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Qualcuno ruba i tuoi sogni e li brucia
"Qualcuno ruba i tuoi sogni e li brucia..."
La verità stava lì in quelle poche parole scritte sul giornale: lo specchio della sua esistenza.
Ripensava alla sua infanzia. Quelle donne, realizzate a metà con le gonne lunghe fino ai piedi e le cuffie sul capo. Come poliziotti avevano indagato sulla sua vita e l'avevano giudicata.
Imputata di che cosa?- si chiedeva a quel tempo -Di peccati o colpe che non conosco?
Come bruchi erano entrate a scavare nella sua vita come nella polpa del frutto acerbo, con la capacità di penetrare in profondità puntando al nodo vitale.
Avvitandosi come ospiti sgraditi guastarono il suo mondo di fantasia.
Costretta ad incanalare la spontaneità in linee banali scelte da altri, aveva visto sciogliersi la sua vena creativa nell'angolo più profondo del suo essere bambina.
Da adolescente la vita e il confronto con gli altri l'avevano fatta sentire ancora una volta come l'innocente condannato a morte senza potersi difendere.
La rinuncia a combattere era diventata il suo gemello siamese.
Se subiva un rimprovero respirava in affanno, si sentiva affogare nell'acqua del mare da mani che la spingevano sempre più a fondo. La ribellione le era sempre più estranea anche se nel ventre il rostro si stringeva con aculei che perforavano la sua sensibilità.
Non trovava scampo.
Non vedeva vie di fuga né salvagente a cui aggrapparsi.
Sola con le incertezze, stuprata nello spirito del non-ritorno.
E in quel gorgo sarebbe stata destinata a sprofondare.
Non fu così.
La fortuna le venne incontro quando scelse, dal mazzo di carte, il poker servito nel casinò dell'esistenza. Il destino e la sua volontà le avevano dato un'occasione. Iniziò a respirare ossigeno e immaginò il suo futuro. Aveva scoperto la stima di sé e la consapevolezza delle sue capacità.
Negli anni seguenti la fiera che era nata in lei crebbe nella savana del suo mondo facendosi largo come leone vegetariano.
L'orgoglio la fece crescere in fretta, sicura delle sue conquiste quotidiane.
Negli anni della maturità riuscì ad occupare il ruolo primario nella folla dell'anonimato.
Svettava nella valle della vita e la creatività sommersa si concretizzava nelle idee che si materializzavano nella scrittura... fino a quel maledetto giorno in cui lui spiò nel suo privato e se ne impossessò, deridendola e criticandola.
No! Lei non poteva tollerare di vedere calpestata la sua fantasia ritrovata.
Non sopportava di essere trattata ancora come lo straccio usato e gettato in un angolo. Lui aveva osato violare il suo antro, carpirle il cibo. Sì, il cibo ideale che la nutriva e l'aiutava a crescere sicura.
-Alla mensa della vita non tutti desiderano lo stesso menù, mio caro! - gli urlò disperata- anch'io ho il diritto di esprimermi.
Lui non rispose ma lei percepì il suo pensiero. Il vento di tramontana delle sue opinioni soffiava violento dal cielo del silenzio.
Parole fantasma che solo lei riusciva a udire : "Marcirai nella terra come tutti noi. Diventerai anche tu fertilizzante per gli altri : di te e dei tuoi scritti non resterà nulla.
Uno schiaffo a sorpresa in pieno volto.
Nello sguardo di chi la stava sfottendo, la cima che lei aveva conquistato con fatica, si sbriciolò in polvere ai suoi piedi.
Lei sentì emergere l'istinto naturale della belva, rimasto a lungo placato nell'animo. La sua riflessione fu risolutiva.
" Tu, banale essenza in possesso di superflui simboli sul tuo corpo di maschio, non sei neppure consapevole che nel tuo petto il muscolo essenziale seguita impigrito a battere. Finirà presto il suo ticchettio inutile!"
Nessuna pietà, pensò la donna, mentre estraeva il coltello dal cassetto della cucina.
In silenzio si girò e lo conficcò più volte, come aghi sul puntaspilli, sul petto di chi, nell'ultima scena della vita, aveva osato rubare e bruciare i suoi sogni.
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