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Lo chef
Dunque, vediamo un po’ che dice il ricettario: aggiungere un po’ di pepe, far evaporare un bicchiere di vino rosso robusto, preferibilmente Barolo, poi far cuocere il tutto a fuoco lento e a cottura pressoché ultimata unire due cucchiaini di cacao.
Penso proprio che verrà fuori un piatto indimenticabile.
Beh, è meglio che proceda, perché sono le 17 e Franco arriva per la cena alle 20, Franco, lui che è puntuale peggio di un cronografo svizzero. Se non trova per l’orario convenuto la tavola apparecchiata, con il piatto già servito, è capace di farmi una delle sue sceneggiate sull’importanza del rispetto dei tempi e magari anche dimenticarsi di mangiare. Eh no, perché lui deve mangiare, deve rendere onore al mio manicaretto, lui per primo.
Ora accendo la luce perché ormai è sera e quella maledetta pendola che mi ha regalato Liz segna già le 19; che sia già cotta? Meglio alzare un po’ il fuoco; dunque ho già apparecchiato la tavola, con il servizio della domenica, le posate d’argento e i bicchieri di cristallo; penso che mi riposerò un po’, magari faccio un sonnellino.
Che casino! La pendola che suona le 20 e il campanello che trilla; Franco ha spaccato ancora il secondo; nella sua precisione è di una monotonia incredibile, come i suoi romanzi gialli, dove tutto è perfetto, dove gli incastri combaciano senza sbavature.
- Caro Franco, accomodati.
- Ciao Silvio, eccomi disposto a fare da cavia per questa tua nuova passione: la culinaria, arte nobile che trasforma gli alimenti in prelibatezze per il palato. Spero che sia così anche questa sera, o no?
Che hai preparato di buono?
- Una sciocchezzuola: il capriolo in salmì.
- Caspita, e la chiami una sciocchezzuola! Dal profumo che sento direi che è un’opera d’arte, al pari di una natura morta dipinta da un grande pittore.
- Morta è morta, la capriola, perché di esemplare femmina si tratta: il regalo di un amico cacciatore di ritorno da una battuta in Tirolo. Dai, siediti, anzi sediamoci e prepariamo i nostri sensi alla sublime estasi di un piatto unico, come mai non hai mangiato e come di certo mai mangerai.
- Non metto in dubbio, Silvio, ma non esagerare: la carne di capriolo viene venduta anche al supermercato.
- È vero, ma è congelata, mentre invece questa è fresca, ma che dico, è freschissima.
Lo osservo con attenzione, mentre con la forchetta prende dal piatto un pezzetto di polpa, lo porta alla bocca e inizia la masticazione. Sembra che mastichi una gomma americana, perchè è nota la sua mania igienista, con le sue famose trentatre masticate per ogni boccone; le mascelle quasi dondolano aritmicamente, poi inizia a deglutire e finalmente, quando il cibo è sceso nel suo stomaco, mi guarda con gli occhi che brillano e mormora?" Silvio, squisito, semplicemente squisito; no, squisito è poco, meglio divino. Se ti decidessi a fare lo chef, avresti di fronte una grande carriera.
Ma tu non mangi?
- Non ho fame; ho fatto tanti di quegli assaggi durante la cottura che ho già lo stomaco pieno.
- Ti è venuta questa passione perché Liz se n’è andata, vero?
- In parte sì…
- Non voglio risvegliare certi ricordi, ma è vero che è scappata in India con un guru?
- Se n’è andata e non penso che ritornerà più; che sia con un guru o con uno sherpa poco mi importa.
- Una gran bella donna, Silvio, devi ammetterlo; un fisico da top model, delle gambe dritte e snelle, un seno ben tornito…Oh scusami, non volevo.
- No, no, fai pure: è la verità, ma è anche vero che era insopportabile; in una convivenza di due anni era più le volte che stava fuori casa che quelle….
- Lavorava, Silvio, faceva servizi fotografici; non potevi pretendere di avere la botte piena e la moglie ubriaca.
- Tu quando l’hai vista l’ultima volta?
- L’ultima volta? L’ho vista una sola volta, qui a casa tua, quando hai dato la festa per il suo compleanno.
-Ah già, rammento; sì, ricordo tua moglie che si è lamentata perchè sei stato a parlare con Liz tutta la sera.
- Mi aveva chiesto del mio ultimo giallo e non ho potuto essere scortese.
- Già, ma continua a mangiare: non voglio vederti poi andar via affamato.
- Posso prendere un’altra porzione?
- Posso? Devi, dai; è un piacere vederti mangiare.
E ricomincia i suoi esercizi igienisti che mi sa faranno protrarre la cena fino alla mezza, ma che importa andare tardi a letto, quando il proprio lavoro viene gratificato in modo così evidente.
- Senti, Silvio, vuoi che fra un boccone e l’altro…, ma che bocconi piccoli che hai fatto!
- Solo perché la cottura venisse meglio.
