Sabato 2 maggio. Un sabato apparentemente come tanti altri in quell’appartamento all’ultimo piano di Via Manzoni.. Melissa, quasi 18 anni, figlia di un importante medico chirurgo e un facoltoso avvocato si prepara ad uscire con le sue amiche. “Dove andiamo stasera?” chiede Ilaria, spazzolandosi i capelli biondi. “Andiamo a mangiare da qualche parte! Ho una fame!” risponde Melissa scoppiando a ridere. “Pensi solo a mangiare, sei un caso disperato! Ma come fai a rimanere così magra?” le urla Francesca lanciandole un cuscino addosso. Ride ancora Melissa e raccoglie il cuscino. “Andiamo al Gatto e la Volpe, è carino quel posto” suggerisce Monica. “Speriamo di rimorchiare qualcuno di carino!” Le quattro amiche ridono gaie. In quel momento entra la madre di Melissa in camera e inizia la solita paternale “Ma come faccio ad avere una figlia così disordinata? È mai possibile che questa stanza è un’immondezzaio?”. Ride ancora Melissa. È talmente abituata a quelle sgridate che ormai non le fanno più alcun effetto. Osserva la sua bella stanza, le mura completamente ricoperte di foto e il disordine che regna sovrano. Dappertutto magliette, jeans, mutandine, quaderni di scuola, CD, scarpe. Un giorno la metterà in ordine, forse. Ma non certo di sabato sera. “Mi metto il mascara e usciamo” dice alle amiche. Eccole pronte, quelle quattro ragazze, studentesse dell’ultimo anno di liceo classico, tirate a lucido per il tanto atteso sabato sera. “Meli non fare troppo tardi! Non dopo le 2!” le urla la mamma dal salotto, mentre la ragazza afferra le chiavi. “Che palle!” le urla di rimando quella figlia un po’ ribelle e si tira con forza la porta alle spalle. “Speriamo di divertirci stasera!” dice Ilaria sistemandosi la frangetta.
“Un sabato come tanti altri” pensa Melissa, del tutto ignara che quel sabato 2 maggio avrebbe cambiato completamente la sua vita.
La luna è alta nel cielo, le stelle brillano come diamanti nel notturno. E sveglia Scampia, è pronta ad affrontare il sabato sera quella parte della periferia nord di Napoli. Tutti sono allegri e smaniosi di uscire, tutti tranne Alfonso, anzi tranne Alfonsino come tutti lo chiamano. Pensa a suo padre, al suo papà morto da pochi mesi in un incidente stradale, lo rivede in ogni dove. Nella sua mente i ricordi, i sorrisi, le partite insieme a lui, i suoi racconti, i suoi consigli, le sue prediche. Un gran vuoto lasciato nel cuore di quel bel ragazzo da papà Giovanni. Sono ormai circa tre mesi che Alfonsino di notte viene assalito da quella tristezza che gli svuota l’anima, da quella mancanza di affetto che nemmeno sua madre riesce a colmare. Le sue vecchie preoccupazioni sono passate in secondo piano, i problemi di scuola, come vestirsi, dove andare il sabato, sono ormai piccole sciocchezze rispetto alla morte del padre. Nemmeno la sua amata Federica riesce a farlo sentire felice, nemmeno quella donna che lo ha accompagnato per tutti e cinque i lunghi anni di liceo. Alfonsino durante quella sua permanenza nel liceo Scientifico Elsa Morante, durante quel suo stare continuamente a contatto con le ragazzine che si buttano addosso, non ha mai tradito Federica perché l’ama come non avrebbe mai più amato nessuno. 5 anni passati a sorprenderla, a ricoprirla di tutto, a farla sorridere sempre e dovunque.
Dopo una camminata con la sua donna, dopo aver mangiato qualche calda pizzetta, accompagna nei sette palazzi, al decimo piano, Federica. “Ti amo Fede, ti amo da morire”. Abbraccia forte quella creatura che adora così tanto, le bacia quelle labbra che conosce a memoria ed esce dal palazzo. Ritorna a casa o meglio ritorna dai suoi amici che come ogni sera si riuniscono nel bar vicino alla villa comunale. Il pazzo della compagnia, un certo Tonino ‘o scission invita Alfonsino a salire nella sua misthubishi colt alla volta del Vomero, di quella terra di benestanti popolata, nel giorno dedicato ai giovani, da centinaia di ragazzi. “Dai Alfonsì vieni con noi al Vomero! Andiamo a prendere per il culo qualche figlio di papà!”. Tentenna un po’, il nostro diciannovenne. Ultimamente non ha voglia di fare nulla, si sente svuotato, devitalizzato. “Vabbè vengo con voi” decide. Sale sulla macchina e parte insieme ai suoi amici, quei compagni di vita che riescono ancora a farlo sorridere.
“La solita marmaglia qui in piazza!” sentenzia Melissa storcendo il naso. “Eh già…. Dovremmo cambiare zona, il Vomero sta diventando invivibile” aggiunge Monica “ Una marea di cafoni” commenta ancora Ilaria. “Vabbè dai andiamo a mangiare” dice Melissa. Ridono. Entrano in un pub. “Il gatto e la volpe”.
Alfonsino e gli amici arrivano a piazza Vanvitelli con la musica ad alto volume, con carl cox che vibra in quello stereo a cd. “Dai parcheggia lì, che qui vicino c’è un pub” dice Sasà. Parcheggiano.”Stasera si posteggia!” urla Checco, guardando compiaciuto la miriade di ragazzine sculettanti che sfilano il sabato sera al Vomero. Tutti ridono. Fa troppo ridere Checco, solo guardare la sua espressione facciale fa nascere il sorriso. Ride anche Alfonsino, anche se ormai è raro ascoltare la sua risata. Gli è simpatico davvero Checco, così solare, così allegro e allo stesso tempo così buono. “Dai entriamo qui” dice Tonino. Alfonsino alza lo sguardo verso l’insegna che luccica all’ingresso: il gatto e la volpe.
“Allora per me un panino salsicce e friarielli. Bello grande mi raccomando. Anzi davvero gigante perché stasera ho una fame che non ci vedo!” dice Melissa. Tutte scoppiano a ridere. Solita Melissa, solita mangiona, andare a mangiare fuori con lei è un vero spasso. Anche il cameriere sorride e fa l’occhiolino a quella ragazza tanto affamata. Di solito le ragazze che serve sono sempre super-angosciate da quello che hanno nel piatto, terrorizzate dall’idea di aggiungere qualche forma alla loro shilouette. Invece questa mora è l’esatto contrario. C’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire al mondo. Il ragazzo prende le ordinazioni e va in cucina. “Niente male il tizio….” Sussurra Monica indicando con la testa il cameriere. “Peccato che sia un cameriere” commenta Ilaria. “Ha il fascino dell’uomo proletario!” E con questa uscita pungente la conversazione si risolve in una risata.
“Alfonsì ti piace sto posto?” chiede Carmine. “Sì sì, carino” risponde distrattamente. Un pub come tanti altri. Odore di patatine fritte mischiato a quello della birra e a quello del profumo di tutte quelle ragazzine viziate. “Beh l’ambiente non è male….” Ridacchia Checco guardandosi intorno. “Guarda guarda quel tavolo” mormora Sasà. Indica una tavolo con quattro ragazze, quattro ragazze con minigonne mozzafiato, quattro donne non mocciose. “Bene bene” risponde Tonino, annuendo compiaciuto. Alfonsino dà un sorso alla sua birra scuotendo la testa. Ridacchia.
“C’è quel gruppo di cafoni che non la smette di fissarci!” dice ridendo Ilaria. Le amiche si girano verso quel tavolo vicino l’ingresso, dove quattro ragazzi le fissano e parlottano tra loro. “Non sono male però…” dice Francesca, passandosi una mano tra i capelli e gettando un’occhiata verso il gruppetto. Melissa morde avidamente il tanto atteso panino con i friarielli e annuisce. Butta anche lei l’occhio verso il tavolo. Incrocia dei fantastici occhi verde mare e sorride maliziosa verso quel ragazzo.
