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Si fa quel che si può - quarta parte
Fu un risveglio traumatico. Tutta la famiglia entrò in camera sua, tutti in veste da notte, eppure tutti con un'andatura solenne. Fu molto strano.
Mary non capiva niente, fra la nebbia scorgeva solo le figure del ragazzo che appare e scompare e della bambina pazza. Ma quando suo padre parlò, tutto si dissolse.
"Mia cara Mary, tu tra quattro giorni ti sposerai, e così facendo, sarai la salvatrice della casata dei Fudgericks."
Mary non era sorpresa. Indispettita sì, ma non sorpresa: doveva succedere, prima o poi. Cionondimeno, fece la finta incredula.
"Non scherziamo su queste cose."
Lord Fudgericks scosse la testa, le ficcò un biscotto in gola ("Prendi un biscottino, vedrai tutto più chiaro") ed iniziò un lungo noioso e terrificante discorso.
"Tu sei graziosa. Non tutti lo sono. Il primogenito dei Maycourse non lo è affatto. Siamo sempre stati la famiglia più potente di Scozia, ma i Maycourse stanno prendendo terreno, impossessandosi dei territori delle famiglie più deboli. Ben presto diventeranno nostri avversari per il predominio. Ebbene, io non lo permetterei mai, ma non posso permettere che il mio esercito si scontri con il suo: perderei di certo e, siamo sinceri, "onore" è solo una bella parola. Quindi, ho proposto un'alleanza con Lord Maycourse: un accordo secondo il quale possiamo entrare in conflitto con chi vogliamo, ma non fra noi due. Ora, per cementare un accordo del genere, un bel matrimonio è d'obbligo. Lord Maycourse era un po' riluttante ad accettare tutto questo, ma poi gli ho spiegato con tatto e gentilezza che suo figlio non è affatto una gran bellezza, non avrà mai un'occasione così buona per sposarsi (o forse non ne avrà mai un'altra!), e quindi è obbligato a sposarsi con te. Sì, mia cara, tu sposerai Robert Maycourse, e così facendo fra le due famiglie scenderà la pace."
Silenzio. Tutti rimasero zitti a guardarla, in attesa di una risposta, che non venne. Spazientiti, a poco a poco abbandonarono la stanza e, dopo che finalmente anche suo padre, a passi volutamente lenti, se ne fu andato ed ebbe chiuso la porta, Mary fece un liberatorio sospiro di sollievo. Ora poteva pensare a tutto quel caos che era saltato fuori.
Ma non ebbe tempo per pensare: sua madre entrò nella camera pochi istanti dopo, e si sedette accanto a lei. Mary la guardava con apatia, e lei guardava la figlia con apprensione.
"Ultimi giorni prima di diventare sposa."
Le espressioni non cambiarono. Mary emise una specie di grugnito garbato.
"Il passo più grande nella vita di una donna." continuò lei.
"Perché non ce ne sono altri." notò la figlia pigramente.
"Ce ne sono, ce ne sono. Quello che conta è trovarli, e viverli. Ora, Robert Maycourse..."
Mary non riuscì a reprimere un piccolo starnuto.
"... non è una gran bellezza, come sai, ma sai anche che uno spirito gradevole può nascondersi dove meno te lo aspetti."
Ci fu una breve pausa.
Mary si accoccolò ancora di più dentro le coperte. Lì era al sicuro.
"Ad ogni modo, devo raccomandarti di sembrare felice, al matrimonio. Magari lo sarai per davvero... in ogni caso, devi assolutamente sembrarlo. Il povero Robert ha avuto una giovinezza difficile e la sorte è stata molto avversa con lui. Negargli un po' di felicità, o almeno l'illusione di una felicità, il giorno del suo matrimonio, mi pare un'azione nobile che non costa fatica."
Mary guardava verso la grande finestra, persa nel vuoto.
"Mary? Lo farai? Tenterai di sembrare felice? Te ne prego..."
Lei acconsentì. Sollevata, la madre si alzò con leggerezza. Stava per uscire, quando si voltò di scatto. "Ehm... Mary... tu sai come funziona, il tutto?"
Lei annuì con aria vissuta.
L'altra increspò la bocca, la guardò per un attimo e sparì dietro la porta.
L'ultima espressione che Mary colse nei suoi occhi fu di pietà.
Corrucciò le sopracciglia, ma poi le rilassò. Lei però non riusciva a rilassarsi, e cadde in un finto torpore pieno di ansia.