- Sì, è vero; ti dicevo se vuoi che ti parli del giallo che sto scrivendo, o la cosa ti da fastidio?
- Ascolterò volentieri.
- Mi sono messo in testa di scrivere di un delitto perfetto.
- Ma dai, lo sai che non esistono i delitti perfetti.
- Esistono, esistono, purché l’assassino sia preparato e intelligente, molto intelligente.
- Non potrei essere io, allora.
- No, non perché tu non sia intelligente, ma è che ti manca la preparazione, la freddezza, la capacità di vedere ogni azione in tutte le sue sfaccettature, in tutti i suoi risvolti.
- Consolante.
- Ritorniamo al dunque; per prima cosa il cadavere non deve mai essere ritrovato, perché senza cadavere ci può essere solo la presunzione dell’omicidio, e non la certezza, con tutte le implicazioni di carattere giuridico che la circostanza comporta.
- Interessante.
- La sparizione della vittima senza che ne rimanga traccia è fondamentale, quindi. Concordi?
- Per quel che ne so, penso di sì.
E fra un boccone e l’altro continua con le sue elucubrazioni, a cui replico, ormai vinto dalla noia e dalla stanchezza, con monosillabi di assenso.
Sono già passate le 23 e il mio commensale ha quasi consumato del tutto il mio capolavoro di cuoco; le parole, il vino, il cibo ingurgitato gli hanno rallentato i riflessi e nella sua mania igienista comincia a perdere colpi: ormai le masticazioni per ogni boccone si sono ridotte a una decina. Si è letteralmente ingozzato ed è solo con uno sforzo che completa l’opera.
Mi guarda con gli occhi intontiti e bofonchia?" Silvio, che mangiata; la ricorderò tutta la vita.
- Che ne dici, Franco, di un bicchierino, di un digestivo?
- Dico che è un’ottima idea.
Gli verso un bel bicchiere di nocino e decido che è opportuno che pure io partecipi alla bevuta
- Buono, buono, anche questo nocino, degna conclusione di una cena a caratteri tutti maiuscoli. E a proposito di bontà, scusami Silvio se torno in argomento, ma Liz avrà pure i suoi difetti, ma non puoi negare che è buona e anche generosa. Per quel che ne so, è sempre stata molto disponibile e non ha mai negato un piacere a nessuno.
- Di tutta questa bontà non mi sono mai accorto; che sia sempre stata molto disponibile penso sia un fatto ormai acclarato.
- Lo dici come se fosse un aspetto negativo.
- Credi che non sappia di tutte le volte che mi ha cornificato! Sì, perché questo è il suo essere disponibile.
- Non mi risulta, ma se anche fosse devi capire l’ambiente in cui lavorava, dove le belle donne, e Liz è stupenda, è più facile che cadano in tentazione.
- Forse, ma l’aver saputo di non essere il solo non ha giovato certo al nostro rapporto.
- Devi considerare però che ha giocato a tuo sfavore anche la differenza di età: tu 65 anni e lei 25. Troppa, troppi 40 anni di differenza e con le voglie che può avere una giovane donna, piena di vita come lei, è naturale che accadano certe cose.
Lo osservo attentamente: i capelli cominciano a imbiancarsi, le rughe gli segnano i bordi degli occhi; anche lui non è più giovane con i suoi sessantanni, ma questo non ha impedito a Liz di portarselo a letto. Per lei gli uomini sono sempre stati oggetti con cui trastullarsi e nulla più; è triste ammetterlo, ma io per un po’ ho provato anche piacere a essere uno di questi oggetti, ma poi ho commesso l’errore di innamorarmi e alla mia età è proprio imperdonabile, perché allora subentra una gelosia tenace, un desiderio di possesso che supera ogni immaginazione.
- Silvio, non prendertela; ci sono donne che hanno sempre bisogno di novità, e Liz è una di queste; adesso le è venuta la mania della reincarnazione ed è andata in India con il guru; là farà due o tre mesi di meditazione, ma poi si stancherà; vedrai che ritorna e starete di nuovo insieme.
- Vedremo…
È arrivato il momento del commiato; Franco si alza con fatica e quasi barcollando raggiunge la porta, poi sull’uscio si ferma un attimo, mi guarda e mi dice con voce impastata?" Grazie per la splendida cena; domani ne parlerò agli altri amici e non avrò nessuna difficoltà nel magnificare le tue eccelse doti culinarie. Buona notte.
- Buona notte.
Rinchiudo la porta e vado in salotto, mi accomodo sul divano e chiudo gli occhi, ma non dormo, penso.
Sono trascorsi solo tre giorni da quando Liz se n’è andata con il guru; quest’idea della meditazione l’aveva messa in giro da un mese e io ne ho approfittato.
