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L'Ultimo Atto

Toc. Toc. Toc. L'uomo osserva su una sedia alla luce dell'unica candela il lento scorrere del Tempo proiettato nella fragile clessidra sul tavolo, il solo mobile presente nella buia e tetra stanza. Con l'orecchio allenato riesce a sentire ogni singolo granello di sabbia precipitare ineluttabilmente in mezzo a quelli precedentemente caduti. Trascorre così tutte le sue giornate. Rimane immobile come una statica statua a guardare intensamente nel delicato vetro, senza pensare a nient'altro che all'inesorabile continuità dei momenti. Dopotutto, perché dovrebbe uscire fuori? Perché dovrebbe andare via da quella sedia e da quel tavolino che da sempre costituiscono il suo mondo? Non è forse questa la vita, un infinito sgocciolare di secondi, minuti ed ore? Cosa c'è là fuori che meriti la sua attenzione? Forse odio, dolore, rabbia, felicità, gioia. Amore. Amore. Amore... Ma l'amore, pensa cinico l'uomo, non esiste. Tutte illusioni. Tutte bugie, falsità, ipocrisie. Favole date in pasto agli esseri umani per distrarli dall'ineluttabilità della loro esistenza. Piccole e meschine recite. Atti di una commedia priva di senso. Il Tempo. Ecco cosa rimane di tutto. Il Tempo. Toc. Toc. Toc. Il Tempo. Non un mezzo, non una marginale questione relegata agli angoli dell'esistenza. No. Il fine ultimo. L'uomo sorride pensandosi intoccabile dalle mere passioni umane, credendosi superiore, potente, divino! È questa la chiave di un'esistenza serena, grida alla stanza vuota, sentendo gli eco della sua voce confermare con entusiasmo la propria teoria, è questo il segreto della pace! Si compiace di sé stesso;lui, possessore del tempo! Passano gli anni. Il Tempo scorre anche per l'uomo. E'ormai vecchio, curvo, le spalle ingobbite dall'età, le ossa doloranti per il perenne sporgersi in avanti. Le ruvide palpebre si chiudono insistenti su occhi che riflettono unicamente la sabbia che scorre sempre con lo stesso ritmo, come se fossero passati solo pochi secondi da quando il suo corpo era giovane e la sua mente pronta . Toc. Toc. Toc. All'udito non più fino sfuggono sempre più suoni. Una patina di insofferenza avvolge un'anima vuota ed assopita. Alla luce della candela consumata l'uomo continua ad osservare la clessidra, ogni giorno più vicino al vetro appannandone la superficie liscia per compensare la vista che inizia a diventare ingannevole. Sente il suo cuore rallentare i battiti e realizza che la fine è prossima. Toc. Toc. Toc. Come sembrano vuoti adesso questi suoni! Come sembrano freddi e distaccati! L'uomo stacca lentamente ed a fatica gli occhi dalla sabbia. Per la prima volta si guarda attorno. E mentre vede con crescente meraviglia la candela diventare da unica luce a una fra le tante. Mentre i muscoli intorpiditi rispondono a stento ai deboli comandi della mente. Mentre capisce. L'uomo avanza trascinando i passi, spossato dall'età. E con uno sguardo di rammarico alla sedia, torna a guardare ciò che mai aveva osato vedere. Uno spasmo percorre il suo corpo e l'angolo sinistro della sua bocca si arriccia leggermente. Autoironia, forse. Le sue ginocchia si piegano un poco e con visibile sforzo. La schiena si incurva portando la testa al livello delle ginocchia. E dopo l'inchino, stanco il vecchio si dirige verso i tendaggi bui sul retro del palco, lasciandosi alle spalle un silenzio rotto subito dagli applausi della platea.

 

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