“Hai visto quella con il vestito nero??” urla quasi Checco agli amici. Lo sguardo di Alfonsino s’incrocia con una mora bellissima, una mora formosa, con un vestitino nero che lascia intravedere parecchio. Una mora che lo fissa, che con quelle sue labbra carnose lo invita a nozze. Si alzano i suoi amici e lui nemmeno se ne accorge, si avvicnano i quattro tipi di Scampia, ma lui resta li seduto a guardarla a capire chi fosse davvero quella ragazza all’apparenza facile. “Possiamo unirci a voi?” chiede Checco, sfrontato come sempre. “Certamente!”Risponde pronta Melissa, con quel suo sguardo ammiccante. Si volta verso Alfonsino, rimasto in disparte. “E tu che fai non vieni?” chiede lei, civetta come sempre. Si avvicina anche lui, si presentano, la vede che mangia, e quanto mangia quella ragazzona senza un filo di pancia. Due panini salsicce e friarielli spariscono in un baleno dal suo piatto. Tutti ridono intorno al tavolo. Checco fa il suo solito show di battute, tra Sasà e Ilaria nasce un feeling insaspettato. Melissa parla più di tutti, con quel suo sorriso perennemente dipinto sul volto e quella sua voce squillante. Ride, scherza e guarda. I suoi occhi sono puntati verso Alfonsino, sguardi penetranti, di sfida, sguardi carichi. Si sente a disagio, il nostro Alfonsino. Non riesce a smettere di guardare quella ragazza dagli occhi nocciola, fissa quelle labbra gonfie come un frutto maturo estivo, fissa quel neo alla sinistra della sua bocca, fissa le sue mani così curate, fissa il vestito con quel suo”vedo-non vedo” così sexy, fissa le gambe abbronzate accavallate al lato del tavolo.
Finita la cena escono dal pub a farsi un giro per le affollate strade del Vomero. Checco non si stacca più da Melissa, ha perso la testa. Lei gioca, lo attira e lo respinge, si concede e si ritrae. Alfonsino osserva quella scena, muto spettatore. Troppe volte ancora lo sguardo di Melissa cerca il suo ma lui è come bloccato, confuso, frastornato. Poi succede: Checco la tira a sé, la bacia, lei ci sta. Anche la posillipina è caduta nella rete di quello spider. Una vampata attraversa Alfonsino. Gelosia? No, no. Cosa gliene importa a lui di quella ragazza, c’è Federica a casa, la sua amata Fede che lo aspetta.
La serata si conclude, Tonino carica la ragazze nella sua auto e, dopo avere fatto una sosta per un cornetto, sotto richiesta di Melissa, le accompagnano a casa. Via Manzoni. Via Petrarca. Via Posillipo. Non se l’aspettava Alfonsino che quelle anime così ribelli, fossero della parte ricca di Napoli, dove loro potevano solo andare per guardare il panorama. Strano, di solito quella è gente che non si immischia con tipi di periferia come loro, tutto è così strano, quelle figlie di papà , abituate ai soldi e ai lussi che baciano ragazzi con le Richmond, con i ray ban originali, con le cinte vistose, con i capelli fonati, le macchine ultimo modello. Nonostante il loro apparente snobismo le quattro ragazze sono risultate semplici e intelligenti, a dispetto dei vestiti di marca che indossaano.
“Che grande serata!” urla Checco non appena l’ultima di loro chiude la portiera. “Quant’è bona Melissa!!!” continua. Tutti ridono. Alfonsino guarda dal finestrino, osserva la sagoma di Melissa entrare nel portone del suo palazzo, salutando con la mano i quattro amici. Distoglie lo sguardo e prende il cellulare, ha voglia di mandare una messaggio alla donna che ama.
13 maggio. Squilla il telefono. Un altro squillo. Alfonsino allunga la mano verso il telefono. Sta studiando Manzoni, per fortuna è squillato il telefono, altrimenti si sarebbe addormentato sul libro. È l’ennesima trovata commerciale, la migliore amica della sorella o la zia che vuole parlare con la mamma? No…. È una telefonata destinata a cambiare tutto.
“Pronto?” “Pronto posso parlare con Alfonsino?” chiede una sconosciuta voce femminile. “Sono io chi è?” “Sono Melissa….”. Silenzio. “Ci siamo conosciuti al Vomero, ricordi?” continua lei. Melissa. Certo che se la ricorda, ricorda ogni dettaglio di quella ragazza, da quell’incontro 10 giorni prima il suo volto si è insinuato fin troppo spesso nella sua mente. “Ciao Melissa…. Come stai?” “Benissimo grazie! Vedi ti ho chiamato perché ho saputo da Checco che anche tu l’anno prossimo vuoi entrare a medicina e volevo sapere un po’ cosa stai studiando”.
Rimane di stucco il 19enne, resta impietrito e nel frattempo quella ragazza inizia a parlare, inizia a invaderlo, inizia a raccontare. Si conoscono meglio, parlano si confidano, sembra che si conoscessero da sempre, più parlano e più trovano cose in comune, più quelle parole passando da un telefono all’altro, iniziano a legare quei due fanciulli così lontani eppur cosi simili. Stesse passioni, stessi hobby, stessi ideali, stessi sogni. Alfonsino inizia a preoccuparsi… Quella ragazza parla e lui ha voglia di sentire, ha voglia di ascoltarla nonostante siano già passate due ore. “È assurdo sai?” dice Melissa “Ti avevo chiamato giusto per una stupida consulenza di studio e…. E stiamo da 2 ore a telefono! È stata una conversazione assurda” “Hai ragione…. Abbiamo tante cose in comune” “Vogliamo entrambi diventare medici per lavorare con Emergency in Africa….” “Ci piace leggere” “Ci piace scrivere” “Ci piace la poesia” Ridono. “E siamo solo all’inizio dell’elenco!” ride ancora Melissa. Sono entrambi sconvolti, i nostri ragazzi. Nessuno immaginava di trovare nell’altro tante somiglianze. “Ora devo lasciare il telefono libero, mio padre mi sta minacciando di morte” dice Melissa. “È stata una conversazione bellissima” continua “Anche per me… Davvero mi hai stupito” “Anche tu” “Beh ci sentiamo allora” “Puoi starne certo”. Fine conversazione.
Melissa poggia il suo cordless sulla scrivania e rimane con il volto schiacciato sul vetro della finestra. Guarda il cielo che si copre del velo rosato del tramonto, guarda il mare che risplende di mille riflessi. Alfonsino. Quel ragazzo che le era sembrato così moscio e insignificante al pub, silenzioso, triste, quel ragazzo si era rivelato invece una fonte inesauribile di sorprese. Quanti interessi in comune, quanti sogni, quante ambizioni uguali. Guarda la sua immagine riflessa nello specchio. Ha le guance arrossate, si sente accaldata. La telefonata l’ha mandata completamente nel pallone. Non aveva mai parlato tanto bene con un ragazzo in tutta la sua vita…. Nemmeno con le sue amiche più intime aveva trovato tanti punti di contatto. E invece quel ragazzo, Alfonsino, sembrava il suo clone maschile. Scuote la testa, incredula, persa in mille pensieri. “Meli c’è un certo Checco a telefono!” La voce della madre la riporta alla realtà.
Steso sul suo letto Alfonsino non riesce a smettere di pensare a quella ragazza. Manzoni ormai può anche ammuffire su quella scrivania, ormai la sua mente è occupata da tutt’altro. Pensa a Melissa, rivive quel sabato 2 maggio al pub, lei, così frivola, così civetta, così all’apparenza superficiale…. Chi è davvero Melissa? È quell’insulsa ragazza che ha conosciuto oppure quella persona così profonda e interessante con cui ha parlato per due ore esatte al telefono? Non trova una risposta. Quella ragazza è un vero enigma per lui. E muore dalla voglia di scoprirla. Muore dalla voglia di vedere cosa si nasconde dietro quel sorriso smagliante. Si gira sul fianco destro per accendere lo stereo. Una foto lo fissa dal comodino. Lui e Fede, una fotografia scattata a S. Valentino. Sente una piccola fitta, Alfonsino, un pensiero si insinua dentro di lui. Lo scaccia via come un moscerino fastidioso. “Melissa è solo un’amica” si dice.
“L’unico vero rischio della vita è quello di non voler correre alcun rischio”. Ecco la frase scritta sul retro del libro che Melissa sta leggendo, sotto consiglio di Alfonsino. Sembra un libro scritto proprio per loro, un invito a inseguire i proprio sogni, a lasciarsi trascinare dalle ali della felicità. Melissa e Alfonsino continuano a sentirsi, tutti i giorni, ore e ore attaccati al telefono, a scoprirsi, a conoscersi, ad aprirsi completamente l’uno con l’altro.
