello spiraglio.
All'improvviso però qualcosa cambiò; la strada, fino a quel momento in piano, iniziò a salire leggermente e inoltre un soffio di vento accarezzò i loro volti.
"Dai che ci siamo Patrick, riesco a vedere la fine. Ancora uno sforzo."
Nemmeno un minuto e poterono finalmente constatare da dove arrivasse la luce di poco prima. Juliette infatti si fermò proprio sotto ad un'altra botola.
"Forza apriamola, non ce la faccio più a restare qui sotto!" Patrick la spinse e non incontrò nessuna resistenza. Fu lui il primo ad uscire e una volta accertatosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze aiutò Juliette.
Solo in un secondo momento cercò di capire dove si trovavano. La botola era posizionata vicino alla parete di una casa, ma non era la sua. Andando per esclusione quella doveva essere l'abitazione dei vicini; per l'esattezza il retro.
"Tutto questo tempo e abbiamo fatto duecento metri!" commentò incredulo.
"Se non te ne sei accorto eravamo al buio e andavamo dannatamente piano."
"L'importante era uscire e ce l'hai fatta. Sei davvero in gamba!"
"Già," commentò Juliette guardandosi intorno. Niente pericoli in vista, almeno per ora.
Patrick osservò la luna che era tornata a splendere e per la prima volta si ritrovò a pensare a quella situazione con una discreta lucidità.
"Sei preoccupato?" gli domandò lei sbirciando oltre la parete della casa per controllare come stavano le cose. "Ti vedo pensieroso."
"Non lo so; ho la sensazione che mi stia sfuggendo qualcosa ma non riesco a capire cosa."
"Non pensarci adesso," tagliò corto lei. "Davanti a casa tua non c'è nessuno, è il momento buono per allontanarsi."
"Come nessuno? Dove sono finiti tutti?"
"Mi spiace deluderti ma non ne ho idea. L'unica cosa che mi interessa è andarmene da qui, possibilmente con te."
Patrick aveva tanti, troppi dubbi, ma la fiducia in Juliette non faceva parte di questi. Più di una volta lei era riuscita a toglierlo dai casini salvandolo da morte certa e tanto gli bastava.
"Cosa intendi fare? Dove andiamo..."
Non riuscì a concludere che il suo sguardo cadde su qualcosa poco lontano da loro. Si muoveva veloce e silenziosa.
E puntava verso Juliette.
"Attenta!" le urlò Patrick alzando il fucile ma fu troppo tardi. La persona o qualunque cosa fosse aggredì Juliette e con un violento spintone la mandò contro la parete della casa. La giovane crollò a terra mentre l'aggressore incredibilmente fuggì, questa volta verso il deserto.
Patrick lo seguì con la canna del fucile per qualche secondo dopodiché premette il grilletto.
Clic.
"Ma che diavolo!" esclamò e subito provò a premerlo un'altra volta.
Scarico.
Fece due passi come a voler inseguire la figura misteriosa ma poi si rese conto della follia che stava commettendo. Si fermò e proprio in quell'istante sentì un dolore fortissimo all'altezza del collo, sotto la nuca.
Non fece nemmeno in tempo ad arrivare a toccarsi la zona dolorante che crollò a terra privo di sensi.
Ciò gli impedì di arrivare a concludere che non era solamente una cosa ad essergli sfuggita.
Erano molte di più.
Patrick si svegliò disturbato da un raggio di sole che lo colpì dritto negli occhi. Sollevò lentamente le palpebre cercando di abituarsi alla luce; era davvero fastidiosa.
Alzò il braccio destro per proteggerseli e scoprì che non era in grado di farlo; provò con il sinistro, stessa situazione. Un rumore metallico accompagnava i suoi movimenti.
"Ma che cosa!" esclamò riuscendo ad intravedere con la coda dell'occhio le catene che lo tenevano immobilizzato. I piedi, almeno quelli, erano invece liberi di muoversi.
La schiena poggiava su una superficie estremamente rigida, come un tavolo di legno oppure una qualche pietra.
"Aiuto, c'è qualcuno?" urlò con quanto fiato aveva. Il sole filtrava da una finestra quindi doveva essere in una casa, ma il problema era capire a chi appartenesse. "Aiutatemi vi prego!"
Volse la testa nella direzione opposta al sole e cercò di ripensare a quanto accaduto la sera precedente. Quello strano attacco dello sconosciuto ai danni di Juliette, poi la sua fuga e quell'improvviso quanto atroce dolore sotto la nuca, alla base del collo.
Dannazione, ma non c'era nessuno dietro di me! Come hanno fatto a colpirmi!