Si dedicò al far nulla, perché non c'era nulla che dovesse fare, nulla che volesse fare e nulla che potesse fare.
Eppure in tutte quelle ore stava sempre in attesa di qualcosa.
Finalmente, quel qualcosa arrivò. Lo sentì accostarsi alla porta con un lieve tonfo, ed ecco Jerome che entrava nel salottino con passo felpato ma regale. La sua postura era un equilibrio perfetto tra umiltà e superbia, tra riservatezza e spontaneità, il tutto condito con un pizzico di orgoglio. Uno dei pilastri su cui Mary basava le proprie certezze era che quella di Jerome non era una posa, che quella non era una maschera che nascondeva qualcosa di rozzo e sgarbato, ma che era la sua vera faccia. Ebbene, mentre il mondo crollava addosso a lei, quel suo pilastro era lì, davanti a lei, dritto come una colonna.
Respirarono profondamente e Jerome parlò.
"Mary, voglio essere sincero. Ho conosciuto Robert di persona durante una parata di caccia e non è solo brutto, è spregevole. Mediocre, per di più. Una delle persone più orribili che abbia mai conosciuto."
Mary non disse niente, e lui continuò la sua orazione.
"Non voglio rattristarti, dicendo ciò, anzi, lo faccio per il tuo bene. Non voglio che tu ti faccia un'idea troppo positiva di lui... poi, dopo averlo conosciuto, saresti estremamente delusa. Sarebbe un errore che rimpiangeresti per tutta la vita."
Mary deglutì.
"Stolto!" urlò "No, tu non mi vuoi bene, non abbastanza. Nessuna persona che io conosca mi vuole bene davvero. Me ne volete solo un po', quel voler bene che si richiede ad un fratello nei confronti di una sorella, o ad una madre verso una figlia. Mi volete bene con moderazione. Con moderazione! Stupidi! Come si fa a voler bene con moderazione? O si ama, o non si ama. Ebbene, se c'è una cosa che voglio dalla vita, è il puro amore, o la pura amicizia. I conoscenti non mi interessano. Vadano tutti al diavolo, tanto chi se ne importa? Sono una fallita! Sono una fallita e non è nemmeno colpa mia. Cosa potrei fare, del resto? E voi rimanete a guardare la mia decadenza negli abissi senza fare alcunché, se non stupidi discorsi di circostanza. Dovreste abbracciarmi tutto il tempo, e consolarmi... e se non trovate le parole, almeno fatemi ridere... oppure state in silenzio, che è una delle migliori cose del mondo!"
Non voleva piangere. Non doveva. Ma piangeva. Era furiosa. Poi Jerome se ne andò senza far rumore. Prima di uscire mormorò che non capiva quello che lei stava dicendo.
Lei poi si calmò, un pochino. Continuò a piangere, ma nel silenzio, inzuppando le coperte molli.
Nessun abbraccio per Mary Fudgericks.
Stette lì, in quel covo. Sentiva un tremendo punto di domanda addosso a lei, e per la seconda volta le sembrò che qualche cinico soggetto stesse annotando tutti i suoi pensieri e le sue azioni insignificanti. Forse dovevano essersi sentiti così, i grandi eroi dei poemi del passato. Ma loro avevano davvero compiuto grandi azioni, mentre lei sarebbe potuta essere solo Mary, moglie di Lord Maycourse, il quale non si sarebbe certo distinto per le capacitò militari o politiche. Eppure, anche se fosse stato l'inetto più imbranato del mondo, comunque sarebbe stato ricordato negli anni, come un comandante impreparato ed inesperto.
Il suo nome invece sarebbe sparito secoli prima di quello del marito, forse subito dopo la sua solitaria morte. Lei, Mary Fudgericks, non avrebbe mai avuto alcun peso sulla storia, né della Scozia, né tautomero di quel precipitante macigno chiamato mondo. Sgnorf!
Pom Pom Pooooòm...
Mary aprì gli occhi e ripeté quella piccola esclamazione di giubilio nella sua testa, per poi rendersi conto che non c'era alcuno motivo per cui dire "Pom Pom Pooooòm". Era il giorno del suo matrimonio. Gli infausti quattro giorni erano passati con una lentezza esasperante, e non aveva fatto altro che non far nulla. L'unico evento degno di nota era stato l'incontro con il suo futuro sposo. Oh. Così penoso che riportarlo mi deprimerebbe ancora di più di quanto lo sia già, e quindi non è il caso.