“Se non fossi fidanzato di direi di vederci in questo istante per parlare di poesia e di tutto quello che ci passa per la mente” dice Melissa in una delle conversazioni
“Come fai a dire questo? Tu con Checco, io con lei…”
“Ma io non sono fidanzata! A Checco voglio bene ma l’amore è un’altra cosa, è qualcosa che ti toglie il fiato, che non ti fa dormire, che ti paralizza, che ti riempie l’anima, la tua linfa vitale”
“L’amore…. Cantato da tutti e compreso da pochi. Sei mai stata innamorata?”
“Non penso…A volte ho creduto, mi illudevo, ma non era amore”
“Allora come fai a saper cos’è l’amore? Sei una sognatrice, una che lo farebbe con l’uomo della propria vita, stesa sulla spiaggia con la luna piena… Oppure nella propria cameretta, con la propria canzone”
“È assurdo come in così poco tempo sei riuscito a capire così tante cose di me….”
“Sei bella Melissa. Ma il bello di te forse è quello che hai dentro”
“Ed è quello la cosa più importante. Non voglio essere un involucro vuoto. Voglio qualcuno che si innamori di me per quello che ho dentro”
“La troverai, se non l’hai già trovata”
“No, per adesso no. E soprattutto non ho ancora trovato una persona che mi abbia colpito…. Magari ho preso varie sbandata e fatto mille stupidaggini ma solo limitate al fattore estetico. Non ho ancora trovato qualcuno che mi abbia sconvolto, che abbia scombussolato il mio mondo”
“Come devo fare per scombussolarti?”
“Mi hai già scombussolato”
“Non so più cosa dirti, mi stai shockando.”
“Perché?”
“Ci sono molte cose che mi piacciono di te, troppe forse considerato il fatto che ti ho visto una mezza volta. Però ci sono due cose di te che mi fanno perdere la testa, gli occhi e il sorriso” “Perché?”
“I tuoi occhi sono come l’oceano, profondi, enormi, belli. E quando sorridi emani luce come una stella”
“Sei la prima persona che mi dice certe cose….”
“Eh ma tu invece non mi dici mai niente! Cosa pensi di me?”
“La cosa che mi ha colpito sin dall’inizio, anche se so che te l’avranno detto in mille, sono gli occhi…. Oltre il fatto che sono belli perché hanno un colore stupendo, è il tuo sguardo che mi colpisce. Perché è uno sguardo profondo, che scruta, che sembra non limitarsi all’apparenza ma vuole scalfire la superficie per andare in profondità”
“Magari un giorno ne parleremo a voce…”
“Ognuno immerso negli occhi dell’altro…”
“Ci scruteremo a vicenda, saremo una cosa sola, senza parlarci, soltanto con gli occhi e con il silenzio”
“Il silenzio…. L’unico modo per gridare al mondo quanto siamo simili”
“Basta smettiamola qui. La scintilla in me sta diventando un incendio”
“Impulso primordiale, cieco e insopprimibile”
“Un irresistibile desiderio di desiderarci irresistibilmente”.
Una voce li riporta alla realtà, al solito mondo. Il padre di Melissa che vuole il telefono. “Devo andare” sussurra dolcemente. “A presto farfalla nera….”
No, non ci riescono proprio i nostri ragazzi, a non sentirsi. Il richiamo del telefono è troppo forte, e appena possono lo afferrano pronti a una nuova immersione l’uno nell’altro.
“Dai dimmi qual è il tuo ragazzo ideale” chiede lui
“Il mio ragazzo ideale? Ho conosciuto tante persone…. Ce ne sono state alcune davvero speciali, ragazzi che mi hanno amato alla follia, ragazzi che mi hanno dato molto, ragazzi speciali ma…. dire che ho trovato LUI sarebbe una bugia… Perché fra tutti quanti è sempre mancato quel qualcosa, quel qualcosa di indefinibile, che non sai cos’è ma che però ti manca…. C’è stato tanto affetto, rispetto, stima ma mi è sempre mancata quella totale fusione delle anime, quel vivere l’uno nell’altro…”
“Quelle farfalle che ti volano nello stomaco solo se guardi una sua foto… Anche se nella vita l’hai vista solo una volta e pensavi che fosse tutta un’altra persona”
“Quel guardarlo negli occhi e sapere che in ogni momento pensate la stessa cosa, quella persona con cui sai che puoi condividere tutto, quella persona che può stare accanto a te, in un silenzio mille volte più profondo di qualunque parola…”
“La voce del silenzio, l’urlo degli amanti…”
Silenzio.
“Meli quanto vorrei sentire il tuo profumo…. Il profumo dei tuoi capelli…Mi metterei lontano da te contro vento, per essere inondato da quell’essenza solo tua…”
Silenzio.
Continua Alfonsino “Spero che quando ci incontreremo resteremo quelli che siamo…. Anzi spero che i nostri sguardi diventeranno uno solo immediatamente”
“Dimmi cos’hai pensato la prima volta che mi hai visto!”
“Oltre a cercare il tuo sguardo per capire chi fossi sul serio, guardavo le tue labbra, così belle e perfette, dolci e soffici come pesche estive, la cornice perfetta per il tuo in aggettivabile sorriso” “Che bella immagine… ”
Pericolosa….. La situazione diventa sempre più pericolosa ed equivoca. Non sanno più fare a meno l’uno dell’altro.
“Cosa succederà quando ci incontreremo in mezzo a tutti gli altri?” chiede Melissa
“Questo non lo so e mi preoccupa”
“Sarà il momento più assurdo del mondo…. In mezzo alla gente ma allo stesso tempo SOLI, legati da quel filo invisibile che solo noi possiamo vedere, cercando ognuno di perdersi nello sguardo dell’altro…
”Voglio perdermi in te”
“Che situazione folle”
“Incredibile”
“Non la riesco a spiegare neanche a me stessa”
“Nemmeno io”
“Perché ogni spiegazione razionale non regge”
“È solo il nostro filo”
“Fatto della materia dei sogni”
Riflette Alfonsino, riflette sui cambiamenti che stanno avvenendo nella sua vita, riflette su quella farfalla, su quel fulmine a ciel sereno che ha sconvolto tutti i suoi equilibri. Quella ragazza così lontana da lui, ma così simile.
Certe volte capita che il mare si trasformi in un grande distesa di olio blu. in quel momento il mondo ti sembra così perfetto, ti sembra di poterlo dominare, ti poterlo capire. improvvisamente quella pennellata di blu viene disturbata da un flebile volo di una farfalla nera che ti cattura lo sguardo, che ti rapisce l'anima, che ti rende la vita meravigliosamente bella. vorresti far mille cose con quella farfalla unica, quella farfalla che ti assomiglia così tanto, che pensa come te, che ha voglia di essere amata e di amare. poi ti accorgi che lei vola in alto, che lei è lontana da te, che quella distanza che ti separa da lei si chiama realtà. non importa quante realtà ti separeranno da lei, non importa tutto il resto, le difficoltà, gli ostacoli, quel filo che ti lega a lei supera tutto e tutti. allora il tuo sogno prende vita, ti trasformi in una dolce farfalla blu che vola insieme a lei su Castel Sant'elmo, sulle coste dell’Africa, sui sorrisi dei bambini. non c'è nulla che può spezzare quell'irresistibile desiderio di essere irresistibilmente desiderati.
“Se adesso dovessi dire cosa senti quando pensi a me, cosa mi diresti?” chiede Alfonsino
“Sento qualcosa che non ho mai provato….. Sento l’anima che si gonfia, sento un flusso vitale che scorre in tutta me stessa, un’immensa voglia di vederti, di parlarti e un senso di benessere che non provo con nessuno….”
“Voglio gonfiarti l’anima fino a farla scoppiare di gioia”
“E tu cosa provi?” “Sento che la mente si svuota, sento che le mani hanno voglia di stringere le tue per sognare insieme, sento che una parte di me si completa con te, sento parte dei miei sogni realizzarsi quando tu parli”
“Quello che ci sta accadendo è meraviglioso….”
“Chissà cosa ci sta accadendo”
“Qualcosa di indecifrabile, ma comunque di forte”
“Che bello che no riusciamo ancora a capirlo…. Così come un archeologo ho voglia di scoprirti…Anche se per telefono è difficile.”
“Mancano pochi giorni e finalmente ci vedremo. Basta è deciso, lunedì ci vediamo” afferma convinta Melissa.
“Non aspetto altro” risponde lui.
Melissa.
