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Via Costantinopoli 100

Da un anno non faccio altro che girovagare tra i tavoli di questa sala, da trecentosessantacinque giorni il mio mondo è tutto qui, tra le quattro mura di questa stanza in Via Costantinopoli 100. Le uniche brevi pause che mi vengono riconosciute sono quelle necessarie a rendermi nuovamente presentabile agli occhi dei nostri ospiti. È solo in questi brevi intervalli che mi viene concesso il lusso di rimanere stesa al sole e di poter apprezzare un po' di sano silenzio. Quel che però mi tocca subire dopo ognuno di questi momenti è davvero insopportabile. Un donnone robusto e maldestro, con mani forti e sguardo assente, mi sbatte letteralmente su di un tavolo, mi solleva, mi stende, mi gira, mi rigira, mi piega e mi stira. Lei dice che tutto ciò serve a rendermi ancora più bella ma io ho sempre pensato che sia lo scotto che mi tocca pagare per un po' di meritato riposo. Beh, qualunque cosa sia, e nonostante lo strazio a cui il donnone mi sottopone, non rinuncerei mai a quelle ore che trascorro sulla mia splendida terrazza in Via Costantinopoli 100. In fin dei conti amo anche il mio lavoro, è vero che il mio è un mondo molto piccolo ma è anche vero che tutto il mondo passa da qui. In un anno ho incontrato persone di ogni colore, lingua e religione e ne ho viste e sentite davvero tante.
Ah, se solo potessi parlare!
Oggi lavorerò al tavolo che preferisco, quello tondo posto al centro della sala. Da qui posso vedere tutto e tutti e, con un piccolo sforzo, posso anche ascoltare i discorsi di quelli che mi sono attorno.
Chissà questa volta chi si siederà al mio tavolo e chissà se la serata sarà piacevole. Ci sono volte in cui lavoro con ospiti davvero simpatici, altre volte invece sono costretta a lavorare con esseri umani intollerabili.
Ecco, si avvicina qualcuno e si dirige proprio verso me. Oh no! Io lo conosco. È quello sbruffone della settimana scorsa che non faceva altro che parlare, parlare e ancora parlare. Mi ci è voluto un giorno intero per riprendermi dalle sue chiacchiere. Per non dire dell'esibizione a cui ero costretta ad assistere ogni qualvolta una nuova portata veniva servita. Goffamente, e del tutto inadeguatamente, si trasformava in un critico gastronomico. La vista, l'olfatto, il gusto, e non di rado anche il tatto, erano chiamati immediatamente all'attenti e da essi pretendeva puntualmente il massimo. Il rituale era sempre lo stesso: prima osservava attentamente il piatto, poi lo annusava sino ad infilare quasi il suo naso aquilino nella pietanza, poi iniziava a martoriare il cibo, vivisezionandolo, nel tentativo di individuare ogni singolo ingrediente ed infine giù a disquisire. Non contento di questa farsa, ed in cerca di gloria, il suo rituale terminava sempre con un confronto con quel povero Gino, il cameriere che, educatamente, sorridente annuiva. In tutta questa solenne cerimonia, in questa sua autocelebrazione, la mia presenza risultava del tutto secondaria, se al mio posto ce ne fosse stata un'altra non se ne sarebbe neanche accorto. Il donnone e le sue torture in questo caso risultavano del tutto inutili, inefficaci.
È seduto al mio tavolo da più di cinque minuti e non ho ancora visto un solo sguardo di apprezzamento nei mie confronti. Ma guardatelo con quel bicchiere tra le mani. Rotea e parla, parla e rotea, guarda, odora e assaggia, e poi nuovamente torna a parlare e roteare.

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1 commenti:

  • Anonimo il 03/06/2011 09:55
    Lungo, lunghissimo