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La festa di S. Giovanni

Arrivò il bel tempo e Giovanni, il bidello, mise in vendita panini con frittata di erbette tenere, appena colte nell'orto. Ne comprai uno e, appena in classe, mi avvicinai agli attaccapanni per controllare se la ragazza, del turno pomeridiano, proprietaria del grembiule che presentava la vita più stretta e il giro torace più generoso, avesse, putacaso, risposto alla mia missiva che nascondevo nel taschino ormai dall'inizio dell'anno.
Frugai e, con sorpresa, trovai un foglio piegato in quattro. Mi recai in bagno per leggere in santa pace. Lei scriveva di chiamarsi Teresa, d'essere mora con un bel viso, sul tipo Ava Gardner e d'essere molto seccata della mia maleducazione, aggiungeva il suo numero di telefono per offrirmi la possibilità di chiederle scusa.

Quella sera decisi di telefonare ad Ava. Mi rispose una voce femminile simpatica, domando di Teresa, presentandomi come un suo amico.
Teresa chiede chi sono, le spiego di essere l'angelo custode del suo bel grembiule che difendo dai loschi diavoletti, lei ride e osserva che forse farà meglio a portarselo a casa per alleggerirmi il lavoro. Ha la voce nasale e parla a raffica, sembra emozionata, io, invece mi sento incredibilmente calmo e spiritoso. Le racconto di noi del mattino, del panino con la frittata di Giovanni, che loro, poveri pomeridiani, non assaporano, dei professori che in parte condividiamo. Propongo di vederci all'uscita della scuola, lei mi avverte che a quell'ora deve correre a casa, io mi offro di accompagnarla.

Alle sette di sera attendo, nel vicolo, il suono della campanella. La scuola, al buio, mi sembra estranea, le aule sono tutte illuminate e l'edificio, visto dall'esterno, mi ricorda un transatlantico, i balconi arrotondati sembrano scialuppe di salvataggio, è il Titanic, immagino, mentre cominciano ad uscire le prime ragazze.
Mi accosto, come d'accordo, all'edicola dei giornali e aspetto. Sorrido ad una moretta che si avvicina, lei guarda altrove e se ne va, un'altra mi viene incontro decisa, è lei penso, ma un ragazzo la raggiunge e la porta via. Comincio a sentirmi ridicolo, mi starà guardando e non si vuole avvicinare, rimugino.
"Ciao!" dice una voce un po' nasale, mi volto e incrocio lo sguardo con una tipa rossa e con le lentiggini, ha il naso pronunciato e gli occhi nocciola dietro ad occhialini rotondi, porta i libri, serrati da un elastico, sotto il braccio. Sembra più una professoressa che un'allieva. "Allora? Somiglio ad Ava Gardner oppure a Rita Hayworth, che dici?" "Ed io non somiglio ad Alì Kan?" Rispondo, "potremmo andare alle corse dei cavalli". Lei sorride e chiede se davvero desidero accompagnarla, andiamo a piedi, così possiamo parlare.
Lei è figlia di uno spedizioniere doganale che lavora alla stazione Termini, abita dalle parti di Porta Pia. Camminiamo tenendoci a braccetto e io porto i libri. Teresa suona il piano e fa danza, mi racconta d'essere super impegnata e di non avere amici all'infuori di pochi compagni di scuola.
La mamma, è bella e ha una bella voce e canta, mentre lei purtroppo è brutta e stonata, però in classe è brava ed è l'unica a cui piace la matematica, integrali e derivate la fanno impazzire.

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