Conto alla rovescia. Pochi giorni, manciate di ore e…. E….? I puntini sospensivi ci vogliono perché ciò che accadrà è un’incognita, un’immensa incognita. Una domanda, solo una circola intutto il mio corpo senza lasciarmi tregua, trapanandomi la mente: COSA SUCCEDERA’?
Mi crogiolo in questa febbrile attesa, proiettando mille film nella mia mente, tutti a lieto fine, diversi ma uguali nella sostanza.
Volare nel cielo, nell’azzurro più intenso, così in alto da tuffarsi nel candore delle nuvole, così in alto da attraversare l’arcobaleno…. Correre, accarezzati dal vento, baciati dal sole, con le anime che scoppiano, con i cuori che battono all’unisono, correre verso un sogno, chiamato felicità, correre ancora e passo dopo passo diventare un’anima sola.
Devo tracciare il cammino della mia vita, in un paesaggio irto di difficoltà, la paura è tanta, i dubbi moltissimi ma una solida certezza si erge in mezzo a questo Oceano di problemi: le nostre impronte coincideranno, le mie con le sue, le sue con le mie e le nostre miglia saranno più brevi. Le nostre vite, per sempre sulle stesse frequenze. Aspetto di volare con te, mente e cuore non chiedono altro.
Alfonsino
ci sono persone che hanno cuori che cantano la stessa melodia, ci sono persone con gli stessi sogni e le stesse paure. Alcune di queste lasciano le loro orme in riva al mare, dove basta un onda per cancellarle. non dobbiamo essere questo io e te... I nostri piedi che corrono insieme verso i sogni e verso i sorrisi devo imprimersi per eterno nei nostri cuori, l'unico posto dove qualsiasi onda di qualsiasi oceano non è tanto forte da cancellare l'impronta dei sogni.
da un oceano ansioso di vederti
Melissa volle a tutti i costi vederlo, volle a tutti i costi ribagnarsi in quel mare smeraldo di quel buzzurro di Scampia. Così Alfonsino rischiando di distruggere tutto con Federica e con uno dei suoi migliori amici, tradì la fiducia di quest’ultimi, incontrandosi con quella stella scesa dal cielo, con quella che per lui era una dea in terra. Si videro a San Martino, su Castel Sant’ Elmo su quella collina dove Napoli si rimpicciolisce dove il mare e la terra si incontrano in una linea frastagliata. Entrambi porgevano quei loro occhi verso quel golfo spalmato, pennellato, illuminato. Solo il silenzio rimbombava nella loro mente, solo quel dolce e pacato suono, quella sinfonia che ti sconvolge e ti allieta l’animo. Ovunque guardavano non li rapiva altro che quell’orchestra senza note. Non avvertivano il rumore del ferro che batte nel porto, non sentivano la voce dei bambini che giocavano nei quartieri, le mamme che provavano a chiamarli, le melodie degli uccelli, l’allegria dei clacson che vibrano. Non sentivano nemmeno il mare che li cullava mentre s’infrangeva sugli scogli, mentre s’increspava a metà strada. Solo il vento nient’altro, solo il vento che è tutto e non è niente. Solo il vento che racchiude tutte le canzoni della città e tutti i rimpianti di chi soffre. Quel vento che ti manda i capelli all’aria e che cosparge accanto a te i tuoi pensieri. Il vento di Castel Sant’Elmo così assordante e cosi silenzioso. “È assurdo essere qui… Con te!” mormora Melissa. Eccoli i nostri due ragazzi, eccoli faccia a faccia, eccoli finalmente immersi l’uno negli occhi dell’altro. Melissa non riesce a smettere di sorridere, Alfonsino le stringe forte le mani e due cuori battono all’unisono.
“Sei bella…”
“Dai che mi imbarazzo!”
Silenzio.
“Dopo tante telefonate adesso siamo qui…Insieme…”
“Non puoi capire quanto sono emozionata… Si sta materializzando uno dei sogni che mi ha accompagnato in quest’ultimo periodo… Io e te a S. Martino…”
Silenzio. L’urlo del silenzio, la voce degli amanti.
Parlano, parlano, le parole scorrono leggere, volano sulle ali del vento. E infine si toccarono
le loro labbra, si scontrarono quei petali rosei e rossi, quei musetti traditori, quelle bocche desiderose di passione.
Riflette Melissa, riflette su quel ragazzo che tanto la sta sconvolgendo ogni giorno di più. Mille dubbi, paure, sensi di colpa…. Non sa che deve fare ma sa che deve decidere qualcosa, sa che quella situazione di bilico precario non può durare ancora per molto. Vuole lui, il suo Oceano, vuole volare con lui.
“Resta con me,
bel forestiero, dolce amore,
bello dolce amore,
e non lasciare quest’anima!
Ah come diverso e bello
Vive il cielo, vive la terra,
ah come sento, come sento
la vita per la prima volta!”
Non avevo mai volato sull’oceano, prima d’allora…. E sento dentro emozioni mai provate…. Il mondo si è tinto di nuovi colori, così sgargianti, così lucenti, così perfetti e irresistibilmente belli… Voglio vivere in questo mondo che mi si è rivelato, perché ormai il vivere lontano dall’oceano è una gabbia che tarpa le mie ali. Voglio volare, volare sempre più in alto, specchiandomi nell’oceano, voglio arrivare all’orizzonte dove scompare l’arcobaleno, là dove nascono i sogni, questa è la vita e non voglio rinunciarci.
Ho volato troppo spesso su stagni e laghetti torbidi, così torbidi da non potermici specchiare, così densi da bloccare le mie ali.
Vola farfalla, continua a volare, vola là dove il mondo ti appare nella sua bellezza e perfezione, vola dove le onde del mare così azzurro e immenso si fondono con te.
Hai paura? Sì tanta….
Lo dice Kirkegaard: la libertà di scegliere è la matrice dell’angoscia stessa, perché ogni possibilità preclude altro scelte e non avrai mai alcuna garanzia che la tua scelta sia quella giusta.
Sei pronta a fare il grande volo?
Forse non ora, non domani, ma tranquillizza il tuo animo perché il tempo dei sogni ha un inizio ma non una fine. Il filo, quel filo invisibile e sottile, è indistruttibile.
Non smettere di sognare….
Mi dici che è un invito inutile? Hai ragione. Non hai mai preso in considerazione la folle idea di farlo.
All’improvviso, in una delle ultima mattinate di quel quinto anno di liceo, in una di quelle mattinate dove non hai voglia di far niente, arrivò una sua telefonata. “Dai fai presto, vieni da me sono sola. Via Manzoni 16 di fronte alla chiesa rossa”. Marinò la scuola e di corsa si precipitò alla metro per giungere al Vomero e salire sul c31 o sul 181 per arrivare alla famosissima via Manzoni. Quel giorno era caldo, trasparente, ambrato, lo gustava con i sensi, quel giovanotto passionale. In quel mattino di maggio abbronzato, scivolava sgombro di inquietudini, con il capo ornato da soffi di primavera per quel viale protetto da chiazze di verde. Guizzava sereno lungo via Scarlatti. Percorrendo metri al suon del volteggiar di un immensità di farfalle in amore, giunse ai piedi di quella chiesa rossa, di quella chiesa che vive al riecheggiar delle campane. C’era il sole a sfibrargli i capelli, la cercava nei ricordi, la cercava dovunque nella sua testa ma lei era li ad un passo da lui che non aspettava altro che vederlo, che stringerlo. Diede vita al quel citofono e la sua voce “Sali, ti aspetto!” lo rapì, lo catturò, lo pietrificò ai piedi di quel portone da dove si vedeva tutta Napoli. Salì velocemente da lei, restando impressionato dal lusso di quelle scale, di quell’ascensore, di quelle porte di dottori e avvocati. Lei aprì la porta e lo tirò a se, fitto fitto il sangue nel cuore gli pulsava, tutto l’universo venne spazzato via da una sua parola, nemmeno il tempo di guardare quella casa dei sogni, quella casa colma d’argento, di libri, di foto di viaggi e si ritrovò nella stanza di Melissa, nella stanza di quella posillipina mangiatrice di panini salsicce e frigitelli. Tutti i problemi di Napoli da Posillipo a Scampia si dissiparono, mentre di nuovo l’orchestra senza note iniziava a suonare in quella stanza, in quella stanza ricca, in quella stanza che profumava di lei. Vide le sue labbra, sveglie, arrossate, vive che si insinuavano vicino alle sue. Lentamente. Calde. Desideri che improvvisamente diventavano calore, soffici armonie, le labbra di Melissa che si intrecciavano a quelle di Alfonsino, labbra di posillipo, labbra di Scampia, languide, brillanti, vivide di piacere e i loro baci, crudi, avidi, rossi come il sangue, baci arroganti che nella penombra si cercavano. Poi un flebile accenno, lei che freme, che si lascia scoprire, che si lascia strofinare. Lei sboccia continuamente, si schiude a un desiderio leggero. Le sue mani si muovono silenziose, morbide, sulla pelle di lui, calcano carezze, premono, incidono, si tendono al tocco, allargano decise, scendono senza sosta, corrono sulla pelle di lui. Iniziano a far l’amore, si attorcigliano loro, affamati, assetati, smaniosi, vogliosi, l’uno dell’altro. Facce che godono, facce serene senza problemi, facce di ragazzi qualunque. Li divideva l’impossibile, li divideva tutta la merda che signorotti e boss lanciano in quello spazio che passa tra posillipo e Scampia. E adesso tra di loro? E Adesso tra posillipo e Scampia? Niente. Niente. Non ci passa più niente, non c’è più nulla, non c’è più distanza. Solo un orchestra senza note.
