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La casa abbandonata (prima parte)
Il sole splendeva alto nel cielo mentre Jane, una dolce e delicata ragazza, aspettava che entrassero i clienti nel suo negozio. Era un momento tranquillo, non arrivava nessuno, la noia cominciò a disturbarla e catturata da numerosi pensieri, il suo viso perse il sorriso, che aveva regalato un attimo prima a un cliente. La mente era sempre più impegnata a inseguire riflessioni sui dilemmi della vita. Una cosa tanto importante che spesso la faceva meditare sterilmente, confondendola perché non riconosceva più le sue idee e non sapeva, se continuare a cercare la serenità o se l'aveva già trovata.
Un attimo dopo decise di distrarsi leggendo un libro e s'immaginò subito la situazione, trovandosi al posto della protagonista, quando sentì il campanello e si accorse che era entrato un cliente, torno nella sua realtà.
Posò il libro, si avvicinò subito e la salutò gentilmente. Era una signora che le ordinò qualche panino e una torta, Jane la servì con precisione scambiando qualche parola sul tempo atmosferico.
"Nonostante il sole risplenda, non fa per niente caldo."
"Eh sì, ormai è inverno."
Poi prese i soldi, le diede il resto e la conversazione terminò.
Uno dopo l'altro li servì tutti i clienti, sia anziani che giovani, con piacere e soddisfazione, finché arrivò sua madre che tornava dal giro per la consegna della merce. Poi facendo un po'di pulizia, si avvicinò il mezzogiorno e il momento di chiudere per tornare a casa e pranzare. E dopo un pranzo frugale il pomeriggio diventava lungo e angosciante se non poteva fare ciò che voleva.
Venne l'indomani, la giornata ricominciò e il lavoro era sempre uguale. Ogni giorno le stesse persone venivano a comprare qualcosa così cominciò ad avere più confidenza e contatto con la gente, anche se non erano persone della sua età. Finché un giorno, entrò un ragazzo carino e con un sorriso acceso e gentile. Insomma una persona particolare, che la colpì e si sentì subito intimidita e imbarazzata. Ciò nonostante cercò di fare il meglio che poteva per non sfigurare.
Il giorno dopo sperava di vederlo ancora, ma purtroppo rimase delusa, finché passato qualche giorno tornò.
Jane si avvicinò al banco, abbassò lo sguardo e cominciò a mordersi le labbra frenata dall'insicurezza, dentro di sé sentiva forti brividi per le emozioni, ma riuscì a riprendersi e alzando la testa lo guardò negli occhi. Continuando il lavoro e sorridendo prese coraggio e riuscì a rompere il ghiaccio:
"Sei di questo paese?"
"No, vengo qui per mia nonna."
"Come ti chiami?"
"Tom, piacere!"
"Jane, il piacere è mio!"
Stringendosi la mano e sorridendo.
"Quanti anni hai?" Chiese lei.
"venti e tu?"
" ventuno, cosa fai, lavori o studi?"
"Sto cercando lavoro ho ottenuto il diploma di ragioneria e ho finito il servizio militare."
"Anch'io ho studiato ragioneria e per adesso lavoro qui."
La conversazione terminò lì e si salutarono. Lui se ne andò, ma le emozioni che provò Jane erano indescrivibili e persa in pensieri bellissimi, le rimase stampato in viso un dolcissimo sorriso.
Il pomeriggio del giorno stesso a casa, tranquilla, decise di seminare il seme dell'amicizia dal quale poi sboccerà il fiore dell'amore. Prese un piccolo vasetto lo riempì di terra, inserì un seme e lo bagnò con attenzione, appoggiando poi il vaso in un punto speciale dove era colpito da luminosi raggi di sole.
Ogni giorno dedicava qualche attimo del suo tempo libero al seme, che pian piano cominciava a germogliare. Nella speranza che arrivasse: lo spiraglio di luce nel buio più immenso, la dolce melodia nel silenzio più intenso, il sapore più dolce per la bocca amara, il più cuscino morbido sul mattone duro e il profumo più delicato tra odori sgradevoli.
Finalmente quel giorno arrivò, lui ricomparve e ancora lo servì in negozio con gentilezza e piacere dicendogli:
"Allora come va?"
"Bene grazie!"
"Hai trovato il lavoro?"
"Sì, l'ho trovato, però come operaio e per adesso mi accontento."
"Sempre meglio che niente!"
