L'aveva notato perché il più silenzioso tra tutti, con una strana tristezza sul volto. Era come se ogni altra espressione fosse completamente estranea all'immobilità vuota di quegli occhi scuri.
Con la sua pelle chiara sembrava ostinarsi a rispettare tacitamente quel ruolo di fantasma assegnatogli chissà da chi...
La sua matita tracciava veloce segni scuri macchiando un foglio bianco senza alcuna pietà, incedeva ossessiva sulla carta piagandola calcando e ricalcando ossessivamente gli stessi punti neri.
Nessuno ti sorride quando disegni morte.
Lei lo fece. Forse perché sentiva che in fondo condividevano la stessa assurda tristezza senza senso.
Sempre più caoticamente l'inchiostro andava agglomerandosi fino a formare linee note, forme riconoscibili.
Due orecchie rotonde. Un naso a palla. Si sarebbe potuto dire che stesse disegnando Topolino.
Quando il corpo fu completo, sospirò un attimo fissando il risultato complessivo e sollevò la penna nera dal foglio abbandonandola sul banco, concedendole riposo.
Poi afferrò la penna rossa e la impugnò come una condanna.
La scagliò di punta contro il foglio più volte, a casaccio, con foga, poi rallentò e si fece più accurato.
Iniziò a insanguinare un braccio, poi passò alle orecchie dilaniando l'innocenza infantile di quella figura.
Eppure il suo volto non tradiva nessuna emozione, nessun pensiero. Era come se la sua mano avesse una volontà propria, come se volesse svelare segreti troppo tristi.
Allora lei prese la matita e un foglio. Nella sua mente si era svegliato qualcosa, un desiderio di provare a curarlo, una curiosità, di quelle che portano solo male, di quelle risvegliate dalle cose oscure.
Disegnò Topolina, le fece indossare un camice da infermiera e le mise un cerotto in mano.
Appena quel ragazzo uscì dall'aula, infilò quel foglio un po' stropicciato nel suo quadernino nero.
Tracce di nessuno che tenta di rendere visibile un fantasma triste.
Quando il ragazzo notò quel foglio tra le sue pagine esitando lo aprì, lentamente.
Passò qualche minuto. Quando si voltò e la guardò il suo sguardo non ammetteva scuse. Domandava, mostrando il disegno di topolina, un "sei stata tu" più che affermativo.
E lei annuì un po' spaventata.
Fu allora che lui le porse un foglio con qualcosa scarabocchiato su.
Quando lei lo aprì Topolino sorrideva e si lasciava curare dalla sua Topolina-infermiera quel braccio sanguinante.