È rimasta sola Melissa, Alfonsino ha appena lasciato la sua casa e dentro di lei si è aperta un’incolmabile voragine. Stesa sul letto, con i capelli scuri che contrastano con il bianco della federa sparpagliati sul cuscino, lascia vagare i suoi pensieri che viaggiano inesorabilmente alla ricerca di quel gabbiano dagli occhi verdi. È volato via, verso Scampia, verso Federica, verso la sua vita reale…. Avrebbe voluto afferrarlo, quel gabbiano, stringerlo e renderlo suo per sempre, ingabbiandolo nel suo cuore. Ma non si possono tarpare le ali di un gabbiano, Melissa sa che deve lasciarlo volare e sperare che nei suoi lunghi voli la torni a trovare di nuovo….
Il letto, così soffice, ancora caldo della loro passione travolgente, che profuma di loro, di quei ragazzi così lontani e allo stesso tempo così vicini. Abbandonata su quel copriletto rosa Melissa rivive quei momenti, li gusta, li assapora, proietta di nuovo nella sua mente quel film, quella favola di cui sono diventati protagonisti. Mette a fuoco la scena che poco tempo prima aveva preso vita tra quelle mura ricoperte di foto, Lui, quella sagoma perfetta stagliata nella penombra della sua stanzetta, quei muscoli incisi dallo scultore più provetto, quel sedere perfettamente modellato, quella pelle liscia che si sfrega contro la sua. Lei, adagiata sul letto, che si lascia cullare da quel movimento dolce e così sicuro, da quell’onda di piacere che la invade, lui dentro di lei, lei lo sente, sente quella scintilla diventare incendio, lo desidera ancora, per sempre. . “poi la voglia sai mi prende e si accende con i baci tuoi” Canta Celentano dallo stereo. La sua pelle contro quella di Alfonsino, il piacere che la pervade in ogni parte di lei, le mani che artigliano la sua schiena manovrate dal profondo godimento, su e giù, su e giù. ”…siamo due legati dentro…” Lui su di lei, padrone, che la dirige. “…da un amore che ci da….” Lui che la guida, che la prende per mano per immergersi insieme in quell’oceano di passione. “…. la profonda convinzione…” Melissa sente l’estasi arrivare, sente perdere la padronanza del suo corpo, sente solo quell’onda che sale, sale sempre di più sempre più forte, due lacrime di piacere scivolano silenziose sulle sue guance irrigidite, il cuore che pulsa più forte e infine eccola, estasi totale, il perdersi completamente. “…. che nessuno ci dividerà!” Si abbandona placida sul letto, con un sorriso che le increspa le labbra carnose, rosse e languide più che mai.” …Fra le mie braccia dormirai….” Ecco la quiete dopo la tempesta; “…. serenamente” il maremoto si è dissolto, lasciando posto a tranquille onde che sonnacchiose l’accarezzano. “…ed è importante questo sai….” Alfonsino guarda intensamente Melissa, “…per sentirci pienamente noi…” scava nei suoi occhi nocciola. “un’altra vita mi darai….” Si abbracciano. “…che io non conosco….” Un abbraccio carico di passione, di emozioni, carico di affetto, lei poggia la testa sul suo torace e gli accarezza dolcemente il braccio.”la mia compagna tu sarai….” Felice come non lo è mai stata, adagiata così, ascoltando il battito di quel cuore che possiede solo per metà. “fino a quando so che lo vorrai….”
È volato via da un’oretta, il gabbiano, e Melissa è ancora sul letto, lo stereo diffonde senza sosta la colonna sonora della sua favola e sente insinuarsi quella vena di tristezza. Dov’è approdato il suo gabbiano? Vede un’altra stanza, in un’altra strada, in un altro palazzo…. E vede un’altra ragazza… Lei. Federica. Adagiata su quel corpo, stretta dalle sue braccia, baciata dalle sue labbra. Istantanee di una coppia felice, istantanee di baci, di carezze, di coccole, di amore. Si insidiano maligne quelle immagini, la pungono, la feriscono, la fanno sanguinare, la torturano ancora. Gelosia, mista a dolore, mista a tristezza. Il cellulare squilla. Checco.
Rivuole il suo mondo Melissa, il suo microcosmo con Alfonsino in cui nessuno può penetrare, quel pianeta inaccessibile e avulso da qualunque problema, lì dove Checco e Federica perdono la loro valenza, là dove non esiste più niente e nessuno se non l’indistruttibile filo che li lega.
Alfonsino.
hai paura?... si... ho una tremenda paura che la farfalla cada in un vortice di disillusione. ho paura che guardandola dondolarsi nel cielo il cuore si blocchi nel petto e le parole come fiumi in secca si prosciughino in bocca. ho una folle paura che il sogno possa spezzarsi. Kirkegaard aveva capito tutto... meglio esser costretti che decidere... soprattutto quando davanti a te compare una stella che brilla della tua stessa luce... allora non sai più cosa fare... non vuoi rischiare... anzi no hai paura di farlo. poi dentro te c'è quel gabbiano che ha voglia di volare, c'è quel gabbiano che ha voglia di esser felice, quel gabbiano che non vede l'ora di spiccare il volo dell'oceano. per compier grandi imprese c'è bisogno della sofferenza di molte persone... questo è il nocciolo della questione, capire se la sofferenza vale il risultato, solo allora il cuore saprà dirti rischia.. gettarmi al vento, sarà la forza di quel filo a tenermi in alto come un aquilone. quanta voglia ha quel gabbiano di volare insieme a lei verso l'orizzonte verso quella linea inesistente dove il cielo e l'oceano si baciano. cosa darei x guardarti solamente questa notte... per incantarci insieme... per sognare e naufragare nei nostri sguardi. ti bacerei senza toccarti le labbra.. ti strapperei il cuore dal petto a furia di scavare dentro te... ti renderei la vita un sogno... non chiedo tanto... VOGLIO SOLTANTO GUARDARTI NEGLI OCCHI
Si videro altre decine di volte, al Virgiliano a correre insieme, passarono diversi week-end nella villa di Melissa a Capri. In quei momenti Alfonsino si dimenticava di essere un liceale di Scampia, quel mondo che non gli apparteneva gli piaceva così tanto. I pomeriggi a correre per quel parco stupendo, quel parco verde e poi lei con quella tuta bianca, quelle scarpette da ginnastica, quel top aderente che lasciava immaginare. A Capri invece tutto si trasformava in una favola, serate a guardar le stelle stesi sulla spiaggia di Marina piccola, dove onde taciturne, di poche parole gli facevano compagnia, mattinate ai Giardini di Augusto ad osservar i Faraglioni. Che vita! Che magia. Scampia, stava prendendosi la sua rivincita, Scampia si inoltrava nella Napoli con il cash, Alfonsino viveva qualcosa che non tutti potevano permettersi, finalmente non c’erano più ostacoli, qualcosa stava cambiando, loro due insieme stavano scavalcando quei massi enormi che i soldi, i cognomi, le ville, i palazzi dei grandi signori dividevano Scampia da Posillipo.
“Sei la cosa più bella che mi sia capitata nella vita” dice Melissa, accarezzando quella guancia rosea con la punta delle dita “Un fulmine a ciel sereno….” Continua lei “Sei piombato improvvisamente nella mia vita e l’hai resa magica”
Lui la stringe forte tra le sue braccia poderose. “Non voglio perderti”
“Io non ti lasciò più andare via, non l’hai capito??” ride Melissa, ride con la sua risata argentina, ride con quegli occhietti vispi, ride Melissa.