Tutto potevo sopportare: i tradimenti, nel mio stesso letto, l’alleggerimento del mio conto in banca, il suo sguardo sprezzante quando non riuscivo a soddisfare la sua insaziabile voglia di sesso, ma che si fosse messa in testa di abbandonarmi con quello straccione, all’apparenza tutta spiritualità, ma nella sostanza la malvagità in persona, questo no, non lo potevo proprio tollerare. E quando per caso sono venuto a conoscenza di ciò che avevano in mente mi si è accesa una lampadina nel cervello e mi sono ribellato.
Sì, perché questi due sciagurati avevano architettato un piano diabolico: in forza del testamento che avevo fatto a favore di Liz, avevano pensato di sopprimermi con un banale incidente, una caduta dalle scale, non certo strana per uno come me claudicante da anni per i postumi di una frattura mal saldata.
Avrei potuto denunciarli, perché qualche elemento di prova c’era, come una telefonata che avevo registrato e durante la quale il piano era stato definitivamente messo a punto.
Non l’ho fatto, però, perché quella troia se sarebbe cavata troppo a buon mercato: un paio d’anni di galera e poi sarebbe uscita a rovinare qualcun altro.
No, troppo comodo: lei e lui dovevano pagare.
Secondo Franco non sarei capace di un delitto perfetto, perchè mi manca la preparazione e invece si sbaglia.
Quando si passano giorni e notti a pensare, a considerare tutte le possibili variabili, gli elementi a favore e a sfavore ci si prepara quasi come un professionista. Ho individuato subito il problema maggiore, quello relativo al mancato ritrovamento dei corpi; ho esaminato tante ipotesi, tante soluzioni e poi, sempre più convinto che anche i suoi numerosi amanti, tutti amici miei peraltro, avrebbero dovuto pagare, ho avuto un lampo di genio.
Tre giorni fa, il giorno prima che scattasse il loro piano, ho dato corso al mio e così ho versato una dose abbondante di sonnifero nel cognac che di solito amavano centellinare dopo l’ennesimo rapporto sessuale; quando sono ritornato a casa, li ho trovati nudi nel letto che dormivano come angioletti.
Con fatica li ho portati giù in cantina, già attrezzata per il mio scopo, con teli di plastica che ricoprivano tutte le pareti, il soffitto e il pavimento. Li ho distesi su due tavolacci, li ho legati ben bene, ma senza imbavagliarli, perché già assaporavo le loro urla di terrore, le loro invocazioni di pietà, di aiuto, del tutto inutili, perché abito in campagna, la casa più vicina è a circa due chilometri e la strada provinciale, peraltro poco frequentata, dista non meno di 300 metri.
Ho acceso tutte le luci e ho iniziato il mio piacevolissimo lavoro.
Con il martello pesante da fabbro che mi ha lasciato il nonno ho cominciato a spezzare le ossa, prima quelle delle gambe, poi quelle delle braccia.
Si sono risvegliati subito, un po’ intontiti sì, ma il dolore è più forte di qualsiasi sonnifero.
Ascoltare i loro lamenti, le loro urla è stata musica divina per le mie orecchie; poi ho cominciato con la sega da falegname, sempre alternandomi di modo che la razione della punizione fosse equamente distribuita; il guru, che diceva che con la sua meditazione poteva non provare dolore, dopo che gli ho reciso le gambe ha lanciato un urlo terrificante, ha strabuzzato gli occhi e poi è schiattato.
Liz ha resistito di più e, dopo le gambe, è stato necessario il taglio delle braccia perché potesse esalare l’ultimo respiro.
Ho lavorato tutta la notte, ho spolpato i corpi ben bene e la carne, tagliata a piccoli pezzi e sistemata dentro i sacchetti da freezer, è finita nel congelatore a pozzo che tengo nel retro della cucina; le ossa, le teste e la pelle si sono sciolte in un paio d’ore nella vasca di acido muriatico che avevo preparato nella vecchia stalla.
Poi ho dovuto sistemare la cantina, bruciare i teli di plastica, i loro vestiti, i miei, i due tavolacci, e solo a mezzogiorno, stanchissimo, ma soddisfatto, ho potuto buttarmi sul letto e chiudere gli occhi per il meritato riposo.
Mi sono risvegliato che era già sera e ho telefonato a Franco, per invitarlo alla cena, quella appena conclusa con il manicaretto di capriola. Per il capriolo maschio c’è tempo e del resto nel mio progetto sono previste una ventina di cene…
Quasi scoppiavo a ridere quando Franco ha detto che Liz era buona!
Sì, per lui, che se l’era scopata, era buona da viva e…da morta. Solo che sapesse, creperebbe di nausea, ma non lo saprà mai, anzi starà per un po’ di tempo a sperare che lei ritorni.
Vediamo chi è il prossimo: ah, Enrico, l’istruttore della palestra; domani mattina gli telefono e questa volta vedrò di cucinare in altro modo la capriola. No, meglio che continui con la ricetta di questa sera, visto il successo.
Quasi quasi sono tentato di assaggiare le mie prelibatezze, ma non ci proverò mai, perché mi fanno e mi faccio schifo.
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