La casa dove si trovava era all'apparenza deserta; poté vedere un piccolo tavolo di legno, due sedie decisamente malandate e uno scaffale semivuoto. Le pareti erano invece di un colore assolutamente indecifrabile, misto tra bianco, giallo e nocciola, con sfumature di rosso scuro (sangue?!) che mettevano i brividi; una cosa oscena.
Patrick cercò di fare forza tirando le catene che gli tenevo i polsi ma fu costretto ben presto a rinunciare; l'acciaio che premeva sulla pelle nuda bloccandogli la circolazione faceva un male del diavolo.
"Dove cazzo sono?" urlò sfogando la sua attuale impotenza. Stava per aggiungere altro ma il rumore di una porta che si apriva lo fece tacere; smise persino di respirare con la speranza di udire dei passi avvicinarsi.
I passi in effetti si udirono distintamente, ma una parte di se stesso gli suggeriva di non rallegrarsene.
Sei così sicuro che sia un bene l'arrivo di questa persona?
Quella frase risuonò nella sua mente con la stessa forza che poteva avere il rintocco di una campana, provocandogli una fitta di dolore alle tempie.
Finalmente vide chi si stava avvicinando; era una donna, ma non Juliette. Già, dove diavolo era finita Juliette?
"Chi sei?" l'aggredì subito lui senza darle il tempo di aprire bocca. "Che cazzo ci faccio incatenato ad un tavolo! Rispondi dannazione!"
"Perché tanta fretta?" domandò lei con una tranquillità disarmante. Il suo tono di voce risultava calmo e pacato, quasi rassicurante; i suoi occhi però no! Quando Patrick li incrociò smise di divincolarsi e un lampo di gelo gli paralizzò la spina dorsale; quelli erano gli occhi di una squilibrata!
E lui era alla sua mercé!
La donna era in piedi nelle vicinanze del tavolo e allungò una mano su di esso, afferrando qualcosa che Patrick dalla sua posizione non poteva vedere.
"Lo sai cos'è questo caro Patrick?" chiese lei mostrando ciò che aveva raccolto.
Dio, fa che questo sia un incubo! Quella pazza non ha nelle mani un coltello, è solo frutto della mia immaginazione. Ora mi sveglio e sono di nuovo nel mio ranch!
Chiuse gli occhi e quando li riaprì lei, invece di essere scomparsa, si era avvicinata di qualche metro. La lama di venti centimetri scintillava minacciosa davanti al suo volto e nella mente di Patrick si formarono delle immagini terrificanti sul possibile uso di quell'arma. Cercò disperatamente di scacciarle, ma in quel momento sembrava non avere il controllo del suo cervello.
"Ti prego, non fare pazzie con quel coltello!" riuscì a dire senza peraltro essere convincente. "Cosa vuoi da me? Dov'è Juliette?"
"Allora sai che cos'è!" commentò lei compiaciuta, ignorando tutto il resto. "Che bravo!"
O questa l'hanno drogata oppure è veramente psicopatica! E in entrambi i casi sono nella merda!
La donna non si avvicinò fino a raggiungerlo ma prese invece una sedia e si sedette ad un buon metro da lui; non gli staccava gli occhi di dosso e iniziò a far ballare il coltello tra le mani.
"Abbiamo un po' di tempo prima che arrivi il momento solenne," disse lei. "Innanzitutto rispondo alle tue domande: non voglio assolutamente niente da te, solo cercare di farti capire alcune cose. E Juliette non è affare che ti riguarda!"
Momento solenne?! Cercare di farmi capire?
In mezzo a quella confusione mentale Patrick osservò la donna appoggiare finalmente il coltello a terra; provò un certo sollievo anche se sapeva che la situazione non era affatto cambiata. Oramai c'era solo una cosa da fare per sperare; assecondare i discorsi di quella pazza.
"Vedo che hai paura dei coltelli," gli fece notare lei dimostrando di aver visto il suo sollievo. "Non ne vedo il motivo, sono così affascinanti... comunque, torniamo a te. C'è qualche domanda che vuoi farmi?"
"Volete uccidermi?"
"Volevi proprio sprecarla così? Certo che sì! Non vuoi sapere nient'altro?"
"Che cazzo dovrei sapere se volete uccidermi!" Esclamò lui in preda all'isteria. Avrebbe voluto colpire quella donna, non importava con che cosa. Colpirla per farle sparire quel dannato sorriso da psicopatica che aveva stampato addosso.
"Pensaci bene Patrick, c'è una domanda che perlomeno ti farebbe sparire molti dubbi su quanto ti è accaduto; visto che tanto devi morire cos'hai da perdere!"