“Meli mi fai una promessa?” chiede lui.
Lei annuisce.
“Promettimi che non smetterai mai di sorridere… Promettimi che nella vita porterai sempre questo splendido sorriso dipinto sulle tue labbra”
Sorride lei, come sempre. “Sì te lo prometto!!!! E tu mi prometti che non farò l’amante per sempre? Voglio viverti a 360°, voglio averti mio e solo mio, non scisso a metà tra me e lei. Prima o poi devi scegliere!”
Lui non risponde.
“L’unico vero rischio della vita è quello di non voler correre alcun rischio!” le ricorda lei.
Lui le bacia il collo, teneramente, le bacia quelle labbra soffici e gonfie. Ma una fitta dentro lo tortura. Una fitta chiamata Federica.
Cammina Melissa, cammina sola per Via Ghisleri, diretta verso casa di Alfonsino. È un sabato pomeriggio di maggio, uno di quei giorni che sembra avere sbagliato data sul calendario. Il cielo è coperto da una coltre di nuvole plumbee, che cariche di pioggia non fanno trapelare il minimo raggio di sole. Il vento soffia tagliente, trapassando la nostra 18enne da parte a parte. Silenzio. Un solenne silenzio incombe sulla strada, disturbato di tanto in tanto da qualche motorino truccato che sfreccia rapido. Melissa cammina, guarda avanti e canticchia una canzone. Improvvisamente l’occhio le cade su un individuo seduto poco lontano su un muretto. Sente il suo sguardo seguire i suoi movimenti. Melissa accelera il passo, solidale con il suo cuore che batte velocemente. Il tipo si alza dal muretto, cammina, accelera, la raggiunge. Procede Melissa, sempre più rapida, ormai sente i respiri dell’uomo alle sue spalle. Ed ecco una poderosa stretta le serra il polso e con violenza la fa ruotare fino a trovarsi faccia a faccia con lo sconosciuto. Volto pallido ed emaciato, due profondi solchi scuri sotto gli occhi, unti capelli neri legati in una coda, uno sguardo assente e vuoto, la bocca increspata come un’asola mal fatta. Alza una siringa verso il volto di lei “Dammi tutto quello che hai e fai presto”. Melissa è paralizzata, il cuore le esplode sotto la camicetta. Si guarda intorno terrorizzata, ma la strada è deserta. Solo in lontananza una signora con due buste della spesa e un passeggino, che però cambia frettolosamente direzione. Cerca di rispondere, ma le parole le muoiono in gola. Poi, con un filo di voce riesce a mormorare “No ho niente… Davvero, guarda tu stesso!” E gli allunga rapida la borsa. L’uomo fruga freneticamente nella borsa, tirando fuori una confezione di fazzoletti, un pacco di gomme, le chiavi di casa. Svuotato tutto il contenuto, getta con rabbia la borsetta per terra.
È un attimo. Melissa non riesce a rendersi conto di nulla. Improvvisamente vede rosso. Il rosso scarlatto del sangue che sgorga da un profondo taglio lungo il suo braccio. Lo sconosciuto se ne va barcollando, con in mano la siringa ancora gocciolante del sangue di Melissa. Sente le gambe non sorreggerla più. Si accascia per terra, con gli occhi sbarrati puntanti verso quella ferita, verso quel sangue che scorre silenzioso. Silenzioso, come quella strada. Silenzioso, come quei palazzoni grigi consunti, muti osservatori di quella vicenda. Alza gli occhi verso una finestra, dove un donna è impegnata a stendere i panni ma subito si affretta a entrare in casa. È sola Melissa, non c’è nessuno. Solo una strada che chiude gli occhi.
“Tu non ci metti più piede laggiù! Non lo devi vedere mai più!!!” Urla la madre di Melissa, un grido di dolore, di rabbia, di paura. Melissa è adagiata sullo schienale dell’automobile, di ritorno dall’ospedale. Per fortuna tutti i controlli sono risultati negativi, quasi sicuramente non ha contratto alcuna malattia con quella siringa. Ha gli occhi chiusi, respira lentamente. È sollevata ma ancora molto turbata. Ore e ore passate in quell’ospedale, nell’angoscia più profonda. I pianti della madre, lo sguardo distrutto del padre, la mano di Alfonsino che la stringeva forte, quel continuo passaggio di dottori. L’attesa più tremenda di tutta la sua vita. “Meli ascolta” interviene il padre “Lo sai che io e tua madre non abbiamo nulla contro quel ragazzo ma abbiamo paura per te. Oggi hai scampato un pericolo immenso. Lo capisci che quell’uomo poteva avere l’AIDS? Lo capisci?” La madre scoppia in un pianto dirotto. E anche sul volto di Melissa rotolano silenziose lacrime piene di dolore. “Tu puoi frequentare chi vuoi” continua il padre “Ma con Scampia oggi hai chiuso”. Piange ancora Melissa, piange per le ingiustizie della vita, piange per la paura, piange perché la vita è tremendamente dura. “Devi renderti conto dei rischi e pericoli di quella zona…. Santo cielo hai la fortuna di vivere in un bel quartiere perché devi andare a rischiare la tua vita laggiù?” “Non devi più vedere quel ragazzo, hai capito??” La madre è ancora visibilmente scossa. La paura è stata troppo forte, soprattutto per lei che è così apprensiva. “Non sarai certo tu a deciderlo!” urla Melissa di rimando. “Tesoro, Meli, calmatevi” interviene il padre, diplomatico come sempre. “Meli mamma si è spaventata davvero tanto e ha paura per te… Vorrebbe evitare che ti trovassi ancora in situazioni del genere…” “Non mi interessa niente di quello che volete o non volete voi” Chiude il discorso Melissa. Ma di nuovo le lacrime le bagnano il viso. Le torna in mente la faccia del suo aggressore. Quello sguardo spiritato, le guance scavate. La siringa. Rabbrividisce e il pianto si intensifica.
Squilla il cellulare. Un messaggio. “Il nostro filo indistruttibile vince ogni difficoltà… Ma non smettere di crederci! Il tuo gabbiano”. Un sorriso le si dipinge sul viso. Il filo…. Aldilà di tutti i problemi, aldilà di tutto e tutti.
Un torrido pomeriggio di luglio, Alfonsino è steso su una sdraio a prendere il solo con il suo migliore amico Marco, sul terrazzo.
“Allora?” chiede Marco
“Allora cosa?” risponde Alfonsino
“Dai smettila. Come va con la posillipina?”
“È la pazzia più bella della mia vita!”
“Bene” risponde secco
“Che c’è?”
“Non mi piace questa storia”
Sospira.
“A parte il fatto che voglio bene a Fede e mi dispiace che le fai questo, sono preoccupato per te. Speri davvero di poter costruire qualcosa con una come Melissa?”
Alfonsino lo fissa, non dice nulla.
“Insomma lo sai no? Melissa è una riccona di Posillipo! Hai visto dove abita?
“E allora?”
“È troppo diversa, troppo su un altro mondo! Non fare finta di non saperlo!”
Alfonsino gli getta uno sguardo gelido.
“È inutile che mi guardi così, lo sai che ho ragione. Che fa lei quest’estate?”
“Va in Spagna con gli amici…..”
“E poi?”
“Sardegna con la famiglia…”
“Ecco! Guarda te, guarda me: ci facciamo un culo così a lavorare tutta l’estate per farci quelle due settimane ad agosto in campeggio e la principessa se ne sta in giro per l’Europa!”
“Non è mica una colpa…” mormora tra i denti.
“Credi davvero di poter contare qualcosa per una come lei???” Marco è infuocato ormai. “Lei è Posillipo, è la Napoli coi soldi, è una figlia di papà, sta giocando un po’ con te per poi stufarsi e gettarti via come una giocattolo vecchio!”
“Alfonsì” gli dice Marco, addolcito, posandogli una mano sulla spalla. “Mi dispiace se sono stato così duro…. Ma sei il mio migliore amico e non posso tollerare che una bambina viziata ti faccia soffrire ancora….”. Alfonsino lo guarda fisso negli occhi e annuisce. “Fede è la ragazza giusta per te… Tu sei di Scampia. Melissa di Posillipo… Non te lo dimenticare”
Alfonsino abbassa lo sguardo. Si gira e rigira le parole dell’amico sulla lingua come una caramella amara.
