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Recensione di Un giorno perfetto di Melania G. Mazzucco

Le coincidenze, il traffico, la metro e il chiacchiericcio di fondo, un bar all'imbrunire, credo che domani sarà un giorno migliore. Perchè questa perfezione è provvisoria, un attimo di fredda lucidità e atemporalità che dura ventiquattro ore. Il mondo di Roma che ruota attorno ai personaggi di questo libro è caotico e confusionario, è fatto di vetro e cemento, di lampioni accesi e antichi monumenti, ricordi spettrali di una felicità perduta. Si, perché in tutti i protagonisti di questa frenetica corsa c'è un risveglio forzato, subito, ricercato. Come se la quotidianità sorda della grande metropoli li scuotesse improvvisamente e, ognuno a suo modo, li portasse a decidere delle loro vite. C'è chi deve cancellare la città drasticamente per rimuovere la perpetua presenza di un amore ormai diverso, chi procede spavalda tra vicoli e uffici, senza compromessi, conscia che la vera libertà non è la presenza dell'altro ma il sentirsi uniche e realizzate nell'assenza di lui. Alcune si sentono strette nei loro panni di mogli amorevoli e fidate, troppo giovani per scendere a compromessi, con una scelta di vita strozzata dalle convenzioni. Poi l'infanzia e il suo subire sconfitta un dolore non proprio, un mondo soffocante che la comprime, le impone un cammino scontato. Sono tanti i mondi che si confrontano, in maniera spesso violenta e distruttiva, è il cadere delle maschere, il loro bruciare e scoprire il nostro lato più oscuro. Emma, questa grande figura femminile, forte e bella, ma donna nella sua interezza e nella sua sensualità consapevole del passare del tempo, del ruolo di madre, delle scelte conservative a cui è costretta. E Antonio, marito e padre di ieri, ancorato a un passato che non esiste, che per lui soltanto si è fatto presente. Non è solo uno scontro tra generi, tra crescite interiori differenti ma è anche un grande affresco del tempo che passa, di come trascina avanti drammi accennati, poi nascosti e subiti in silenzio. E il tempo racchiuso in ventiquattro ore si dilunga, getta le sue reti e si trasforma in una pesca florida. Non solo ricordi piacevoli, non solo memorie di come eravamo, ma ferite che hanno segnato tutti. I figli voluti, i figli che ci devono salvare da noi stessi, i figli a cui ci doniamo. Io ti ho dato la vita e io te la tolgo, egoistico proposito di vendetta. Kevin e Valentina sono ospiti di un mondo che li cesella già piccoli adulti, nella loro inanità ad amare, nel loro rincorrere un'isola beata, il pensiero di ieri, il rumore della vita che cambia sotto i loro occhi. Ecco l'odio per una madre con cui ci si sente in competizione, responsabile della distruzione della famiglia, troppo bella e patetica al tempo stesso. Lei così inadeguata, piccolo bozzolo che solo il padre può amare, che solo lui può far fiorire. L'innocenza invece del gioco si spegne per ultima, un piccolo forellino tra capelli ispidi di riccio, la favola vigliacca di chi decide e sceglie anche per gli altri. Attorno a loro ancora incompiutezza, carriere che franano mostruosamente al suolo, lasciando Onorevoli perduti nell'abbraccio dei loro figli, scoperta ultima di una forma pura di legame umano. Giovani ragazze che giocano a fare le donne, le madri, le mogli. Quando l'unica vera pulsione è la rincorsa di una giovinezza libera da vincoli, ribelle e scardinata. Un pesce in un grande acquario, un pesce che si compra la libertà dietro un racconto di sogni e purezza. E ancora Roma li accoglie beffarda, con il suo traffico congestionato, i suoi luoghi bui e maleodoranti, il suo tempo scandito dal passato e dal futuro, mai dal presente. È un racconto di tempo, interiore ed esterno, vissuto e trascorso. Così come la notte inizia le vite, altrettanto presto le terminerà in un singulto, lasciando solo una speranza, ricordando come la traccia delle nostre azioni non è mai reversibile. Un tempo che scorre inesorabile, impalpabile quasi nella sua voracità, ma sempre vivo nel corpo che cambia, nel dolore fisico, nella gravidanza che ci rende subito madri scrupolose, sebbene compagne distanti di uomini che non sanno accettare il cambiamento. Qui si interrompe il giorno, qui non c'è soluzione perché la distanza creata è ormai un dirupo in cui precipita tutto, in cui non si parla più di domani perché l'oggi nella sua beffarda perfezione ci ha ingoiato inermi.

 

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3 commenti:

  • Isaia Kwick il 04/07/2011 04:49
    Che stress Roma, eppure e' una bellissima citta' mi affascina.
  • Ettorina Gerbelli il 31/05/2010 18:25
    ottima recensione. Mi hai incuriosito, leggerò il libro.
  • Anonimo il 05/05/2010 18:04
    "Qui si interrompe il giorno, qui non c'è soluzione perché la distanza creata è ormai un dirupo in cui precipita tutto, in cui non si parla più di domani perché l'oggi nella sua beffarda perfezione ci ha ingoiato inermi..."
    Hai descritto uno scenario un po'cupo, per fortuna non sempre è così, basta voler guardar anche gli aspetti più positivi Comunq brava

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