Ora era là, a mente fresca, o meglio, agghiacciata, ed ecco un corteo di graziose damigelle spuntarle attorno. Tutte cercavano di assisterla meglio che potevano: le serviva un controllo dell'acconciatura? O magari una spolveratina all'abito? Un fiore in più sui capelli? Un anello in più sulle dita? Un paio di orecchini più elegante? Un diadema più vistoso?
No, a lei serviva solo qualcosa da mangiare, ma evidentemente quelle ragazze non si preoccupavano di ciò.
Mary si faceva trattare come una bambola, lasciandosi però scappare qualche fremito di stizza di tanto in tanto. Quelle menti sottosviluppate non se ne accorgevano, comunque.
Tetri corridoi portavano alla cappella privata della corte dei Fudgericks.
Mary attraversò la soglia con delicatezza. Un attimo era dentro, l'attimo prima era fuori. Solo i suoi occhi compatirono lo stuolo di nobili più o meno nobili riuniti lì quel giorno, tutti per qualche astruso motivo.
Oh, scenderà la notte, e tutti andranno a dormire, e ognuno avrà un motivo per essere felice. Ma lei No. Inarcò le sopracciglia. Prese a guardare tutti con superiorità. Si sentiva diversa, distaccata, aliena. Tutto il suo odio represso per il mondo scaturì da queste occhiatacce che lanciava a destra e a manca.
Sua madre era furibonda. La guardava con odio inesprimibile, e Mary se la immaginava, ore dopo, strillare tra le lacrime: "Mary, hai rovinato tutto!"
E così quell'unico, inutile tentativo di ribellione fu subito sedato, e Mary si mise a sorridere a tutti quanti.
A volte eppure il sorriso perdeva la sua radiosità, e si trasformava in un ghigno. Può capitare. Si fa quel che si può. Allorché qualcuno degli invitati lo notava, e diventava perplesso, ma poi ciò si trasformava in un'aria bonaria e compiaciuta: era la prova che uno non ci vedeva davvero bene, checché ne dicesse il medico di corte.
Mary si avvicinava sempre di più all'altare. Durante l'ultimo, enorme passo, si rese conto che non aveva mai tentato sul serio di ribellarsi al suo triste destino, e che ormai era troppo tardi. Salì l'ultimo gradino.
Fu una cerimonia fredda e sorridente. Nera la sposa, nero il marito.
Mary non voleva guardare Robert, e nemmeno il prete, che aveva uno sgradevole foruncolo sul naso, e del resto non poteva guardarsi le punte dei piedi, avvolte in quelle brutte eleganti scarpe. Così si mise a guardare gli astanti.
Suo padre aveva un fastidioso tossicchio e non poteva fare a meno di interrompere il suo fare pomposo e solenne per starnutire un po'.
Nemmeno il portamento solenne di sua madre era perfetto: c'era una sottile nota di ansia e preoccupazione.
Paul, Frederick e Vincent, loro sì che erano solenni: insignificanti come sempre, quasi tre quadretti sulla parete di una grande stanza, eppure solenni. Qual era il loro segreto? Mary non era mai riuscita a capirlo, e nemmeno Jerome era riuscito nell'intento. Jerome, il quale, d'altro canto, partecipava emotivamente alla vicenda in corso lanciando a Robert varie occhiate, esprimendo i più disparati sentimenti che esistono. Il disgusto, per esempio.
E tutti gli altri avevano gli occhi puntati su di lei.
Era buffo. In una situazione normale, non l'avrebbero guardata affatto, oppure l'avrebbero scorta di soppiatto per qualche secondo, giusto per identificarla, e capire chi era. Quanto si sta a capire chi è una persona? Mesi, anni, decenni, forse... eppure la gente stava pochi attimi di tempo, e quindi non capiva. Eppure nessuno riusciva a capirla nemmeno ora? Erano tutti sorridenti e beati. Come, non si rendevano conto che stavano assistendo all'inizio della sua morte?
Un uccello che volava librandosi nell'aria andò contro la finestra e vi si spiaccicò sopra. Questo la distolse da questi suoi pensieri, giusto in tempo per il fatidico sì.
"Robert Maycourse, figlio di Lord Maycourse, vuoi tu prendere come tua legittima sposa Mary Fudgericks, figlia di Lord Fudgericks?"
Il caro Robert emise un "sì" acuto, velocissimo, quasi non volesse che scadesse il tempo a sua disposizione.
"Mary Fudgericks, figlia di Lord Fudgericks, vuoi tu prendere come tuo legittimo sposo Robert Maycourse, figlio di Lord Maycourse?"
"Ma anche no!"
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