Un ragazzo di 18anni a Scampia vede cose che in altri posti non si vedono. Vede i bambini che giocano tra le siringhe, vede i drogati che cadono per terra, vede gli spacciatori che aprono il portone del tuo palazzo. Ma vede anche tante associazioni che si battono per i giovani, per il quartiere, per i rom. Un ragazzo di Scampia a 18 anni è più maturo di adolescenti di altri posti, ha un esperienza maggiore perchè è abituato a scappare, a “sventare” rapine, è abituato a saper soffrire e a saper cavarsela da solo.
E Melissa? A che mondo appartiene?
Stesa sul letto, con la faccia affondata nel cuscino, Melissa è immersa nei pensieri, o meglio nei ricordi. Mentre riordinava l’armadio, ha ritrovato una certa scatola rosa della Forever Friends, una scatola in cui custodiva ricordi di una vita passata. Stefano Caprioli, il suo ragazzo per 11 mesi e 9 giorni. L’aveva conosciuto a una festa, frequentavano la stessa scuola e avevano iniziato a uscire insieme. Con la scatola sulle ginocchia, mille ricordi le attraversano la mente… 11 mesi non sono certamente pochi per una ragazza di 17 anni. Rivede lui, con la sua Smart nera, che l’aspettava sotto casa…. Le uscite il sabato sera, le uscite in barca la domenica con la sua famiglia… Le torna alla mente la settimana bianca a Cortina, i pranzi al circolo, le vacanze insieme a Porto Rotondo. Era ricco Stefano, molto ricco e amava divertirsi, amava la bella vita. Con lui era un continuo andare a feste e ristoranti, c’erano regali costosi, giri in macchina a via Petrarca, caffè al Cimmino, vestiti di marca. Poi lui era stato ammesso alla Bocconi e a settembre era partito per Milano. Si erano lasciati di comune accordo, perché entrambi non pronti a gestire un rapporto a distanza. Pensa a quegli 11 mesi Melissa, e le sembrano una vita fa. O meglio, le sembra che non ci siano mai stati. Aveva anche pianto all’aereoporto, al momento dei saluti con Stefano, e ora il suo ricordo la lascia totalmente indifferente. Prende tra le mani una ciondolo che le aveva regalato per il loro 9° mese. Rabbrividisce. Metallo freddo e vuoto, ecco cos’è quella pietra riccamente incastonata. Ripone la scatola sul fondo dell’armadio e si getta sul letto. Stefano….. Scandaglia la sua mente alla ricerca dei momenti più belli con lui, delle emozioni provate. Cerca, cerca eppure non trova nulla. Le affiora alla mente una discussione in un piovoso pomeriggio di marzo, nella camera di Stefano. Melissa scruta con curiosità la spaziosa stanza del suo ragazzo e gli chiede perplessa “Stè ma…. Non c’è neanche un libro in questa stanza…” E si guarda intorno. Televisore con schermo ultrapiatto, computer ultimo modello, scanner, masterizzatore, lettore DVD con proiettore, impianto stereo Bang&Olufsen… Un trionfo della tecnologia. Stè le lancia un sorrisetto ironico “Libri? Che palle… Il futuro è nel progresso!” E dà una pacca affettuosa al computer. “Sì ma…” cerca di ribattere Melissa. “Dai piccola” l’interrompe lui tirandola a sé “Non fare la rompi”. La bacia.
Melissa si porta le mani al viso e scuote la testa incredula. Come aveva potuto vivere per mesi così, all’insegna della superficialità più totale, 11 mesi da bambola in un mondo di plastica, in un involucro appariscente ma completamente VUOTO?
Solo attrazione fisica…. Il pensiero vola da lui, Alfonsino, dal suo gabbiano. Le torna in mente uno dei loro week-end segreti a Capri, loro due, i nostri ragazzi, di notte, sul belvedere di Tragara a leggere un libro di poesie di Neruda. Lui “Aspro amore, viola coronata di spine, cespuglio tra tante passioni irto, lancia dei dolori, corolla della collera, per che strade e come ti dirigesti alla mia anima?” Bacio. Lei “Perché precipitasti il tuo fuoco doloroso, d’improvviso, tra le foglie fredde della mia strada? Chi ti insegnò i passi che fino a me ti portarono? Quale fiore, pietra, fumo ti mostrarono la mia dimora?” Bacio. Bacio, bacio, sorriso, bacio, sorriso. Quella era vita. E non ci avrebbe mai rinunciato.
“Ultimamente sei diverso…. Ti sento strano. Cosa succede?” Seduti sulla solita panchina, aria di tempesta soffia su Alfonsino e Federica. Un giorno afoso e nuvoloso, uno di quei giorni in cui l’aria è pesante, ti sembra di toccarla con le dita tanto è densa. Lei lo scruta con quei meravigliosi occhi azzurri, lo osserva, lo analizza. Lei, futura psicologa. Alfonsino scuote la testa e distoglie lo sguardo. E così duro e difficile dovere mentire a lei, alla sua donna, alla sua compagna di vita per tanti anni. “Guardami” continua lei. Incrocia quegli occhi azzurri. Li conosce a memoria, potrebbe descrivere a occhi chiusi la forma, il colore, le pagliuzze dorate nell’iride, le sue ciglia fitte. Federica gli prende la mano. “Alfonsino dove sei? Non trovo più il mio principe….” Piange il cuore di Alfonsino, trafitto da mille sensi di colpa, che lo dilaniano pungenti come punte di lance. Iniziano a scorrere nella sua mente, come un flusso inarrestabile, tutte le meravigliose immagini della vita trascorsa con lei. Il primo incontro, il primo bacio alla Villa Comunale, la prima volta che entrambi hanno esplorato l’universo sconosciuto del sesso, le carezze, le coccole, i giochi da innamorati, i litigi e il loro vivere quotidiano….È parte di lui Federica. Parte della sua vita. Parte ineliminabile di lui. Guarda ancora quegli occhi e vede su quegli zigomi rotondi brillare come diamanti due lacrime amare. Come può fare del male a lei? Non se lo merita…. Non può….
27 giugno, 18° compleanno di Melissa. Lei e Alfonsino ci avevano ricamato sopra per giorni, sognando una notte indimenticabile.
“Mi raccomando dobbiamo essere attentissimi a Checco!”
“Certo Meli…Ma tu non gli avevi fatto un discorso?”
“Sì, ma figurati come reagirebbe se sapesse di noi! Gli ho sempre giurato che siamo solo molto amici!”
“Sono proprio un’infame…”
“Uffa dai i sensi di colpa conservali per dopo. Adesso c’è il mio compleanno…. E sono troppo emozionata! E poi ho parlato a tutti di te…Certo sempre in toni di amicizia molto stretta… Ma sono tutti ansiosi di conoscerti!”
Alfonsino davanti allo specchio, si abbottona la camicia bianca comprata per l’occasione. Sono le 20. 30, tra un quarto d’ora sarebbero arrivati Marco e gli altri suoi amici che Melissa aveva invitato. È nervoso Alfonsino, tortura i bottoni di plastica tanto da rischiare di strapparli. Avrebbe incontrato tutti gli amici di Melissa, i parenti… Un brivido lo percorre dalla testa ai piedi. Paura… Paura di non riuscire ad integrarsi, di non essere accettato da quel mondo che non gli appartiene. Una poderosa bussata al citofono costringe il nostro ragazzo ad allontanare momentaneamente tutti i suoi dubbi. “Dai scendi, siamo tutti qui!” gli urla Sasà.
Ed ecco che una Matiz carica di ragazzi scalpitanti si ferma davanti a un’elegante locale di Via Tasso. “Il Fico… Eccolo qua!” dice Checco. Sì, sono arrivati. Il gruppo scende rumorosamente la scala disseminata di candele e arriva all’entrata del locale. È già abbastanza gremito di persone, Alfonsino cerca Melissa con lo sguardo. E improvvisamente la vede, bella come il sole, stretta in un vestito rosa, i suoi piccoli piedi calzati in paio di sandali argentati splendenti di strass, i lunghi capelli neri raccolti in una sofisticata pettinatura scoprendo due eleganti pendenti alle orecchie. Alfonsino la fissa, completamente stregato, rapito dal sorriso dolce che quella ragazza gli sfodera. Eccola che arriva, sorridente, elegante, bella come nessun’altra delle presenti. Saluta e bacia tutti, è felice. Lui vorrebbe prenderla, abbracciarla, baciarla, dirle quanto è bella, quanto è perfetta, quanto la desidera ma non può e lotta per placare il maremoto che ha dentro. Quando la vede allontanarsi, Alfonsino dà un’occhiata alla festa. C’è il suo gruppo di amici, che ridono, ballano, puntano le ragazze, si divertono. E poi, nettamente separati, tutti gli amici di Melissa che parlottano in gruppetti lanciando sguardi infastiditi verso di lui e gli altri. Che facce da schiaffi, ricchi, rilassati, vestiti di marca dalla testa ai piedi. E improvvisamente il nostro diciannovenne si sente a disagio, si sente un pesce fuor d’acqua in mezzo a quell’oceano. Guarda i genitori, i parenti di Melissa: sembrano usciti da una pubblicità. Gente distinta, di classe, gente laureata, gente colta. Ed ecco ancora quel senso di disagio, quel non sentirsi al suo posto.