Poi con grande sorpresa per Jane, la invitò a uscire insieme a lui domenica. Lei era tanto sorpresa, da non avere parole, ma il desiderio che scoppiava dentro di lei non la fece esitare, così accettò con piacere.
Intanto il fiore continuava a crescere e la giornata tanto attesa arrivò. Puntuale come d'accordo lui si presentò verso le sedici e lei non lo fece aspettare molto. Dopo aver indossato un bellissimo vestito blu, aggiunse un po'di trucco, un po' di profumo e uscì di casa. Si salutarono entrambi con un lieve imbarazzo e vista la bella giornata, col sole tiepido e splendente, decisero di andare a fare una passeggiata al parco. S'incamminarono in un parco molto grande che aveva: piccoli sentieri con alberi, verdi prati, panchine, fontanelle e piccoli stagni. La passeggiata fu piacevole perché avevano molte cose da raccontarsi per conoscersi sempre di più. Parola dopo parola raggiunsero lo spazio dei giochi, dove lui la prese per mano chiedendole: " Ti piace dondolare sull'altalena?"
Lei disse di sì sorridendo.
"Allora vieni."
Si misero a correre insieme, la fece sedere e cominciò a spingerla lentamente, poi lui si sedette su quella accanto e continuarono a dondolarsi in compagnia, guardandosi negli occhi e lanciandosi sorrisi immensi. Jane provò importanti attimi di serenità finché non arrivo sera e lui la riaccompagnò a casa.
Dopo quella piacevole giornata Tom si faceva vedere quasi tutti i giorni andandola a trovare in negozio soprattutto verso mezzogiorno dopo il lavoro, per mangiare qualcosa. Per Jane era un vero piacere e ogni volta avevano qualcosa di nuovo da raccontarsi. Dopo molto lavoro arrivò finalmente il giorno di festa e loro si fissarono ancora appuntamento per andare a passeggio insieme. Così Jane si preparò, subito e in modo semplice, così Tom quando arrivò non aspettò molto. Lei decise di donare il fiore, che aveva fatto crescere con tanto amore, alla persona più importante, che sentiva più vicino in quel momento. Ormai era sbocciato ed era un bellissimo ciclamino con sette petali. Tom accettò il regalo con piacere.
"Dovrei regalarti io dei fiori, però, sono io l'uomo!"
"Non importa, questo non è un fiore qualunque, l'ho coltivato io il seme e mi farebbe piacere se lo tenessi tu ora che è sbocciato."
Così lui le sorrise dolcemente prese il fiore e uscirono.
Il cielo non era sereno, ma s'incamminarono lo stesso. Prima andarono in paese, poi senza fermarsi mai, arrivarono in aperta campagna, dove c'erano campi, prati verdi e piccoli sentieri alberati che si alternavano a case. Intanto le parole uscivano dalla loro bocca come un delicato canto d'uccellini.
"Posso farti una domanda?"
"Certo chiedimi ciò che vuoi."
La sua voce si bloccò, per paura della risposta. Lui se ne accorse, vedendola un po' imbarazzata e arrossita, così la incoraggiò a non avere timore nel liberare l'anima dai pensieri. Lei sorrise e riuscì a esprimersi.
"Vorrei sapere, adesso che mi conosci di più, qual è la parte del mio carattere che preferisci?"
"È la tua sensibilità che percepisce tutte le sensazioni, l'emotività che sente subito le emozioni e la timidezza che ti provoca il bisogno di qualcuno che ti rassicuri."
"Queste cose però, sono solo problemi, perché appena mi sfiorano il cuore sento dolore ed è difficile avere rapporti con gli altri. Con l'insicurezza, non parli mai e quando cerchi di comunicare, ti sembra sbagliato."
"Non è detto, se sono cose positive che senti, è bello percepirle profondamente, come ad esempio una gioia tua intensa e di altri, e poi a volte, credimi non servono le parole." Così lei rassicurata sorrise.
Nel frattempo il cielo era sempre più nero e gocce di pioggia cominciarono a cadere, una dopo l'atra, sempre più forte e loro aumentarono la velocità per cercare riparo e non bagnarsi. L'acqua colpiva violentemente il terreno e il loro corpo, tanto che Jane cominciava a cedere e a perdere le forze. Tom le afferrò la mano e la portò sotto un tetto, sull'entrata di una casa. Questa casa sembrava molto vecchia e non aveva il giardino protetto dal cancello, ma solo una piccola stradina, che portava all'ingresso principale.
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