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CRONACA CONTADINA
CRONACA CONTADINA
L’Agro Nocerino Sarnese, nella fertile pianura del Sarno, si estende, tra le catene dei Monti Lattari e Picentini, a Nord Ovest con Nocera, a Nord Est con Castel San Giorgio, a Ovest con Pagani, ad Est con Nocera Superiore e Roccapiemonte, a Sud con Tramonti. Al centro dell'Agro vi è San Valentino Torio, un paesino di novemila anime, con due frazioni: Sciulia e Casatori. In questa ultima, viveva Lucia Pavone, una ragazza madre, che aveva cresciuto Maria, il frutto del suo unico amore, buttando il sangue da un podere all’altro. La povera donna, ogni qual volta poteva, chiudeva gli occhi tra i filari dei pomodori e sognava, per quella figliola, una vita più agevole della sua. Il solo pensiero dei nipotini, che l’avrebbero chiamata nonna, la faceva sorridere e piangere di gioia. Certo, avrebbe organizzato un matrimonio che a “Casatuòre” non avevano ancora visto, col taglio del nastro e la benedizione di don Gaetano, il loro parroco.
Maria, invece, a dispetto dei progetti materni, pensava solo a divertirsi: per lei gli uomini non erano altro che giocattoli, oggetti di trastullo e passava, con faciltà, da un amante all’altro. Quando, poi, confidò alle amiche, che si ritrovava una “nocchettina vogliosa”, che mai s’accontentava, le affibbiarono il soprannome di” nocchettina”.
Un giorno, capitò nel paesino un extracomunitario di nome Abdul, la ragazza rimase subito colpita dal suo aspetto esotico e fece di tutto per aggiungerlo alla lista dei suoi spasimanti. Quando il giovane marocchino, innamoratosi di lei, manifestò l’intenzione di volerla sposare, cose immediatamente a dare la lieta notizia alla mamma, ma la donna, incollerita, le gridò:
- ‘Sta zòcchele, sule ‘nu marucchine ce mancave!-
La ragazza, oramai maggiorenne, non si perse d’animo: scappò di casa e sposò Abdul, del quale, tra l’altro, era già incinta. In questa nuova condizione, Maria rimase tranquilla per alcuni mesi, finché non ritornò alla carica uno dei suoi vecchi amanti, forse quello più fantasioso e spregiudicato, Carluccio, un’anima turbolenta e senza scrupoli del capoluogo. La sposina, che non attendeva altro, riprese l’antica relazione e quando Abdul, rincasando prima del solito, la sorprese in piena “celebrazione dei sensi”, nel mentre che si offriva con passione alle effusioni dell’ uomo, pur nel suo dolore, si rese conto che era giunto il momento di rimediare ad un errore, che non avrebbe dovuto assolutamente commettere. In quella stessa settimana, ignorando le pietose promesse della “sposina”, fece ritorno in Marocco.
Maria, pur felice della libertà riconquistata, si rese conto che non poteva più permettersi vivere da sola e ritornò dalla madre, per attendere con lei la nascita della bambina. Fu nel vicino ospedale di Sarno, che nacque Carmela, registrata con il medesimo cognome della mamma e della nonna. Era una bimba bellissima e Lucia la mostrò con fierezza, quando la portarono a casa, a tutte le donne che si avvicinavano per vederla. In piazza, Sisina la salumiera si incantò a guardarla, mentre sua figlia Rachele esclamò:
- Come somiglia alla nonna! ?"
In realtà, la curiosità di tutti era motivata dal fatto che la bimba non aveva nulla di Abdul, che avrebbe dovuto essere il vero padre, mentre aveva lo stesso mento e lo stesso naso di Carluccio Vastola.
Carmela o Lina, come tutti la chiamavano, cresceva in fretta, giocando con gli altri bambini del paese, in via Madonna delle Grazie, nello spiazzo tra l’asilo e la scuola elementare. Le giornate erano lunghe e la mamma era sempre assente.
Nemmeno l’istinto materno aveva placato la libido di Maria, la quale, quando non fu più possibile affidare alla madre, vecchia e malata, la vivace Carmela, incominciò a lasciare la bambina un po’ ovunque, per poter correre ai suoi appuntamenti. In tal guisa, Lina divenne quattordicenne ed era già una bella signorina, che suscitava sguardi di ammirazione, da parte di tutti i giovanotti del circondato. Un giorno che Maria affidò Lina ad una giovane coppia amica: Teresa e Mario Longobardi e Mario, rimasto solo con la fanciulla, riuscì circuirla, intraprendendo con lei una sorta di gioco, che presto si trasformò in una vera e propria relazione. A questo punto bisogna pur dire che non ci volle poi tanto a convincere Lina, numerosi elementi concorsero a determinare la circostanza.
In effetti, Carmela veniva lasciata sola troppo a lungo, così come non sapeva cosa fossero le carezze e l’affetto di una madre, sempre in giro con uomini diversi.
Solo più tardi e per un improvviso ed inspiegabile istinto materno, Maria, cominciò ad avere scrupoli e, su consiglio di nonna Lucia, va a denunciare Mario Longobardi, che venne subito discolpato dalla stessa Carmela, che dichiarò ai carabinieri di non aver subito violenza, anzi, che èra stata lei a sollecitare quella relazione. In paese, la notizia si diffuse molto rapidamente, alimentando i commenti piccanti delle vecchie comari ed i telegiornali privati dei “cronisti” specializzati allo scopo. La fonte più attendibile era quella del tabaccaio, ma contrastava alquanto con la versione del barbiere. Fu così che ebbe la meglio l’edizione delle donne di via Murelle, dove era il luogo degli incontri segreti, la vecchia casa della nonna di Mario, morta due anni prima.
Teresa, intanto, non sopportando l’idea di perdere il marito, ricorse allo stratagemma del chiodo scaccia chiodo. Una sera, fingendo di organizzare una cena di riappacificazione e per mettere a tacere le malelingue, presentò a Carmela un giovane camionista, Antonio D’Ambrosi, che, in breve, prese il posto di Mario e divenne il suo nuovo amante. Una domenica di giugno, Antonio convinse Carmela a vivere con lui e sua madre, nella vicina frazione di San Valentino. La fanciulla, stanca delle pressioni materne, lo seguì ed i due iniziarono a convivere. A questo punto, si ebbe un altro colpo di scena: Maria si recò a casa di Antonio, fece una tremenda scenata e picchiò Carmela di santa ragione, riportandola a casa. La ragazza, oramai incinta del suo uomo, appena le fu possibile, scappò ed accompagnata da Antonio si recò alla vicina stazione dei carabinieri, dove denunciò la mamma per percosse e lesioni in stato di gravidanza. Maria venne arrestata e, con decisione del Tribunale dei minori, le venne tolta la patria potestà. Carmela, oramai sedicenne, venne affidata alla suocera, la mamma di Antonio, fino alla maggiore età.
È trascorso circa un anno da quel giorno ed oggi, 24 giugno, suonano a festa le campane della chiesa in piazza e tutto il paese attende l’uscita della sposa. C’è chi ride, chi commenta ancora vecchi fatti e chi è contento delle nozze. Ad un tratto, si sente gridare: - Viva la sposa!- Ed eccola, Carmela, nel suo bell’abito bianco, Antonio le tiene teneramente la mano, li, sul sacrato della chiesa. Le campane continuano con voce festosa, mentre lo sguardo di Lina è cambiato, non è più impaziente e maliziose, è uno sguardo di donna, innamorata del suo uomo, sazia di affetto e felice di vivere la sua vita di madre e di sposa.
F. Pastore
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