“Meli ma chi sono quelli?” le chiede Lorenza, una sua compagna di classe.
“Dei miei amici. Perché?” risponde piccata.
“No sai pensavo si fossero imbucati e volevo dirtelo… Ma davvero sono amici tuoi?” le domanda incredula.
“Sì tesoro e se non ti stanno bene puoi anche alzare i tacchi e andartene!”
Dopo questa risposta Melissa se ne va soddisfatta, lasciando la sua amica a bocca aperta. Ed ecco che Checco, Marco, Tonino, Sasà, Peppe la prendono, la trascinano in pista a ballare. E lei ride, balla con loro e le sue amiche Ilaria, Monica, Francesca, balla e si diverte. Li adora i ragazzi di Scampia, sono loro che stanno animando la festa, è grazie a loro che si sta divertendo così. Getta uno sguardo verso suoi compagni di classe, appollaiati sui divanetti o fuori a fumare, con la solita aria altezzosa stampata sul volto.
Mentre si avvia al tavolo per prendere da bere, sente una voce alle sue spalle. “È proprio la festa dei buzzurri” È un suo amico, Gianluca, che parla con altri del gruppo, ignaro che Melissa ha sentito tutto. E lei rimane lì, davanti al tavolo, con una rabbia impotente mescolata a dolore che le brucia dentro. Quanta superficialità, quanto snobismo, quanta ipocrisia…. Vorrebbe abbattere tutti i pregiudizi, tutti i luoghi comuni, vorrebbe abbattere quel muro così alto che divide Posillipo e Scampia. Sente fragorose risate provenienti dalla pista. Sono loro. E sorride “I buzzurri di Scampia?” Pensa “Beh, se loro sono buzzurri allora passerò tutta la mia vita per cercare di essere buzzurra come loro”.
30 luglio. Melissa e Alfonsino, stesi sulla sabbia di quella spiaggia che tante volte ha accolto la loro passione. È calata la notte, scura e soffice come il velluto. La luna piena veleggia alta sulle acque, regina dei pesci in un cielo fitto di stelle. La luna, che plasma la notte in forme magiche… Il mare si riversa in cascatelle d’argento sulla riva, i due ragazzi sono stretti forte l’un l’altro. Ma qualcosa si insinua in loro, disturba la loro serenità… Qualcosa inibisce i nostri due gabbiani in perenne volo, non riescono a librarsi nell’aria. Si guardano intensamente negli occhi. Melissa nota un velo di tristezza coprire quegli adorati occhi verdi. Dentro di lei sa…. Ma cerca di chiudere gli occhi. Cerca le sue labbra, vuole impossessarsi del suo corpo. Inizia a provocarlo maliziosa, ma lui l’allontana dolcemente. Melissa si irrigidisce e si siede. In silenzio, lo guarda fissa, il suo stomaco stretto da una morsa crudele. Un’onda ruggisce sull’acqua e si infrange, srotolando attraverso la sabbia un merletto di spuma, fin quasi sfiorare i piedi dei due ragazzi. “Hai scelto….” Mormora lei. Alfonsino si porta le mani sugli occhi e ancora risponde con il silenzio. Poi la guarda. Melissa è lì, il volto contratto in una smorfia di dolore, i capelli neri in balia del vento. Cerca la sua manina sottile e la bacia. “Non è facile” dice infine lui. Lei annuisce, mordendosi il labbro inferiore. “Non sono pronto a separarmi da Federica… È una presenza troppo importante…Lei rappresenta quello che sono, quello che sono sempre stato. Per me sei un sogno, un vero, verissimo sogno, mi hai fatto vivere una favola ma prima o poi tutte le favole finiscono… Un giorno aprirai gli occhi e capirai che non ti basto, capirai che meriti di più di me. Ma io ti ho dato tutto quello che posso…”
“Ma cosa dici? Smettila!”
“È così Meli. Ho paura, una tremenda paura di soffrire. Troppe difficoltà ci separano, la distanza che corre tra noi prima o poi diventerà insostenibile per te…”
“Un tempo dicevi che il nostri filo indistruttibile avrebbe superato ogni ostacolo, che ci avrebbe sempre congiunto nonostante i problemi, nonostante la diversità dei nostri mondi!” urla lei, tra le lacrime.
“Ma evidentemente non basta…. Non ora almeno…. Non sono pronto.”
“Ma hai già dimenticato la nostra frase? L’unico vero rischio nella vita è quello di non correre alcun rischio!”
Alfonsino sospira, abbassa lo sguardo.
“L’ho sempre saputo che sarebbe finita così!” risponde Melissa con tono di sfida “Hai abbandonato una strada in salita per sceglierne una più facile, in discesa. Sei un vigliacco!” Dolore che si mescola a rabbia. “È un addio, vero?” continua Melissa. Una lacrima scorre silenziosa sul viso di Alfonsino. Silenzio. Dolore. Lacrime. “Hai scelto di non rischiare…” dice infine Melissa. Poi si alza. Lacrime amare le bagnano il viso. Si alza anche lui la stringe forte a sé per l’ultima volta. “Vorrei essere arrabbiata con te, vorrei odiarti….” Dice lei “Me non ci riesco. Hai cambiato la mia vita, mi hai fatto sognare e volare più in alto di come non avessi mai fatto e per questo non potrò mai dimenticarti…” Piange silenziosamente, il dolore è forte. Lui le accarezza i lunghi capelli neri, neri come quella notte di luglio e le sussurra “Il nostro filo… Ora sembra essersi spezzato, ma tu ed io sappiamo che ciò non potrà mai accadere.”
Lei inizia ad allontanarsi sulla spiaggia e lui la vede andare via, lontana, vede la sua anima gemella staccarsi da lui. Premono forti le lacrime sugli occhi del nostro diciannovenne ed infine escono violente. Ancora a qualche metro di distanza da lui, Melissa si gira. “Ti avevo fatto una promessa”. E gli regala un magico sorriso che Alfonsino avrebbe portato nel suo cuore per tutta la vita.
EPILOGO
“Si pregano i passeggeri di allacciarsi le cinture di scurezza. Inizia l’atterraggio” annuncia una voce dall’altoparlante. Lei si sporge verso il finestrino. Vede prendere lentamente forma il Vesuvio, la penisola sorrentina, Capri. “Dottoressa mancate molto da Napoli?” chiede un uomo. “Da una vita….” Risponde lei con aria sognante, immersa nei ricordi. “Ma” continua “È tempo di far conoscere a Numi la terra dei suoi genitori. È vero Numi?” Una splendida bambina color cioccolato al latte e due immensi occhi da Bambi incastonati in un viso che si potrebbe chiudere in un pugno, annuisce con quella testolina incorniciata da riccioli neri. E sorride, mostrando una cascata di perle scintillanti che contrastano con il colore della sua pelle, di quella pelle che profuma di Africa. Poi si sporge per dare un bacio a sua madre. Lei ride e dice “Dai Numi sveglia papà che sta dormendo da troppo tempo” La bambina salta gaia al collo del padre. “È davvero una splendida bambina” commenta il suo interlocutore. Si sveglia anche il padre. “Finalmente!” lei gli dà un buffetto affettuoso sulla spalla. Lui sorride, ancora intorpidito dal sonno e la bacia. “Dottore anche lei manca da molto da casa?” Lui annuisce. “Siamo partiti poco dopo la nostra laurea”. Poi si rivolge alla bambina. “Sai Numi è tempo che impari una verità molto importante: l’unico vero rischio della vita è quello di non correre alcun rischio” La bambina lo guarda interrogativa, lui prende la mano della sua donna. “Ti amo Melissa” “Anche io Alfonsino”.
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