Era terribilmente inquietante quella frase, ma alla fine si trattava della verità.
Iniziò a pensare a quanto successo, dall'incontro con Juliette fino alla fuga in cantina; si soffermò su due particolari. Il rumore udito in cantina poco prima che trovasse la botola e l'aggressione ai danni di Juliette una volta fuori.
Il primo era stato un rumore metallico, attutito ancora di più dal caos che stavano facendo spostando gli scatoloni; non aveva avuto il tempo di chiedere a Juliette la natura del suono e in seguito gli era sfuggito di mente. Non aveva niente di metallico in cantina.
"Allora?" gli chiese la donna attendendo a braccia conserte.
"Sto pensando alla domanda maledetta! Dammi il tempo!"
L'aggressione di Juliette; era risultata strana sin dal primo momento, quello in cui lei lo aveva informato che intorno a casa sua non c'era anima viva. Dov'erano finiti tutti coloro che lo avevano intrappolato con lei in cantina?
Poi quella figura spuntata dal nulla; sapeva che lui aveva un fucile ma si era fatta vedere comunque. Era come scegliere di suicidarsi.
A meno che non sapesse che l'arma fosse scarica.
Patrick guardò il sorriso della sua aguzzina e un dubbio atroce iniziò a farsi strada nelle sue viscere.
Lui aveva caricato il fucile subito dopo averlo tolto dall'armadio, ne era sicuro. Sapeva anche che non poteva incepparsi due volte di fila.
Per forza di case qualcuno aveva tolto le pallottole.
E c'era una sola persona oltre a lui che aveva tenuto l'arma tra le mani.
-Non può essere Patrick, ragiona! È stata lei ad aiutarti ad uscire da lì.-
-Già, ma chi mi dice che non ha raccontato balle fin dall'inizio. Tutto quel sangue sul viso senza ferite; il fatto di dirmi che la casa era circondata quando in realtà avrebbe potuto benissimo trattarsi di un uomo solo che picchiava sulla porta.-
-E allora come ti spieghi le sue visioni? Quella in cui ti ha fatto trovare la serratura?-
Quello non riusciva a spiegarselo; ripensò alla domanda da fare alla donna.
"Ci sei arrivato?" gli domandò lei chinandosi in avanti e guardandolo intensamente. "Allora, qual è la domanda?"
Il rumore metallico nella cantina; la verità lo investì come un treno in corsa. Erano le pallottole del fucile che cadevano sul pavimento.
E lei aveva fatto in modo di far corrispondere quel suono alla scoperta della botola.
"Mi avete incastrato!" ringhiò faticando a reprimere la rabbia. "Quella troia era d'accordo con voi! Come ho potuto essere così idiota!
"E bravo il nostro Patrick!" esultò la donna come se avesse vinto alla lotteria. "Finalmente ce l'hai fatta!"
Si interruppe un attimo e riprese in mano il coltello.
"Il problema per te è che ci sei arrivato troppo tardi!"
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0 recensioni:
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- hai ragione, è proprio malata Per Juliette sicuramente avrai scoperto come sono andate le cose nel seguito!!!
- il finale fa tropo ridere! uella è tutta malata e lo vuole uccidere! comunque bel continuo ste, ora legg o i lresto... ma quindi juliette è contro di lui?! che casino!
- probabilmente perchè sul web i racconti un po' lunghi vengono scartati È vero, queste sono le parti più difficili... non bisogna dilungarsi troppo ma allo stesso tempo nemmeno tagliare troppo.
Sul fatto della donna non ricordo bene la sua descrizione, ma ti posso assicurare che non è una cosa voluta... si tratta sicuramente di un errore. È uno dei miei problemi sui racconti di media lunghezza; la prima descrizioe che faccio finisco sempre per cambiarla
Grazie di avermelo fatto notare
- Oh, com'è che nessuno aveva ancora commentato questa parte? La fase centrale è sempre la più difficile, priva della spinta iniziale e dell'elemento novità, e trovo che tu l'abbia affrontata benissimo, anzi è la parte migliore fin qui. Giacché siamo fra noi, comunque, mi permetto di farti notare che la donna ha cambiato un po' troppo spesso forma: nella prima parte è minuta quando Patrick la trova e prorompente quando la osserva sul letto, poi addirittura alta quanto lui ed infine, all'inizio di questa parte, ritorna ad essere piccola. Se è una cosa voluta, per esprimere al momento giusto fiducia o allarme, ritiro tutto, altrimenti dacci uno sguardo. Comunque continua a piacermi molto...
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